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Autore: Marilia__88    09/03/2016    3 recensioni
Seguito di "Ti brucerò il cuore" (Johnlock)
Dal primo capitolo:
... Non passava giorno, infatti, che Sherlock non ripensasse al discorso che il medico gli aveva fatto al cimitero, davanti alla sua lapide vuota. Sapeva benissimo che, probabilmente, parte di quelle parole, erano dettate dalla paura del momento ed erano prettamente mirate a dissuaderlo, dal compiere quel gesto avventato, ma, nonostante tutto, non riusciva a togliersele dalla testa:
“…io ho bisogno di te, quanto tu ne hai di me!... Devi lottare, Sherlock…devi farlo per me…! …la tua presenza…e tutto quello che abbiamo passato, mi hanno ridato la gioia di vivere!” Queste frasi echeggiavano tra le pareti del suo palazzo mentale e, la cosa strana, è che riuscivano a trasmettergli un senso di calore e di benessere, che mai aveva provato in vita sua.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heart'
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                Ti scalderò il cuore


 

… giorno dopo giorno, ora dopo ora
siamo diventati forti come una verità
ricominciamo
andiamo lontano come sconosciuti
soli in una grande città
ciao piacere come stai
di che segno sei
come ti chiami, andiamo via
lungo l'autostrada con lo zaino in autostop
arrivare a Capo Nord tra tutti quei gabbiani
e prenderti le mani
noi due abbracciati in un igloo
dove ogni inverno che vivrò
ti scalderò…
(Jovanotti-Ti sposerò)




                                              Calma apparente




Sherlock era sdraiato sul suo comodo divano. Aveva gli occhi chiusi, le mani congiunte sotto il mento e sul viso la sua rilassata espressione meditativa. Erano passati sei mesi da quando John e Sherlyn erano ritornati a vivere a Baker Street. Per tutto questo tempo degli strani pensieri si erano insediati, man mano, nella geniale mente del detective. Non passava giorno, infatti, che Sherlock non ripensasse al discorso che il medico gli aveva fatto al cimitero davanti alla sua lapide vuota. Sapeva benissimo che probabilmente parte di quelle parole erano state dettate dalla paura del momento ed erano prettamente mirate a dissuaderlo dal compiere quel gesto avventato ma, nonostante tutto, non riusciva a togliersele dalla testa: “…io ho bisogno di te, quanto tu ne hai di me! Devi lottare, Sherlock, devi farlo per me! …la tua presenza e tutto quello che abbiamo passato, mi hanno ridato la gioia di vivere!” Queste frasi echeggiavano tra le pareti del suo palazzo mentale e, cosa strana, riuscivano a trasmettergli un senso di calore e di benessere che mai aveva provato in vita sua. Purtroppo, però, neanche la sua mente geniale riusciva a spiegare il motivo di questa sua reazione e si sa, Sherlock Holmes odia non sapere le cose. Il pianto di Sherlyn lo ridestò dai suoi pensieri, catapultandolo fuori dal suo palazzo mentale. Aprì gli occhi e vide John sulla sua poltrona intento a calmare la bambina.
“Che succede?” domandò, rimanendo ancora sdraiato.
“Oh, finalmente! Allora c’è chi riesce a tirarti fuori dallo stato di trans dei tuoi pensieri! Sono qui da un’ora cercando di attirare la tua attenzione e invece basta che lei pianga per farti ritornare tra noi!” esclamò John con sarcasmo.
“Hai pronunciato una marea di parole inutili, John. E non hai risposto alla mia domanda!” rispose seccato Sherlock.
“Non so perché piange! Ha dormito, le ho dato da mangiare, l’ho cambiata, ma continua a piangere!” disse John disperato.
“Ci penso io!” esclamò Sherlock con il suo solito tono di superiorità, alzandosi di scatto dal divano. Si recò velocemente al suo violino, lo prese ed iniziò a suonare una melodia dolce e rilassante. Non passarono neanche alcuni secondi che Sherlyn smise di piangere e si rilassò tra le braccia di John.
“Questa è un’altra cosa che ha preso da te, John! Basta solo un po' di buona musica per calmarla!” esclamò il detective non appena finì di suonare.
“Dovrei imparare a suonare il violino, fa davvero miracoli!” disse il medico ancora sorpreso.
“È la cosa più ridicola che tu abbia mai detto e ti assicuro che ne hai dette tante!” esclamò Sherlock divertito.
“Gentile come sempre!” rispose John, mettendosi a ridere anche lui.


Le giornate a Baker Street passavano così: con John immerso nei pannolini che tentava di badare a Sherlyn e con Sherlock immerso nei suoi esperimenti, nei suoi casi e nei suoi pensieri. A volte capitava che il detective liberasse il medico dall’onere di occuparsi della bambina, ma solo quando aveva qualche importante mistero da risolvere: un’altra dote che la piccola aveva ereditato dal padre, infatti, era quella di fare da conduttore di luce all’enorme genio del consulente investigativo.

Era una mattina come tante altre e John e Sherlock erano seduti sulle rispettive poltrone a bere del tè. Sherlyn, invece, era di sotto con la signora Hudson che, quando aveva del tempo libero, era sempre ben disposta a tenerla e a giocare con lei. All’improvviso la porta dell’appartamento si aprì ed un serio e preoccupato Mycroft fece il suo ingresso nel soggiorno.
“Cos’è successo?” chiese immediatamente il detective, capendo dall’espressione del fratello che qualcosa non andava.
“Sono venuto appena l’ho saputo. Una scorta dell’MI5 con alcuni agenti di Scotland Yard stavano trasferendo Moran da Pentonville ad un carcere di massima sicurezza fuori Londra…” iniziò il politico, ma venne interrotto.
“Non starai dicendo che Moran è…” esclamò John, non riuscendo a terminare la frase.
“Purtroppo sì, è scappato! Non so di preciso come abbia fatto o se sia stato aiutato da qualcuno” continuò Mycroft con sconforto.
“Pensavo che solo Scotland Yard si dilettasse ad assoldare incompetenti, ma a quanto pare anche l’MI5 non è da meno!” urlò Sherlock, alzandosi nervosamente dalla poltrona e iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza.
“Sherlock, calmati, lo troveremo! Per il momento dovete solo fare attenzione e tutto andrà per il meglio” rispose il politico, cercando di calmare il fratello.
“Calmarmi!? Ti rendi conto che il suo obiettivo saremo sicuramente noi?” esclamò il detective ancora più nervoso.
“Me ne rendo conto, Sherlock! Per questo sono venuto ad avvisarvi. In ogni caso quasi tutta Scontland Yard e un esercito dell’MI5 hanno già avviato le ricerche e terranno d’occhio anche voi” disse Mycroft in tono calmo.
“Oh, quindi una massa di idioti e un esercito di incompetenti sono al lavoro per risolvere il problema! Ora si che sono tranquillo!” sputò acido il consulente investigativo.
“Sherlock, sono sicuro che lo troveremo prima che possa anche solo pensare di farvi del male” disse il politico, cercando di apparire convincente “…ora devo andare! Vi avviso se ho novità!” aggiunse, salutando ed uscendo dall’appartamento.
Il detective, appena il fratello se ne andò, prese la sua tazza dal tavolino e la lanciò con violenza contro il muro.
“Che razza di idioti!” urlò inferocito.
“Santo Cielo, Sherlock! Ha ragione Mycroft, devi stare calmo” disse John, alzandosi dalla poltrona.
“Non posso stare calmo! L’ultima volta tu e Sherlyn avete rischiato troppo e non posso permettere che vi faccia del male. No, non lo posso permettere…” esclamò Sherlock quasi come una cantilena, camminando su e giù e passandosi nervosamente le mani nei capelli.
Il medico allora gli si parò di fronte, mettendogli le mani sulle braccia e bloccandolo con una stretta.
“Guardami…” gli ordinò, vedendo che il detective aveva lo sguardo basso e attirando la sua attenzione “...devi stare tranquillo! Sono sicuro che andrà tutto bene. Non succederà niente né a me e né a Sherlyn! Vedrai che lo riprenderanno! Ma voglio che tu rimanga lucido e calmo, va bene?” aggiunse, guardandolo dritto negli occhi. Quel contatto fisico e visivo creò una strana atmosfera tra i due. Il consulente investigativo annuì convinto ed entrambi si allontanarono leggermente imbarazzati. Eppure non era la prima volta che si trovavano così vicini, ma questa volta c’era qualcosa di diverso. Il peso delle parole e dei gesti che si erano scambiati nei mesi precedenti iniziava a farsi sentire e a smuovere le basi di quello che loro definivano pura e semplice amicizia.

Il giorno seguente le ricerche di Moran stavano continuarono, ma senza portare risultati soddisfacenti. Sherlock era più irrequieto e protettivo del solito: non voleva che John e Sherlyn uscissero di casa, a meno che non ci fosse anche lui con loro. Per il medico tutta quella situazione era diventata asfissiante. Spesso, infatti, doveva rinunciare ad uscire solo perché il detective era impegnato in qualche caso o esperimento e non poteva fargli da scorta.
Dopo giorni passati in questo clima opprimente, una mattina John non ne poté più e decise di opporsi.
“Sherlock, vado un attimo al supermercato, servono alcune cose a Sherlyn. Lei comunque rimarrà con la signora Hudson di sotto” disse deciso mentre si infilava la giacca.
“Ho quasi finito e ti accompagno…” rispose Sherlock. Era seduto sua poltrona intento ad esaminare dei fascicoli che Greg gli aveva portato poco prima.
“Posso anche andare solo, non ci metterò molto” ribatté John leggermente irritato.
“No! Non uscirai da qui senza di me! Sono stato chiaro?” esclamò il detective, alzando il tono di voce e guardandolo negli occhi.
“Ora basta, Sherlock!” urlò furioso il medico “…mi sono stancato di queste tue manie iperprotettive! Ti ricordo che non sono un bambino indifeso! Non ho bisogno del tuo permesso per andare in un dannato supermercato da solo! Quindi a dopo!” aggiunse, uscendo e sbattendo la porta alle sue spalle. Si rese conto, quando si trovò fuori dall’appartamento, di essere stato un po' troppo brusco con lui, ma in fondo se l’era meritato con quel suo atteggiamento asfissiante. Prese un profondo respiro per calmarsi e si avviò a piedi nel caos della città.
Sherlock era rimasto seduto e immobile con i fascicoli in mano e lo sguardo ancora rivolto verso la porta dell’appartamento. Non si aspettava una reazione del genere dal suo migliore amico. Lui voleva soltanto tenerlo al sicuro fino alla cattura di Moran. Possibile che John non capisse le sue intenzioni? Rassegnato da quella situazione, sospirò pesantemente e si rimise al lavoro nonostante il suo pensiero fosse ormai altrove.
Erano passate quattro ore da quando John era uscito, ma di lui non c’era traccia. Sherlock, decisamente preoccupato, iniziò a chiamarlo e ad inviargli una marea di sms, ma non ricevette risposta. Stava indossando il cappotto per andare a cercarlo, quando la signora Hudson fece il suo ingresso con Sherlyn.
“Cu-cù! Disturbo caro? Prima vi ho sentito urlare da sotto, tutto bene? Avete litigato?” chiese premurosa e preoccupata.
“Non sono affari suoi!” rispose il detective scontroso “…e comunque mi dica velocemente cosa vuole!” aggiunse ancora più irritato.
“Ma che modi! Ero solo venuta a consegnale questa busta che è appena arrivata!” esclamò la donna offesa, mettendo la busta sul tavolino e ritornando di sotto con la bambina.
Sherlock prese la busta e la aprì con attenzione. All’interno c’era un dvd ed un biglietto: guardalo e divertiti. Prese il dvd con le mani tremanti e si diresse verso il suo portatile. Lo inserì nel lettore ed aspettò che partisse, trattenendo il respiro. Era ciò che temeva di più: il video mostrava John legato ad una sedia mentre veniva picchiato con una violenza inaudita. Dopo qualche secondo anche Moran, con un’aria soddisfatta e divertita, apparve nella ripresa: salve signor Holmes! Come si dice? Chi non muore si rivede! Ed eccomi qua! Come vede due miei amici si stanno divertendo con il dottor Watson. Beh, voglio mettere alla prova il suo famoso talento, voglio proprio vedere se riesce a capire dove siamo. Spero che sia bravo come dicono, altrimenti non credo che il suo caro dottore resisterà ancora per molto! Concluse il suo messaggio ridendo di gusto, mentre alle sue spalle due uomini continuavano imperterriti a picchiare John.
Sherlock venne assalito dal panico. Con le mani tremanti e il respiro corto prese il telefono e chiamò Mycroft.
“Fratellino, ti sei ricordato di chiamarmi. Come stai?” rispose il politico con sarcasmo.
“Vieni qui, ho bisogno di te!” riuscì a dire soltanto il detective.
“Arrivo subito!” rispose semplicemente il politico, chiudendo la telefonata.
Non passarono neanche dieci minuti che Mycroft fece il suo ingresso nel soggiorno di Baker Street. Trovò il fratello raggomitolato sulla sua poltrona: era seduto con le gambe al petto e le mani nei capelli in segno di disperazione.
“Cos’è successo?” chiese allarmato.
Sherlock non rispose. Si limitò ad indicare il suo portatile. Il politico si avvicinò e guardò l’intero video.
“Dannazione!” esclamò appena finì.
“Sapevo che sarebbe successo. Lo sapevo, dovevo proteggerlo, dovevo tenerlo al sicuro…” ripeteva Sherlock nel mezzo di una crisi di panico.
Mycroft si inginocchiò di fronte a lui e gli prese le mani per calmarlo.
“Sherlock, lo troveremo e lo riporteremo a casa, te lo prometto. Fidati di me!” gli disse con estrema dolcezza.
Sherlock annuì con poca convinzione. Poi si lasciò calmare da un caloroso abbraccio del fratello maggiore.









Angolo dell'autrice:
Salve! Ecco il seguito di "Ti brucerò il cuore"! Una sorta di quinta stagione! (Alla faccia di Moffat e Gatiss che per fare una stagione fanno passare anni, io propongo la quarta e la quinta nell'arco di due mesi... Ahahaahahh). Il genere della storia seguirà più o meno lo stile dell'altra, l'unica differenza sta nell'evolversi di una "romantica" storia Johnlock (visto che si tratta di Sherlock, non so se romantica sia il termine giusto!).
La storia parte già con il ritorno di Moran, che non sarà geniale come Sherrinford, ma credo che lavorando prima per Moriarty e poi per lui, abbia imparato un bel pò di cose! Beh, speriamo bene per il nostro povero John, che ancora una volta rischia la vita. Speriamo soprattutto che Sherlock rimanga lucido abbastanza da non fare pazzie, considerando che quando si tratta di John, perde il controllo di sè!
Spero che questa storia vi piaccia e ringrazio in anticipo tutti quelli che vorranno seguirla. Lasciate pure commenti se vi va...Alla prossima ;)
   
 
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