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Autore: fra_eater    12/03/2016    1 recensioni
la vita a Kuraigana è dura, anche un guerriero come Zoro si fa prendere dai tristi pensieri dovuti all’assenza dei suoi compagni. Una piccola presenza però sconvolge la quotidianità e strappa un sorriso a un volto preoccupato.
La storia partecipa al contest "storie feline"indetto da zenzero91 sul forum di efp.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Drakul Mihawk, Perona, Roronoa Zoro, Z
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore (sul Forum e su EFP): fra_eater
Titolo: un messaggio da lontano
Fandom o Originale: One Piece
Razze/Generi:  Birmano/ sentimentale; Russian blue/ comico
Nome del gatto:Duchessa. La citazione dietro questo nome era:
how I wish, how I wish you were here
We’re just two losts souls
Swimming in a fish bowl
Year after year,
Running over the same old ground
What have we found?
The same old fears.
Wish you were here.
 
Come vorrei, come vorrei che tu fossi qui.
Siamo solo due anime perse
Che nuotano in una boccia di pesci.
Anno dopo anno,
correndo sempre sul solito terreno,
cosa abbiamo trovato?
Le stesse vecchie paure.
Vorrei che tu fossi qui.
 
Prompt micioso:  Cicatrice
 
Il gatto è nella storia(se presente):
 
Introduzione: la vita a Kuraigana è dura, anche un guerriero come Zoro si fa prendere dai tristi pensieri dovuti all’assenza dei suoi compagni. Una piccola presenza però sconvolge la quotidianità e strappa un sorriso a un volto preoccupato
 
NdA (facoltative):  questa storia era partita differentemente, doveva essere solo pensata come Zoro che rivede i suoi compagni e poi, da una ricerca su internet è uscita fuori prepotentemente Kuina, il fantasma che mai abbandona lo spadaccino, fedele come un gatto che difficilmente si separa dal proprio padrone una volta che ha conquistato la sua fiducia.







Era stato facile abituarsi a quel posto, a quell’aria lugubre che le ricordava la sua casa; Thriller Bark e Kuraigana avevano la stessa aria spettrale che lei amava tanto e che rendevano sopportabile la sua permanenza con quell’essere noioso e antipatico di Mihawk che quasi non la calcolava.
Ma quel che la preoccupava di più era quel ragazzo in mezzo alla radura di babbuini, completamente bendato, che camminava spavaldo e con la spada di legno rivolta con la punta verso il terreno fangoso.
Gli animali si erano disposti intorno a lui in cerchio, studiavano attenti i movimenti del loro avversario con evidente timore, ben consci che ogni mossa falsa gli avrebbe provocato una sonora legnata che voleva no sicuramente essere loro a rivolgere  all’umano che era penetrato nel loro territorio di nuovo.
  Perona, la principessa dei fantasmi, volò fino ad un’alta croce in pietra, stanca per lo sforzo e profondamente annoiata. Era stanca di quel posto, non c’era niente di carino che la mettesse di buon umore.
Era sempre lei a doversi occupare di Zoro quando veniva ferito e, anche se i babbuini lo temevano,  di certo non si risparmiavano quando riuscivano ad acciuffarlo.
“La smetti di svolazzare in giro?”
La voce profonda dello spadaccino le fece arricciare il naso.
“Non darmi ordini!” urlò Perona, ma si sedette sulla fredda pietra per osservare meglio la scena.
I babbinuini non ci pensarono due volte prima di approfittare della distrazione dello spadaccino e lanciarsi contro di loro, disarmandolo dalla katana di legno e riempiendolo di graffi e unghiate.
“Tutto questo non è per niente carino” mormorò la principessa dei fantasmi  pensando se ci fossero abbastanza bende pulite.
 
Zoro strinse i denti.  Aveva insegnato alle scimmie a temerlo, ma quelle infami approfittavano di ogni suo momento di distrazione  per dare sfogo alla furia tipica dell’istinto animale.
E questa volta la colpa era della ragazzina che gli stava medicando la schiena con evidente timore sapendo che quelle ferite erano solo causa sua per averlo distratto.
Il silenzio aleggiava nella stanza illuminata da candelabri d’ottone con le candele nere. L’ambiente gotico rispecchiava l’animo tetro del padrone di casa.
Perona mise nuovamente il disinfettante su un nuovo batuffolo di cotone per tamponare delicatamente le ferite;  l’ultima volta che aveva premuto troppo aveva scatenato le ire del ragazzo che, nonostante non si facesse problemi con armi e affini, sembrava non sopportare il contatto con i medicinali.
Le braccia possenti del ragazzo erano graffiate inesorabilmente da cicatrici vecchi o nuove o in via di formazione, alcune delle più evidenti, e quindi di una certa età, erano state abilmente curate dalle piccole zampette delicate di quel batuffolo di pelo che era il medico della ciurma di cui faceva parte e che Perona aveva visto solo una volta, quando viveva felice con il suo esercito di peluche-zombie teneri , prima di essere scagliata in quel mausoleo.
Come era tenero quel piccolo procione o renna , come spesso l’aveva rimproverata quel buzzurro che era sotto le sue mani.
 Le mancavano terribilmente le cose tenere.
 Da quando era lì aveva cercato di abbellire quel posto macabro, ma gli uomini non sono in grado di apprezzare le cose carine, non hanno il minimo senso del gusto, infatti ancora digrignava i denti al pensiero del volto inorridito di Mihawk quando aveva messo un tenero peluche di orsetto  che le ricordava tanto Kumachi sul divano rosso e di come quell’infame dai capelli verdi si era messo a sbraitare quando lei, sbagliando senza mai averlo ammesso, aveva stinto i suoi abiti bianchi facendoli diventare di un delicato rosa confetto che dava a quel grigio un tocco di colore che certamente male non faceva.
Stava immersa nei propri pensieri quando sentì qualcosa di morbido strusciarli contro la gamba e la visione meravigliosa le fece lanciare un urlo contemporaneo a un movimento secco e repentino del braccio contro la schiena del pirata che ululò per il dolore della poca delicatezza.
Zoro non fece in tempo a voltarsi per urlarle contro che la ragazza cominciò a sbraitare.
“L’hai fatto scappare!” strillò Perona con le guancie gonfie di rabbia.
“Ma di che diavolo stai parlando?!” gridò a sua volta lo spadaccino “Mi hai scorticato la schiena!”
“L’hai fatto scappare!” urlò nuovamente lei, aggiungendo “BIFOLCO!”
“CRETINA!”
“DEFICIENTE!”
“IMMATURA!”
“AUTOLESIONISTA!”
“Smettetela!”
La voce autoritaria del nuovo venuto fece rizzare i capelli in testa ai due litiganti.
I passi in avvicinamento degli stivali neri riecheggiavano nella stanza.
Zoro arricciò il naso alla vista del suo rivale e mentore mentre Perona si alzò in volo, ben intenzionata a sparire se l’uomo dagli occhi dorati avesse mostrato ostilità nei suoi confronti spalleggiando lo spadaccino.
Il timore che incuteva quell’uomo era tangibile nell’aria e dallo sguardo timoroso di Perona.
La sua figura tetra si stagliava perfettamente in quell’ambiente lugubre. La croce dorata sul petto chiaro brillava alla luce delle candele e della luna che filtrava prepotentemente dalle finestre con le pesanti tende di velluto nere.
Drakul Mihawk si avvicinò apatico ai suoi due ospiti; i capelli neri perfettamente lucidi e tirati indietro senza l’abituale cappello col piumato vaporoso.
Gli occhi dorati e ipnotici dello spadaccino guizzarono veloci dall’uno all’altra, ben attento nello scorgere il minimo cambio di espressione nei loro volti di cui uno sfrontato e l’altro pronto a scappare.
“Possibile…”la sua voce era piatta, fin troppo calma “che voi due non fate altro che litigare?” disse sollevando un sopracciglio lungo e sottile che gli donavano la sua abituale espressione arcigna.
“L’ha fatto scappare!” strillò Perona, pestando i piedi a mezz’aria come una bambina capricciosa “Sono mesi che non vedo una cosa carina e, quando succede, lui la fa scappare!” disse puntando il dito accusatore contro il pirata dalla testa muschiata che subito si irrigidì.
“Non so nemmeno che hai visto!” si difese, alzando a sua volta la voce “Devi essertelo sognato!”
“MI STAI DANDO DELLA PAZZA?!?”
“TU SEI PAZZA!”
“FATELA FINITA!”
Mihawk aveva gridato. Non lo faceva mai. Era sempre apatico, insofferente, ma in quel momento il suo sguardo sembrava voler trafiggere le gole dei due ragazzi per non essere costretto a sentirli.
“Si può sapere che hai visto?” chiese dopo aver recuperato subito la calma come se il momento di prima fosse stata solo una leggera turbolenza, passata ancora prima di cominciare.
“Era un esserino così delizioso!” gli occhi di Perona parvero illuminarsi “Quel morbido pelo grigio contro le mie gambe e quel delizioso musetto allungato che mi fissava con i suoi occhioni, agitando la coda folta come se fosse contento di vedermi”, poi il suo sguardo si rabbuiò, puntandosi furente sullo spadaccino alla sua destra come il dito “Poi lui l’ha fatto scappare!”
“VUOI CAPIRE CHE NON SO NEMMENO DI CHE DIAMINE STAI PARLANDO?!” se là non ci fosse stato Mihawk l’avrebbe strozzata volentieri con le sue stesse mani.
“STO PARLANDO DI QUEL DELIZIOSO…”
“Gatto” concluse Mihawk per lei.
“Esatto!” esclamò annuendo “E lui l’ha fatto scappare!”
Zoro strinse i denti “Senti, tu e quel gatto…”
“Perona ha ragione”
Lo sguardo esterrefatto di Zoro si posò sul suo ospite insieme a quello sorpreso della ragazza che subito divenne un ghigno misto tra il sorpreso e il soddisfatto: non si aspettava che Mihawk le desse ragione, ma era felice di ciò ed lo dimostrava le sue labbra rosse arricciate in un’irritante espressione di vittoria.
Zoro spalancò gli occhi, incapace a trovare le giuste parole per dar sfogo alla sua rabbia.
“Se non l’avessi spaventato, quel gatto ora non sarebbe in giro per casa” spiegò l’uomo guadagnandosi un’occhiata omicida.
Zoro si alzò dalla sedia ed afferrò la maglia “Cercatelo voi! Io me ne sbatto!” e abbandonò la stanza pestando i piedi.
Perona lo seguì con lo sguardo finchè non sparì oltre la soglia.
“Mi chiedo come abbia fatto ad entrare in casa” mormorò scostando un boccolo rosa dalla spalla.
Mihawk parve irrigidirsi e si voltò verso la ragazza con l’aria di uno che ne sapeva di più di quello che voleva far credere.
“Dalla porta” disse.
“Dalla porta?”
“Attreverso…le mie gambe” e assunse un lieve colorito di imbarazzo che mal si prestava al suo viso burbero e austero.
 
Zoro entrò nella sua grande stanza sbattendo la porta. Nonostante le frecce che Perona aveva sparso nel castello, tanta la rabbia, si era perso tre volte prima di giungervi e, appena entrato,  i suoi occhi guizzarono veloci sul letto a una piazza e mezzo dove, proprio al centro della pesante coperta glicine, vi sonnecchiata indisturbato la causa della sua rabbia, con la coda vaporosa accanto al muso allungato. Il morbido pelo grigio era raso nel corpo, eccetto  la coda, segno evidente che, anche un profano di felini come Zoro capì ,si trattava di un incrocio.
Si avvicinò all’animaletto in silenzio. Non era molto grosso, ma non sembrava nemmeno un cucciolo, il petto si alzava ed abbassava lievemente e in maniera regolare.
Il ragazzo si inginocchiò di fronte al letto e cominciò a punzecchiare il gatto con un dito.
Il felino sollevò il musetto leggermente schiacciato, aprendo gli occhi gialli e facendo vibrare le fibrille, Zoro notò che era privo di pelo sull’occhio destro, come se si trattasse di una cicatrice.
Il gatto si rizzò in piedi, stiracchiandosi e allungando il corpo in un silenzioso e grande sbadiglio, poi guardò il suo disturbatore con aria di sufficienza.
Zoro si accigliò “Hai la stessa aria irritante di Nami” commentò, il gatto, come a volerli rispondere gli mostro la coda irta e poi tornò ad acciambellarsi su se stesso. Il ragazzo sorrise “Però se dormi sembri Chopper”
Quell’animaletto lì, nella sua stanza, gli aveva fatto tornare in mente i suoi compagni.
Era da un po’ che non ci pensava, troppo impegnato a concentransi nei suoi allenamenti.
Era bastato quella presenza piccola e prepotente per farglieli venire in mente? In realtà gli mancavano, e da morire anche.
Non lo avrebbe mai ammesso ma vi erano giorni in cui sentiva la nostalgia anche del cuoco.
Si sedette sul letto, guadagnandosi un’occhiata truce dal gatto per il disturbo.
Voleva diventare più forte. Era quello il suo obiettivo. Era sempre stato quello il suo obiettivo.
Doveva essere il più forte per sorreggerli. Il più forte per salvarli. Eppure, quando si fermava come i quel momento, sentiva che non era così, che le cose gli stavano sfuggendo di mano.
 Si allenava sì, ma poi?
 Ma poi si ritrovava come in quel momento, in preda ai propri pensieri ed all’angoscia. Proprio come quando aveva saputo della sua morte.
Kuina.
L’aveva odiata. L’aveva odiata quando aveva saputo della sua morte, l’aveva odiata perché l’aveva abbandonato e ora la odiava perché, da quando lei non c’era più, aveva sempre addosso la paura di legarsi a qualcuno per poi perderlo non appena allontanava lo sguardo.
Voleva che fosse lì, con lui. Se Kuina fosse stata al suo posto che cosa avrebbe fatto?
Sarebbe andata avanti, avrebbe lottato o sarebbe tornata a casa?
Che avrebbe dovuto fare lui di quei giorni?
I suoi compagni si sarebbero veramente presentati all’appuntamento? Chissà dov’erano, chissà se gli avesse ritrovati tutti? Non vi erano loro notizie sui giornali e Mihawk non parlava mai di ciò che succedeva nelle riunioni tra gli Shichibukai e le massime cariche della marina, ma lui sapeva che aveva notizie sui Mugiwara, glielo si leggeva in volto ogni volta che tornava: lo fissava ma non proferiva alcuna parola.
I pensieri più turpi facevano capolino nella mente del pirata ogni volta che chiudeva gli occhi.
Voleva i suoi compagni.
Voleva bere accompagnato dalla musica di Brook, voleva giocare a braccio di ferro con Franky sotto lo sguardo divertito di Robin, voleva litigare con Sanji, voleva lottare con Rufy per l’ultimo cosciotto, voleva ridere con Usopp, addormentarsi con il torpore del soffice pelo di Chopper accanto, voleva anche essere picchiato da Nami quando si perdeva.
Li voleva lì, con lui. Voleva che stessero lì per essere sicuro che stessero bene, per poterli proteggere.
Uno strofinio lo distolse dai suoi pensieri.
Il gatto aveva abbandonato la propria posizione e si stava strusciando contro il braccio di Zoro, come a volerlo incitare ad avere maggiore fiducia nei suoi compagni.
Zoro abbozzò un sorriso mentre passava la mano sul pelo soffice, provocando nell’animale una serie di fusa per la felicità.
“Ma tu da dove vieni?” mormorò continuando ad accarezzarlo.
“AAAAAAAH!”
Zoro saltò dal letto mentre il gatto si nascose sotto il cuscino. Perona era sulla soglia, con il volto contratto dallo stupore “L’HAI TROVATO?” urlò di gioia e si librò leggiadra verso di lui.
Zoro non disse nulla mentre la ragazza lanciò in aria il cuscino e prese con prepotenza il felino in braccio, ma il gatto si divincolava e la graffiava e mordeva in ogni superficie che trovava libera.
Perona fu costretta a lasciarlo ed egli si lanciò sulle gambe di Zoro, acciambellandosi e tenendo sempre gli occhi puntati sulla principessa dei fantasmi.
 
Mihawk comparve sulla soglia nel momento esatto in cui Perona si inginocchiò sul pavimento gelido in pietra e iniziò a  singhiozzare“Una volta che c’è qualcosa di carino non mi vuoleeeee!”
Il pirata dovette sedersi per ascoltare le nuove lamentele della ragazza e le urla dell’altro.
Era stufo, davvero stufo di sentirli litigare per ogni cosa.
I suoi occhi seguirono i movimenti del felino oggetto di disappunto che si era recato verso le spade del giovane pirata e le stava annusando.
“Roronoa” disse, richiamando la sua attenzione e facendo salire la speranza di un rimprovero in Perona “Quel gatto è in qualche modo legato a te, abbi cura di tale duchessa”
“Duchessa?” ripetè il ragazzo, alzando il sopracciglio.
Come se venisse chiamata, il gatto, anzi, la gatta, si avvicinò all’uomo che aveva scelto come padrone, miagolando piano in segno di risposta.
“EH?” l’espressione di sgomento sul viso di Perona era esilarante. La bocca aperta, gli occhi sgranati e le braccia a penzoloni facevano sembrare la ragazza una bambina sul punto di urlare “Ma lo volevo io!!!”
Mihawk sollevò un sopracciglio, facendo appello a tutte le sue forze per non urlare; a volte Perona sapeva essere proprio una bambina viziata.
“Il gatto è un messaggero della terra dei morti, se ha scelto lui, vuol dire che qualcuno lo sta vegliando” spiegò “Lasciale questo nome, è degno del suo portamento elegante e della sua curiosità. Perona, vieni con me”
Zoro spostò lo sguardo da Mihawk, che lasciava la stanza insieme ad una Perona visibilmente contrariata, alla gatta che si passava una zampa tra le orecchie grigie.
“È stata Kuina a mandarti, vero?” esclamò e al “Meow” di risposta la prese in braccio e le accarezzò la cicatrice delicatamente “Era proprio qui che mi colpiva quando mi venivano brutti pensieri”.
Sorrise mentre Duchessa si strusciava contro la sua maglia bianca.
“Ma ora c’è un problema” esclamò il ragazzo, come se si fosse appena ricordato di qualcosa di molto importante “Io non so forzare il frigo come Rufy, dovrò imparare a cacciare i topi se non lo vuoi fare tu” e scattò in una fragorosa risata.
Avrebbe ritrovato presto i suoi compagni, non ne aveva dubbi, e ora, aveva qualcuno tra le braccia da proteggere per non perdere l’abitudine.
 
  
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