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Autore: Mirella__    10/03/2016    2 recensioni
E se Goku fosse scomparso misteriosamente durante lo scontro con Baby?
Cosa sarebbe successo se lo Tsufuru avesse vinto?
In un mondo in cui tutti sono diventati dei burattini, Pan e Mr. Satan sono gli unici a non essere infetti.
Ma, ormai, per il campione dei campioni l'età si sta facendo sentire ed è costretto a lasciar scappare Pan per evitare la sua eliminazione.
La ragazza dovrà vivere nascosta alla luce, cercando ogni giorno di diventare più forte per poter far ritornare il mondo alla normalità.
Ce la farà?
Genere: Avventura, Dark, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Lotta per la libertà
Capitolo 7
Super Saiyan


Pan era sorpresa dalla quantità di frasi fatte che negli ultimi anni si era ritrovata a pensare; cose molto carine del tipo: lo sconfiggerò, mi vendicherò, lo ucciderò e altra roba su quel simpatico stile. Tuttavia non aveva mai soppesato quelle frasi più romantiche, tipiche per una ragazza nella prima età adulta come era lei.

La notte porta consiglio.
Quella notte, dopo essersi svegliata da quel sonno così profondo e aver rimuginato a lungo sugli avvenimenti, aveva pensato che quel detto facesse proprio a caso suo.

Chiusa tra il legno dell'albero che era stato attrezzato unicamente per lei, stava facendo mente locale di tutto quello che le era successo il giorno prima. In realtà c'era qualcosa nelle parole di C-18 che continuava a non tornarle.
Le parole vorticavano nella sua mente, creando quesiti che puntualmente ignorava perché li temeva. In realtà la domanda era solo una e la sua risposta poteva ribaltare quella specie di piccolo paradiso che aveva trovato in quella compagnia tanto bizzarra.
Si tolse la benda arancione, ormai rovinata dopo tutti quegli anni e vi giocò un po', passandola tra le mani e afferrandola con la coda prima che cadesse a terra. Sorrise nel pensare alla reazione che aveva avuto l'androide quando l'aveva vista con quella cosa legata alla vita. Apparentemente era stata indifferente, ma aveva visto quell'attimo di smarrimento sul suo viso che di fondo l'aveva divertita.
Sospirò mentalmente: stava divagando nel tentativo di fuggire da quelle parole, lo sapeva, e siccome era a conoscenza di cosa volessero farle ammettere, non le restò altro che pronunciarle ad alta voce, nel buio della sua camera.

“C-18 e C-17 sono davvero immuni al contagio?”

Sapeva che fuori doveva essere già l'alba, sapeva che la prossima cosa che doveva fare era trovare il coraggio e porre quel quesito alla donna; doveva prepararsi e andare da lei.












Le palpebre sbatterono su quegli occhi lattei che, dalla finestra dell'attico più grande e imponente di Nuova Bacittu, scrutavano ogni cosa. Tutto ciò che vedevano era loro, conquistato col sangue del popolo tsufuru.
La città di Nuova Bacittu era ciò che chiamavano Utopia, ciò che l'essere umano considerava impossibile. Baby aveva creato un mondo perfetto e amava contemplarlo dallo studio di quella che era casa sua, quella che era la dimora degna di un sovrano che aveva fatto tanto per i suoi sudditi.
E ovviamente ad un Re come lui serviva una regina altrettanto degna. La migliore esponente della razza con la quale aveva mischiato il suo sangue. Si volse verso le porte dell'ascensore, mentre quelle si aprivano, ed eccola lì, in tutto il suo splendore, nonostante qualche lieve ruga le segnasse il viso. Baby non le aveva nemmeno guardate, quelle piccole imperfezioni, e scomparivano del tutto alla vista quando ciò che di Bulma lo catturava si metteva in azione: un'intelligenza fenomenale, ai limiti dell'umano. Era grazie a lei che adesso ricopriva quella carica, era grazie a lei che dalle ceneri aveva creato la città perfetta, anzi, gli esseri perfetti.
“Mia adorata,” sussurrò, avvicinandosi a lei e accarezzandole le mani, “ti vedo corrucciata, cosa ti preoccupa?” Chiese Baby, portando una mano al viso della donna e inclinando la testa di lato, come a studiare il lieve broncio che sembrava voler prendere vita.
“Mio signore, è il popolo della notte”. Rispose lei, scura in viso. “Non mi piacciono quegli uomini e preferirei un'alleanza con qualcuno che non può prevedere passato, presente e futuro e che a noi rivela solo ciò che gli fa comodo”.
Baby scosse la testa e accennò un sorriso. L'intraprendenza della sua donna era rimasta, nonostante il suo sangue fosse legato al proprio. La ammirava molto per quello, non era da tutti riuscire a mantenere tratti della propria personalità. Alcuni mutavano in meglio, altri in peggio e se questi difetti erano fastidiosi venivano eliminati. “Non devi preoccuparti di questo, mi servono solo una parte delle informazioni che potrebbero darmi”. Disse Baby enigmatico. “Dobbiamo solo aspettare il traditore”.










Chichi ghignò: gli occhi rossi si posarono sul vetro, le unghie graffiarono la superficie, emettendo un suono stridulo che avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque fosse presente nella stanza. Ma non c'era nessuno nella stanza, solo lei... e quello.
Fuori iniziò a tuonare, mentre Chichi iniziava a ridere come faceva ogni volta che veniva lì.
Stupido, stupido, stupido.
Lei aveva vinto... vinto. Vinto!
Chi sarebbe andato via quella volta, tra i due? Chi avrebbe abbandonato l'altro?
La porta si aprì e Goten entrò sulla soglia. “Mamma?”
Chichi fu colta da un tic all'occhio. Con lentezza estenuante si girò verso il Saiyan che non riconosceva più come suo figlio da tanto tempo. “Ti ho ripetuto, tante volte, il modo in cui mi devi chiamare”.
Goten annuì, nessuna emozione leggibile negli occhi onice. “Signora Madre”.
Chichi sorrise. Ecco, quello già andava molto meglio. Signora madre era sufficientemente distaccato: era come se avesse dato alla luce quel Saiyan-Tsufuru solo per farlo combattere al fianco di Baby. Era la madre del combattente, ma al tempo stesso era Signora, perché sola, perché intoccabile, perché invincibile e perché caparbia.
“Cosa vuoi?” Chiese allegra, allontanandosi da ciò su cui si stava concentrando qualche minuto prima per dare ogni attenzione possibile al guerriero. “Baby si chiedeva come fossero le condizioni”.
“Stabili”. Disse prontamente Chichi, portandosi una mano sulla testa. “E adesso posso tornarmene a casa mia”.
Goten fece un cenno del capo e aprì la porta. “Ricorda, Signora Madre, che sei sempre la benvenuta”.
Chichi sorrise gentilmente e strizzò le guance al ragazzo. “Ma certo che lo so, sciocchino! E adesso, scortami a casa”.












“Quindi...” Pan cercava di girare attorno all'argomento in tutti i modi, mentre C-17 le girava attorno, pronto a colpirla quando meno se lo aspettava. “Com'è che tu e C-18 siete normali? Come vi siete salvati dal contagio?” Il moro sfrecciò a una velocità supersonica verso di lei, le bloccò il capo tra le mani e le sussurrò con voce gutturale e roca al suo orecchio: “La domanda è... e se non ci fossimo salvati dal contagio?”
Un brivido di terrore percorse la schiena della ragazza e gli occhi le si sgranarono, ma C-17 indietreggiò di un paio di passi e si mise a ridere. “Scusami, non ho resistito alla tentazione di farti un tiro mancino”. Letteralmente, di fatto si abbassò sulla gamba destra per colpire Pan alla caviglia e farla cadere con l'ausilio della gamba sinistra.
Pan cadde a terra con un tonfo, quell'allenamento stava andando di male in peggio. C'erano stati dei miglioramenti con Re Kaio, ma erano davvero nulli di fronte alla forza di C-17 e iniziava a scoraggiarsi. Intanto il moro si era fermato, visto che aveva notato le sue difficoltà.
“Se hai una domanda da fare puoi chiedere tranquillamente, visto che ti risponderemo senza esitazioni. A meno che non riguardi la parte del piano di cui io non posso dire niente”.
Pan lo guardò smarrita: “Che parte del piano?”
“Quale piano?”
La ragazza alzò gli occhi al cielo: l'androide sapeva essere davvero logorroico alle volte e anche molto dispettoso, peggio di un ragazzino, era tutta la mattina che le dava i tormenti con la scusa dell'allenamento. Gil era scomparso chissà dove per tracciare nuove mappe, mentre C-18 e Uub erano andati a procacciarsi delle provviste.
“Capirai quando le vedrai”.
Non le avevano poi rivelato molto su come prendevano il cibo, ma tanto valeva aspettare di scoprirlo facendo qualcosa di utile. Alla fine un allenamento con C-17 non le era sembrato male, mentre Majin Buu sorseggiava il suo sorbetto a limone e alcuni vecchietti facevano una partita di briscola.
“D'accordo, tornando alla domanda principale?”
Il moro approfittò della sua distrazione per saltarle alle spalle e farla sprofondare ancora una volta nel fango. “Io e C-18 non siamo fatti interamente di carne, uno tsufuru entra in sintonia con i neuroni, uno per uno. Ci impiega più o meno un giorno per prendere il completo controllo sul cervello. Ma il mio e quello di C-18 non funziona come quello degli altri esseri umani. Il dottor Gero ci ha modificati. Nella nostra testa ci sono un sacco di circuiti e i circuiti hanno fritto lo tsufuru. Non abbiamo bisogno di lenti a contatto per cambiare il colore dei nostri occhi, abbiamo il controllo della nostra fisionomia per quella parte. Certo, se mi ferisci...” C-17 scansò un pugno di Pan e rispose con un altro dritto al suo addome. “Sanguino. Ciò che tocchi e vedi è carne, ma io sono il prototipo perfetto di simbiosi tra macchina e essere umano”.


Quelle parole non fecero altro che rimbombare nella testa di Pan per tutto il pomeriggio. Ci rifletteva e trovava incredibile come un avvenimento accaduto molti anni prima e in un modo del tutto estraneo a ciò che era successo avesse contribuito a salvare le sorti dell'umanità che ancora esisteva su Plant. In quel momento era in pausa, guardava i pochi ragazzi della loro piccola colonia giocare a calcio in una zona sgombra da erbacce e sorrideva nel percepire quella tranquillità riconquistata. Vide C-18 e Uub avanzare verso di lei e andò loro incontro, un pochetto perplessa nel vedere che in mano reggevano solo qualche sacchetto. “È successo qualcosa?”
Uub sorrise: “Dammi la mano”.
Pan lo guardò incerta, ma allungò comunque la mano verso di lui con il palmo rivolto verso l'alto. Uub reclinò un po' il sacchetto, quanto bastava affinché cadesse un fagiolo. Pan portò quel legume davanti agli occhi e li socchiuse, cercando di ricordare doveva aveva già visto una cosa simile. Ma certo! I fagioli di Balzar! La torre!”
C-18 sorrise: “Abbiamo incontrato Balzar e Jirobai quando iniziammo a vivere qui vicino. Jirobai è invecchiato parecchio vivendo con quell'altro eremita, ma è ancora molto caparbio. Per iniettargli la cura abbiamo dovuto farlo svenire”. Sorrise al ricordo mentre io la guardavo perplessa.
“Ma non è stata una mossa azzardata? Baby non potrebbe scoprire Jirobai?”
La donna scosse la testa. “In realtà non molto. Vedi, Baby utilizza i fagioli come scorta, in caso i Saiyan dovessero incontrare dei problemi nella conquista di nuovi pianeti, ma dalla torre parte un corriere che ha contatti quasi nulli col vecchio micio e con Jirobai e tanto basta affinché quei due imbranati non siano scoperti”.
Pan annuì e mangiò il fagiolo, sentendosi subito con lo stomaco pieno e piena di energie. Quindi si voltò verso C-17, sentendo la propria forza riaffiorare. “Torniamo ad allenarci”.
L'androide sorrise tra sé e sé: “Vediamo di farti diventare una Super Saiyan allora”.


 
  
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