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Autore: WaterfallFromTheSky    09/03/2016    1 recensioni
Haruko è solo una innocente ragazzina quando Lady Kagami irrompe nella sua vita, stravolgendogliela. Da quel momento, la giovane sarà costretta a fingere, a fare cose che logoreranno la sua anima, tutto per salvare se stessa e suo fratello. Riuscirà nel suo intento? Sarà capace, la ragazza, di mantenere intatti i suoi principi?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Haruko non si fece specie ad eliminare i nemici che inizialmente aveva risparmiato; sottrasse una maschera ad una delle donne ninja che uccise, oltre alle loro cose, e corse difilato al villaggio, col cuore in gola.
Era ancora tutto tranquillo: quel placido e sereno pomeriggio si apprestava a terminare in un caldo tramonto. Il cielo mutava dall'azzurro all'arancio, il sole si avvicinava alla terra pian piano. Ciononostante, Haruko non perse tempo nè si calmò: tornò a casa e, ancor prima di passare dal Maestro e Lord Godha, si recò sul retro della casa, ove c'era una voliera contenente alcuni piccioni. I ninja Azuma tenevano quei volatili per trasmettere comunicazioni di vario tipo: gli uccelli erano ben addestrati, intelligenti e solerti. Quando la videro arrivare non si spaventarono, abituati com'erano alla presenza umana. La ragazza, rapida e anche involontariamente un pò brusca, ne tirò fuori due e legò un breve messaggio alla zampetta di ciascuno; dopo di che, scandì bene prima a uno e poi all'altro i nomi rispettivamente di Rikimaru e Ayame, quindi li lasciò liberi. I due piccioni spiccarono il volo e si separarono immediatamente, prendendo direzioni differenti. A quel punto, la giovane si precipitò dal Maestro.
Lord Godha era ancora lì. Senza perdere tempo in convenevoli, Haruko sbottò:-Maestro Shiunsai, Lord Godha! Il nostro villaggio sta per essere attaccato!-
-Cosa?!- esclamò il sovrano, balzando in piedi e impallidendo all'istante, mentre Shiunsai domandò, controllato:-Da chi? E perchè?-
-Dall'Aurora di Fuoco. Sono andata alla foresta di bambù, diretta alle Caverne di Kansen, per controllare se i nemici fossero lì. Avevo ragione. E ho anche sentito da alcuni di loro che il villaggio sarà attaccato. Ho anche inviato un messaggio a Rikimaru e Ayame affinchè tornino-
-Hai fatto bene. Prepariamoci, allora-. La ragazza annuì; tirò fuori la bianca maschera da demone che aveva portato con sè dalla foresta e la indossò, quindi spiegò:-Mi confonderò coi nemici-
-Ottima idea- replicò il Maestro, ma Godha disse, concitato:-Devi andare al castello e avvertire il Consigliere Naotada. Meglio che si tengano pronti nel caso venga attaccato anche il castello-
-Sissignore, farò in un attimo-. Ciò detto, Haruko si congedò così velocemente da dar l'impressione di avere le ali ai piedi.
***
Fece in fretta: non si recò di persona dal Consigliere, ma incaricò due cameriere di comunicare la situazione all'uomo. Tornò subito indietro, saettando per le stradine di campagna. Tuttavia, a metà strada, fu bloccata da quattro ninja che apparvero dalla foresta circostante con le armi già sguainate. Erano due uomini e due donne. Il fatto che fosse mascherata non la aiutò: probabilmente, era stata seguita da prima. La ragazza digrignò i denti, imprecando mentalmente, e non tentò di raggirarli col suo travestimento: non aveva tempo da perdere. Doveva tornare immediatamente al villaggio per proteggere la famiglia del panettiere.
La giovane era pervasa da una determinazione che non aveva mai avuto: non aveva paura, era solo decisa a superare quell'ostacolo seccante. Avrebbe fatto ciò che andava fatto, fine.
Uno dei nemici, munito di katana, si fece avanti per attaccarla; lei, rapida, gettò in mezzo al gruppo due fumogeni e due sacche di polvere urticante1. Tutti loro inalarono la polvere, celata dal fumo bianco, e iniziarono a tossire e forse anche a lacrimare, sebbene protetti dalla maschera. L'irritazione di naso, gola, occhi e pelle del viso fu tale da fermare i nemici, intenti a tossire e togliersi le maschere istericamente. Haruko ne approfittò per colpirli a morte con dei kunai, che si conficcarono nelle loro trachee. I corpi non fecero nemmeno in tempo ad accasciarsi al suolo che lei era già fuggita via.
Capì che l'attacco era iniziato molto prima di arrivarvi. Colse l'odore di bruciato, le urla, perfino un vago cozzare di lame. La sua corsa non diminuì nè aumentò, ma le si strinse lo stomaco per l'agitazione. Pregò perchè il maestro Shiunsai e Lord Godha stessero bene, perchè Rikimaru e Ayame fossero già lì a combattere per gli innocenti e fossero ancora illesi...ma soprattutto implorò gli dei di far si che il panettiere, sua moglie e i loro bambini non fossero caduti vittime dei nemici. E si sforzò di non immaginare il peggio.
Entrò al villaggio e, tentando di restare lucida, di non agitarsi per tutto il trambusto che aveva investito i suoi sensi, celò la sua presenza dietro una casa.
"Rifletti. Devi restare lucida. Stai calma" pensò. Doveva raggiungere il panificio.
***
Seminò molti morti, nei modi più disparati, ma li lasciò tutti alle spalle senza remore. Probabilmente, le loro maschere la aiutarono in questo, dato che lei non poteva vedere i loro volti, i loro occhi spenti...ma, senza dubbio, il terrore per ciò che poteva accadere ai suoi cari e la determinazione nel volerli proteggere e salvare furono preponderanti nel renderla così imperturbabile, priva della minima esitazione.
Come aveva previsto, varie case erano divorate dal fuoco e l'aria era pervasa dal puzzo di fumo, come pure del sangue, e faceva da vettore alle urla degli innocenti che perdevano la vita in modo cruento. Dovette aggirare vari cadaveri, ma non prestò attenzione a nessuno di loro; si impegnò per non posare gli occhi su di loro, per evitare di riconoscerli, sapere che altra gente che lei conosceva era stata uccisa. Man mano che si avvicinava, iniziò a sudare freddo, atterrita; nella sua mente si affastellavano ricordi fin troppo vividi del giorno in cui vittima di un attacco era stato il suo villaggio, i morti sparsi ovunque erano suoi compaesani...e la casa verso la quale aveva corso con Akahito al seguito era la sua, i morti erano suo padre e sua madre. Perchè doveva rivivere quell'incubo?
"Stavolta non perderò nessuno".
Eppure, sapeva bene che così non sarebbe stato, quasi fosse una verità imprescindibile.
Il suo oscuro presentimento si avverò troppo presto.
La ragazza raggiunse il panificio e l'attigua abitazione del panettiere. Quasi le si fermò il cuore dinanzi a quella vista: sia il piccolo panificio che la casa erano in fiamme. La casa era quasi del tutto crollata. Le fiamme si alzavano alte verso il cielo, prepotenti, distruttive. Ma, soprattutto...
-Ti prego. Ti prego, non farlo-. Quella voce tremante. Quelle lacrime che le gonfiavano il petto, le deformavano la voce, rendendola quasi irriconoscibile. Quegli occhi atterriti, imploranti...eppure rassegnati. Quegli occhi che Haruko aveva sempre visto limpidi, gentili, accompagnati da quel sorriso materno perfino nei suoi confronti...
Haruko fissò impotente quelle enormi e fin troppo note clave calare su Shizune, la moglie del panettiere, e schiacciarla come fosse fatta di paglia. Accadde tutto al rallentatore: quell'unico colpo secco, che si infranse contro quel corpo maledettamente fragile, dal quale schizzò sangue scuro, che divenne una massa informe di sangue, ossa, carne e arti. In quell'istante, Haruko non provò nulla e non udì nulla, nessun rumore circostante toccò il suo udito. Le caddero alcune lacrime, le tremarono le mani, ma non se ne rese conto. L'unica cosa che realizzava era che l'assassino della donna era suo fratello. Quel giovane di così grosse dimensioni, di quella forza, colui che impugnava quelle clave uniche nel loro genere...era lui. Come Haruko aveva previsto, Raundomaru era ancora vivo, ancora al servizio di Lady Kagami...ancora spietato, senza la minima ombra di umanità. L'espressione del suo viso era pacifica, come se avesse semplicemente spaccato il guscio di una noce.
Era la seconda volta che Haruko vedeva suo fratello uccidere. Entrambe le volte era stato terrificante, di una violenza indicibile.
Lo sguardo della ragazza si spostò dall'immagine macabra di quel cumulo di informe morte...e vide, poco lontano, un altro cadavere. Quello di Mina. Era abbandonato per terra. La testa era completamente distrutta, si vedeva il cervello ridotto in poltiglia...ma Haruko la riconobbe dalle treccine che lei stessa le aveva fatto qualche giorno prima, e dalla maglietta color arancio che le aveva regalato per il suo compleanno. Accanto a lei, c'era suo padre, riverso sulla figlia, il torace sfondato, carne e ossa che imbrattavano il terreno.
Haruko entrò in iperventilazione e iniziò a tremare violentemente. Le ginocchia le cedettero. Il cuore le si strinse tanto che sentì dolore in tutto il petto e quasi svenne. Un dolore insopportabile, accecante, inconcepibile, troppo grande da sopportare. Desiderò di svenire o di morire, altrimenti sarebbe impazzita.
Se ne restò lì, distrutta nel profondo, incapace di formulare qualunque pensiero, completamente ferma nel suo duro e nero dolore. A stento i suoi occhi catturarono l'immagine di suo fratello che si muoveva placidamente, diretto chissà dove, verso il piccolo pozzo, lo aggirò....e si fermò. E solo allora l'udito di Haruko si riattivò.
Un pianto. Un pianto stridulo e disperato, quasi di protesta. Un pianto che aveva sentito ben poche volte ma che riconobbe all'istante.
"No". Non avrebbe preso anche lui. No.
***
Haruko era rimasta bloccata. Aveva assistito all'uccisione della moglie del panettiere e tutto le era parso lento, i rumori erano svaniti. Lo stesso era valso quando aveva notato i cadaveri di Takao e di Mina. Ma il pianto di Harumaru la risvegliò repentinamente, come un secchio di acqua gelida gettato addosso ad una persona profondamente addormentata.
Un attimo prima era in ginocchio, senza forze, senza nemmeno il coraggio di respirare, di piangere; quello dopo aveva un kunai tra le mani. La cui lama era conficcata nella possente schiena di suo fratello.
L'enorme giovane si impietrì per la sorpresa e per l'improvviso dolore, spalancò gli occhi. Non era una ferita mortale e lo sapeva, difatti lanciò un lamento gutturale e si voltò di scatto. Non era particolarmente veloce, così Haruko ebbe il tempo di estrarre il coltello e allontanarsi con un balzo.
Tagliente, intimò:-Allontanati da quel bambino-
-Haruko! Sorella!-
-No. Non sono tua sorella. Io non ho fratelli-
-Ma...-
-Mio fratello Raundomaru è morto. Quello che vedo davanti a me è solo Genbu. E Genbu merita solo di morire-. Il viso stolido di Genbu mostrò un'espressione di sorpresa: gli occhi piccoli si spalancarono, le sopracciglia sottilissime si inarcarono in maniera perfetta.
-Perchè porti una maschera? Fai parte dell'Aurora di Fuoco?-. Quasi come fosse un insulto, Haruko si tolse la maschera con un gesto brusco e la gettò nel fuoco, mostrando al fratello un'espressione algida che non aveva mai visto. Harumaru continuava a piangere, a strillare, ma i due sembravano non sentirlo.
-Hai fatto male a Genbu!-
-Te ne farò molto di più-. La giovane gli lanciò il coltello, ma Genbu parò il colpo con una delle sue clave; lei tirò fuori la sua asta, ne allungò le estremità e gliela puntò contro.
-Cosa credi di fare con quello stecchino?-. Lo ignorò, corse verso di lui, balzò con l'intenzione di rompergli il cranio pelato con un colpo d'asta, ma lui la colpì violentemente con una delle clave; lei si protesse con l'asta e atterrò in piedi, ma subito dovette spostarsi di lato per evitare un nuovo furioso colpo di clava da parte del fratello, che era quasi su di lei. Lanciò un fumogeno, ma non ebbe effetto poichè lui le fu nuovamente addosso; la giovane tirò fuori un nuovo coltello e glielo conficcò nel prominente ventre. Fu inutile, lui ignorò quel colpo e sollevò entrambe le clave per abbatterle su di lei con tutta la sua forza. Haruko evitò il colpo balzando all'indietro, per un soffio, ma avvertì il rumore cupo che le clave produssero incontrando il terreno. Genbu si tolse il kunai dalla pancia e lo gettò via. Il viso era offeso.
-Basta sorellina! Genbu non vuole ucciderti!-
-Mi sembrava il contrario-
-Genbu può convincere Lady Kagami a riprenderti! Lei lo ascolterà sicuramente-
-Non mi interessa. Preferirei morire arsa viva piuttosto che servire quella strega-. Genbu divenne serio, freddo. Haruko tirò fuori una cerbottana e colpì il fratello, che era troppo grosso per evitare il dardo avvelenato.
-Fermati!-
-Non lo farò. Ho tentato di riportarti sulla retta via, ma ho fallito. Non si può fare nulla per te. L'unica soluzione è ucciderti-
-Sei diventata amica dei ninja Azuma-
-Hai ucciso delle persone. Persone che io amavo. Non te lo posso perdonare-. Genbu su chinò in avanti, preda di uno spasmo dovuto al veleno. Haruko si preparò per attaccarlo, stavolta a morte, ma fu fermata da un urlo che riverberò in tutto il villaggio. Di nuovo, le si strinse dolorosamente il cuore: era il Maestro Shiunsai.
***
Haruko si voltò in direzione della casa degli Azuma, ma ovviamente da lì non poteva vedere cosa fosse accaduto. Si pentì tuttavia di quell'attimo di distrazione e tornò a fronteggiare Genbu, ma fu con stupore che notò la sua assenza. Dove diavolo era finito?
-Genbu! Maledetto!-.
Suo fratello era sparito. Era fuggito. Sebbene solitamente fosse lento e goffo, in quel momento era riuscito a sfuggirle. Haruko non perse comunque tempo: ogni secondo era prezioso. Si precipitò dietro al pozzo, dove Harumaru piangeva ancora, lo prese e lo cullò più dolcemente possibile, sussurrandogli parole di conforto; erano forzate, tuttavia il bambino parve riconoscerla e trarre sicurezza dalla sua presenza, difatti smise di piangere e puntò i suoi occhioni scuri e innocenti su di lei. La ragazza pensò febbrilmente ad un posto dove nasconderlo, ma alla fine decise di non separarsene; riluttante ma incapace di trovare una soluzione diversa, balzò su un tetto e corse a rotta di collo verso la casa degli Azuma. Approdata sul tetto più vicino, dal quale aveva una visuale molto chiara, raggelò: Rikimaru era per terra, ferito -non sapeva bene dove, ma era sporco di sangue, senz'altro il suo- e, di fronte a lui, su uno dei fusuma ora sfondati della stanza del Maestro, c'erano Tatsumaru e Kagami. Il primo aveva un'espressione neutra in volto, la seconda sogghignava, trionfante e perfida. Aveva la sua katana sguainata. La ragazza non udiva ciò che lei stava dicendo a Rikimaru, tuttavia vedere il ragazzo ferito per terra e quella donna infernale con quell'arma sguainata le fece perdere completamente il senno. Una furia nera si impadronì completamente di lei in quattro e quattr'otto, al punto che, in seguito, non fu capace di ricordare perfettamente l'accaduto.
***
Rikimaru era atterrito, annientato; mai prima di quel momento era stato sconfitto così facilmente, nel fisico come nella mente. La situazione era completamente fuori dal suo controllo, era debole, stanco, ferito, sporco, i due nemici davanti a lui -di cui uno era Tatsumaru, cosa ancora difficile da realizzare- erano nettamente superiori a lui, e non aveva la minima idea di cosa fare. Il suo sconvolgimento divenne maggiore, tuttavia, quando un'ombra rapidissima entrò nella stanza e attaccò Lady Kagami.
L'ombra era Haruko. Le due, senza una parola, iniziarono a combattere furiosamente fuori dalla casa. Rikimaru osservò stolidamente quello scontro furioso, più confuso di prima.
Quella non poteva essere Haruko. Fisicamente era senza dubbio lei, ma...non l'aveva mai vista così feroce. I sui occhi non erano mai stati così oscuri e infuocati, il suo modo di combattere non era assolutamente quello che lui stava guardando. Sembrava indemoniata. Non aveva nulla della ragazza timorosa di combattere che lui conosceva: attaccava Lady Kagami con furore incontenibile, con forza, dandole a malapena il tempo di contrattaccare, impedendole di sorridere tronfia come l'aveva vista poco prima. Tuttavia, Rikimaru si spaventò: tanta forza non incanalata bene non portava a nulla di buono. Era quello che era successo a lui proprio allora: la furia nel combattere quella donna per ciò che aveva fatto al suo villaggio, al Maestro e a Tatsumaru l'avevano condotto a quello, a ritrovarsi ferito, debole e inerme lì per terra. Quel fuoco che animava la ragazza avrebbe prima o poi vacillato, e allora Kagami...
"Maledizione, Haruko!".
Fu Tatsumaru a interrompere quel tornado umano: dato che Haruko era concentrata sulla donna, non gli fu difficile intromettersi lanciando un fumogeno, che spiazzò la ragazza. Rikimaru vide chiaramente Tatsumaru trascinare via Lady Kagami, che avrebbe preferito uccidere la ragazza; quando il fumo bianco svanì, dei due non c'era più traccia. Fu allora che Haruko recuperò coscienza, ansimante, sudata e ancora profondamente incollerita.
-Dannazione, se nè andata!- gridò, gettando per terra la sua asta con tutta la rabbia che provava. In un attimo, però, dimenticò tutto e lasciò vagare lo sguardo per la stanza, a partire da Rikimaru e giungendo poi al corpo di Godha svenuto in un angolo e al Maestro Shiunsai, riverso a terra, mortalmente ferito...
Portò una mano alla bocca, addolorata, in lacrime. Osservò Rikimaru alzarsi e precipitarsi dal Maestro -se non altro, il giovane non era ferito gravemente, sembrava stare bene- e ascoltare ciò che lui gli diceva con un fil di voce. Ricordò Harumaru: nonostante infuriata, l'aveva lasciato all'entrata prima di attaccare Kagami. Lo raggiunse immediatamente e lo prese tra le braccia per cullarlo, sebbene il piccolo non stesse piangendo. Era lei che piangeva, in realtà. Era lei che aveva bisogno di essere cullata. Ciò che era accaduto era assurdo e profondamente ingiusto...
Il Maestro spirò e Rikimaru lo chiamò più volte, inutilmente. Haruko, col bimbo in braccio e col volto inondato di lacrime, si alzò e gli si avvicinò. Gli pose una mano sulla spalla. Solo allora Rikimaru parve rassegnarsi al fatto che il vecchio maestro non era più tra loro, non poteva più guidarli nè aiutarli. Lasciò il corpo del maestro e alzò il volto su di lei.
Entrambi restarono colpiti dall'espressione dell'altro. Rikimaru appariva ad Haruko stanco, triste, smarrito, quando solitamente era tranquillo, impassibile, imperscrutabile; mai aveva pensato di vederlo così fragile. Per questo, pianse ancora di più.
Rikimaru aveva già visto la ragazza in lacrime, disperata, e fu con profondo scoramento che si accorse che non c'era limite al dolore che una persona potesse provare. In quel momento Haruko era ancor più sofferente, distrutta. Non gli fu difficile comprenderne il motivo: Harumaru era tra le sue braccia, ormai quasi sicuramente rimasto solo al mondo. La ragazza aveva già perso una volta la sua famiglia, ma ora era accaduto di nuovo. Tra loro due, era senza dubbio lei quella che soffriva di più.
Haruko, vittima di un incontrollabile dolore e, al contempo, lieta che Rikimaru stesse bene, cadde in ginocchio, adagiò per terra Harumaru e si strinse forte al collo di Rikimaru, piangendo copiosamente, senza freni. Rikimaru, col cuore ridotto ad un nucleo di dolore e insieme desideroso di confortarla, ricambiò la stretta e affondò il viso nelle treccine della ragazza. Avvertiva l'odore acre del suo sudore e del fumo che aveva impregnato vestiti e capelli, eppure quell'odore e il calore del corpo di lei scosso dal pianto furono in quel momento la sua ancora.
***
Lord Godha aveva ripreso i sensi. Costernato per ciò che era accaduto al villaggio e a Shiunsai, si affrettò a tornare al castello per prepararsi ad un nuovo attacco da parte dell'Aurora di Fuoco. Haruko gli affidò Harumaru: era intenzionata a seguire Rikimaru nella sua lotta contro i nemici, cosa che naturalmente non avrebbe potuto fare portando un neonato con sè. Assicurò a Godha, quindi, che sarebbe tornata a prenderlo non appena la situazione fosse risolta.
Haruko e Rikimaru restarono soli, avviliti e ancora sudici per gli scontri e il sangue, ad osservare la casa vuota, al cui interno giaceva il Maestro Shiunsai. Rikimaru era silenzioso: normalmente non era un problema, ma Haruko percepì il suo dolore e lo capì perfettamente. Prese tuttavia la parola:-Rikimaru. Io so dove sono nascosti Kagami e i suoi-
-Come fai a saperlo?-
-Conoscevo quale fosse il loro nascondiglio prima di tradirli. Sono andata a controllare se fossero ancora lì. Non ci sono arrivata, ma c'erano dei ninja nei pressi del nascondiglio. Si tratta delle Caverne di Kansen-
-Capisco. Allora, rechiamoci lì-. In quel mentre, apparve Semimaru, gioioso come sempre nonostante la situazione. Quel suo atteggiamento spensierato fu come una ventata di aria fresca per i due giovani. Rikimaru decise di approfittare della sua presenza, così gli ordinò di cercare Tatsumaru. Il cane emise un lungo guaito, dopo di che corse via; senza nemmeno pensare a ripulirsi e rifocillarsi, i due ragazzi lo seguirono.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
1 polvere urticante: non esiste tra le armi originarie del gioco, creata da Haruko
  
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