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Autore: Nykyo    10/03/2016    2 recensioni
«Voglio aiutare il branco» rifletté Stiles a voce alta, massaggiandosi con ferocia le tempie, per niente conscio di quanta forza ci stava mettendo. «Voglio fare la mia parte. Voglio che il branco resti unito. Voglio un Tramite perché ho bisogno di essere un buon Emissario. Posso essere un buon Emissario, ho solo bisogno di un consigliere meno criptico di quello stronzo di Deaton e di capire come usare il mio potenziale e… voglio un Tramite. Lo voglio, mi serve perché non posso continuare a essere un peso per tutti. Voglio un Tramite e lo avrò, alla faccia di Deaton e anche di Derek!»
Racconto di Nykyo e illustrazioni di Boll11
Partecipa alla seconda edizione del Teen Wolf Big Bang Italia.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Laura Hale, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XI. Il tramite del Tramite

 

«Laura…» ripeté Derek. La fissava, o meglio stava fissando il viso di Stiles come se si aspettasse di vedergli cambiare lineamenti da un istante all’altro. Purtroppo non sarebbe successo, Derek avrebbe dovuto accontentarsi di parlarle senza vederla e senza sentire la sua vera voce. Il che rendeva tutto più complicato.

Laura sospirò e si alzò in piedi. Ok, era difficile, ma aveva passato di peggio e in fondo era lì con suo fratello, poteva comunque toccarlo e fare un sacco di altre cose. Lasciarsi scoraggiare non era da lei, specie quando c’era Derek di mezzo.

«Sono qui» disse. Avrebbe potuto chiamarlo con uno dei nomignoli sciocchi che a volte gli aveva appioppato da bambino, quasi sempre inerenti la forma ben poco lupesca dei suoi incisivi. Li ricordava tutti, quei soprannomi idioti che spesso l’avevano fatto infuriare e ogni tanto l’avevano fatto ridere fino alle lacrime. Alla fine, però, le parole che le erano uscite di bocca erano quelle che aveva usato più di sovente dopo l’incendio. Laura le aveva pronunciate quasi ogni notte per mesi e anche durante il giorno erano state una specie di piccolo mantra da usare per superare i momenti più brutti. A volte le era sembrato che non servissero a nulla, che stare vicina a Derek fosse inutile, chiuso com’era in una gabbia fatta di rimorso di cui Laura aveva percepito l’esistenza, ma che non era riuscita ad aprire. Aveva scardinato le difese di Derek per quanto riguardava il lutto e, nonostante ciò, era consapevole di non essere stata capace di penetrare sino in fondo la sua corazza di rimpianti. Ora sapeva il perché e intendeva farci i conti. Prima però doveva stringere quel cretino di fratello che si ritrovava. Ne aveva un bisogno disperato.

«Posso abbracciarti?» chiese, scoprendosi timida come non lo era mai stata. «Anche se ho questo corpo che non è il mio e capisco se per caso…»

La forza con cui Derek la serrò tra le braccia le fece mancare il fiato. Laura chiuse gli occhi e inspirò d’istinto, anche se le era impossibile avvertire tutte le sfumature dell’odore di Derek come avrebbe potuto fare da viva, con le sue potenzialità da lupa.

Ogni volta che possedeva Stiles era come se prendesse in prestito i suoi sensi limitati di umano. Con quelli non c’era modo di discernere cosa Derek stesse pensando. Beh, era comunque stupendo poter annusare il profumo della sua pelle. Laura lo riconobbe e si sentì subito a casa. Le venne voglia di piangere e provò a trattenersi inutilmente. Si aggrappò a Derek, torcendo il cotone della sua maglia con le dita, e premette la fronte contro una delle sue spalle.

L’emozione era troppo intensa e Laura ci mise parecchio prima di ritrovare la voce. «Mi dispiace» le sillabe erano spezzate e le raschiavano la gola. «Mi dispiace per tutto, Derek… di averti lasciato… dovevo restare, tu eri più importante di scoprire cosa era successo la notte dell’incendio… avrei dovuto restare con te.»

Derek, che sino a quel momento si era limitato a tenerla stretta in silenzio, si scostò il tanto necessario a poterla guardare di nuovo in viso. All’inizio parve spiazzato, forse addirittura imbarazzato per via del fatto che quello che stava abbracciando era il corpo di Stiles. Durò un attimo, poi Derek si riscosse e il rossore che gli era risalito alle guance sparì. I suoi occhi, invece, rimasero lucidi.

Laura cercò di sollevare il capo e tirò su con il naso. Derek non fece nulla per sciogliersi dalla sua presa, ora appena meno spasmodica. Sembrava che stesse cercando le parole adatte, ma non le avesse ancora trovate. Aprì la bocca e poi rinunciò. Riprovò immediatamente, ma riuscì a tirar fuori solo un «No» all’apparenza rabbioso, dopodiché si zittì del tutto.

«Ti chiedo scusa per l’altro giorno, Derek, ok?» riprese Laura, riempiendo il silenzio. Una volta iniziato prese coraggio e proseguì più spedita, anche se l’argomento che intendeva toccare per primo era tra i più dolorosi. «Pensavo… mi ero convinta di un sacco di cazzate e te lo spiegherò meglio, se vorrai, l’importante è che mi sbagliavo, voglio che tu lo sappia. Scusa, non avevo il diritto di dirti quelle cose, e nemmeno di usare Stiles senza il suo permesso. Se avessi immaginato cosa aveva passato non l’avrei mai fatto. Sono stata una stupida, ma… la cosa più importante di tutte non è che mi perdoni, lo so già che lo farai, ti conosco. La cosa fondamentale è… non mi interessa cosa è successo con Kate Argent, non devi pensare neppure per un secondo che…» Dovette prendere un lungo respiro, sforzandosi di dare voce al proprio cuore nel modo più giusto. Decise di seguire l’istinto e di essere come suo solito molto diretta. «Davvero credevi che se me lo avessi detto mentre ero viva non ti avrei perdonato? Sono stata così deludente come sorella maggiore che ti sei messo in mente una cosa simile? La sola cosa che mi fa incazzare a morte è sapere che te lo sei tenuto dentro e hai dovuto sopportarlo da solo. Se lo avessi saputo…»

Questa volta fu il fratello ad aggrapparsi ai suoi vestiti – ossia alla camicia di flanella di Stiles – e a nascondere il viso nell’incavo del suo collo.

Laura lo ascoltò chiedere perdono e la sua indole ferocemente protettiva raggiunse il picco massimo. «Ti voglio bene, ok?» Si accorse che era venuto fuori in un ringhio e capì che non sarebbe riuscita a esprimersi in maniera più calma. «Qualunque cosa sia successa in passato, qualunque cosa succeda, sempre, non smetterò mai di volerti bene, Derek. Non ho smesso di volertene nemmeno da morta, se pensi il contrario sei stupido. Posso odiare Kate Argent, non te. Mai te, Derek, accidenti!»

Si frenò giusto in tempo, prima di domandargli perché diavolo non le aveva mai raccontato la verità. Sarebbe stata una domanda inutile. Poteva intuire il motivo e ormai non c’era più modo di tornare indietro e cambiare le cose, né per la loro famiglia né per Derek. Gli anni in cui si era tenuto dentro quel rimorso enorme erano comunque trascorsi. Per quanto Laura si sentisse sul serio furiosa al pensiero di non averlo potuto aiutare, Derek aveva dovuto conviverci senza di lei, punto e basta. Laura poteva incazzarsi e farsi venire mille dubbi e altrettanti rimpianti, comunque non sarebbe servito a nulla. Semmai si chiese se Derek percepiva con i sensi quanto era stata sincera nel dirgli ciò che provava. Anche se quello che Laura stava usando, non essendo il suo corpo, non poteva avere il suo odore, restava il fatto che il cuore di Stiles stava rallentando o accelerando il battito in base ai suoi sentimenti e ai suoi stati d’animo.

Nel dubbio Laura preferiva affidarsi soprattutto ai gesti. Quindi, visto che il fratello glielo consentiva, gli accarezzò i capelli sulla nuca e non aggiunse altro. Rimase in silenzio finché lui non si sciolse dall’abbraccio e, inspirando rumorosamente, si mise a sedere sul bordo del letto. Laura si affrettò a sistemarglisi accanto.

Erano rimasti soli. Scott e gli altri avevano lasciato il loft non appena Laura era entrata nel corpo di Stiles.

Quando avevano discusso tutti insieme sul da farsi, a casa di Stiles, prima di andare da Derek, Scott si era dimostrato parecchio contrario all’idea di allontanarsi mentre lei possedeva il suo migliore amico. Laura non poteva dargli torto, se Scott non si fidava di lei aveva le sue ottime ragioni, considerato come si era comportata in principio. Lydia era stata meno categorica ma, se possibile, più minacciosa nell’avvertirla che se qualcosa fosse andato storto per colpa sua avrebbe conosciuto la vera ira di una Banshee. Era stato Stiles a calmare gli animi e insistere perché i suoi amici le concedessero un po’ di privacy. Aveva ricordato a Scott che, in fondo, se aveva intenzione di prendere un sonnifero non era solo per non dover rivivere un’esperienza orribile.

«Voglio che possano parlare in santa pace, senza il pensiero che posso ascoltarli. E lo stesso dovrebbe valere per voi. È il meno che possiamo fare per Derek.»

In conclusione Scott aveva concordato con lui e aveva accettato di andar via, a patto di poter restare nei paraggi in modo da poter intervenire se fosse stato necessario. Aveva promesso di non usare i propri sensi per origliare, confidando nel fatto che Derek si sarebbe preso cura di Stiles e che Laura si sarebbe comportata bene. Aveva anche posto un limite di tempo, ma ne aveva scelto uno abbastanza ampio. In sostanza sarebbe stato di ritorno poco prima che cessassero gli effetti del sonnifero.

In quel preciso istante Laura gli era immensamente grata per averle dato la possibilità di restare da sola con Derek. E la sua gratitudine verso Stiles era ancora più grande.

«Non potevo dirtelo.» La voce di Derek era bassa e impastata. «E dopo… dopo avrei dato qualunque cosa per averti indietro e per confessarti cosa era successo.»

Laura gli prese una mano tra le sue e sorrise, stranita nel vedere le dita lunghe e un po’ nodose di Stiles al posto delle proprie, sottili e indubitabilmente femminili. Era una sensazione strana, ma non spiacevole. Derek aveva bisogno di mani vigorose che lo sostenessero.

«Ora sono qui» gli disse piano, con la massima gentilezza. «Possiamo parlarne quanto vuoi. Mi basta che tu sappia che non cambia il bene che ti ho sempre voluto. Sempre, Derek, ok? Dal giorno in cui sei nato. Quello che è venuto dopo è servito solo a far sì che te ne volessi di più, mai di meno. Se riesci a capire questo il resto non ha più rilevanza. E voglio che tu lo capisca anche per via di Stiles.»

«Stiles?» Derek si ravvivò e lo domandò in tono incredulo.

«Stiles» ribadì Laura convinta. «Ti racconterò come sono andate le cose con lui, promesso, ma intanto sappi che l’idea di averti ferito lo ha fatto stare davvero malissimo. Non lo sopportava. Si è anche sentito in colpa perché eri convinto di parlarne con lui o non mi avresti detto la verità sull’incendio. Ci ho messo un po’ per capire quanto Stiles ci tiene a te, però adesso lo so. Guarda cosa sta facendo per noi. Ti considera una persona cara e lo stesso vale per gli altri. Mi ero convinta che non fossero il branco adatto per te e invece sono il migliore che potessi augurarti.»

Derek sollevò lo sguardo e annuì. Laura lo prese come un buon segno. «Continuo a pensare che Beacon Hills non sia un posto sicuro» riprese, mostrandosi sincera. «Ma è casa nostra, anche se me l’ero quasi scordato. Ci sono sempre stati Hale a Beacon Hills e mamma avrebbe detto che sempre ce ne saranno, perché abbiamo questo territorio nel sangue e nessun Hale ha mai avuto paura di lottare per proteggerlo. È nostro, e forse se non avessi perso i miei sensi di lupo non me lo sarei dimenticato nemmeno per un istante. Fatico a ricordare che odore hanno gli alberi e l’erba nella Riserva e mi dispiace… Dopo l’incendio sono andata via di qui per proteggerti, Derek, e perché sul momento restare faceva troppo male, però ho sempre avuto nostalgia. Se per te questa è casa lo capisco. Sul serio.»

Derek parve meditare prima di aprire bocca. «Credevo che non fosse rimasto nulla per me qui, Laura, ne ero convinto. Dopo che sei morta pensavo che non ci fosse più nulla per me da nessuna parte. Poi sono tornato, ho conosciuto Scott e gli altri, ho… non riesco a spiegarlo… fatico perfino a crederci, ma questa è casa mia, sì. Dopo che ho ritrovato Cora ci ho riflettuto, ho perfino usato gli artigli di mamma per chiederle consiglio, ma in realtà avevo già deciso. È casa mia, è il mio branco…» Gli si spezzò di nuovo la voce. «Non l’ho mai detto a nessuno di loro, sai? Che li considero il mio branco. Anzi… sono proprio un cretino. È che non riuscivo ad accettare di meritarmelo. Invece quando hanno iniziato a evitarmi…»

Laura si morse la lingua per non rispondere: «È tutta colpa mia».

Accarezzò le nocche del fratello, pensando di nuovo che era strano farlo con la punta delle dita di Stiles. Strano, non sbagliato. Se avesse potuto usare il fiuto sarebbe stata più certa di averci azzeccato con una specifica idea che si era fatta riguardo a Stiles e Derek. Avanzare giudizi al momento la faceva sentire in ansia, ok, ma d’altro canto Lydia stessa si era lasciata sfuggire un paio di allusioni per niente velate. Mentre ci rifletteva su Laura colse lo sguardo di Derek, notò il modo in cui lo stava puntando verso il basso, gli occhi fissi sulle mani che stringevano la sua, e le venne da ridere. Ok, forse aveva preso delle enormi cantonate su tante cose, però su altre sembrava avere ragione.

Come se avesse fiutato il suo sospetto, Derek di colpo spostò l’attenzione e si mise a osservare il muro. Laura non ci cascò. Riconobbe subito l’imbarazzo del fratello e si disse che, tutto sommato, anche quella era una prova che non stava facendo supposizioni troppo azzardate. Decise di tenerne conto e di tornare sull’argomento una volta risolte le altre questioni.

«Sono felice di sapere che non ho rovinato tutto» ammise, accennando un mezzo sorriso. «Credevo di sapere cosa era meglio per te e ora come ora mi rendo conto che forse non l’ho mai saputo.»

Derek scosse il capo. «Sei stata la migliore sorella che potessi desiderare, Laura, e molto di più… a volte penso prima a te che alla mamma… mi sei mancata da morire. Ho pensato a te ogni giorno da quando…»

La sua difficoltà nell’esprimere ciò che sentiva era evidente al punto che Laura gli premette di nuovo la fronte su una spalla, dimenticandosi del tutto, almeno per un momento, che si trovava dentro il corpo di un altro.

«Promettimi solo che ti manterrai sempre in contatto con Cora, che andrai a trovarla ogni volta che puoi e che sarai prudente, va bene? Mi basta questo.»

Quando tornò a guardarlo in viso vide che Derek aveva le labbra tirate in una smorfia tremolante. Dio, era buffo quanto le ricordava le volte in cui da bambino lui si era sforzato di trattenere le lacrime dopo una brutta caduta dalla bici o dallo skateboard. Laura una volta gliel’aveva detto chiaro e tondo che lo trovava ridicolo.

«Anche se guarisci subito fa comunque male. Cosa c’è di sbagliato se ti viene da piangere? Nessuno ti sta dando del frignone… se fa male fa male.»

Era servito a ben poco e, a quanto poteva constatare, le vecchie abitudini erano dure a morire.

«Sono in gamba i tuoi amici» ribadì, sentendosi finalmente del tutto sicura di ciò che stava affermando. «Scott è un buon Alpha e ho sentito cosa ti ha detto sull’essere fratelli. Si vedeva che lo pensava davvero. Anche Lydia… sono molto uniti, tutti quanti, e per loro sei importante. È la sola cosa che conta. Sono felice di non averti allontanato da loro, anche se dubito che avrei potuto riuscirci.»

Derek aveva un’aria malinconica quando si voltò per affrontarla. «Te ne vuoi andare, vero?»

Laura gli strinse la mano con più forza. «Se troveremo un modo per rimandarmi indietro, sì.» Confessarlo era più doloroso del previsto. «Ci ho pensato un sacco e vorrei poter restare, ma non so se riuscirei a sopportarlo… essere qui, ogni giorno, poterti vedere e non poterti toccare, doverti parlare sempre tramite qualcun altro… e Stiles è capacissimo di offrirsi di prestarmi ancora il suo corpo. Sarebbe ingiusto. Lo fa per te e so che l’idea non ti piace.»

Per un istante Derek parve più preoccupato per Stiles che affranto alla prospettiva di perderla di nuovo.

«Ha detto la verità?» chiese e Laura capì dalla luce nei suoi occhi che in quel momento Derek non stava guardando lei ma Stiles. «È vero che così non sente niente, che è come se non se ne accorgesse?»

Laura annuì. «È sempre così se è addormentato. Credi che Scott gliel’avrebbe lasciato fare altrimenti? O che io…»

«No» rispose Derek con sicurezza.

Laura si rasserenò un po’. «È l’ultima volta, e anche per questo non me la sento di restare. Quando non uso il suo corpo è… non potresti mai vedermi, toccarmi, sentirmi, e io sono qui ma è come se non esistessi. Se provo a toccare un oggetto gli passo attraverso, ho la vista e l’udito ma non ho più tutti gli altri sensi… se potesse sul serio servire per tenerti al sicuro rimarrei, mi andrebbe bene qualunque cosa, questo lo sai. Così è inutile, diventerei matta, mi conosci. E ora so che hai una nuova famiglia e un branco disposto a tutto per starti accanto. Per la prima volta da quando sono morta mi sento in pace e non ho paura di andarmene.»

Derek le premette il palmo di una mano sulla guancia. Gli si leggeva in viso quanto era stranito nel compiere un simile gesto mentre lei aveva l’aspetto di un’altra persona. Laura abbassò le palpebre e ingoiò la malinconia. Quando riportò lo sguardo sul fratello ebbe l’impressione che per quanto poco prima lui l’aveva guardata come se vedesse solo Stiles, ora la stava fissando come se riuscisse a scorgerla, nonostante tutto.

«È la cosa più giusta, Derek. Sono troppo giovane e inesperta per essere un buon Tramite per il vostro futuro Emissario e non posso fare finta di essere ancora viva. Sono morta, è ora che lo accettiamo. Devi lasciarmi andare.»

Ogni sillaba le era pesata dentro come un macigno e tirarla fuori era stata una sofferenza, ma anche una liberazione. Nello stesso modo scomparire sarebbe stato triste, certo, però meglio che restare in quello stato e doverne sopportare le conseguenze. Derek l’avrebbe cercata di continuo con lo sguardo, senza mai trovarla… no, Laura era convinta della propria scelta.

Rimase sicura di avere ragione malgrado Derek la stesse abbracciando di nuovo con foga. «Mi dispiace, Derek» gli sussurrò in un orecchio prima di svincolarsi. Aveva bisogno di quel minimo di distanza per non vacillare. «Ti voglio bene. Non sono la sola, ricordatelo. E quando si sveglia rassicura Stiles o diventerà matto.»

Le sopracciglia di Derek si inarcarono in una maniera che la fece sorridere. Certe espressioni erano talmente tipiche di lui che la rendevano ancora più nostalgica e intenerita.

«Quando si sveglia devi dire a Stiles che lo perdoni. Diglielo chiaro e tondo, se no continuerà a pensare che sotto sotto ce l’hai con lui, ci scommetto. E l’ansia se lo mangerà vivo. Forse è proprio lui quello che tiene a te più di tutti, sai? Beh, magari non di più, non è questione di quantità… diciamo in un modo diverso.»

Il rossore che era appena salito alle guance del fratello la fece ridere di gusto. Malgrado la tristezza per il fatto che lei e Derek stavano per dirsi addio, quella visione era impagabile.

«Ecco» disse, infischiandosene del fatto che gli avrebbe causato un imbarazzo ancora maggiore. Certe cose andavano dette senza girarci troppo intorno. «Ero convinta che la cosa giusta da fare fosse spedirti via da Beacon Hills il più presto possibile e riunire te e Cora, invece chissà… magari la cosa giusta era farti da Cupido.»

Derek emise un verso strozzato e allontanò la mano dalle sue come se si fosse scottato.

Laura rise più forte e poi gli diede un buffetto su una spalla. «Oh, dai, su. Sto usando un corpo con i sensi sono limitati, ma ti conosco, fratellino.» Enfatizzò l’appellativo per renderlo ironico e poi sorrise. «Da quant’è che voi due ci girate intorno? Sul serio non c’eri arrivato? Eppure i tuoi di sensi dovrebbero funzionare come si deve. L’hanno capito tutti, perfino io.»

«È complicato…»

Laura costrinse Derek a sollevare il viso e scosse il capo. «Se tieni a lui nel modo in cui lui tiene a te è semplicissimo. E se ti azzardi a rispondermi che non te lo meriti giuro che mi metto a urlare. Non voglio sentire cazzate, Derek, voglio solo vederti felice.»

Lui non rispose e Laura sbuffò, senza però provare vero fastidio. Derek alla lunga avrebbe capito. Come era successo per il branco a un certo punto si sarebbe guardato dentro e si sarebbe reso conto di cosa Stiles poteva offrigli e di quanto entrambi avevano bisogno l’uno dell’altro.

«Beh, pensaci» gli scoccò un’ultima frecciata. «È parecchio carino tra l’altro, anche se non sta mai né zitto né fermo. Ed è sveglio e decisamente dotato come apprendista Emissario. Non rimarrà sulla piazza per sempre.»

«Laura!» la apostrofò Derek con un’aria talmente buffa che lei scoppiò a ridere ancora una volta. Si lasciò andare e a un tratto Derek le sorrise. Il primo vero sorriso da quando avevano iniziato a parlare. Un sorriso simile a quello dei vecchi tempi, prima dell’incendio. Laura se ne sentì rassicurata e commossa. Nascose le lacrime che le si erano fermate all’angolo degli occhi fingendo che fossero dovute all’ilarità.

«Dai» disse, cercando di ricomporsi. «Abbiamo un mucchio di cose di cui parlare, ma prima raccontami di Cora. Com’è ora che è cresciuta? Cosa sta combinando in Sud America? Sarà diventata uno splendore, era così carina. Dimmi di lei.»

Derek annuì. «Cora…» esordì, «Cora è… com’eri tu alla sua età: spettacolare. Testarda e spettacolare.»

Laura si lasciò invadere dal tepore al pensiero che la sua sorellina fosse non solo sopravvissuta, ma cresciuta fino a diventare una donna, tosta e determinata come lo era stata da viva la loro madre. Avrebbe voluto vederla, ma pazienza, le bastava assicurarsi che fosse sana, salva e felice ed era curiosa di saperne di più.

«Dai, racconta» esortò di nuovo il fratello e, mentre lui era distratto a spiegarle di Cora, intrecciò le dita alle sue e gli riappoggiò il capo su una spalla come le era capitato di fare diverse volte da bambini, seduti sul letto mentre Talia raccontava loro una favola. Una volta era successo anche dopo la faccenda di Paige e dopo l’incendio, in diverse occasioni, tenere Derek per mano e fargli avvertire la propria presenza era stato tutto ciò che Laura aveva potuto fare per lui. In quei casi era rimasta in silenzio e si era sentita il cuore troppo stretto. Adesso era serena e si sentiva a casa.

Sapeva che dopo aver parlato di Cora lei e Derek avrebbero discusso anche di cose meno piacevoli, ma in quel momento stava bene davvero. Era come aveva detto poco prima: si sentiva in pace, ed era qualcosa che non le accadeva da così tanti anni che le sembrava che dall’ultima volta fossero passati secoli.

Alle cose tristi e dolorose avrebbe pensato dopo, ora voleva solo godersi la sensazione di avere Derek tanto vicino e ascoltare la descrizione, tanto impacciata quanto vivida, che lui le stava facendo di Cora. Prima di dire addio c’era ancora un po’ di tempo.

 

 

 

Stiles sbatté più volte le palpebre. Non riusciva a mettere a fuoco.

La sua mente era parecchio confusa. Era la seconda volta che si svegliava? Gli pareva di sì. Sì, assolutamente sì. Era… non ricordava di essere svenuto e, in teoria, il suo avrebbe dovuto essere un semplice risveglio… Chiuse gli occhi, prese fiato, cercò di concentrarsi. Gli tornò in mente una sensazione davvero strana. Era come se a un certo punto si fosse in effetti ridestato, ma solo per ritrovarsi a traballare su gambe malferme. Era durato giusto un istante e poi, per quel che riusciva a rammentare, si era sentito come se qualcuno stesse strappando qualcosa a tutta forza dalla sua carne viva. Il dolore, ecco, si ricordava il dolore lancinante e che gli era parso di sentire Laura urlare, come se nemmeno lei sapesse cosa stava succedendo e stesse soffrendo tanto quanto lui.

Era stata davvero Laura a gridare? Stiles non lo sapeva. Sapeva solo che era crollato e l’impressione di cadere come se non avesse nessun controllo era stata orribile, anche se non c’era stato alcun impatto tra il suo corpo e il pavimento del loft. Derek l’aveva afferrato e sostenuto e poi, un secondo prima di svenire di nuovo, Stiles aveva visto un lupo.

Si sentiva ancora il cervello annebbiato, eppure era certo di averlo visto davvero: un lupo nero dal corpo affusolato e con enormi occhi gialli che gli erano sembrati increduli e spaventati. A parte quello non rammentava più nulla.

Al momento aveva mal di testa ed era evidente che dopo aver scorto il lupo doveva essere svenuto. Dio! Era svenuto in braccio a Derek come una damigella in un romanzetto per ragazze. Il sangue gli affluì al viso mentre ci ripensava.

Bene, guardando al lato positivo doveva essere appena ritornato in sé e gli pareva di essere tutto intero. Quel dolore insostenibile era svanito e anche il mal di testa stava già passando. Quanto al lupo, Stiles doveva averlo sognato; c’erano state solo due persone lì con lui e, per quanto fossero entrambe Mutaforma in grado di assumere le sembianze di quell’animale, Derek era stato troppo impegnato a cercare di tenerlo in piedi e Laura era un fantasma. Stiles aveva visto con i suoi stessi occhi che lei era ancora capace di mutare, ma solo in un lupo fatto di fumo cosa che, in realtà, era successa soltanto durante l’evocazione. Dopodiché Laura non si era più trasformata, quindi non era neppure detto che fosse sempre in grado di farlo. Il lupo doveva essere stato un incubo, un’allucinazione provocata dal dolore.

«Stiles?» La voce di Derek lo raggiunse come se provenisse da distanze abissali.

«Stiles, stai bene?» Quella di Scott le fece eco, non meno carica di preoccupazione.

Stiles si sforzò di riaprire gli occhi e annuì. Aveva la gola secchissima, ma se non altro ora riusciva a distinguere ciò che aveva intorno. Ossia i suoi amici che lo circondavano e lo fissavano ansiosi. Erano tutti lì. Derek, dal cui viso Stiles distolse subito lo sguardo, perché si sentiva ancora terribilmente in colpa, perché era imbarazzato e, infine, perché vederlo così in pensiero lo turbava. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era illudersi e farsi filmini mentali sul tipo di sentimenti che Derek non avrebbe mai ricambiato. No grazie, ne aveva già a sufficienza con tutti i casini in cui era immerso da quando aveva deciso di evocare un Tramite. Così Stiles preferì evitare e passò invece in rassegna i visi del resto del branco, per il solo fatto che così, oltre a non dover guardare Derek, poteva trarre rassicurazione dalla loro presenza. Era bello sapere che erano lì per lui.

Scott era ovviamente il più angosciato di tutti, mentre Lydia sembrava più tranquilla e c’erano perfino Liam e Laura, entrambi con un’espressione tesa sul viso.

Stiles annuì di nuovo. «Sto bene» riuscì a dire, meravigliandosi nello scoprire che il suo tono non era affatto roco, anzi, era più saldo del previsto. «Sul serio, sono vivo, non mi fa male niente, non ho nausea, non penso di stare per svenire di nuovo, ho solo un po’ di mal di testa, ma cavolo, quello potrebbe essere il sonnifero. Insomma, state tranquilli, ok? Se fossi moribondo Lydia lo sentirebbe, se avessi qualcos’altro che non va lo sentireste voi altri. Sono tutto intero, sto bene, benissimo!»

Per rimarcare il concetto si mise a sedere, fece per scendere dal letto e, come avrebbe dovuto aspettarsi, si mosse troppo in fretta e rischiò di crollare ignominiosamente, mandando a gambe all’aria non solo se stesso ma anche tutte le rassicurazioni che aveva appena riversato sul branco. Avrebbe imprecato, non fosse stato per il dettaglio che gli si era appena bloccato il fiato in gola.

Tutto il suo corpo, in effetti, era pietrificato per lo stupore e il motivo della sua sorpresa era Laura. Laura, che tra tutti era stata la prima a slanciarsi per sorreggerlo. Superando in velocità perfino Scott e Derek l’aveva afferrato per un braccio e ora era lì che lo fissava con un sorriso storto e un po’ stronzetto. Un secondo dopo lo lasciò andare e il sorriso si fece più dolce, mentre i suoi occhi si velavano per quella che sembrava proprio commozione.

«Wow!» Stiles non riusciva a esprimere quanto era incredulo. Aveva toccato Laura. No, anzi, Laura aveva toccato lui. O quel che era. Cazzo! Poteva toccare Laura! E prima non se ne era reso conto ma lei non era più trasparente. Com’era possibile? Che diavolo stava capitando? E Stiles escludeva di essere diventato una Banshee, quindi la spiegazione doveva essere un’altra, magari che era ammattito. Oppure che era ancora addormentato e stava sognando.

Fu Laura a togliergli ogni dubbio di essere sveglio. Prima gli assestò un pizzico su un avambraccio e poi, prima che Stiles avesse finito di lamentarsi, lo abbracciò di slancio. La stretta non durò a lungo e quando lo lasciò andare Laura era un po’ imbarazzata. Stiles rimase a guardarla con la bocca spalancata.

«Sei… ti posso toccare e… non sei più trasparente, sembri…»

«Viva?» Laura era divertita. Fece lampeggiare gli occhi di giallo e poi scoppiò a ridere in preda a un’allegria così evidente e sfrenata che la faceva apparire più giovane. Sembrava quasi di avere davanti Cora.

«È viva» intervenne Lydia in un tono calmo e studiato che, però, non riusciva a celare del tutto una sorta di eccitazione accademica. «Viva e vegeta. Diciamo resuscitata.»

Stiles si lasciò cadere a sedere perché si sentiva stordito. Per sua fortuna fu accolto dal materasso, su cui atterrò con un piccolo rimbalzo.

Passò di nuovo in rassegna le facce dei suoi amici e li vide sorridere all’unisono. Tutti tranne Derek, che teneva lo sguardo puntato verso i propri piedi. A braccia conserte e con le labbra arricciate in una smorfia, sembrava incupito e Stiles non riusciva a comprendere come mai. Insomma, accidenti!, se Laura era viva che motivo aveva di essere incazzato come al solito? Sempre che Laura fosse viva davvero. Stiles faticava a crederci.

«Com’è possibile?» Sul serio, era una cosa folle. «Cos’è successo? La gente non resuscita… oddio, no, ok, ora che ci penso… Merda, mi sta tornando il mal di testa.»

Lydia gli sedette accanto e iniziò a dargli spiegazioni in un tono paziente. «L’hai appena detto, Stiles: in realtà ogni tanto la gente resuscita, se non altro qui a Beacon Hills. Non le persone normali è ovvio. Ma, prendi per esempio Peter, io ne so qualcosa della sua resurrezione.»

Stiles non riusciva comunque a raccapezzarsi. «Laura però non era…» Come poteva dirlo senza ferire Lydia? «…dentro la tua testa. Era dentro il mio corpo, mi pare parecchio diverso e poi per risvegliare Peter… ci avevi raccontato che c’è stato bisogno del potere di un Alpha, e prima di svenire mi è sembrato di vedere un lupo ma c’eravamo solo io e Derek, Scott non… Sei stato tu, Scott?»

Scott scosse il capo. «No, siete stati voi. Tu e Laura, se ho capito bene. Anche io sono ancora un po’ confuso. È successo da pochissimo. Io e Liam abbiamo sentito urlare e anche Lydia ha sentito qualcosa così siamo corsi qui e tu eri svenuto, Laura era viva e Derek...»

Stiles guardò di nuovo verso Derek e lo beccò per così dire con la guardia abbassata. Per quanto si fosse affrettato a sviare di nuovo lo sguardo, Stiles fu colpito da un’improvvisa illuminazione: Derek non era in collera, era spiazzato tanto quanto lui e talmente disarmato che non sapeva come fare per nasconderlo.

Dentro di sé Stiles sentì sciogliersi un nodo d’ansia di quelli belli grossi. Nel tentativo di non soccombere in modo patetico al sollievo che stava provando si voltò a fronteggiare Lydia e chiese: «Come? Se l’abbiamo fatto io e Laura, come ci siamo riusciti?»

«Già» interloquì Laura. Era ancora elettrizzata e non si poteva darle torto, ma non sembrava capirne più di Stiles. Lydia al contrario aveva la faccia di una che la sapeva lunga.

«Come ha detto Scott, siamo corsi qui non appena lui e Liam ti hanno sentito urlare» rispose pronta. «Io invece ho sentito il grido di Laura e ho percepito la sua agitazione e anche una specie di disagio, come se stesse provando un forte stress o molto dolore. Ormai dopo tanti anni riesco a distinguere abbastanza bene certi segnali che mi arrivano grazie ai miei poteri. Siamo corsi dentro il prima possibile e devo ammettere che quello che ci siamo trovati davanti è qualcosa in cui speravo già da un po’.»

Sia Stiles che Laura la trafissero con un’occhiata particolarmente penetrante.

Lydia non si scompose, si limitò a stringersi nelle spalle. «Beh, non mi andava di parlarvene finché non fossi stata sicura, non volevo dare false illusioni a nessuno, specie dopo che abbiamo deciso di dire la verità a Derek. Stavo ancora facendo ricerche mirate, però sì, ci speravo.»

La successiva domanda di Stiles si perse, mischiandosi con un’osservazione quasi identica che era appena uscita dalla bocca di Laura. Se iniziavano a parlare in coro erano davvero fritti. Dio, che immenso casino. Eppure Laura era viva. Stiles non riusciva nemmeno a pensare alla portata di quel semplice dato di fatto. Il suo cervello non osava formulare il concetto che il suo cuore in compenso aveva afferrato sin dal primissimo istante: Laura era viva e Derek l’avrebbe riavuta indietro. La sorella la cui morte l’aveva quasi annientato era tornata sul serio e non più solo come fantasma. Se Stiles c’entrava anche in minima parte con la sua resurrezione si poteva dire che in un certo senso gliel’aveva restituita?

Anche volendo non ebbe il tempo per rifletterci su. Lydia aveva già ripreso la sua spiegazione. «Era nel testo che vi ho portato l’altro giorno, la frase che vi ho tradotto. “Uno spirito che sia stato richiamato su questa terra da un Emissario, per diventare il suo Tramite, potrà tornare libero se vorrà davvero sacrificare il proprio interesse a quello del branco.” Detto in parole povere Laura ha sacrificato i propri desideri per il bene dell’Emissario e del branco e le è stata data una seconda possibilità “su questa terra”, proprio come diceva il grimorio. Questa è la versione breve, ecco. Quella lunga è meno complicata di quel che sembra.»

«Se lo dici tu…» Laura e Stiles avevano parlato di nuovo all’unisono, ma fu Laura a finire la frase mentre Stiles continuava a guardare Lydia come avrebbe guardato un puzzle particolarmente complesso. «Io non ci sto capendo niente.»

Anziché a lei Lydia si rivolse a Stiles. «Qual è la dote più importante per un druido, Stiles? A parte la Scintilla che lo distingue da chiunque altro.»

Stiles si sistemò a gambe incrociate, ponderando la risposta. «Una volontà molto forte» replicò dondolando appena, sovrappensiero. «Sì, la volontà di portare a termine una data azione, diciamo magica, anche se Deaton mi direbbe che non siamo dentro un libro di Harry Potter.»

Lydia annuì soddisfatta come una maestra con il suo allievo preferito. Stiles, che aveva ancora in mente i libri per via del paragone che aveva appena fatto, pensò che assomigliava a Hermione.

«Esatto» esclamò Lydia rendendo ancora più visibile la somiglianza. «Quando hai evocato Laura la tua forza di volontà ha richiamato il suo fantasma, poi è andato tutto a rotoli e, un po’ per questo e un po’ perché ti sentivi in colpa per averla trascinata qui senza il suo permesso, hai cominciato a desiderare che Laura potesse tornare indietro come voleva. Lei però era bloccata qui perché come nei racconti gotici aveva cose irrisolte che la trattenevano, in più non stava meritando la sua seconda chance… su questo lato della faccenda devo ancora indagare meglio, scommetto che ci sono cose interessanti che potrei scoprire. Comunque sia a un certo punto Laura ha cambiato idea, tu eri disposto a tutto pur di aiutarla, lei era pronta a sacrificarsi per un bene superiore, eravate finalmente pronti a fare da Tramite l’uno all’altro.»

Lydia fece una brevissima pausa a effetto e poi riprese a parlare prima che chiunque potesse interromperla.

«Ho fatto ricerche anche sul perché si dice proprio Tramite. È un nome particolare, quindi ho pensato…»

Stiles aveva dovuto ingoiare la domanda che aveva sulla punta della lingua e aveva sentito Laura e Scott che si zittivano quasi in nello stesso momento. Liam invece aveva sbuffato un «Io continuo a non capirci niente» e si era seduto sul pavimento a braccia incrociate con un’espressione che era un misto tra curiosità e frustrazione. Solo Derek era rimasto immobile e silenzioso. Stava ancora evitando lo sguardo di Stiles, ma anziché le proprie scarpe guardava la sorella e lo faceva con un’intensità che faceva sentire Stiles ancora più scombussolato, distraendolo per un istante dal discorso di Lydia.

Era strano. A Stiles ricordava i mesi in cui Cora aveva vissuto a Beacon Hills e il fatto che dopo la partenza lei gli era sempre mancata. Cora era stata una buona amica e quasi qualcosa di più. Chissà se ora che Laura era viva Cora sarebbe tornata, anche solo per riabbracciarla. Nel domandarselo Stiles non si stupì di ritrovarsi a pensare anche a Malia. Quello che lo colpì come un pugno mirato al plesso solare fu l’accorgersi che, per quanto avesse tenuto sia a lei che a Cora, era riuscito a rinunciare a entrambe e invece non tollerava nemmeno l’idea di rinunciare a Derek.

Chiuse i pugni e si morse l’interno di una guancia. Possibile che non riuscisse a pensare ad altro nemmeno mentre Lydia gli dava chiarimenti su una cosa così straordinaria come il ritorno in vita di una persona morta da anni? Era davvero andato sino a quel punto?

«Scusa» disse, cercando di riconcentrarsi solo su quella faccenda e rifiutando di considerare il fatto che si era talmente distratto a osservare Derek che non aveva notato neanche la mano che Scott gli aveva poggiato su una spalla, dopo essersi seduto anche lui sul letto, dall’altro lato rispetto a Lydia. «Devo essere ancora un po’ rintronato, mi sono perso… cosa stavi dicendo riguardo al termine Tramite?»

«Che non è una parola scelta a caso» intervenne Liam e Scott annuì. «Ha un significato molto preciso.»

«Vuol dire anche “passaggio”» confermò Lydia.

Sembrava che Laura stesse riflettendo con attenzione. «Stiles mi ha fatto da passaggio dall’aldilà a questo piano dell’esistenza?»

«Come una porta?» chiese Stiles. Malgrado tutto non riuscì a non rabbrividire e dovette scacciare l’eco di un vecchio indovinello.

Lydia gli diede una strizzata affettuosa a un braccio. «In un certo senso…» ammise e tentò di addolcire il tono prima di proseguire. «Ma non è la stessa cosa perché Laura era una persona, non un’entità malefica, ed era legata a te da un vincolo che ha finalità positive. L’hai aiutata a tornare, diciamo. Ne sapremo di più al rientro di Deaton, però penso che inconsciamente tu desiderassi così tanto di poterla riportare a Derek o che lei fosse di nuovo viva per stargli accanto che la tua volontà si è unita con il sacrificio di Laura e questo è il risultato. E io ci speravo.»

«È fantastico!» sentenziò Scott entusiasta. «Soprattutto visto che sembra che stiate bene tutti e due, tu e Laura.»

«Pensavamo vi stesse scannando» aggiunse Liam, senza dare a Stiles il tempo di replicare.

Derek parve sul punto di dire anche lui qualcosa, ma dalla sua bocca uscì a malapena un mormorio troppo rauco e impastato per risultare comprensibile.

Stiles avrebbe voluto sentirsi felice come i suoi amici e in un certo senso lo era, solo che era anche estremamente frastornato e il comportamento di Derek lo faceva sentire come se gli si fosse annodato lo stomaco.

Era felice di quello che era successo a Laura. Nonostante fossero partiti con il piede sbagliato, era una cosa enorme e bellissima per lei e per Derek e Stiles ne era lieto e si rendeva conto che appena avrebbe metabolizzato l’idea sarebbe anche riuscito a venire a patti in via definitiva con i sensi di colpa che aveva sempre provato nei confronti di Laura. Avrebbe dovuto essere su di giri per la gioia, era uno di quei frangenti da danza della vittoria come nei fumetti di Snoopy. Sarebbe stato più sensato che chiedersi come mai Derek non voleva saperne di guardarlo negli occhi e angosciarsi con il sospetto che qualcosa di delicato che aveva iniziato a crearsi prima dell’arrivo di Laura si fosse spezzato.

Era come trovarsi su un ottovolante: un istante gli pareva che Derek non avesse nulla contro di lui e quello dopo si angosciava domandandosi se si stava sbagliando. Non che Stiles pensasse che alla fine Derek non l’avrebbe perdonato per avergli nascosto di aver evocato il fantasma della sorella; specie ora che Laura era tornata in vita, era impossibile che alla lunga Derek non gli condonasse quella che, rispetto a tante altre, era stata una bugia a fin di bene. No, neppure una bugia, un’omissione, ecco, sia pure bella grossa e tendenzialmente dotata di zanne e di un caratterino irascibile e vendicativo. In ogni caso non era quello che tormentava Stiles, era la paura che il ponte che le tante esperienze in comune avevano creato tra lui e Derek stesse crollando e che fosse impossibile salvarlo, neanche alla luce del fatto che da tutta quella faccenda Derek aveva ricavato il dono immenso di riavere Laura indietro.

Se così era, a Stiles sembrava ingiusto. Gli veniva spontaneo interrogarsi su se stesso. Doveva valere davvero poco la pena, se per lui una seconda possibilità non era stata prevista.

«Sto bene» rispose a Scott, che gli aveva appena posto una domanda apprensiva sul suo mal di testa.

Ovvio, tutti si aspettavano di vederlo gioire e, come al solito, in lui c’era sul serio qualcosa che non andava, visto che non riusciva a mettere da parte tutto il resto e festeggiare l’attimo.

Sentì Lydia sospirare, poi lei si alzò, fece un cenno eloquente a Scott e Liam, prese Laura sottobraccio e disse: «Bene, direi che come minimo sei ancora scombussolato e secondo me è meglio se ti riposi ancora un po’…»

Stiles non ebbe il tempo di reagire, o di protestare che non gli sembrava il caso di importunare con la sua presenza quando di sicuro Derek desiderava soltanto rimanersene in santa pace da solo con la sua adorata sorella appena ritrovata.

Prima che potesse aprire bocca Scott si alzò e, dopo avergli detto che l’avrebbe chiamato più tardi, si avviò per raggiungere Lydia, con Liam alle calcagna. Stiles scattò di nuovo in piedi a sua volta, ma fu di nuovo interrotto da Laura che si era sottratta alla presa di Lydia e gli stava marciando incontro a passo di carica. Quando lo raggiunse Stiles si trovò intrappolato in un abbraccio strettissimo e, a differenza di quello di poco prima, per niente impacciato.

«Grazie» disse Laura, a voce ben alta e senza smettere di strizzarlo senza ritegno. «Non avrei mai pensato di dirlo e so che non basta, ma grazie, Stiles.» Finì la frase e girò sui tacchi spiccando una breve corsa per raggiungere gli altri.

A Stiles era sembrato di sentirla trattenere un mezzo singhiozzo, ma non poteva esserne certo. Un istante dopo lei e il branco erano andati, chiudendosi alle spalle il portellone del loft.

Stiles non era mai stato altrettanto consapevole della presenza di Derek in una stanza. Non capiva perché fosse rimasto. Supponeva che si sentisse in dovere di farlo in quanto padrone di casa e per via di Laura. Chissà poi perché Scott e Lydia avevano deciso di lasciarlo lì con Derek. Che idea era?

L’unica cosa da fare era levare subito le tende. Già, peccato che Stiles non ci riuscisse. Aveva bisogno di sapere che diavolo stava passando per la mente di Derek. La paura di sentirsi respingere era niente, in confronto all’ansia che gli procurava l’incertezza.

«È tutto ok, ragazzone?» Si odiò per quell’esordio così stupido. Lo stress lo faceva sempre straparlare il doppio e lo rendeva in apparenza molto più idiota. Stiles lo sapeva e nonostante ciò non seppe frenarsi. «Sei così silenzioso… sì, insomma, sei sempre silenzioso, però ora è quel silenzioso del tipo “Stiles sparisci”. Ho… devo saperlo Derek, perché mi stai evitando? Dopo me ne vado, ok, ma se… mi spiace di non averti detto di Laura, sul serio. Mi dispiace da morire. Non sto dicendo che ora che è tornata in vita sono diventato più perdonabile…» Merda! Doveva proprio stare zitto e invece continuava a balbettare cazzate. «Se non ti va di avermi tra i piedi lo capisco, ma di norma me lo ringhi in faccia. Perché non mi hai sbattuto fuori invece che lasciare che se ne andassero tutti? Perché non stai ringhiando o minacciando di prendermi a calci nel culo o di sbranarmi o…»

Derek gli fu addosso in un attimo, e Stiles fece giusto in tempo ad arretrare di un passo, rischiando di ripiombare sul letto, prima di essere travolto da un bacio.

 

 

Derek l’aveva afferrato per la vita, non era ben chiaro se per evitargli di cadere – a quanto pareva gli Hale non facevano che prenderlo al volo – o per tirarselo addosso. Quale che fosse stato il suo fine, ora lo stava baciando e Stiles era talmente allibito e stravolto che reagì d’istinto, puntando le mani sul suo petto e sospingendolo via per poterlo guardare in viso.

«Wow, wow, wow, frena! Cos’era quello?» squittì sentendosi un imbecille completo per il solo fatto di averlo chiesto.

Derek era raggelato e lo stava guardando con un’espressione all’apparenza vuota. Stiles non ci cascava, lo conosceva da troppo tempo ormai, lo capiva che si sentiva ferito.

«Era la risposta alla tua domanda.» L’amarezza era evidente nella sua voce. «La risposta sbagliata, a quanto pare.»

«No, no, cavolo! Era la risposta giusta. Era la risposta giusta.» Stiles era così frastornato che non sapeva se l’aveva detto davvero. La sua bocca e il suo corpo dovevano avere innescato il pilota automatico, perché nel frattempo le sue mani si erano chiuse sulla stoffa della maglietta di Derek e la stavano tirando e torcendo.

Stiles chiuse gli occhi e per un secondo fu inghiottito dal terrore di stare facendo la peggiore stronzata di tutta la sua esistenza. L’istante dopo sollevò un braccio per aggrapparsi al collo di Derek e lo baciò quasi con disperazione.

Derek si irrigidì, ma ricambiò il bacio. Stiles avvertì di nuovo le sue braccia che lo avvolgevano. Quando la stretta si fece troppo spasmodica e gli tagliò il fiato, i muscoli di Derek si sciolsero dalla tensione; la loro presa rimase serrata, pur diventando molto più gentile.

Stiles conosceva già la sensazione di avere le proverbiali farfalle nello stomaco, solo che non l’aveva mai provata con un’intensità così totalizzante. In parte doveva essere per il sollievo, il grosso però era perché quello era Derek. Era Derek e lo stava baciando con un tale trasporto che il cuore di Stiles sembrava sul punto di esplodere e le sue gambe stavano iniziando a farsi molli. E non aveva nulla a che fare con il desiderio, anche se Stiles era sicurissimo che se avessero continuato così molto a lungo anche quello si sarebbe fatto sentire. In fondo un certo tipo di eccitazione era stata la prima avvisaglia di ciò che Stiles provava per Derek, anche se c’era voluto tempo perché Stiles si accorgesse che si stava anche innamorando.

In quel momento il sesso era l’ultimo dei suoi pensieri, sempre che si potesse affermare che stava pensando a qualcosa, perso com’era nel bacio. Derek era lì, premuto contro di lui, come una presenza solida e familiare. Contemporaneamente a Stiles sembrava di avere appena imparato a conoscerlo. Il suo cervello stava immagazzinando dettagli su dettagli, dai più preziosi ai più sciocchi. La barba di Derek, per esempio, era del tutto diversa al tatto da come Stiles l’aveva sempre immaginata. Erano davvero cazzate, ma Stiles non poté fare a meno di sollevare una mano e accarezzargli il viso.

Derek lo baciò con ancora più slancio e Stiles si smarrì di nuovo. Lo scorrere del tempo perse significato e perfino tutti gli altri avvenimenti della giornata diminuirono di importanza, il che era surreale, considerato che il piatto forte era stato addirittura una resurrezione.

Il tocco delle labbra di Derek che si staccavano dalle sue, solo per pochi secondi alla volta, lo confondeva. Il profumo della pelle e dei vestiti, freschi di bucato, la sensazione dei capelli di Derek che scorrevano sotto i suoi polpastrelli mentre Stiles lo tratteneva per la nuca, ogni cosa era soverchiante.

Più i baci si susseguivano più diventavano languidi e struggenti, e Stiles realizzò che se alla fine avesse scoperto che si trattava solo di un sogno al risveglio il suo cuore si sarebbe spezzato in una maniera irreparabile. E invece era tutto vero. Persino un idiota insicuro come lui se ne rendeva conto.

Dio! Doveva avere addosso un odore di felicità così smaccato da dare la nausea e Derek, che era un Licantropo, poteva annusarlo.

Stiles decise che si sarebbe imbarazzato più tardi e mordicchiò la bocca di Derek per il solo gusto di farlo. La risposta che ottenne fu un nuovo bacio un po’ più sensuale e vorace dei precedenti. Derek, che fino ad allora si era mantenuto delicato e cauto, gli infilò le mani dentro la maglia e le fece scorrere verso l’alto, saggiando le linee dei suoi muscoli che andavano contraendosi sotto la sua carezza.

Stiles gli assestò un morso vero e proprio all’angolo della mandibola, là dove iniziava l’attaccatura del collo, ma poi, come se si fossero messi d’accordo, sia lui che Derek si fermarono. Entrambi avevano il fiato un po’ corto. Si guardarono negli occhi e Derek riportò le mani al di sopra dei vestiti di Stiles, appoggiandogliele sulle spalle e attirandolo di nuovo a sé.

Stiles non protestò e si lasciò trascinare in una lunghissima serie di baci meno sensuali, che però avevano il pregio di essere così carichi di sentimento da stordirlo. Quando Derek lo sciolse dall’abbraccio e mosse un passo indietro gli parve di vacillare.

«Wooow.» Stiles si ficcò le mani in tasca perché altrimenti avrebbe finito con il gesticolare come uno scemo. «Altroché se questa era la risposta giusta. È stato… beh, magari proverò a spiegartelo per bene quando i fuochi d’artificio che mi hai acceso nel cervello avranno smesso di esplodere. E quando inizierò a convincermi che è successo davvero, perché per ora mi sembra pazzesco.» Vide che l’espressione di Derek iniziava a incupirsi e, a dispetto della precauzione appena presa, si ritrovò a sbracciarsi. «No, ok, aspetta, frena di nuovo. Non intendevo pazzesco nel senso di “Non azzardarti mai più a baciarmi, Derek Hale”. Dai, mi sembra abbastanza chiaro ormai che puoi baciarmi tutte le volte che vuoi, anche ora per farmi stare zitto, se preferisci. Volevo dire pazzesco in senso buono. Tipo “Wow, pazzesco! Fallo di nuovo!” Ma è stato strano perché pensavo che non mi avessi ancora perdonato per la cosa di Laura e per tutto il tempo dopo che mi sono svegliato hai evitato appositamente il mio sguardo, quindi credevo… perché hai evitato il mio sguardo se non ce l’avevi con me?»

Derek stirò le labbra in una linea diritta e nervosa e poi disse: «Ok. Non me la cavo granché con le parole, lo so, ma…»

Invece che finire la frase si avvicinò a Stiles e lo prese per mano. Se lo trascinò dietro fino al divano e gli fece cenno di sedersi. Stiles obbedì, anche se rimase praticamente appollaiato sul bordo di uno dei cuscini. Derek spostò la poltroncina per potersi sedere a sua volta proprio davanti a lui.

Stiles si sentiva di nuovo nervoso, il silenzio lo rendeva insicuro e lo spingeva a sfregare i palmi delle mani sulla stoffa dei jeans.

«Volevo baciarti da un sacco di tempo.» Derek lo disse di punto in bianco e senza più esitazioni.

«Oh, beh…» Stiles fischiò e agitò il capo. «Questa era diretta, amico. Proprio diretta.»

Diretta come un gancio in pieno stomaco, solo che non faceva male anche se, esattamente come un pugno, lo aveva mandato al tappeto. KO, si arrendeva!

Stava per alzarsi e diventare altrettanto diretto, però nei fatti, quando Derek lo fermò allungando un braccio e appoggiandogli una mano su un ginocchio.

Cristo, non era leale assumere un’espressione timida e fare gli occhioni da cerbiatto, se si avevano la stazza e l’aspetto di uno come Derek.

Stiles dovette mordersi per l’ennesima volta l’interno delle guance per trattenersi dal dire altre cazzate.

«Era per quello che non riuscivo a guardarti in faccia.» Le ammissioni di Derek si stavano rivelando spiazzanti tanto quanto il suo atteggiamento. «Lo so che è ridicolo, ma se ti avessi guardato ti avrei baciato subito davanti a tutti.»

Stiles strabuzzò gli occhi e inarcò un sopracciglio. «E farlo sarebbe stata una pessima idea perché? Spiegamelo, per favore, non credo di poterci arrivare da solo.»

Si aspettava che Derek gli rispondesse che non gli andava di baciarlo davanti a tutti, invece lo vide stringere i denti e poi confessare l’ultima cosa che lui si sarebbe mai aspettato. «Pensavo che non volessi.»

Stiles gli afferrò la mano senza neppure accorgersene. «Tu sei pazzo. No, sul serio, devi essere matto. Cosa…» Derek si strinse nelle spalle e a Stiles morirono le parole in gola. Il suo sguardo d’un tratto gli parve insostenibile e Stiles si sforzò di continuare a ricambiarlo per mera testardaggine, perché sapeva che Derek ne aveva bisogno.

L’unico tra i due a essere insicuro avrebbe dovuto essere lui. Possibile che Derek non imparasse mai e che non si desse mai tregua?

Stiles gli diede di nuovo dello stupido, almeno mentalmente. In pratica non riuscì a dirgli nulla visto che Derek aveva ripreso a parlare.

«Non è per via di Laura, Stiles. Avevo voglia di baciarti davvero da un sacco di tempo. Questo voglio che sia chiaro.»

Il silenzio che scese tra loro dopo l’ultima affermazione era denso al punto che nemmeno Stiles se la sentì di interromperlo.

Fu Derek a spezzarlo con un tono di voce che smascherava tutta la sua effettiva vulnerabilità. «Fatico perfino a dirti grazie, Stiles, spero che tu te ne renda conto. Come si dice grazie quando uno ti restituisce tua sorella riportandola in vita? Scusami, non sono proprio capace. Sai cosa significa Laura per me… non ci sono le parole. Spero che tu lo capisca e basta.»

Stiles annuì e gli accarezzò il palmo con le dita. «Certo che sì» lo rassicurò. Avrebbe voluto aggiungere che non gli sembrava di aver fatto nulla e che il poco che aveva fatto derivava più da un errore di valutazione e dalla sua incoscienza che da chissà quale deliberato piano per salvare Laura dalle grinfie della morte. In conclusione evocare Laura era stato il disastro più fortunato che gli fosse mai capitato di combinare. Stiles lo pensava, ma rimase zitto perché gli si era di nuovo chiusa la gola.

Derek si sporse in avanti e gli diede un bacio. Fu breve, casto e a fior di labbra.

«Non è per via di Laura che ho sempre voglia di baciarti, Stiles» soffiò sul suo viso prima di sfiorargli la bocca con la sua una seconda volta, con ancora maggior delicatezza.

«Hai sempre voglia di baciarmi?» chiese Stiles, afferrando l’orlo della sua maglietta sulla nuca. «Sempre?»

Derek sorrise e lo baciò ancora. «Abbiamo ancora un po’ di tempo prima che gli altri decidano di tornare a controllare se va tutto bene» gli ricordò. «Vuoi passarlo tutto a farmi ripetere quanta voglia ho di baciarti e che ce l’ho da mesi?»

Una volta tanto Stiles non fu affatto maldestro o impacciato nel fargli cenno di no, alzarsi e sistemarsi a cavalcioni sulle sue ginocchia, le braccia allacciate strette intorno al suo collo.

«Sono tentato» gli sussurrò in un orecchio, «però preferisco le dimostrazioni pratiche.»

Era ancora scosso e in parte incredulo, non solo riguardo a lui e a Derek, anche riguardo a ciò che era accaduto con Laura. Aveva il cuore in gola e si sentiva scottare il viso. Forse era perfino un po’ troppo elettrico e avrebbe fatto meglio a provare a calmarsi. Peccato che fosse impossibile.

Derek aveva ripreso a baciarlo e Stiles non voleva tornare con i piedi per terra o razionalizzare, voleva restargli incollato addosso, sentire il suo sapore, dimenticarsi del mondo intero e, tanto per cambiare, aveva l’impressione di esserselo meritato.

Così non fece nulla di ciò che la sua testolina ingarbugliata gli suggeriva di fare.

La verità era che era felice e aveva tutto ciò che desiderava, non aveva bisogno di rimuginare. La sola cosa di cui prese mentalmente nota fu di ringraziare Laura, non appena ne avesse avuto modo in privato. Glielo doveva. Alla fin fine Laura era stata davvero il suo Tramite. Era stata il mezzo per arrivare a Derek. Stiles ci credeva quando Derek dichiarava che non si era preso una repentina cotta per lui giusto quel giorno, soltanto perché lui aveva contribuito a resuscitargli la sorella. Su quello non aveva alcun dubbio. Restava il fatto che, lasciati a loro stessi, lui e Derek sarebbero stati capaci di rincorrersi per una vita intera, e Stiles ora se ne rendeva conto. Quindi onore e gloria a Laura Hale e perfino alle sue iniziali macchinazioni.

Per il resto Stiles non riusciva a pensare ad altro che a Derek e ai suoi baci. E Derek baciava bene, accidenti a lui! Stiles non avrebbe potuto chiedere di meglio.

 

   
 
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