Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Fiamminga    11/03/2016    2 recensioni
John e Sherlock si trovano a condividere l’appartamento, mentre uno sta ancora cercando di ottenere la sua tanto agognata laurea in medicina e l’altro perde tempo a investigare crimini improbabili per dar fastidio ad un giovanissimo ispettore Lestrade che non sa più dove mettere le mani. In tutto questo si aggiunge una strano feeling e strane situazioni che mineranno il confine dell’amicizia su cui i due coinquilini hanno messo i paletti. Ah, e secondariamente rischiano di essere uccisi da un tale di nome Moriarty, ma sono situazioni di routin.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim, Moriarty, John, Watson, Sebastian, Moran, Sebastian, Moran, Sherlock, Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VI. Divenire
 




 
Sherlock lasciò immediatamente la presa su Moriarty e l’altro scoppiò a ridere, mentre osservava la sua espressione. -Oh, signor Holmes, mi sta deludendo- iniziò a scuotere la testa. – No, noo …- disse – ora vuoi vendicarti? Puoi farlo, sai Sherlock? Scegli una parte. Hai provato a fermarmi, hai provato a comprendermi e ora siamo qui, solo io e te-
-Se anche decidessi di vendicarmi- gli rispose l’altro, guardandolo fissamente – niente ti impedirebbe di uccidermi. Sei armato- guardò vero la tasca del suo cappotto – ingaggiare una lotta mortale su un cornicione di un palazzo? Che melodramma-
-Stiamo parlando di me e te, dopo tutto- Moriarty si guardò intorno e sfilò la pistola, tenendola passivamente in mano, mentre si gingillava intorno a Sherlock e continuava a parlare – Ora, veniamo a noi. Cosa hai deciso? Potrei concederti tutto quello che vuoi, lo sai. Scegli da che parte stare, se dalla parte degli angeli, o la mia- agitò le bracci, indicando Londra dietro di lui – se vuoi essere solo uno normale o meno-
-E cosa vorrei, più di tutto, secondo te? -
-Non annoiarti- rispose immediatamente Jim – come me. Dare fastidio a tuo fratello, aiutare qualche serial killer un po’ qui e un po’ lì … il caos! - sghignazzò – creare il caos e ritrovarsi con le redini in mano, le uniche che possono renderlo tale. Possibilità illimitate, ecco che cosa ti posso offrire: la possibilità di fare tutto ciò che la tua mente vorrebbe fare, liberandoti dai vincoli, dalla morale, da quello che tu puoi chiamare …-
-Giustizia? -
-Esatto- Jim concordò agitando la mano con cui teneva la pistola, per sottolineare il concetto. –La giustizia. Come se tu, o io, o qualcuno di loro- indicò genericamente intorno a loro – potesse decidere cosa è giusto-
A quel punto Moriarty fece scattare la sicura della pistola e la tenne con sole due dita, davanti a lui. Attraverso il grilletto Sherlock riusciva a vedere i suoi grossi occhi marroni, tondi, spiritati. –Scegli una parte Sherlock-
Lui indietreggiò – è una trappola –
- Ma è ovvio che è una trappola! - rispose Jim.
-Vinceresti qualsiasi opzione decidessi di scegliere-
-Per sottolineare chi è il più intelligente tra i due –
-Se decidessi di rubarti la pistola e perdessi, mi uccideresti. Se la prendessi … hai scelto tu il tetto, è un posto scoperto, non dubito che hai posizionato i tuoi cecchini-
-corretto-
-Quindi dovrei venire con te? -
-Tic toc Sherlock, Tic Toc-
-Se semplicemente non facessi niente mi uccideresti lo stesso-
-Sai qual è la decisione giusta …-
-Non mi stai lasciando nessuna decisione! -
-Ti sto dando la libertà di scegliere come morire! - Moriarty reagì urlando più forte di lui e puntandogli contro la pistola. Sherlock arretrò fino al cornicione del palazzo. Guardò in basso e poi si voltò immediatamente, preso da un violento senso di vertigine. Deglutì a vuoto, tornando a guardare il suo rivale.
-Allora non volevi altro che uccidermi, Jim? -
-Sciocchezze- rispose l’altro –Volevo divertirmi. Smettere di annoiarmi. Oh, ma non ti preoccupare, hai fatto il tuo dovere. Sono stati mesi davvero interessanti. Sarebbe potuto durare anni- alzò gli occhi al cielo, come in un moto d’estasi. –Avrei potuto continuare a guardarti girare nella tua ruota da criceto per tutto il tempo …- con la mano libera fece un gesto circolare, mimando il movimento della ruota – ma il tempo di giocare finisce, quando il gioco diventa troppo rischioso. E bisogna mostrare le proprie carte per costringere il nemico a fare lo stesso. Mostrami le tue, Sherlock-
-Non c’è niente in te che mi interessa, Jim- Sherlock lo fulminò con lo sguardo – Non hai niente che possa distrarmi. Il potere non mi interessa. Il crimine non mi interessa. L’unica cosa che potresti fare per interessarmi è andartene, continuare il tuo gioco e darmi un modo con cui passare il tempo-
-Patetico tentativo di salvarti, patetico davvero- rispose Jim –Ma non me ne vado. Perché vedi, anche tu hai cominciato ad annoiarmi, quando hai dimostrato di poter mandare tutto a monte solo per il tuo cagnolino. Solo per John- strinse gli occhi e inclinò la testa –Hai lasciato il nostro gioco per lui-
-Questa è gelosia, signor Moriarty? -
L’altro fece spallucce –Mi hai deluso. Sei improvvisamente apparso … Normale. Perciò ho dovuto eliminare l’ostacolo per vedere se era l’unico-
Sherlock rimase in silenzio. Jim sorrise mentre vedeva i suoi occhi vagare, mentre il suo cervello vagava a milioni di chilometri orari per capire quello che doveva fare, per dare una risposta a quello che aveva detto Moriarty, per dare una risposta a sé stesso.
-No-
Jim strinse gli occhi.
-No- ripeté Sherlock. – No. Piuttosto uccidimi-
Moriarty sbuffò. – E quindi è tutto qui? Questo era il grande Sherlock Holmes? Che smette di vivere perché ho ferito il suo cuore? Perché gli ho ucciso il cane? -
-John era una persona! - rispose Sherlock – John era …-
-Non mi interessa- Jim con sguardo freddo gli puntò la pistola dritta alla testa – Davvero, Sherlock, non mi interessa. Normale, e noioso. Ti sei reso uguale agli altri, hai perso tutte le attrattive. Però grazie. Ho almeno avuto un bel passatempo- sorrise, mettendo il dito sul grilletto.
Dietro di lui la porta si aprì. Jim non si voltò ma Sherlock alzò gli occhi –Giusto in tempo, Seb- disse Moriarty – Immaginavo che non avresti voluto perderti la scena-
Sentì un nuovo rumore di una sicura che si sganciava e improvvisamente Jim sentì il calore di una canna di una pistola che aveva sparato contro il retro della sua testa.
-Ti dispiace allontanarti dal mio amico- gli disse John – Sospetto che lui trovi le tue attenzioni leggermente fastidiose –
Jim alzò gli occhi al cielo e si voltò per vedere il ragazzo, praticamente della sua stessa altezza, che gli puntava la pistola di Moran esattamente in mezzo agli occhi, proprio come lui stava facendo con Sherlock. –Interessante sviluppo degli eventi- rise, per nulla intimorito dalla minaccia di John. –Bè, penso che siamo arrivati ad un impasse- tornò a guardare Sherlock, il cui viso era una maschera impenetrabile ma che continuava a guardare John da sopra la testa scura di Moriarty.
John gli lanciò una sola occhiata prima di tornare a fissare lo psicopatico contro cui stava puntando una pistola.
-Non risolverai niente, Johnny- disse Jim, con nonchalance – Siamo allo scoperto. Verreste ridotti ad un colabrodo dai miei cecchini in meno di un secondo-  tornò a guardare Sherlock – Vedi? Il tuo cagnolino non è poi così intelligente-
-Nemmeno il tuo- rispose Sherlock stringendo gli occhi e attirando l’attenzione dell’altro – Te lo sei tenuto vicino senza nemmeno chiederti cosa pensava di te? -
-Era relativo-
-Ti odiava-
-Questo non è vero- sbuffò Jim –Odiava te. Si sentiva messo in secondo piano-
-I sentimenti sono una debolezza della parte che perde, questo è quello che dice mio fratello-
-Ha ragione- gli rispose Moriarty – Ma possiamo smetterla di filosofeggiare? - sbuffò, agitandosi come un pagliaccio –Ho un impegno per cena-
-Noi abbiamo una prenotazione da Angelo- rispose John, con un mezzo sorriso, mentre lanciò di nuovo un occhiata a Sherlock, il quale riprese a parlare –è vero che i sentimenti sono una debolezza. Ma non della parte che perde- tornò a guardare John e sogghignò – Sei tanto deciso che io sia stata una delusione, sei tanto convinto della stupidità di John e della debolezza di Moran che non hai guardato- si avvicinò a Jim, tanto che sentiva la canna della pistola a contatto con la sua fronte –Non hai prestato attenzione, Jim-
Moriarty strinse gli occhi e si voltò verso John, che rimase immobile, glaciale con il braccio armato perfettamente teso. Jim fece vagare su di lui lo sguardo per un paio di secondi, rapidamente, velocemente, e poi agitò la testa – Non vale! - si lamentò come un bambino. –Siete in due-
-Siamo sempre in due- rispose John con un mezzo sorriso.
Sherlock gli afferrò così la mano armata e la spostò immediatamente, torcendogliela per fargli cadere la pistola. La afferrò e si posizionò vicino a John, mentre Jim arretrava, vedendosi puntare contro due pistole. – In ginocchio, mani sopra la testa- gli ordinò.
Moriarty eseguì l’ordine, sbuffando.
In lontananza di sentivano le sirene della polizia. –Questo è giocare sporco, Sherlock-
-Tu non hai mai giocato pulito- gli rispose il moro – Immagina la noia, in un ospedale psichiatrico-
-Ti manderemo dei fiori- commentò John.
Jim li osservò, mentre le sirene si avvicinavano, si sentivano rumori di ruote di gomma che frenavano immediatamente e sportelli chiusi di fretta. Jim guardò i due uomini davanti a lui e chiese –Non hai mai pensato che John fosse morto, vero-
-Nemmeno per un attimo- rispose Sherlock. Si girò a guardare John e aggiunse –Ho sempre pensato che fosse dannatamente intelligente-
John lo guardò e fece una di quelle facce buffe, quando storceva il naso la bocca, quando era imbarazzato.
Jim fece un verso disgustato – O per l’amore di dio, perché semplicemente non scappate insieme? -
-In effetti l’idea era quella- rispose John. Guardò di nuovo Sherlock e disse con non curanza – Ho ritirato i biglietti-
-O splendido- rispose Sherlock – Devo correre ad informarmi sul ciclo di produzione del miele-
-SHERLOCK! - si sentì urlare dal piano di sotto.
-Questo è Lestrade-
-Dovremmo risparmiargli la fatica di salire tutte quelle scale, non trovi? - commentò John – Ti dispiace? -
-Per niente- Sherlock face un gesto ampio con la mano, come per farlo accomodare e John dopo due passi decisi diede una piccola manata a Jim, il quale urlò cadendo di sotto in modo davvero poco elegante. Entrambi i coinquilini si sporsero dal cornicione per osservarlo cadere dentro un camion dell’immondizia scoperto.
John scoppiò a ridere mentre vedeva Lestrade fermarsi a metà strada prima di entrare nel Barts, mettersi le mani nei capelli e sbraitare qualcosa, prima di indicare ai suoi di fermare il camion.
Sherlock, sul tetto, si sistemò il cappotto e tirò suo col naso, prendendosi le mani dietro la schiena. –Non dovremmo ridere, è una scena del crimine! -
John scoppiò ancora a ridere, mentre inseriva la sicurezza alla pistola che aveva in mano e ancora, sporto dal cornicione osservava la polizia andare a recuperare Jim.
-Questo- disse –è stata la cosa più assurda che abbia mai visto-
-Abbastanza divertente, in effetti-
-Sì, direi di sì-
Risero di nuovo insieme.
-Allora, Angelo? -
-Già- John si grattò la testa e commentò –Devo trovare un nuovo referente per la tesi-
-Lo troverai facilmente- rispose Sherlock avvicinandosi a lui.
Si guardarono intensamente per qualche momento e il moro gli chiese: - Moran? -
-Si sta facendo una dormita-
-Bene- commentò, continuando a guardarlo negli occhi. – è stato difficile? -
John fece spallucce – Poteva essere mille volte peggio, in effetti. Era un osso duro, in effetti. Ma due paroline belle assestate e ha abbassato la guardia. Penso di essermi stirato qualche muscolo mentre lo immobilizzavo-
-E per il resto? -
-I cecchini … sarà difficile ritrovarli-
-Non è il nostro compito-
-Bè, ci sono cascati troppo in fretta quando ho finto di essere Moran, per ordinargli di lasciare le postazioni- sfilò dalla tasca una ricetrasmittente auricolare, quelle che Moran aveva tenuta nascosta sotto al cappello. Guardò Sherlock, notando lo sguardo strano con cui lo guardava – Ti aspettavi che fosse molto più difficile? Immagino che finire la storia in questo modo sia deludente. Non penso che funzionerebbe, se la scrivessi così. Insomma, i lettori potrebbero … non so, aspettarsi di meglio-
-No, non è questo-
-Allora cosa? -
-John- lo disse in quel tono basso che usava sempre quando doveva fare un discorso serio, quando voleva tutta la sua attenzione. Si guardarono per un lungo secondo dritto negli occhi –Per mesi ho pensato che la cosa migliore da fare era quella di escluderti dalla mia vita. Per tutti i motivi che tu già sai, per i pericoli che avresti corso, primo tra tutti. Ho cercato con tutte le forze che avevo di dimostrarti che era meglio se rimanevi ignorante della situazione, se non entravi con me in questa guerra che affronto tutti i giorni-
John strinse gli occhi. - Ma ...? -
-Ma per quanto cercavo di convincere te, sei stato tu a convincermi che se lo affrontiamo insieme, diventa tutto più facile- si corruccio, passandosi la lingua sulle labbra –Se non ti avessi detto nulla sarebbe finito tutto molto peggio-
-Lo posso immaginare-
-Hai capito quello che avresti potuto fare per aiutarmi-
-Lo faccio sempre- sogghignò, poi ricordandosi –è vero quello che hai detto a Moriarty? Pensi che sia dannatamente intelligente? -
-Lo penso davvero- annuì Sherlock –A dire il vero, penso che sia … penso che sia il motivo per cui mi sei piaciuto subito-
-L’intelligenza è il nuovo sexy-
Sherlock rise –Direi di sì. Ed è l’unica cosa che mi colpisce-
-Ah, quindi ti ho colpito? -
Sherlock annuì, seriamente.  John trattenne un sorriso. –Va bene, lo so che non era quello che avevamo pattuito … ma avrei una gran voglia di baciarti, lo sai-
-Puoi- rispose immediatamente l’altro. –Tutte le volte che vuoi, ogni volta che vuoi-
John rimase a bocca aperta per un lungo istante e poi scuotere la testa –Finirai col farmi impazzire, lo sai? - gli afferrò poi la testa per portarla in basso verso la sua e gli diede un bacio a fior di labbra, mentre anche Sherlock, delicatamente, prendeva il viso con le sue grandi mani.
-O PER L’AMOR DI DIO! - era Lestrade che era arrivato sul tetto e li aveva trovati a baciarsi. Ancora vicini, i due si voltarono verso il giovane ispettore che fece immediatamente dietro-front e alzò le mani – Venite in centrale quando avete finito! -
John scoppiò a ridere, tirando la testa all’indietro il capo, ancora nelle mani di Sherlock. L’agente Donovan era proprio dietro Greg, ma non lo seguì subito. Lanciò uno sguardo ai due e disse –Quindi non siete amici? -
-Siamo amici- Rispose Sherlock, mettendo un po’ di distanza tra lui e John –Tra le altre cose –
Donovan scosse la testa e se ne andò, urlando al capo di aspettarla. John si rivolse di nuovo verso Sherlock e gli chiese – Quali sono le altre cose che siamo? - gli chiese con seria curiosità.
-Bè- rispose l’altro, aggiustandosi la sciarpa prima di cominciare a camminare verso la porta che dava sulle scale – Immagino che abbiamo il resto della vita per chiarirlo, no? -
John lo osservò camminare infilare le mani nelle tasche e acquisire quella sua così distintiva camminata impettita. Sorrise, senza che l’altro potesse vederlo. Fece un sospiro a pieni polmoni passandosi una mano tra i capelli. Avrebbe dovuto seguirlo.
Ridacchiò tra sé e sé, pensando che andava bene, perché era quello il suo posto, insieme a Sherlock.
 
 
*
 
 
In università puoi trovare davvero molti tipi diversi di persone, e tanti modi diversi che tutte queste persone hanno di relazionarsi tra loro.
Si possono trovare facilmente gli strambi, i folli e i sognatori, e li si vede tutti lì a prendere il caffè e a studiare, riuscendo a cogliere nei loro occhi il passaggio di qualche idea fantastica che nessuno apprezzerà mai davvero se non loro stessi. Questo genere di persona generalmente sta più da sola, o in gruppi di due o molto raramente in piccoli gruppi chiusi e ristretti.  Sono delle piccole fiammelle nascoste dietro una maschera di totale normalità.
Poi ci sono i ricchi, i viziati, i nulla facenti e gli ostentatori, e il loro habitat naturale è il bar poco più in là sulla strada, quello che alle 17 e 30 inizia l'aperitivo più costoso. Si possono osservare mentre smanettano con i loro Iphone e tengono strette le loro borse di Armani. Fumano distrattamente sigarette come se potesse dare loro più importanza di quella effimera che qualche sterlina in più può dare.
Esistono i secchioni, e loro non si vedono affatto. Si può in crociarne qualcuno all'uscita della lezione di chimica, a mentre scappano in biblioteca o a casa per studiare, poi mangiare, poi studiare, magari vedere un cartone animato mentre cenano e poi ripetere in ultima volta prima di andare a dormire e sognare formule astruse.
E poi esistono quelli come John Watson: quelli perfettamente normali e invisibili, quelli che fanno numero durante le lezioni. Sono quelli con voti nella media, qualche amico, magari un compagno e una vita tranquilla che non si fanno stravolgere la vita da un 18. Sono quelli che rimango nel silenzio dell'anonimato a cui non si può sfuggire, da cui non si può scappare.  In teoria.
In pratica può capitare la cosa più strana e impensabile di questo mondo e all'improvviso si può diventare qualcuno. Per esempio può capitare con molta probabilità che se ti chiami John Watson tu possa imbatterti in Sherlock Holmes.  E basta solo questo a rendere la vita tutt'altra cosa. Accadde per puro caso, un giorno di settembre.
 
 
Con gli scatoloni in mano e l'enorme valigia dietro di sé John rimpiangeva di aver lasciato l'accademia. Un bel porto d'armi gli avrebbe alleggerito la tensione.
-Che vuol dire che c'è un errore?
-Signore, non c'è nessun pagamento effettuato a suo nome. Mi dispiace ma non può alloggiare qui. Probabilmente ha pagato le tasse ad un altro codice postale.
-Vuol dire che ho regalato 700 sterline a qualcuno? Non può ricontrollare? Se non posso stare in questo collegio non so dove andare!
Ma aveva proprio sbagliato a pagare, perciò niente collegio. La signorina della reception lo aveva guardato con pietà e gli aveva offerto un biscotto.
Ora era seduto su una panchina ad Hyde Parck a mangiare l'hamburger più grasso nel commercio alimentare. Ma venne un'anima celestiale dal paradiso a soccorrerlo: sarebbe andato ad accendere un cero in chiesa per questo, dopo che tutto fosse finito.
-Mike?
-John!
Si scambiarono le cortesie di rito e si abbracciarono. Mike era un vecchio compagno di studi, si conoscevano da anni. Era ingrassato parecchio.  Scoprì che aveva trovato lavoro come assistente di un professore e che ora aveva una moglie incita di tre mesi.
La vita va avanti, a meno che non decidi di studiare medicina legale e ti iberni per più di sei anni di studio.
John gli raccontò cosa era successo: - Ho smesso con l'accademia. Dopo tanti anni non sono riuscito ad abituarmi a niente. Continuavo a dirmi che prima ci sarei riuscito e che sarei passato sopra alla disciplina e al nonnismo, ma non c'è l'ho fatta. E ora mi trovo senza alloggio, con pochi pochi soldi, nel cuore di Londra con una valigia enorme, e si sta facendo buio.
-Strano.
-Cosa?
-Sei la seconda persona che mi dice questo oggi. Alzati, vieni con me, forse forse ti trovo un alloggio in meno di ora.
Così presero tutti gli effetti di John e arrivarono in università. Mike lo guidò fino ad un laboratorio fantascientifico e sperduto tra aule enormi di legno scuro e dall'aspetto antico e fragile.
Entrati nel laboratorio vi trovarono in giovane uomo alto. La prima cosa che John vide furono la sua massa di riccioli neri piegati sul microscopio. Quando sentì la porta che si apriva alzò gli occhi e fulminò John con uno sguardo azzurrino.
I tre si guardarono per un attimo interminabile e poi lo sconosciuto dallo sconvolgente sguardo di ghiaccio parlò con una voce suadente e profonda come poteva essere quella di uno speaker di radio erotica.
Aspetta, esistono radio erotiche? Perché John stava facendo pensieri inutili?
Si concentrò sullo sconosciuto, che mentre parlava si lisciava la bella giacca scura che gli fasciava bene, il fisico stretto. Mike, prestami il tuo telefono.
-L'ho dimenticato nel giubbotto, usa il tuo.
-Non prende- rispose lo sconosciuto mentre inarcava le sopracciglia.
-Tieni, usa il mio- disse John, porgendogli il telefono.
-Oh, grazie- le loro dita si sfiorarono appena e lo sconosciuto rimase a fissare per un attimo il suo telefono prima di iniziare a digitare. Poi mentre stava pigiando velocemente i tasti, senza nemmeno alzare il suo sguardo grigio-azzurro gli disse: -Ti disturba il violino? -
-Scusa, cosa?
-Suono il violino alle ore più strane e a volte rimango senza parlare e senza mangiare per giorni. Ti darebbe fastidio? I coinquilini dovrebbero conoscere prima di tutto i loro difetti.
- Coinqu..  Mike, gli hai parlato?
L'amico in comune alzò le spalle con aria sogghignante, scuotendo la testa –Assolutamente niente – e fece un sorriso di chi la sapeva lunga. John lo guardò strano, tornando a fissare il ragazzo riccioluto. –Come fai a sapere che cerco una casa? -
Venne colpito dal suo sguardo obbligo e trasparente. John si irrigidì per la forza che i suoi occhi potevano avere, come la sua voce baritonale e il suo portamento distinto.
- È abbastanza ovvio: stamattina mi lamentavo con Mike per essere un coinquilino difficile che non trovo un compagno con cui dividere l'affitto di un appartamento e ora eccolo qui che si porta dietro un suo amico di scuola con una valigia e alla disperata ricerca di un appartamento.
John si guardò le mani: - Non ho portato fin qui la valigia … come sai che ne avevo una? E noi non ci siamo mai visti, perché dovremmo andare a vivere insieme?
Il ragazzo si alzò in piedi ed afferrò un cappotto lungo ed elegante abbandonato dietro la sedia. Si sistemò la sciarpa blu e ruotò le spalle. Mentre si infilava i guanti di pelle nera iniziò la sua spiegazione:
-Hai il viso segnato: occhiaie, scure. Non hai dormito, o forse sei stanco per altro. No, tutti e due: hai viaggiato molto per arrivare a Londra e sei stanco. Tieni il braccio sinistro piegato e rilassato, questo perché avevi un peso, quindi una valigia, ma fuori e buio e sei ancora qui quindi vuol dire che non sapevi dove andare. La tua postura è molto corretta, ma non ti sforzi per mantenerla, perciò sei atletico da molto tempo, ma la tua camminata è ritmata come quella di un militare, ma sei troppo giovane per essere un soldato, quindi hai fatto l'accademia. Eppure sei qui con una valigia, e sei abbronzato quindi sei andato in vacanza in un posto caldo, dove potevi rilassarti Perciò sei un quasi-soldato disilluso, e hai lascito l'accademia per andare all'università. Però sei, di nuovo, troppo grande per continuare ad andare all'università se l'hai cominciato con l'accademia, quindi vuol dire che frequenti un corso lungo, forse medicina, e allora Mike, sapendo che sei educato ad abitudini ferree in accademia e che sei uno studente di medicina ti ha portato da me che sono dottorando in chimica.  Potrei continuare a parlare del perché non hai chiesto i soldi alla tua famiglia evidentemente facoltosa per permettersi un telefono simile ma l'incisione e i graffi sulla presa dicono tutt'altro ma in quel caso usciremmo fuori dal topic del discorso. -  fece una pausa per riprende fiato. – Devo andare avanti? -
- Oh, wow … fantastico – John rimase imbambolato a fissare il giovane dottorando in chimica.  –Come hai fatto? -
-Lui è un tipo geniale, lo fa con tutti- rispose Mike poi si alzò dalla sedia e si avviò verso la porta. – Torniamo indietro, il laboratorio chiude tra pochi minuti e tu non sai dove andare.
- Aspetta quindi dovremmo andare a vivere insieme? Non so nemmeno il tuo nome!
Il ragazzo riccio si alzò il colletto del cappotto e oltrepassò la porta – Il nome è Sherlock Holmes e il posto è il 221B di Baker Street. Bye! - Fece un occhiolino e uscì.
John rimase indietro mentre anche Mike lo seguiva fuori dal laboratorio. Rimase perplesso per un secondo, poi si riscosse e li seguì con gran fretta.
 
 
Mike li abbandonò fuori dall'università, perciò presero un taxi. Sherlock lo aiutò con la valigia e si sedette al posto d'avanti mentre John occupava tutti i posti posteriori con i suoi effetti. Arrivarono dopo venti minuti in una piacevole via pulita e tipicamente londinese, con i palazzi alti e bianchi. La padrona di casa era una simpatica signora con un bell'accento del sud che offrì immediatamente del tè a John dopo averlo conosciuto (e perciò il massimo della cortesia inglese).
La casa era divisa in più piani: la signora Hudson viveva al primo piano mentre i due studenti avrebbero avuto a disposizione una salotto non molto ampio e una cucina unita alla sala da pranzo e due stanze da letto al terzo piano. Era tutto nel caos più sconclusionato. Sherlock gli assicurò che avrebbe messo apposto per rendergli la convivenza meno stressante.
John si sedette quindi su una delle due poltrone disposte davanti al camino che aveva molto l'aria di essere finto, anche se c'era della legna ordinatamente accatastata.
Sherlock lo guardò per un attimo mentre lui prendeva confidenza con la morbida poltrona rossa in cui sprofondava. C'era il giornale di quella stessa mattina sopra ad un cumulo di pacchi che fungeva da comò: lo afferrò e lo sfogliò distrattamente. Gli sguardi del suo coinquilino erano troppo penetrati e si sentiva a disagio mentre veniva squadrato e analizzato senza pudore. Alla fine l'altro ragazzo annuì soddisfatto mentre spostava dalla scrivania uno scatolone impolverato.
-Ho fatto qualcosa di divertente? - chiese allora John
-Hai preso quella poltrona. –
- Si …- John si guardò – Perché? -
Sherlock scosse la testa e non gli rispose. Poi arrivò la signora Hudson con un vassoio e offrì ad entrambi il tè. Parlarono brevemente delle dinamiche dell'affitto, di qualche regola da tenere in casa e del pagamento. John si rese conto di aver fatto un affare: la casa era in una via tranquilla vicino a ristoranti, supermercati e negozi di prima necessità (gli sembrava di aver visto una farmacia all'angolo), la casa era carina e la padrona molto cortese.
L'unico punto dubbioso era il suo coinquilino. Non avrebbero condiviso la camera da letto fortunatamente ma gli bastava uno sguardo per capire che Sherlock non doveva essere così affabile come sembrava ad una prima occhiata.
- Come mai il prezzo è così basso? Sicuramente in questa strada potreste chiedere di più.
- Oh, ma prima lo facevo – rispose la signora Hudson mentre girava il tè. – Ma Sherlock mi ha aiutata quando mio marito è stato condannato a morte e gli faccio un prezzo speciale, come lo faccio a tutti i suoi amici – gli rivolse un sorriso strano che John non riuscì ad interpretare. Guardò Sherlock, il quale si era seduto sull'altra poltrona nera di pelle con le mani giunte sotto il mento, quasi come se stesse pregando.
- Hai aiutato suo marito? – Sicuramente era una persona gentile.
- No, ho fatto in modo che fosse condannato – rispose lui con un’espressione impassibile.
John strabuzzò gli occhi e poi sorrise. Sherlock allora lo osservò con un sopraciglio alzato, come se fosse rimasto stupito –Non ci credi?
- O no, ci credo. -  e non seppe dire perché stesse ridendo o perché non gli era passato per la mente che fosse tutta una presa in giro. – Immagino quindi che rimarrò qui per un po' almeno in prova, prima di trovare qualche altro posto – aggiunse cambiando argomento.
- Mmm- rispose l'altro, prima di socchiudere gli occhi e voltarsi a guardare l'indefinito davanti al suo naso.
 
Poi John non seppe di preciso quando finì il suo periodo di prova. Semplicemente da un giorno ad un altro come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo si trovò a reputare Baker Street casa sua.
Arrivò Natale e lui e Sherlock festeggiarono insieme a tutte le persone che avevano incontrato in università. C'erano stati Lestrade, Molly, la signora Hudson, Mike era passato a fare un saluto e John era riuscito persino a convincere Mycroft Holmes ad unirsi a loro, e si era presentato con il suo immancabile ombrello coperto di neve.
Sherlock aveva suonato il violino e avevano tutti insieme letto un brano preso dal blog di John.
In quatto mesi sentiva di aver fatto un passo importante. E quando ripensava alla prima volta che aveva incontrato il suo, ora, migliore amico sorrideva pensato a quanto fosse stato casuale e banale incontrare una persona così speciale che gli aveva cambiato la vita.
 
Esistono molti tipi diversi di persone che frequentano le università. Puoi trovare gli ansiosi e i menefreghisti vicino ai raccomandati e ai geni.  
E improvvisamente può capitare che anche un sociopatico iperattivo possa incontrare un pezzo di sana normalità: perché se ti chiami Sherlock Holmes nella vita ti può capitare di incontrare John Watson. E mentre tu sconvolgi la vita del tuo migliore amico ti può anche capitare che sia il tuo (quasi) amico a sconvolgere la tua.
 



FINE







NOTE:
Eccoci arrivari alla fine! Spero vi sia piaciuta. Mi rendo conto che non è granchè: ho scritto la parte finale più o meno un anno e mezzo dopo averla interrotta, perchè l'illuminazione mi è arrivata guardando The Abominable Bride, perchè non avevo intenzione di renderla Angst (stranamente) perciò non so, fatemi sapere se ho colpito nel segno. O se magari non l'ho fatto, le critiche sono ben accette. 
La parte finale in grassetto (e questo volevo dirlo) è stata la prima cosa che ho scritto perchè in realtà era il Prologo, ma non mi andava di metterlo all'inizio. L'ho scritta quando ero fresca fresca di matricola, perciò la mia vita mi ha un po' influenzato.
Grazie per le mille belle parole che mi avete rivolto, vi mando un bacio!

Fiamma
 
   
 
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