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Autore: Nykyo    11/03/2016    2 recensioni
«Voglio aiutare il branco» rifletté Stiles a voce alta, massaggiandosi con ferocia le tempie, per niente conscio di quanta forza ci stava mettendo. «Voglio fare la mia parte. Voglio che il branco resti unito. Voglio un Tramite perché ho bisogno di essere un buon Emissario. Posso essere un buon Emissario, ho solo bisogno di un consigliere meno criptico di quello stronzo di Deaton e di capire come usare il mio potenziale e… voglio un Tramite. Lo voglio, mi serve perché non posso continuare a essere un peso per tutti. Voglio un Tramite e lo avrò, alla faccia di Deaton e anche di Derek!»
Racconto di Nykyo e illustrazioni di Boll11
Partecipa alla seconda edizione del Teen Wolf Big Bang Italia.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Laura Hale, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XII. Una persona di famiglia

 

«Guardati, giovanotto, sei uno splendore!» disse Carla Hale, covando Stiles con lo sguardo come una mamma oca avrebbe potuto fare con le sue uova.

Per quanto la riguardava Stiles era sempre delizioso, con quel nasino alla francese e quegli occhi del colore dell’ambra. E poi era buffo. Carla aveva sempre avuto un debole per gli uomini un po’ imbranati, specie se erano talentuosi e intelligenti. L’essere goffi li faceva sembrare più umani e stimolava il suo spiccatissimo senso materno. Non a caso Carla aveva avuto dodici figli. Tutti tirati su nel migliore dei modi e diventati valevoli membri non solo del branco, ma anche della società. Carla era stata orgogliosa di loro e adesso lo era di Stiles con la medesima intensità. 

Lo guardò arrossire per il complimento e scosse il capo. Cosa c’era di male nel dire le cose come stavano? Stiles era proprio grazioso, e se non lo sapeva voleva dire che non gliel’avevano detto abbastanza spesso. Il che era un male. L’autostima era fondamentale per una buona riuscita nella vita.

«Mi ricordi il mio Bernard, buon’anima. Era un così bel ragazzo. Tutte le ragazze del circondario, umane e lupe, me lo invidiavano. Le Licantrope soprattutto. Perfino nella sua forma Beta era uno schianto. Uno non avrebbe mai detto che non era nato Mannaro. E quando si vestiva per andare in chiesa la domenica era così distinto. Scommetto che anche a te starebbe bene il panciotto. Se gli Hale hanno ancora una cripta da qualche parte come mi è sembrato di sentir dire dai miei pronipoti, scommetto che potresti trovarci il suo orologio da taschino. Era d’oro, sai? Avevo fatto incidere io la dedica per il nostro primo anniversario di matrimonio… ah, eravamo così giovani… È bello essere giovani e tu lo sei, anziché arrossire dovresti tenere quella schiena ben dritta e sorridere quando ti guardi allo specchio.»

Le gote di Stiles andarono definitivamente in fiamme e lei scoppiò a ridere.

«Beh» sentenziò dopo essersi ripresa, «avresti tutti i motivi per sorridere. Anche solo per il tuo talento… non guardarmi così, signorino, lo so cosa stai per dire, ma non me ne starò qui ad ascoltare mentre ti sminuisci. Sono stata il Tramite di altri due Emissari prima di te e nessuno di loro è riuscito a evocarmi quando era così giovane. In più erano già Emissari e tu sei solo un apprendista. Se non è talento questo non so cosa possa esserlo. Hai un potenziale enorme. Perché credi che io sia così fiera di te, a parte che per la tua somiglianza con il mio Bernie?»

Stiles si passò una mano tra i capelli e così facendo li spettinò ulteriormente.

Carla aveva provato da subito una simpatia istintiva nei suoi confronti, era fiera delle sue capacità e nei tre mesi in cui era stata il suo Tramite si era affezionata a Stiles come lo era stata un tempo al prediletto tra i suoi nipoti, ma quell’incuria in fatto di capelli non le andava proprio giù. Se avesse potuto toccarlo non avrebbe resistito all’impulso a dargli una pettinata con le dita. Non capiva perché lui si fosse scandalizzato tanto quando gli aveva proposto di usare la brillantina. Il primo Emissario di cui era stata il Tramite, nei primi anni del '900, aveva usato così tanta brillantina che lei si era spesso chiesta se alla fine non si sarebbe fatto cadere tutti i capelli che aveva in testa. Eppure la brillantina le piaceva, se usata con moderazione. Dava un aspetto distinto, chissà perché Stiles era tanto contrario.

«Sei sicura di essere una Hale, Carla?» Stiles la stava fissando come se non si capacitasse di qualcosa.

Carla era perplessa. Aveva lei stessa i capelli spettinati? Non che possedesse un vero corpo, ma darsi una controllatina allo specchio non faceva mai male e poi era così divertente specchiarsi e vedersi trasparenti. Era talmente buffo! In ogni caso, meglio verificare che fosse tutto a posto. Essere in ordine e avere un aspetto pulito e dignitoso era importante, proprio come lo erano ad esempio le buone maniere. Da quel lato Stiles era un pochino carente, ma era così adorabile che si finiva per il passarci sopra. In fondo quel caro uomo dello Sceriffo aveva fatto un ottimo lavoro, considerato che aveva dovuto arrangiarsi da solo e tenuto conto del tipo di mestiere che faceva. Tutte quelle ore lontano da casa… Stiles era venuto su fin troppo diritto!

«Certo che sono una Hale. Una piuttosto famosa, Alan te l’ha raccontato.»

Stiles parve poco convinto. «Ala… Deaton ha detto che sei stata una delle Alpha più famose della storia della famiglia Hale, sì, ma ha anche aggiunto che sei stata una delle più sanguinarie. Sei leggendaria per questo e, seriamente, fatico a crederci… tu e Deaton mi volete prendere per il… insomma è un modo per farvi due risate alle mie spalle, giusto? Voi due e anche Derek e Laura che confermano, ma come volete che vi dia retta? Cioè, davvero, guardati? Ho sempre paura che da un momento all’altro diventerai corporea e la prima cosa che farai non sarà tirare fuori le zanne e sbranarmi, no, sarà tirare fuori un pettine e farmi la scriminatura a destra… non ti ci vedo con gli artigli sporchi di sangue nemico e fatico anche a convincermi che sei una Hale… sembri… senza offesa, eh, ma sembri la nonnina di Titty e Gatto Silvestro. Hai anche la stessa pettinatura.»

Carla si strinse nelle spalle. Il suo riflesso nello specchio non rivelava ciuffi fuori posto nel suo chignon e non c’erano altri segni di disordine; tanto le bastava. Il fatto di essere un fantasma semi-trasparente non la esimeva del tenere un certo decoro. Quanto a quello che Stiles le aveva appena detto, era questione di opinioni.

«Non so chi sia questo gatto di cui parli, comunque Alan e i ragazzi ti hanno detto la verità, perché avrebbero dovuto mentire?» La sua mente riandò al passato, e Carla provò un moto d’orgoglio. «Erano tempi difficili, mio caro, i Messicani erano invasori, io e Bernie abbiamo fatto la nostra parte nella resistenza, tutto qui. I patrioti finiscono sempre con l’essere sanguinari volenti o nolenti quando c’è in corso una rivoluzione e non è colpa mia se tra le fila nemiche c’erano così tanti Calavera. Quanto a quella faccenda con i Wendigo che è successa quando avevo già cinquant’anni e pensavo di aver finalmente diritto a un po’ di pace, beh, io non ne farei una questione di stato. Un Alpha deve difendere il suo branco nel modo migliore. So che il tuo amico Scott preferisce altri metodi, ma ciascuno ha i suoi. Ho solo fatto ciò che ritenevo giusto… no, tesoro, non mettere quella camicia, metti quella con un tocco di rosso. Il rosso ti dona, sta meglio con la tua carnagione. Se potessi ancora sferruzzare ti avrei fatto un bel maglione.»

Stiles stava strabuzzando gli occhi. «Perché?» Anche se fu appena un mormorio, Carla lo sentì lo stesso, nonostante il suo udito non fosse più quello di un Licantropo. «Perché non posso evocare un Tramite che non sia un Hale e non sia assurdo?»

Non era una cosa carina da dire e Carla avrebbe potuto offendersi, ma Stiles la rendeva istintivamente indulgente. Forse era anche per quella faccetta disarmante che aveva o per via del fatto che era tanto intelligente, comunque fosse lei non riusciva a prendersela.

«Mi ricordi anche Archie, il figlio più piccolo del mio Peter. Peter era il mio primogenito, sai? E Archie era il mio cocco, il cucciolo di casa. Lo so che le nonne non dovrebbero avere preferenze, ma Archie era speciale, non come quel musone di suo fratello David, che invece assomigliava a Derek. È sempre così serio mio nipote?»

«È stato anche più musone di così, sta migliorando» le rispose Stiles, che intanto stava scrutando la camicia che teneva tra le mani come se fosse indeciso se metterla o meno. Carla era lieta di avergli fatto venire il dubbio perché sul serio pensava che quella a quadretti rossi gli avrebbe donato di più. Non capiva come mai i giovani avessero deciso che era giusto vestirsi come dei boscaioli e ne aveva discusso con Stiles senza alcun successo, ma se non altro poteva aiutarlo ad abbinare bene i colori.

«Dave “Musone” Hale, eh?» Stiles aveva ripreso il discorso all’improvviso, in tono ironico. «Magari è colpa della D come iniziale.»

«Ne dubito» replicò Carla, che non riteneva giusto incoraggiare troppe speculazioni senza capo né coda, anche se poi si divertiva un mondo quando Stiles usava il sarcasmo o se ne usciva con una delle sue strane teorie o con quelle divagazioni tanto folli da risultare spesso geniali. «È questione di carattere, è ovvio. In ogni caso David in fondo era un bravo ragazzo, ma Archie, il mio Archie era l’anima della festa. Da grande diventò medico e fece una bellissima carriera…»

All’improvviso le tornò in mente che il motivo per cui stava ripensando al nipote era che avrebbe dovuto essere in collera con Stiles e invece non ci riusciva. Il che riportò la sua mente anche a ciò che Stiles aveva sussurrato poco prima. Che sciocchino.

«Comunque io non sono affatto assurda e tu dovresti studiare di più, così sapresti che no, in effetti, non puoi avere un Tramite che non sia un Hale» lo redarguì. «Ho detto che hai un grande talento ed è vero, ma non basta il talento nella vita, ci vogliono anche conoscenze e duro lavoro. Bernie lo diceva sempre ai ragazzi. Era ingegnere, te l’ho mai raccontato? Ha lavorato alla Central Pacific. Era un gioiello quella linea ferroviaria.»

Stiles ora stava sorridendo e aveva messo da parte la camicia con le righe blu per indossare quella che lei gli aveva suggerito. «Mi arrendo, sei il Tramite perfetto, divaghi perfino più di me. A parte questo, in realtà ho studiato: non posso avere un Tramite che non sia un Hale perché il Tramite proviene sempre dal branco nativo del luogo dove viene evocato, e se in un dato posto non c’è mai stato un branco nativo allora il Tramite sarà un ex Alpha del branco nativo più vicino. Questo consente all’Emissario di avere una sorta di collegamento territoriale non solo con il branco di cui è al servizio, ma anche con gli altri branchi presenti in una data zona, spesso in una regione intera e tutto il “bla, bla, bla” che ne consegue. Facendola breve, siccome Scott è stato morso e gli Hale sono qui da secoli e sono nati Licantropi, come Tramite mi tocca uno di voi.»

Carla non poteva dargli uno scappellotto, ma lo sferzò con la voce. «Non essere maleducato, Stiles! Sembra quasi che tu non sia contento di avere me come Tramite. Forse ti ho ripetuto troppe volte quanto sono fiera di te, ti monterai la testa. Hai ancora tanto da imparare e, senza falsa modestia, io ho tanto da insegnarti.»

«Questo è verissimo» ammise Stiles, senza smettere di lottare con i lacci delle scarpe da tennis. «Per esempio prima di evocare te pensavo che il Tramite non potesse allontanarsi dall’Emissario per più di pochi metri, invece tu vai e vieni come preferisci, grazie a Dio. Anzi, il più delle volte non ti fai nemmeno vedere se non sono io a chiamarti.»

Carla annuì. «Ho le mie faccende anche io, non stiamo tutti con le mani in mano nell’aldilà e per mia fortuna io da morta non sono finita prigioniera in una specie di limbo come Laura. Adoro passare del tempo con te, ma i giovani dovrebbero frequentare soprattutto giovani e io ho le mie cose di cui occuparmi. Quanto al potersi allontanare te l’ho già spiegato: era questione di volontà indirizzata nella maniera sbagliata, tutto lì. Se mia nipote non fosse stata inesperta quanto te non sarebbe successo. La sua volontà di allontanarsi quando necessario avrebbe superato il tuo desiderio inconscio di tenerla alla larga da Derek e sarebbe stato tutto a posto come lo è con me. In un certo senso questo dimostra che sei perfino più testardo della mia nipotina. Più testardo di un Hale… non è cosa da poco.»

Tutto sommato era un complimento. Quando si voleva diventare Emissario un certo tipo di forza di volontà incrollabile era fondamentale per avere successo.

«Ah!» sospirò Stiles. «Non hai idea di quante rogne mi sarei risparmiato a saperlo prima. Laura mi ha fatto ammattire per tutto il tempo in cui è stata il mio Tramite… Ehi, hai visto il mio cellulare? Sai che ore sono? E questo ca…volo di ciuffo che non vuole saperne di…»

A Carla dispiaceva davvero di non potergli dire «Lascia, faccio io», quindi tentò di rendersi utile in un altro modo. «Se il cellulare è quel coso che usi per parlare a distanza dovrebbe essere sotto il letto, te l’ho visto cadere di tasca poco fa mentre ripiegavi il paio di pantaloni che ti eri appena tolto.»

Stiles diventò più che mai scarlatto. «A questo proposito… Carla… quando prima ti ho detto di non guardare non hai guardato, giusto? Eri in anticipo e mi pareva brutto dirti di ripassare più tardi, ma ti avevo chiesto di aspettare di sotto, perché non hai aspettato di sotto?»

Carla sorrise. Stiles era carino perfino quando gesticolava. «Perché eri nervoso. Ora sei più sereno, ti ho distratto. Ma prima mi sei sembrato nervoso ed è mio compito starti accanto soprattutto nelle difficoltà.»

Stiles si lasciò cadere a sedere sul letto e si passò una mano sugli occhi. «Ma non hai guardato, vero?» esalò con poca convinzione.

«Solo un pochino.» Carla rise tutta allegra e per niente impressionata nel vederlo sempre più in imbarazzo.

«Carla! Potresti essere mia nonna!»

«Appunto, caro» ribatté lei niente affatto pentita. «Potrei essere tua nonna e sono incorporea, che vuoi che possa succedere se non mi volto mentre ti cambi? Non mi metterò certo in mente strane idee, te l’ho detto mi ricordi il mio nipotino preferito.»

«G-già…» balbettò Stiles, riuscendo comunque a suonare anche ironico, «ma dici sempre che ti ricordo anche il tuo Bernie e poi sei una gentildonna del 1800, credevo che ai tuoi tempi certe cose fossero considerate disdicevoli.»

Carla valutò il fondo di verità nelle sue parole e poi fece di nuovo spallucce. «In un certo senso sì» ammise, «Però ho avuto un marito e dodici figli, di cui cinque erano maschi. Li ho concepiti e partoriti, e per di più sono pur sempre un Licantropo e mio cugino Gilbert era capace di diventare lupo, sai? Una cosa utile quando ti ricordi di portare con te dei vestiti di scorta, e lui era un tale sbadato. Ti ho mai raccontato di quella volta che ce lo siamo ritrovato davanti nudo durante il cenone di Natale?»

«No!» Stiles era saltato su come una molla e ora sembrava indeciso su dove andare per riuscire a sfuggirle. «No, no. Non me l’hai raccontato e non voglio che me lo racconti… ti prego…»

Bah, i ragazzi di oggi. Possibile che uno come Stiles dovesse essere più pudico di lei? Certe volte era così sciocco. Ci aveva messo un pezzo anche solo per decidersi a darle del tu come lei preferiva.

«Come vuoi» lo rassicurò. «In ogni caso non ho guardato con strane intenzioni, mi sono solo dimenticata di voltarmi. Se nella vita avessi dovuto scandalizzarmi ogni volta che vedevo un ragazzo mezzo nudo non so chi avrebbe cresciuto i miei figli e badato al mio branco. Non è che le cose cambino ora, soltanto perché sono morta. Se ti dà fastidio la prossima volta ci starò più attenta. Sul serio con Laura non ti era mai successo?»

Stiles intanto si era chinato a recuperare il cellulare, fornendo a se stesso anche un’ottima scusa per non guardarla in viso, senza pensare che così stava mettendo in mostra ben altro che la faccia.

Carla decise che era meglio non farglielo notare e lui riemerse da sotto letto, si tirò su e si spolverò camicia, maglietta e calzoni.

«Grazie» disse, con una vaga aria di dignità ferita. «Sarei più felice se potessi spogliarmi e vestirmi senza spettatori. Almeno in questo manteniamoci professionali, per favore.»

Quando Carla annuì lui si lasciò sfuggire un sorriso. «Era una delle poche cose in cui Laura era discreta. Sul serio. Ne ha combinate di tutti i colori, ma a parte una paio di volte all’inizio mi ha sempre lasciato un po’ di privacy quando dovevo vestirmi. Considerando che non poteva nemmeno allontanarsi devo darle atto che in questo era corretta. A parte questo me ne ha fatte così tante che ho perso il conto. Voi Hale quando vi ci mettete siete davvero tremendi.»

«Oh, la faccenda della possessione…» Carla avrebbe fatto volentieri una ramanzina alla nipote riguardo a quella storia, che la giovane Banshee del branco le aveva raccontato quasi come a volerle trasmettere un monito. Carla comprendeva. Per Stiles doveva essere stata un’esperienza tremenda. Prima una Nogitsune e poi anche Laura. «Mi scuso ancora per conto di mia nipote. Un Tramite dovrebbe usare la possessione solo quando è strettamente necessario per difendere Emissario e branco, e sempre con il consenso dell’Emissario. Puoi stare tranquillo con me, tesoro, non mi comporterei mai come Laura. E so che è stato orribile, ma guarda al lato buono della faccenda: Alan te l’ha detto, giusto, che una volta che hai un Tramite il Tramite è il solo che può possederti? Il legame che si viene a creare è così forte che impedisce a qualunque altra creatura di usare il tuo corpo o piegare la tua volontà. Quindi ora puoi stare tranquillo, caro, ci sono qui io. Non ti devi più preoccupare di certe cose.»

Per la prima volta nell’ultima mezz’ora lo sguardo di Stiles si fece davvero luminoso e lui le sorrise senza pudori e con la massima dolcezza. Alla fine, però, si lasciò sfuggire un sospiro.

«Va tutto bene?» chiese Carla fluttuando per piazzarglisi accanto, mentre Stiles si sedeva sul bordo del letto. «Sei nervoso, si vede. Posso sapere come mai? E perché mi hai chiamata? C’è qualche problema?»

Stiles sbuffò e si grattò la nuca. «È una caz… niente di grave» ammise, pur continuando a sembrare parecchio ansioso. «Sono nervoso perché io, papà, Derek e Laura dobbiamo uscire a cena. È per quello che mi sto preparando.»

Carla era perplessa e non lo nascose. «E che c’è di così angosciante? È solo una cena.»

«Non proprio.» Stiles scosse il capo. «È una cena di famiglia. Per questo ti ho chiamata, volevo che venissi anche tu, non importa se ti vedo solo io. Insomma io…» Esitò tormentandosi le mani, poi la fissò dritta negli occhi e si decise. «Io avrò con me papà e Derek e Laura non avranno… sei una loro antenata, è come se rappresentassi… non lo so nemmeno io, non dico Talia, ma una specie di nonna e sei un’Alpha del loro vecchio branco, mi pareva più giusto che tu ci fossi, perché è una cena ufficiale, ecco. La prima cena di famiglia vera e propria da quando…»

«Ho capito!» lo interruppe lei entusiasta. «È una cena di fidanzamento, vero? Ti sei finalmente deciso a chiedere la mano di Laura? Oh, tu e la mia nipotina, non potevo chiedere di meglio. È così educato e premuroso da parte tua volere che ci sia anche io.»

Stiles si stava di nuovo sbracciando. «No. No, no, Laura? Non… ah, e va bene… pensavo che l’avessi capito…» Prese un lungo respiro e poi confessò tutto d’un fiato: «È Derek, ok? Sto con Derek». Il suo sguardo si era fatto cauto. «Immagino che per te sia uno scandalo inconcepibile, siamo tutti e due maschi e ai tuoi tempi… sto con Derek e basta, Carla. Sono innamorato di Derek. E sono nervoso da morire perché è la prima volta in cui le nostre famiglie si riuniscono ufficialmente da quando l’ho detto a papà. Immagino quanto disapprovi, ma mi piacerebbe avere lo stesso la tua benedizione.»

Carla dovette sforzarsi per non tentare di dargli un pizzicotto per guancia; per farlo ricordò a se stessa che non ci sarebbe comunque riuscita.

«Che stupidino che sei, Stiles!» lo rimbrottò con tutto l’affetto possibile. «Certo che hai la mia benedizione. Credevo si trattasse di Laura, anche per il modo in cui battibeccate sempre…» Ora che ci pensava si rendeva conto che in effetti Stiles battibeccava di continuo anche con Derek. «Che importa? Chi sono io per porre limiti all’amore? Per noi Licantropi per nascita in ogni caso certe cose non sono mai state considerate scandalose. I lupi non si fanno tutti i problemi che si fanno gli umani. Se siete felici il mio nipotino è fortunato ad averti. E viceversa.»

Per un istante Carla fu certa che Stiles avrebbe provato ad abbracciarla. Era evidente quanto le sue parole l’avevano fatto felice. Stava per dirgli che, sul serio, era contentissima di considerarlo a tutti gli effetti uno di famiglia, quando Laura saltò dentro la stanza passando dalla finestra. Se non fosse stata una fantasma Carla l’avrebbe sentita arrivare, così invece si voltò a guardarla solo all’ultimo secondo, proprio come Stiles.

Laura era un fiore. Magari lei era di parte, però la trovava davvero una bella figliola. Peccato per quel modo di vestirsi così inappropriato per una giovane donna dall’aspetto tanto femminile. Che cosa c’era di male nell’indossare una gonna, almeno una volta ogni tanto? E perché quella fissazione per gli stivali alla caviglia, nemmeno avesse dovuto andarsene in giro a spietrare un campo prima che ci passasse l’aratro? Non che Carla stessa ai tempi della rivoluzione avesse combattuto indossando i tacchi, ma esistevano anche tipi di stivaletti un po’ più aggraziati e adatti a una signorina.

Prima che potesse farsi sfuggire un commento che, per altro, avrebbe sentito solo Stiles, Laura fece una smorfia smaccata e ironica.

«Non dovremmo essere noi ragazze quelle che si fanno aspettare?» Si era rivolta a Stiles con un tono sarcastico, ma non tagliente. «Io e Derek siamo arrivati adesso, tu sei pronto o dobbiamo andare a farci un giro in macchina e ripassare tra una mezz’oretta?»

«Non vi sto facendo aspettare» protestò Stiles. «Siete appena arrivati, l’hai detto tu. E siete anche in anticipo, se proprio vogliamo mettere i puntini sulle “i”. A parte il fatto che la gente di norma suona il campanello o manda un messaggio con il cellulare. Tutti tranne voi Hale, naturalmente. Voi preferite le finestre. Vi piacciono le entrate ad effetto, siete tutti circensi.»

Carla gli scoccò un’occhiata di disapprovazione per ciò che aveva appena detto e poi, però, ne scoccò una ancora più penetrante e contrariata a Laura.

«Vorrei far presente che io non sono mai entrata in casa, mia o altrui, passando da una finestra. Mai in novantatre anni e mezzo di vita. Nemmeno una volta.»

Non sarebbe stato signorile, per quanto probabilmente sarebbe stato molto divertente.

«Comunque» annunciò Stiles alzandosi, «un “Ciao, Stiles, sono salita a vedere se eri pronto” non sarebbe stato male. Era chiedere troppo? Continuerai a farmela pagare per quella faccenda del disseppellimento finché non sarò un vecchiaccio storto e senza denti?»

«Quanto sei stupido, Stiles Stilinski!» lo rimproverò Laura, ma si avvicinò e gli scoccò un bacio su una guancia. «Lo sai che è acqua passata e che ormai ti torturo solo per il gusto di torturarti. Lo faccio per dimostrarti tutto il mio affetto.»

 

 

Carla scosse il capo e dovette trattenere una risatina. Che tipo era sua nipote… eppure lei era certa che volesse bene a Stiles, di tutto cuore. Oh, non facevano che discutere e fingere di essere cane e gatto, eppure erano molto amici.

Stiles le aveva spiegato che non era stato sempre così, ma era pur vero che Laura era resuscitata anche grazie a lui e da allora erano passati mesi e mesi. Quei due non la ingannavano, Carla lo vedeva quanto erano uniti. A volte, senza che nemmeno se ne accorgessero, erano talmente complici che non c’era da stupirsi se lei aveva creduto che stessero insieme. Anche se, a rifletterci su, era lampante che Stiles avesse con Derek un legame ancora più profondo. L’avrebbe visto un cieco.

Buon per loro, l’amore era una cosa tra le più preziose nella vita e quando uno aveva la buona sorte di trovarlo doveva tenerselo ben stretto, proprio come aveva fatto lei con Bernie.

Quanto a Laura e a Stiles, una volta che uno capiva che quando si beccavano in quella maniera non facevano sul serio, era divertente starli a sentire.

«Come sono contento che ti piaccia tormentarmi» stava replicando Stiles, non meno sarcastico di Laura. «Le tue frecciatine sono una delle gioie della mia vuota esistenza. Non so come farei se la smettessi.»

«Avvizziresti per la noia, Stiles, mi pare ovvio.»

Ah, che lingua! Ecco, quella era tipica degli Hale, Carla doveva ammetterlo.

«Sì, come no» la rimbeccò Stiles. «Quand’è che ricambi la visita a Cora e te ne vai in Argentina per qualche mese? Se vuoi restarci per sempre non mi offendo mica.»

Carla scoccò un’occhiata alla nipote e vide che non era per nulla offesa. In apparenza era intenta a osservarsi le unghie, ostentando noncuranza.

«Conto di andare da Cora quest’estate. In fondo è stata qui lei per un mese intero dopo che sono resuscitata, posso aspettare ancora un po’ prima di andare a sconvolgere anche la sua vita, per ora mi diverto di più a sconvolgere la tua» rispose con un mezzo sogghigno. «Ma non ti preoccupare, il mio appartamento è quasi pronto. Una settimana e mi avrai fuori dai piedi.» Fece una pausa e si concesse una mezza risata. Carla pensò che, sì, Laura era proprio una bella ragazza, specie quando rideva.

«Vai solo a vivere qualche piano più in giù del loft di Derek.» Anche Stiles sembrava ben poco impressionato. «Resti nel palazzo. Non c’è il pericolo che ti perdiamo di vista.»

Laura annuì. «Non sei mai contento. Preferivi quando non potevo allontanarmi da te più di qualche metro? Se non altro quando mi sarò trasferita tu e Derek potrete darci dentro come conigli senza preoccuparvi che rientri prima del previsto o senza dovervi imboscare nella Riserva a fare sesso sulla tua Jeep come due ragazzini. Non sei felice?»

Carla scoppiò a ridere di gusto, mentre Stiles diventava viola e cominciava a tossire come se stesse per strozzarsi con la sua stessa saliva.

«Oooh» disse Laura, che doveva essere stata colta da un’intuizione. «Nonna Carla è qui? Beh, scommetto che dopo aver fatto dodici figli non sarà poi tanto scioccata. In ogni caso: scusa nonna.»

Carla fece un gesto come a dire che non c’erano problemi e solo dopo si ricordò che Laura non poteva vederla.

«Su, Stiles, su, su, caro» cercò di consolarlo. «Laura ha ragione… sono cose della vita.»

«Odio gli Hale!» sbuffò Stiles, tornando a sedersi con un’espressione sconfitta. «Tutti tranne quel bestione che sta seduto in macchina giù in strada, che di sicuro sta ascoltando e che, conoscendolo, si sta vergognano anche peggio di me.»

Carla e la nipote gli sorrisero con una sincronia impressionante. Laura allungò una mano e la appoggiò sul braccio di Stiles.

«Smettila di essere così nervoso, ok? Andrà tutto bene. Lo so che è perché ci tieni. Derek è in ansia tanto quanto te. Che cretini che siete. Ormai siamo una famiglia, so perché la ritenete importante ma quella di stasera è solo una cena tra parenti come ce ne saranno tante, perché tu e Derek siete fatti l’uno per l’altro.»

L’incarnato di Stiles stava diventando più che mai acceso.

«Beh, è vero» ribadì Laura, «cosa c’è di male a dirlo? Io, Cora, tuo padre, perfino il branco, tutti pensiamo che sia così. Quindi sorridi e alza quel tuo culo secco, Stiles.» Finita la frase, Laura gli diede una stretta che era una via di mezzo tra una strizzata e un abbraccio. «Vado ad aspettarti in macchina, non farmi tornare su a prenderti, non sarebbe carino se dovessi trascinarti per la collottola. E non credo di poter tollerare Derek da sola molto a lungo, non mentre è così agitato. Datti una mossa, finisci di prepararti e corri a salvare il tuo bello dalle zanne e dagli artigli della sua sorellona a corto di pazienza.» Dopodiché Laura si alzò e con un balzo fu fuori dalla finestra.

Carla sospirò per i modi, anche se sotto sotto si sentiva più che altro orgogliosa e divertita.

«Ha ragione lei, tesoro» disse a Stiles. «Non hai nulla di cui preoccuparti e secondo me sei già pronto per uscire. Guardati. Il modo di vestire di voi ragazzi non mi fa impazzire, ma su di te dona qualunque cosa. Sei così carino… e Laura si sbaglia… non hai, sì, insomma, il tuo fondoschiena non ha proprio nulla di secco. Ci ho fatto caso prima mentre ti cambiavi e quando ti sei chinato per prendere il telefono. A me sembra un fondoschiena tondo e…»

«Carla!» Stiles non pareva aver apprezzato il complimento. «Cosa ho fatto di male per incontrare voi Hale?»

Carla accennò una smorfietta maliziosa. «Tutti tranne Derek?»

Stiles sospirò, recuperò il giaccone dalla cima di una pila di vestiti ammucchiati ai piedi del letto e annuì. «Tutti tranne Derek, sì» le confermò. Poi le fece cenno di seguirlo e si avviò verso la porta.

«Andiamo» disse. Carla gli sorrise per l’ennesima volta e lui si fermò per un secondo sulla soglia e le restituì il sorriso. «Grazie per essere venuta. È importante che ci sia anche tu. Voi Hale siete la famiglia più assurda che io abbia mai conosciuto, ma ora siete anche la mia famiglia.»

«Certo che sì, tesoro» gli confermò Carla. «Certo che sì.»

Stiles non rispose, si limitò a varcare la soglia e lasciare la stanza con le spalle più dritte e il passo molto più leggero.

Ringrazio tutti quelli che hanno letto questo racconto e in particolar modo chi l'ha voluto commentare <3

Se vi è piaciuto e volete leggere cosa altri autori hanno scritto per il Big Bang di Teen Wolf seconda edizione, qui trovate l'intera raccolta.

   
 
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