Arrivata davanti al cancello verniciato di verde scuro, cercò con lo sguardo il ragazzo dagli occhi neri, che quella mattina ancora non era lì. Istintivamente guardò il suo orologio da polso, era in anticipo di dieci minuti. Raggiunse il suo gruppo e una compagna le chiese cosa ne pensasse del film della sera precedente. Stranamente, quando le era stato proposto di andare al cinema, aveva accettato senza che Carmen la supplicasse in aramaico come ogni volta.
Se era di quinta, voleva dire che c'erano buone possibilità di vederla al ripasso di matematica, a meno che non ricordasse integralmente il programma dei tre anni. Chissà, pensò, magari ho beccato un fisico in erba o qualche piccolo chimico tendenzialmente squilibrato.
Giunto davanti all'edificio, scrutò quella folla di ragazzi dai volti quasi tristi, volti da lunedì. La trovò che sorrideva e chiacchierava con delle amiche, tra cui la stessa Carmen. Avrebbe potuto chiedere all'amica di presentargliela, ma non la conosceva così bene da farle una simile richiesta; ma soprattutto non era sua abitudine chiedere aiuto, se non per fisica e matematica, naturalmente.
Osservò il cielo, di un azzurro così limpido che nel pomeriggio avrebbe potuto fare una passeggiata, magari verso la periferia. Magari con un pallone ed il balcone di Anna come canestro.
Marco la osservò e capì che non era abituata agli sguardi in generale. Spostò gli occhi sul suo panino e si chiese se avesse mangiato. Da casa sua a scuola c'erano tre quarti d'ora nel mezzo, senza contare le ore di matematica che ti riducevano ad un vegetale solo leggendo ciò che il professore scriveva alla lavagna.
Varcò la soglia dell'aula e mille pensieri iniziarono ad attanagliarli la mente. Cosa poteva dirle? Hai mangiato? Troppo confidenziale. Perché non mangi? Impiccione.
Anna sollevò il capo e strinse la penna tra le dita finché le nocche non diventarono bianche, come per alleviare quella strana sensazione.
<< Posso sedermi qui? >>
Annuì con un cenno, ascoltando il suono della sua voce. Era limpida, profonda ma non troppo, leggermente bronzea.
Non aveva avuto la forza né la prontezza di dirgli che quel posto era già occupato.
<< Ne vuoi metà? Non ho molta fame. >>
Marco pensò che era troppo timida. O forse non era abituata a parlare con un essere di sesso maschile che non fosse suo padre.
<< No, grazie. >> rispose, con un fil di voce.
<< Ne sei sicura? Davvero, metà mi basta. >>
Mormorò un "non preoccuparti" poco prima che un altro ragazzo chiamò Marco.
Marco. Anna appuntò mentalmente quel nome come se gli fosse stato rivelato il più grande dei segreti. Fissò l'altra metà del panino incartata alla bell'e meglio e constatò che aveva davvero fame. Consumò in fretta il pranzo e aspettò che l'aula si riempisse.
Guarda a oltre la finestra, un punto indefinito oltre le colline ricoperte di erba verde.
Sentì la sedia accanto a sé fare rumore e sperò con tutto il cuore che fosse Carmen, anche se una minuscola percentuale si augurava che fosse Marco. Quando anche lui aprì il quaderno, fece scivolare qualche moneta sul foglio a quadretti.
<< Cosa vuol dire? >> domandò confuso.
<< La metà del panino... Più o meno è quella. >>
<< Ma dai, non ha importanza. E poi l'ha preparato mia sorella, figurati. >>
<< Invece sì. >>
<< Ti ripeto di no. >> sorrise lui.
Le prese la mano e le mise le monete sul palmo, per poi richiuderlo.
Anna sentì le guance andarle in fiamme, Marco non sapeva più cosa volesse dire respirare.