XXIII Capitolo
Il
pretendente
Cornovaglia,
tanto tempo fa …
Il vento di
tramontana soffiava forte e scompigliava i
capelli del giovane che, con lo sguardo azzurro, stava puntando verso
il
villaggio celta. Aveva appena lasciato il capanno al suo amico Valerius
che,
quel giorno, come si erano accordati, avrebbe badato al numeroso gregge
in sua
assenza. Gli aveva detto che sarebbe stato via poche ore e che per la
notte
sarebbe ritornato per finire il suo turno. In realtà il suo
motivo, per tornare,
era l’appuntamento con la donna che amava, avrebbe avuto
molto da dirle …
La
sommità del mastio romano spuntava da dietro la collina.
Con il tempo, si era avuta una vera e propria commistione tra celti e
romani.
La maggior parte dei giovani, presenti nel villaggio, erano ormai di
sangue
misto. La legione romana principale si era ritirata da qualche anno e i
pochi
veri romani rimasti, condividevano il governo con i celti
tranquillamente e con
accettazione reciproca, viste le parentele create dai matrimoni misti.
L’ultimo
degli ufficiali nominati, che era rimasto, in quanto nato in quella
terra e
romano da parte di padre, si chiamava Artorius.
Galoppando con
il mantello ricoperto da una grossa pelliccia
di lupo, il giovane superò il colle e sotto di lui
ammirò il villaggio dei suoi
natali. Il movimento che vide, di bambini che si rincorrevano giocando,
madri
che chiamavano, uomini e donne affaccendati, gli diede un senso di
benessere.
Quella era la sua gente, la sua famiglia. Conosceva tutti, dal
più anziano al
più piccolo e tutti lo amavano e rispettavano. Uccidendo
quel grosso lupo, di
cui ne indossava la pelliccia, si era guadagnato il loro rispetto e un
soprannome di cui nessuno ricordava più il significato ma,
che nel loro
dialetto gaelico, aveva a che fare con il coraggio e la forza.
Alcuni bambini
gli corsero incontro ammirati e si fermarono
al suo passaggio, lo conoscevano come il ragazzo più
coraggioso del villaggio e
il timore reverenziale, nei suoi confronti, impedì ai
piccoli di proferirgli
parola. Spesso quei bambini giocavano tra loro recitando la sua parte,
era il
loro idolo, lo sapeva e ne provò un certo orgoglio.
Salutò i bambini con un sorriso
e un cenno della mano e quelli, felici di quella piccola attenzione,
andarono di corsa a
raccontare del
privilegio avuto. Si intenerì per la loro innocente
ingenuità. Ricordava di
essere stato come loro e di aver avuto la stessa ammirazione per il
Comandante
dei Romani: Vinicius Pendràgon, l’eroico padre di
Artorius.
Vinicius,
contravvenendo agli ordini ricevuti, pur di salvare i celti di quel
villaggio e
la donna che amava, la madre di suo figlio, aveva rischiato la sua
stessa vita,
in un attacco dei sassoni, ma era riuscito coraggiosamente a portare
tutti in
salvo e, alla fine, a ricevere un encomio d’onore dal suo
generale. Da anni era
morto, il prode Vinicius, ma la sua immagine riviveva nelle belle
sembianze di
suo figlio. Lo vide, era nel recinto dei cavalli. Stava cercando di
domarne
uno, splendido esemplare dalla lunga criniera bionda e il manto marrone
chiaro;
gli era saltato in groppa con agilità, senza redini, senza
sella …
semplicemente con la morsa delle cosce muscolose, sui fianchi della
bestia e le
mani a tenergli la criniera, portandolo al suo volere. Il giovane dai
capelli bruni
ammirò quella capacità, un misto di
caparbietà, grande sicurezza di sé, forza
fisica e senso del dominio, in un corpo statuario da guerriero. Il
cavallo,
domato, diventò docile ed il suo cavaliere lo
portò verso la staccionata, dove
aveva visto che il suo migliore amico era appena arrivato.
–
Messer Lancillotto! Ti rivedo finalmente! Scommetto che mio
cugino Valerius è nella radura al tuo posto! Mi spiegherai
prima o poi cos’ha
di speciale quella radura! Ci resti anche per più turni,
possibile che
preferisci le pecore alle ragazze del villaggio? Ce ne sono parecchie
che
piangono per te quando riparti e devi vedere come litigano tra loro,
per
aggiudicarsi un tuo sguardo, quando torni!
Cillian rise
divertito, non poteva raccontare che la calamita,
che lo teneva attratto alla radura, aveva
lunghi capelli biondi, un corpo sensuale ed era sua da
quattro anni.
–
Artorius non mentire!
Sei felice quando me ne vado, così le donzelle sono tutte
per te e non hai
rivali!
–
Amico mio, io non ho
rivali comunque!
Ogni tanto
l’eccessiva sicurezza di sé gli faceva fare il
gradasso, ma tutto sommato, come Cillian ammise a sé stesso,
Artorius in un
certo senso non aveva veramente rivali. L’unico possibile
rivale era proprio
lui, ma gli voleva talmente bene che veramente di rado entrava in sfida
con il
suo migliore amico. Questo erano “Migliori Amici”,
non se lo erano mai detto,
ma lo sentivano entrambe.
–
Artorius ti confesso
che sono tornato per un motivo preciso …
-
Inizi a interessarti
a “qualcuna” più che alle pecore?
– Ma
dai! Smettila con questa solfa … volevo parlarti
…
- Ehi! Mi sembri
parecchio serio, vieni al mastio dai! Ti
offro un boccale di sidro e facciamo due chiacchiere.
Il mastio era la
torre più imponente, costruita in pietra,
del campo romano. Era usata come fortezza e sede del comandante.
Artorius la
occupava di diritto, essendo il comandante dei romani e
contemporaneamente dei
celti, viste le origini di sua madre.
–
Madre sei in casa? Guarda chi è tornato dopo settimane!
–
Cillian! Figliolo
caro, tua madre sarà felice di rivederti! Non faceva che
lamentarsi questi
ultimi giorni, stai troppo nella radura, ci sono altri ragazzi che ti
darebbero
il cambio, non è giusto che tu rischi la vita con i lupi
più degli altri. È
quella la preoccupazione di tua madre!
La vecchia
Gerda, madre di Artorius, aveva ragione, stando
lontano trascurava sua madre e immaginava che avesse di che lamentarsi,
ma lui
non poteva assolutamente rinunciare alla sua Gwyneth. Era
così doloroso starle
lontano per più tempo in inverno, ma dalla primavera
all’autunno poteva tenerla
tra le braccia quasi tutte le notti. Quando la missione che si erano
prefissa
sarebbe stata conclusa, l’avrebbe sposata e sarebbe stata
sua, per il resto
delle notti che la vita gli riservava.
–
Non ti preoccupare
Gerda, presto farò in modo che le cose cambino e mia madre
sarà più serena …
- Lo spero
figliolo, lo spero!
La vecchia Gerda
portò un orcio di sidro ai due giovani e un
piatto di grossi biscotti che aveva appena sfornato. Salutando e
benedicendo
Cillian, si ritirò nell’orto, dove coltivava le
verdure di stagione.
–
Hai sentito le voci
sulla spada nella roccia?
–
Oh! La spada del
coraggio, dell’onore e della giustizia! Si Cillian
l’ho sentita! Chissà chi si
è inventata questa baggianata!
–
Perché dici che è una baggianata?!
– Ma
dai amico! Una dea uscita dalle acque del lago che
predice l’apparizione di questa roccia e che l’uomo
che riuscirà ad estrarre la
spada da essa, sarà il sovrano che unirà i popoli
del lago!
Artorius
pronunciava con pomposo scherno quelle parole, era
chiaro che non aveva creduto a nulla di quanto udito. Non era uno
stupido, né
un credulone, era molto materialista e credeva solo a quello che vedeva.
–
Sai Artorius, anche
i sassoni vanno raccontando la stessa storiella, ne ho incontrato uno
lungo il
lago, che aveva sconfinato e me l’ha raccontata, altrimenti
in mesi di
solitudine al capanno, non ne avrei saputo mai nulla. La cosa bella sai
qual’
è?
–
Ah! Voglio proprio
sentire!
–
Che la spada nella
roccia esiste veramente!
Artorius non
aveva più l’espressione di sufficienza sul viso,
bensì la curiosità mista ad una luce di bramosia
negli occhi.
– Tu
… l’hai vista?!
– Si
Amico, l’ho vista e francamente mi sono passate delle
idee per la mente.
–
Ossia?
–
Vera o falsa la
storiella della dea, vista la venerazione che tutti qui intorno hanno
delle
spade, potremmo sfruttare la cosa a nostro vantaggio!
–
Che intendi?
–
Celti, Sassoni e Pitti, sono riuniti in clan litigiosi, se
veramente un uomo che può rappresentare le esigenze di tutti
e offrirgli la
soluzione, si facesse avanti, potrebbe meritare il loro rispetto e
diventare
loro sovrano, con la dimostrazione di un atto di coraggio, onore e
forza, come
quello che la spada nella roccia rappresenta.
–
Credo che quando
questa storia si
sarà diffusa, troveremo un via vai di
pretendenti verso il luogo dove si trova … A proposito, dove
si trova questa …
meraviglia?
Cillian sorrise,
era riuscito a catturare l’attenzione del
prode romano e se quel sangue romano che gli scorreva nelle vene, non
era
acqua, avrebbe rivelato l’ambizione e la tendenza da
dominatore che erano in
lui. Una spada di quel genere e il suo significato, erano
un’ottima motivazione
per smuovere Artorius.
–
Preso dalla curiosità, mi sono avventurato nel bosco, sono
giunto fino dove il lago si insinua tra le rocce, sotto la cascata. Era
lì
Artorius! E devo dirti che è uno spettacolo per gli occhi!
Non ho mai visto una
spada come quella in vita mia, qualcosa veramente degno di un re. Sotto
la
roccia vi sono delle incisioni, scritte nei dialetti dei popoli che
circondano
il lago. È Come se quella spada fosse stata messa
lì per tutti, per dare la
possibilità a chiunque di riunire tutti i clan. Non voglio
essere
superstizioso, ma è come se in quel posto aleggiasse una
magia benefica …
Artorius lo
guardò tra lo scettico e il divertito
–
Una magia benefica éh?!
Sei un sognatore Cillian! Ho visto tanta gente morire con la scusa di
raggiungere un bene superiore … esiste solo il mero
interesse amico mio!
Nessuno fa niente, per nulla in cambio!
Cillian sapeva
benissimo cosa intendeva Artorius, ma per lui
quel punto del lago era veramente magico. Lì, la magia
dell’amore lo aveva
sorpreso, per la prima volta in vita sua e ancora quella magia lo
teneva
avvinto. Lì, quattro anni prima, aveva visto veramente una
dea uscire dalle
acque, lo aveva stregato immediatamente, il sentimento era stato
reciproco e si
erano appartenuti da subito, liberi nella loro ingenua
gioventù, brucianti nel
fuoco di una passione che non avevano mai conosciuto, puri nel residuo
di una
fanciullezza che, quel giorno, era terminata per entrambe. La sua dea
si
chiamava Gwyneth …
Tutto
ciò che aveva organizzato, studiato nei minimi dettagli,
era per amor suo. Artorius poteva essere il fautore di quella pace tra
i clan ,che
Cillian e Gwyneth tanto auspicavano.
– Lo
so Artorius, sono meno ingenuo di quanto tu ritenga,
siamo cresciuti insieme e ho visto morire la stessa gente che hai visto
tu, non
mi faccio illusioni! Ti posso dire, comunque, che esiste un solo uomo,
tra i
popoli del lago, che può riunire e pacificare tutti. Uno che
gode già di grande
stima, che sa cos’è il comando, conosce strategie
militari e sa come
combattere, uno generoso e severo allo stesso tempo, altruista quanto
basta e
ambizioso quel che deve … Tu Artorius. Tu sei
l’uomo perfetto! Sei l’unico che
vedo poter brandire quella magnifica spada! Ti condurrò dove
l’ho vista, la
tirerai fuori e tutti ti riconosceranno come il sovrano dei tre popoli.
Sarai
tu a portare la pace, ho fiducia in te, ci puoi riuscire!
Artorius, per la
prima volta in vita sua, ebbe un attimo di
insicurezza, rivelata dalla mano che si passò tra i capelli
biondo scuro, un
attimo i suoi occhi celesti persero il contatto con quelli azzurri di
Cillian,
si guardò intorno con un accenno di timore. Non aveva mai
fallito in vita sua e
il suo ego era smisurato ma, quello che Cillian suggeriva, era un
compito non
facile, non bastavano solo le caratteristiche descritte dal suo
migliore amico,
ci voleva anche fortuna e una gran faccia tosta. L’ultima
sapeva tirarla fuori
in ogni momento, ma la fortuna? Quella non dipendeva da lui, quanto il
fato
avrebbe favorito l’impresa che stava per intraprendere?
L’ambizione
portò Artorius a rimpossessarsi della sua
sicurezza e, con fermezza, si rivolse all’amico.
– Il
tempo di indossare una tunica pulita e andiamo a vedere
questo prodigio che mi hai descritto. Bisognerà fare
attenzione ad altri
pretendenti e sarebbe il caso di portasi
un’arma, non credi?
– Ho
il mio pugnale Amico e quando avrai estratto la spada,
avremo anche quella …
Pochi minuti
dopo, i due aitanti giovani amici, galoppavano
affiancati, dirigendosi verso il bosco, oltre la radura.
Erano
in prossimità
del Capanno e
videro Valerius che
affastellava legname, affianco all’uscio, per avere la
possibilità di scaldarsi
durante la notte; il buon giovane era convinto che dopo tutte quelle
settimane
passate lì, al pascolo con il gregge, Cillian non sarebbe
tornato per la
nottata. Non si sarebbe meravigliato
di
ciò, se fosse stato così, aveva pienamente
diritto di svagarsi, tra tutti i
giovani del villaggio lui rifuggiva sempre i divertimenti e si
rintanava lì
nella radura, incurante della solitudine e dei pericoli offerti dai
predatori
di bestiame.
Suo cugino
Artorius scese da cavallo e gli chiese se avesse
sentito strane storie su una spada conficcata nella roccia.
– Stai
parlando di Excalibur cugino?!
Il giovane
Comandante fu infastidito che Valerius sapesse
anche il nome della spada, mentre lui lo ignorava.
–
Proprio di quella!
–
Comunque non sono storie, esiste veramente. Vuoi sfidare la
spada Artorius? Ci sono molti cavalieri che stanno provando. Ma nessuno
al
momento ci è riuscito!
La dichiarazione
finale di suo cugino rinfocolò l’ambizione e
il senso di sfida insiti in lui. Certo che avrebbe sfidato la spada!
Doveva
essere lui a riunire i clan! Pensò a suo padre Vinicius
… ovunque fosse la sua
anima, sarebbe stato sempre fiero di suo figlio e lui voleva meritare
di essere
il degno figlio di cotanto padre. Con un cenno a Cillian si rimisero a
cavallo
e galopparono fino al punto dove si trovava la spada.
La storia
inventata da Cillian e Gwyneth aveva fatto il giro
tra le genti del lago, in un batter d’occhio. Come aveva
detto Valerius, molti uomini,
giovani e meno, si stavano avvicendando a provare a sconfiggere
Excalibur.
Rufus Mac Ils
digrignava i denti, tra la barba bruna, lunga e
incolta, mentre con enorme sforzo cercava ti tirare a sé
quella lucente arma.
Il collo teso, i muscoli dei grossi bicipiti che sembravano scoppiare,
con le
vene evidenti, sotto la pelle abbronzata. Bren e Daky, i suoi compagni,
vestiti
di rozze pelli e tartan a cingere i fianchi, lo schernivano ridendo.
–
Rufus! Se non riesci tu con quella montagna di muscoli,
possiamo essere sicuri che è un’impresa
impossibile! È quasi un’ora che provi e
stai diventando nero in faccia!
–
Provate voi due bastardi allora! Vi pisciate sotto
carogne?!
Rufus rispondeva
alle provocazioni dei suoi amici con la sua
solita malagrazia. I tre Pitti erano tra i più facinorosi
del loro clan, forti
nel corpo, ma non lo stesso nell’animo. Erano portati
più alla razzia che alla
vita proba. Passavano la giornata alla taverna, erano più le
volte che cadevano
ubriachi sotto il tavolo, che quelle in cui ritornavano a casa con le
loro gambe.
Non erano interessati ai nobili propositi che le incisioni nella roccia
suggerivano. Avevano sentito della bellezza di quella spada, della sua
fattura,
con particolari in oro e la loro intenzione era di impadronirsene per
ricavarne
del denaro. Mentre si schernivano a vicenda, sentirono dei cavalli
arrivare al
galoppo e prima di avvistarli si inoltrarono tra le siepi del
sottobosco,
restando a guardare cosa sarebbe successo. A Rufus erano comparsi dei
grossi
calli all’interno delle mani, a furia di stringere e tirare
l’elsa della spada
e ora era curioso di vedere come si sarebbero conciati i nuovi
arrivati, poiché
sicuramente erano lì per quello.
I due uomini che
videro smontare dai loro cavalli erano
sicuramente celti, uno moro, con un accenno di barba e una pelliccia di
lupo
sulle ampie spalle, un bell’esemplare di lupo, una pelliccia
bella calda e che
poteva valere dei bei pezzi d’argento, come pensò
Rufus, l’altro giovanotto,
più alto di una spanna e egualmente ben piantato, era
biondo, ben rasato, sicuramente
aveva sangue romano nelle vene, i suoi calzari erano sandali stringati,
tipici
dei romani e il mantello di lana rossa era il segno del suo grado
militare.
–
Mmm, un soldato
romano sanguemisto e un Celta, vediamo che sanno fare …
Disse a bassa
voce ai suoi due compari. Gli altri due si
scambiarono uno sguardo d’intesa, il piano di Rufus gli fu
subito chiaro.
Artorius era
rimasto affascinato da quell’arma brillante,
sotto il sole della tarda mattinata. Cillian ne scrutava
l’espressione, il suo
amico era ormai convinto, più nulla lo avrebbe distolto
dall’idea di possedere
quella spada. Il primo a scendere da cavallo fu proprio il romano. Con
un gesto
si tirò indietro sulle spalle il manto rosso, scoprendo il
panciotto di pelle
marrone, che portava accompagnato ad una tunica di lana grezza che gli
arrivava
al ginocchio. Iniziò a girare intorno alla roccia,
studiandone le incisioni e
osservandone la consistenza. Si chiedeva come era stato possibile
inserire la
spada in quella roccia, poiché, nella sua logica, era
ovviamente più difficile
inserirla nella roccia che estrarla. Se era entrata, doveva anche
uscire! Le
incisioni, effettivamente, dicevano che colui che avrebbe dimostrato
coraggio,
onore e giustizia, in grado di estrarre la spada, sarebbe stato scelto
per
riunire i popoli del lago. Era veramente degno di una simile impresa?
Il suo
smisurato ego vacillava ora nell’insicurezza? Artorius era un
uomo capace di
esaminare la propria coscienza, in realtà era molto meno
sicuro di sé, rispetto
a quanto dimostrava e ora, davanti a quella spada, un timore
reverenziale lo
stava assalendo. Cillian si avvicinò all’amico
incoraggiante.
–
Cillian perché non
provi tu ad estrarre la spada?
–
Amico mio, non sono io quello che ha le caratteristiche
giuste.
La vera modestia
di Artorius e l’ammirazione per Cillian si
affacciarono in quel momento e a bassa voce, quasi più a
sé stesso che
all’amico disse:
– In
verità Cillian, credo che tu, se avessi
l’ambizione e la
sete di potere, aggiunte alle virtù che possiedi, saresti la
persona giusta …
Preso coraggio,
Artorius si pose di fronte alla roccia, alzò
le mani verso l’elsa e l’afferrò
saldamente, divaricando le robuste gambe
muscolose e mantenendo al meglio l’equilibrio.
Iniziò a tirare. La tensione
muscolare e nervosa si riflettevano nella sua sudorazione, la bella
fronte
alta, incorniciata dai biondi capelli, che ricadevano in una corta
frangia,
tipica pettinatura da romano, era imperlata da piccole gocce che
iniziarono a
scorrergli in rigagnoli, finendo sulle folte sopracciglia.
Cillian lo
guardava, in quello sforzo impossibile. Sapeva
bene che non era quella la tecnica per estrarre Excalibur, ma non
poteva
aiutarlo troppo presto, Artorius avrebbe capito qualcosa …
La fiera
espressione del giovane Comandante, iniziava a
prendere le sembianze dello scoraggiamento, quello era il momento
giusto per
intervenire. Non doveva cedere, doveva cambiare strategia, questo gli
disse
Cillian.
– Sai
cosa penso Artorius? In tutte le cose della vita, se
una direzione ti accorgi che continua ad essere sbagliata, torni
indietro …
-
Che vuoi dire
Cillian?
– Io,
secondo questa filosofia spiccia, ora farei il contrario
di quello che hai fatto fino ad adesso!
–
Non credo di
seguirti amico mio …
- Perso per
perso … prova a forzarla in senso contrario, fai
come se la dovessi infilare nella roccia, non sfilarla!
Artorius era
meravigliato da quella strana idea, gli sembrava
una contraddizione, ma contemporaneamente, stranamente logica.
–
Ma si! Perso per
perso …
Concentrò
il suo peso sulle mani che tenevano l’elsa, si
gettò su di essa e fu come sentire uno scatto, una spinta
che proporzionalmente
alla forza d’impulso di partenza, desse una propulsione
contraria all’arma che
scattò verso le mani di Artorius, il quale, incredulo,
iniziò a sfilare con
cautela l’arma. Rimase veramente a bocca aperta, quando vide
tutta la lunghezza
della lama brillare al sole. La portò in alto, ammirando gli
intagli che si
diramavano lungo l’originale lama ondulata.
Un raggio di
luce, riflesso dalla spada, colpì gli occhi dei
tre pitti, i quali erano a bocca aperta non meno di Artorius. Avevano
visto i
due giovani girare intorno alla pietra, osservarla in ogni dettaglio,
avevano
visto il romano biondo afferrarla e sforzarsi
all’inverosimile, li avevano
visti parlottare, consigliarsi … non avevano potuto udire
nulla di quanto
dicessero, perché troppo distanti ma, prodigio dei prodigi,
quell’uomo era
riuscito ad estrarre la spada! Daky ammirato era quasi intenzionato a
congratularsi con il giovane, Bren e Rufus lo trattennero per le
braccia
– Ma
che sei scemunito?! Vuoi perdere l’occasione di fare un
bel bottino in cambio degli ideali? A noi Pitti non serve di unirci con
gli
altri, bastiamo a noi stessi. Ora attacchiamo quei due ragazzini e ci
prendiamo
la spada!
Cillian si
congratulò con l’amico, che ancora incredulo,
continuava a guardare la lama ondulata, come se fosse la donna di cui
era
innamorato. Avrebbero fatto sapere che la spada era stata estratta e
che il
pretendente al trono, presto, avrebbe fatto il giro dei clan per
parlare con
tutti e creare le basi per la pace. Cillian stava pianificando il da
farsi con
un silenzioso pretendente, quando vide un movimento tra le siepi a cui
Artorius
dava le spalle. In un attimo, urlando come dannati, tre uomini si
gettarono
fuori dal bosco, correndo minacciosi verso di loro, brandendo uno
un’ascia e
gli altri due le spade.
- Pitti!
Artorius in guardia!
Mentre gridava
all’amico l’avvertimento, Cillian, con una
velocità e agilità incredibile, estrasse la spada
di Artorius, che questi
portava al fianco, per brandirla verso i nemici, mentre il romano
continuava ad
avere in mano Excalibur.
In posizione di
difesa, Cillian passò davanti ad Artorius,
proteggendolo con il proprio corpo. Iniziò a parare i colpi
di Rufus che usava
l’ascia con grande abilità. Fisicamente
quell’uomo era più robusto di lui, ma
gli mancava l’agilità del giovane celta. Con un
rapido movimento gli sgattaiolò
da sotto il braccio sinistro e con un’inclinazione della
spada verso sinistra,
riuscì a colpire Rufus sotto la scapola. Il colpo non
trafisse il cuore, ma
causò una ferita mortale all’uomo, il quale ebbe
inizialmente uno scatto
all’indietro per il dolore, poi, barcollando sulle due gambe,
tentò di voltarsi
per guardare Cillian e continuare ad attaccarlo, si mosse, ancora due
passi,
tremolanti, verso di lui, ma cadde da prima in ginocchio per poi finire
con la
faccia nell’erba, vomitando il sangue polmonare che lo stava
soffocando. Ebbe
un’ultima scossa e spirò.
Daky e Bren,
inferociti dalla morte di Rufus, gridando le
loro tipiche urla d’attacco, si fiondarono su Artorius.
L’abile combattente
romano seppe tener testa ai due uomini ma, ad un certo punto, il
combattimento
evolse in modo per lui pericoloso, nel momento che uno dei due uomini
gli si
ritrovò alle spalle. Cillian intervenne attaccando il tizio
di fronte
all’amico, urlandogli di stare in guardia all’altro
alle sue spalle. Artorius,
con una veloce rotazione su sé stesso, sgozzò il
nemico e Cillian si liberò
intanto del terzo. Si ritrovarono sporchi di schizzi di sangue dei
nemici, ma
loro erano illesi.
–
Cillian sei stato coraggioso e altruista a pararti in mia
protezione, ti ringrazio del tuo gesto e del tuo aiuto.
– Non
ringraziarmi amico! Era giusto così!
–
No, Cillian, non
tutti farebbero una cosa del genere, neppure per il proprio fratello.
Voglio
ringraziarti e con questa spada, che è costata
già sangue umano, ti nomino qui,
in seduta stante, mio primo cavaliere. Questo sarà il tuo
titolo se riuscirò ad
unire i popoli del lago e sarai il mio fedele consigliere.
Cillian non si
aspettava un simile onore e ne fu felice, poi
Artorius fece qualcosa che si aspettava ancor meno, rimise la spada
nella
roccia e chiese a Cillian di estrarla. Ovviamente ci riuscì,
giustificandosi
del fatto che era riuscito per aver visto l’esempio di
Artorius. L’amico fece
un cenno di assenso con il capo, si voltò per tornare verso
i cavalli e sorrise
tra sé per la bugia di Cillian.
Era notte fonda,
nel capanno, seduto su un panchetto di
legno, il giovane scaldava il suo corpo nudo al fuoco del focolare,
illuminato
dalla sua luce arancione, mentre guardava un’ultima volta i
disegni che stava
per gettare tra le fiamme. Una bianca e affusolata mano femminile si
posò sulla
sua spalla destra. Chinò verso quella mano il capo e vi
depose un tenero bacio.
La giovane donna lo avvolse con le braccia, poggiando alla sua schiena
il
proprio seno nudo, si strofinò leggermente contro la pelle
liscia del ragazzo,
il quale sentì i capezzoli di lei inturgidirsi a quel
sensuale contatto. Anche
il suo corpo iniziò a reagire al desiderio di lei.
– Come
mai ti sei svegliato Cillian?
–
Volevo guardare
un’ultima volta i miei disegni …
- Il tuo
progetto della pietra … sono disegni molto belli
… è
un peccato bruciarli!
- Devono restare
segreti Gwyneth, nessuno dovrà mai sapere del meccanismo
interno che ho escogitato
…
Da sopra la
spalla sinistra di Cillian, lei guardò il primo
disegno, uno spaccato della pietra, con un meccanismo di molle che
potevano
trattenere la spada, incastrandone i lati ondulati della lama e
scattavano al
contrario premendola su una molla sottostante, liberando i blocchi agli
incavi.
Diede quattro
piccoli lenti baci su
quella spalla, mentre Cillian gettava definitivamente i suoi disegni
nel fuoco.
Bruciarono velocemente, portando via per sempre il segreto che vi era
celato.
Gwyneth si strofinò ancora, lentamente, alla sua schiena.
Ambedue assaporarono
la sensazione che quel contatto gli regalava, mentre il loro corpo
reagiva di
conseguenza.
–
Hai freddo amore
mio? Vieni qui … davanti a me Gwyneth, scaldati un
po’ la schiena al fuoco …
Gwyneth
obbedì, passò sul davanti e si mise a cavalcioni
sulle gambe di Cillian. La strinse a sé, annullando lo
spazio tra i loro
toraci. Il calore di Cillian scaldò fino al cuore Gwyneth.
–
Sai amore, dovrò
farmi forgiare un’armatura da Malcom. Il primo cavaliere del
re deve averne una
e dovrò farmi tessere un mantello, mi suggerisci un colore?
–
Cillian caro, ovviamente il colore più bello del mondo
…
-
Qual è secondo te?
–
L’azzurro dei tuoi
occhi, amore mio!
La passione si
impadronì d’entrambe nello stesso momento e le
loro labbra si bevvero avidamente, mentre i loro corpi si disponevano
con
desiderio a raggiungere la totale unione. Cillian strinse ancora
più verso il
suo inguine i morbidi e sodi glutei della sua donna, che
scivolò languida lungo
tutta la sua turgida lunghezza. Il calore del focolare si
unì al calore che il
loro amore era in grado di emanare, mentre i loro movimenti e le
carezze, li
portarono ad attraversare le porte di un paradisiaco piacere.
Maine Luglio del
1726
Il fiume
scorreva lento, ma il rumore, che l’acqua produceva
in quello scorrere, accompagnava i sogni del Capitano Killian Jones e
della Principessa
Emma Swan.
Avevano avuto
una giornata intensissima, tra il discorso
durante il meeting che aveva rischiato l’accusa di
stregoneria per Emma e poi,
sulla via del ritorno, l’attacco di spie inglesi, con un
tentato stupro nei
confronti di quella che credevano essere una nobile scozzese, Lady
Barbra.
Emma e Killian
avevano combattuto fianco a fianco quel
pomeriggio, erano molto affiatati e coordinati, formavano una squadra
difficile
da battere.
Quando avevano
trovato un po’ di pace, lì, vicino alla sponda
del fiume, si erano finalmente potuti concedere un momento per loro,
che si era
trasformato, in un attimo, in pura passione. Avevano disteso la coperta
di lana
sotto un frondoso albero e mentre si abbracciavano e cercavano di
lenire la
tensione accumulata, improvvisamente il caldo e il desiderio di
appartenersi
completamente, come la notte prima nel palazzo del governatorato, gli
fecero
sentire superflui i loro abiti. Si spogliarono, aiutandosi
l’uno con l’altra,
con la fretta data dall’urgenza sessuale. Fecero
l’amore sotto le stelle di
quella calda notte di luglio e fu spontaneo, passionale, romantico.
Killian, con
pazienza e generosità, sapeva come far sentire il massimo
alla donna che amava
ed Emma, nonostante la scarsa esperienza, grazie
all’istintività della forte
attrazione nei suoi confronti, aveva capito perfettamente come portarlo
all’apice. Avevano imparato a conoscersi, esplorandosi
vicendevolmente in modi sempre
più intimi, quali solo un uomo e una donna, che sentono di
appartenersi
profondamente, possono permettersi, senza provare né
vergogna, né ribrezzo, né
senso di colpa, ma solo amore. Grazie alla dolcezza e alla
sensibilità di Killian,
nel modo di toccarla, baciarla e sussurrarle romanticamente i propri
pensieri,
Emma aveva superato il blocco che la relazione con Neal e la violenza
da lui
subita, le aveva provocato. Essere sua era stata la cosa più
naturale, giusta e
piacevole che Emma avesse mai desiderato.
Dopo quel
passionale amplesso, si erano addormentati e Emma
ancora era distesa sul corpo di Killian, con le sue braccia che le
cingevano la
schiena, mentre la tenevano avvolta alla coperta. Il primo a svegliarsi
fu il
Capitano che, aprendo gli occhi, sorrise felice a vedere la testa
bionda di
Emma poggiata sul suo petto. Fece scorrere la mano guantata sulla sua
schiena,
in modo leggero, mentre con la destra, le carezzava la guancia
spostandole i
capelli dietro l’orecchio, continuando ad accarezzarli.
–
Amore mio, tra poco
spunterà l’alba, ci dobbiamo rivestire e
prepararci a tornare … Emma …
svegliati tesoro …
Emma dormiva
beatamente, aiutata dal calore del corpo di
Killian e dalla sua mano tra i capelli. Le piaceva sentire la sua mano
scorrere
tra di essi, lo faceva molto delicatamente e la rilassava. Iniziò a
svegliarsi, strappata ad un sogno molto
piacevole.
– Mmm
stavo sognando e mi sembrava così … vero
…
-
Cosa stavi sognando
Swan?
Le
sussurrò all’orecchio Killian.
–
Stavo sognando te …
noi … eravamo in un capanno, il focolare acceso …
tu avevi i capelli più lunghi
di così …
-
Cosa ci facevamo in
questo capanno?
Emma rise e
depose un bacio sul petto di Killian
–
Più o meno quello
che abbiamo fatto fino ad addormentarci Killian!
–
Più … o … meno?
Lei
rise, ancora un
po’ imbarazzata
–
Si può fare ancora
di più?!
– La
volta seguente è sempre meglio della precedente ... senti
…
La
sbalordì rovesciandola sulla schiena e sovrastandola.
Portò la sua mano tra le gambe di lei per incoraggiarla a
schiuderle di più,
accarezzò il soffice monte di venere, insinuandosi con
leggeri movimenti
rotatori verso il suo centro
pulsante e teso,
sentì che era pronta ad accoglierlo, tanto quanto lui era
pronto a possederla.
Fu vigoroso, sensuale nei movimenti, alternando i ritmi da veloci e
profondi a
lenti e carezzevoli. Emma ansimante, dovette ammettere che aveva
ragione, ogni
volta era meglio della precedente. Inarcò il suo corpo,
rispondendo a quello
del suo amato, fino ad avvolgergli le gambe intorno ai fianchi, mentre
lui si
portava in ginocchio, tenendola saldamente con le braccia intorno alla
vita,
favorendola nella possibilità di farle prendere la posizione
che lei preferiva.
La sua piccola dominatrice! Ambedue sempre più ansimanti,
caldi e sudati,
trovarono ancora il loro Paradiso.
Lo spicchio di
luna era sparito, lascando spazio alla luce
rosea dell’Aurora. Il fiume vicino li chiamò al
bisogno di rinfrescarsi e,
tenendosi per mano, come Adamo ed Eva, entrarono in quelle acque.
Emma si
lamentò ridendo per il freddo dell’acqua.
–
Brrr! Killian
sembrava una buona idea! Ora non ne sono più sicura,
è gelida!
Killian rise
divertito, sapeva benissimo quale fosse la
sensazione dell’acqua di prima mattina, aveva
l’abitudine, sulla sua nave, di
gettarsi in mare almeno un paio di volte a settimana per nuotare, vi
era
abituato e sentiva meno di lei quel freddo.
–
My Love non
preoccuparti, avvicinati a me, sono bollente a causa tua, ti scalderò
ancora un po’ anche in acqua,
mentre ti abitui e dopo non sentirai che la carezza piacevole delle
onde sulla
pelle, vieni …
L’attirò
a sé con la mano, la strinse al suo addome e le
accarezzò la schiena, mentre l’acqua scorreva
verso di loro …
- Hai ragione,
va molto meglio così e con questo foulard non
mi bagnerò i capelli, non abbiamo tempo per asciugarli. Dio
mio Killian! Come
fai ad essere così caldo anche in quest’acqua
fredda?!
– A
parte il fatto che sono abituato alle onde marine e a
latitudini diverse, in Irlanda la temperatura è un
po’ più bassa di qui, non
trascurerei il fatto che tu mi sei vicina … buona parte del
merito è tuo …
Si baciarono
ancora, tra il fluire dell’acqua che sembrava
divenire più calda tanto più vi restavano
immersi, poi dovettero trovare la
volontà di uscire, asciugarsi, prepararsi a partire e
soprattutto non
ricominciare a fare l’ amore.
Dovevano trovare
il punto d’incontro con la carrozza e i
compagni. Killian sistemò la sella sul cavallo,
controllò i finimenti, aiutò
Emma a salire, anche se non ne aveva bisogno, pur di mantenere ogni
attimo che
poteva, il contatto con lei, poi quel contatto lo ebbe ancora,
tenendola
stretta a sé, quando salì a sua volta in sella,
dietro di lei. Chinò la testa
sul collo di lei e, ancora, le posò un bacio sulla pelle
rinfrescata dal bagno
nel fiume. Lei si voltò verso di lui e teneramente gli
lasciò un bacio sulla
guancia. Ripartirono verso la via di casa.
Jefferson aveva
passato quelle ore notturne insonne. Erano
giunti al luogo dell’appuntamento, lì Emma avrebbe
ripreso le sembianze di Lady
Barbra, indossando la parrucca che gli aveva prestato e la gonna.
L’orario che
avevano ipotizzato era passato da diverse ore. Tre degli uomini che li
avevano
attaccati erano fuggiti … e se avessero incontrato Killy ed
Emma? Era pur vero
che quei due, avendoli visti allenarsi, erano formidabili con la spada,
ma un
attacco improvviso poteva essere stato letale! Un’ altra
causa di ritardo
poteva essere dovuto a motivi … molto più
piacevoli … Non voleva impicciarsi di
certe cose! Killy aveva tutto il diritto di fare ciò che
voleva, se la sua Emma
era dello stesso parere! Sperò che quello fosse il vero
motivo. Buon per loro
nel caso! Ma la tentazione, di andare incontro a quello che considerava
un
fratello, era stata forte.
Era in piedi, di
guardia, avevano stabilito dei turni, ma la
sua ansia non gli aveva dato sonno e aveva preferito far dormire i
compagni
tranquillamente, restando in attesa. Non avrebbe tollerato
un’altra ora
comunque e avrebbe allertato gli altri.
Sentì
il suono di un
cavallo al trotto, le strie rosee dell’alba consentivano
abbastanza di
individuare la strada e fu certo, in cuore, che il cavallo che stava
arrivando
era quello delle due persone, per le quali sentiva un sincero affetto.
Il sospiro di
sollievo gli sgorgò rumoroso dal petto
–
Fratello era ora! Un
altro po’ e venivamo a cercarvi!
–
Siamo stati attaccati Jeff! Tre uomini dello spionaggio
inglese, ne sono sicuro, uno era quel Roland del meeting!
– Come
temevo dunque! Hanno attaccato anche noi, come
sospettavamo, nel corridoio tra le rocce, gli altri li abbiamo fatti
fuori, ma
quei tre erano riusciti a fuggire. Vi avranno cercato dopo che si sono
resi
conto che tu non c’eri e che la “bella
donna” in carrozza ero io, non abbiamo
potuto inseguirli, eravamo incastrati nel corridoio, avevano tagliato
un albero
e lo hanno buttato per traverso alla via, inoltre hanno preso la strada
sopra
il passaggio …
-
Non ti fare colpe
Fox, la tua brillante idea ci ha dato comunque tempo e le cose sono
andate
bene, siamo sani e salvi, siamo riusciti poi a riposare qualche ora!
– Be!
Dalle vostre facce si direbbe che vi siete riposati
veramente bene … un sonno … molto ristoratore
… vedo!
Emma
sentì il rossore salirle alle guance e fu grata alla
scarsa luce che impediva di farlo notare. Killian, per risposta
all’amico, gli
mollo un pugno alla spalla e quello lo prese ridendo, avendo avuto la
conferma
di ciò che sospettava. Peccato che non aveva scommesso con
nessuno, se non con
se stesso!
Emma,
riprendendo il suo posto in carrozza,
si rimise la parrucca corvina e si riassettò
al meglio la gonna da cavallerizza. Killian si rimise a cavallo e con
gli altri,
che si erano svegliati al rumore del cavallo, ripartirono alla volta
del
Governatorato.
James aveva
lasciato il talamo nuziale molto presto quella
mattina e, dando il bacio del buon giorno a White Margaret, si era
diretto
sulla torre, per vedere l’arrivo della carrozza, con a bordo
la sua adorata
figlia.
Regina aveva
passato la notte tra le braccia del suo Robin. Nonostante
l’impegno e la dedizione dell’uomo, che
l’aveva amata con passione per diverso
tempo, non era riuscita a rilassarsi, con la brutta sensazione che la
sua
piccola Emma, avesse incontrato del pericolo. Aveva piena fiducia nel
Capitano
Jones. Aveva visto sul suo viso l’amore e la dedizione per
Emma, sapeva che
avrebbe rischiato la propria vita per lei, ma purtroppo quella missione
di Emma
poteva avere risvolti fatali. Lo sapeva lei come lo sapevano tutti.
Emma era
consapevole e cosciente di ciò che era andata ad affrontare.
Si alzò dal letto
e si incamminò verso la torre, incontrando Margaret che
aveva avuto i suoi stessi
pensieri. Era veramente come se Emma fosse figlia ad entrambe. Prese la
mano a
Margaret e la strinse per infonderle coraggio e speranza, era la sua
figliastra, anche se di pochi anni più giovane. Margaret
ebbe un attimo di
commozione che si riflesse negli occhi verdi, estremamente simili a
quelli di
Emma.
–
Vieni Regina, anche
James è
sulla torre, andiamo ad
aspettare insieme … Emma arriverà presto.
Fu
così, fortunatamente, tutti e tre avvistarono il piccolo
drappello con la carrozza, sembravano stare bene. Scesero per le scali
di
corsa, fecero aprire il portale del Governatorato e la carrozza con la
scorta
entrò.
Emma scese
velocemente, felice di riabbracciare i suoi cari e
con il desiderio di raccontare al padre dell’andamento della
missione, era
stato un successo e ne era fiera. Il Capitano Jones porse i suoi
ossequi alle
Signore, con un galante baciamano e scambiò una ferrea
stretta di mano con il
Principe Charmig che, accostandoglisi verso il capo, gli disse a bassa
voce:
–
Grazie di avermela riportata a casa sana e salva Capitano
Jones!
–
Un onore e un dovere
Eccellenza!
Il primo
pensiero di Margaret fu di far ristorare gli uomini
della scorta, dopo averli ringraziati uno per uno. Nelle cucine si
sentiva
aleggiare l’odore del pane fresco e dolciumi appena sfornati.
Il lattaio aveva
da poco portato il latte appena munto, burro e panna fresca. Avrebbero
avuto
tutto il cibo di cui abbisognavano, compreso pancetta e uova. I corsari
non se
lo fecero ripetere. Emma e Killian si diressero nelle loro stanze, per
togliersi gli abiti impolverati e indossarne di puliti, poi avrebbero
fatto
colazione con la famiglia di Emma. Killian sarebbe tornato al porto con
i suoi
uomini, doveva controllare i rifornimenti ordinati, imbarcare la merce
di Lady
Barbra e preparare il ritorno a Storybrook. Dopo il pranzo, a cui
Margaret lo aveva
invitato calorosamente, avrebbero ripreso la via del mare. Voleva fare
una
sorpresa ad Emma e prima di tornare da lei per il pranzo, decise di
vedere ciò
che gli era necessario sulla sua nave.
–
Allora! Miss Swan! Ci hai raccontato tutto del meeting,
dell’agguato subito e, da che il tuo Capitano Jones
è uscito per i suoi affari,
ci hai deliziato un’altra buona ora su quanto è
coraggioso, galante, valoroso,
determinato, altruista, abile e un’altra mezza dozzina di
aggettivi amorevoli
nei suoi confronti! Tua madre aveva le stelline negli occhi e tuo padre
stava
per avere un attacco diabetico, infatti se ne è andato con
la scusa di dover
smaltire le sue pratiche in ufficio!
Regina la
chiamava sempre Miss Swan quando faceva l’ironica e
voleva ottenere qualche informazione in più.
–
Nonna … io ti devo
ringraziare … per la cena e il ballo che hai organizzato con
la mamma, la sera
precedente alla nostra partenza, so perfettamente che è
stata una tua idea.
Siete riuscite a restituirci un momento che il destino ci aveva negato.
È stato
un bel gesto da parte vostra e per noi due è stato un
momento molto dolce e
importante!
–
Quell’uomo ti ama veramente Emma! E tu figlia mia avevi
bisogno
di lui quanto lui di te! È stato il mio modo per aiutarti a
superare il blocco
che avevi … spero che sia andato tutto bene … ne
sarei felice per te.
Emma
sentì nuovamente il fuoco sulle guance e
contemporaneamente nel cuore e nel ventre.
–
Nonna … io … avevo
così paura … era qualcosa di doloroso e
spaventoso per me … non immaginavo che
potesse essere così meraviglioso … è
stato oltre ogni mia aspettativa … sono
stata felice … come mai avrei creduto … lui
è … è …
-
Lo ami tanto piccola
mia vero?
–
Dal profondo del
cuore nonna! Ti sembrerò pazza, sdolcinata … ma
è come se da prima di dodici
anni fa io … lo avessi incontrato e amato … da
sempre … non so spiegarmelo … a
volte faccio dei sogni strani … come se fossimo in un altro
tempo e in un altro
luogo … scusami nonna, scusami … sono solo
stupidi sogni, non far caso a quello
che ho detto …
-
Si … saranno solo
sogni, bambina mia, vivi la realtà Emma, vivila con tutta te
stessa. Presto
tornerai a Storybrook … dovrai affrontare Neal. Hai il tuo
decreto di
annullamento … dovrai superare altre prove e purtroppo ci
saranno cose a cui
dovrai rinunciare … Comunque Emma, qualsiasi cosa la vita ti
riserverà,
ricordati le mie parole: vai avanti, vai sempre avanti, ci
sarà sempre qualcosa
di importante per cui varrà la pena soffrire e lottare.
–
Sai nonna, ho ancora
un compito da svolgere, lo devo a Frate Benedictus e agli studi che
stiamo
portando avanti …
- Stai parlando
della ricerca del Rubeus Noctis Emma?
Benedictus ne era ossessionato anche quando era qui! Abbiamo studiato
insieme i
disegni della pianta, gli avevo promesso che avrei continuato le
ricerche, ho
molti contadini al mio servizio, che spesso mando in spedizione alla
ricerca di
quell’arbusto, ma non ho trovato nulla e non ho potuto
mantenere la promessa.
Mi dispiace tanto doverlo deludere ancora! Scusami con lui quando torni
a
Storybrook.
–
Nonna … io l’ho
trovato quell’arbuto … o meglio, lo ha trovato
Killian con suo fratello Liam,
lui morì proprio a causa del veleno delle sue spine e
Killian ha detto che non
mi porterà mai lì perché non vuole
vedermi morire come suo fratello.
–
Gli puoi dare torto
Emma cara? Ti ha ritrovata dopo anni ed è successo tra voi
ciò che doveva
capitare dodici anni fa, è ovvio che non vuole perderti!
Come mi hai raccontato,
ha già sofferto troppo, forse è ora che sia
felice … insieme a te, non pensi?
–
Si, credo di si. Mi
ha chiesto di andar via con lui ed Hanry, di essere la sua famiglia!
–
E tu? Lo vuoi anche
tu Emma?
–
Si nonna, non
chiederei di meglio, ma prima voglio concludere dei capitoli aperti
della mia
vita, per aprirne uno nuovo con lui e mio figlio!
– Ti
auguro con tutto il mio affetto che i vostri desideri
diventino realtà!
Emma e sua nonna
Regina si abbracciarono. Come al solito Emma
le aveva aperto il suo cuore e Regina l’aveva portata a
riflettere. Ancora
prove difficili l’attendevano.
Prima del pranzo
Emma passò del tempo anche con sua madre,
adorava Killian, quasi quasi Emma doveva esserne gelosa! Ma ovviamente
sapeva
che l’ammirazione di sua madre per il Capitano Jones era
pienamente meritata.
Suo padre era ancora rintanato nello studio e quando Emma
entrò per scambiare
alcune opinioni con lui, la prima cosa che disse fu:
- Emma ti prego,
se sei venuta per parlarmi ancora del
Capitano, sappi che sono molto occupato! Per altri argomenti sono a tua
completa disposizione!
Emma rise e lo
abbracciò forte, le sarebbe mancato il suo
papà, come Margaret e Regina, ma con lui c’era un
feeling speciale, era per
quello che era un po’ geloso di Killian, cosa che non era mai
stata per Neal.
Killian era veramente quello giusto a quanto pareva!
Parlarono
dei risvolti
della missione e delle conseguenze delle notizie sul piccolo Principe
Carlo
Stuart. I delegati delle Colonie avrebbero fatto il loro dovere, presto
la
campagna per restaurare gli Stuart al potere avrebbe avuto i fondi
necessari,
potevano contare sull’aiuto delle colonie americane!
Killian
tornò puntuale per il pranzo di commiato. Aleggiava
sul volto dei familiari di Emma un velo di tristezza, da quando si era
sposata
erano diventate rare, a causa della distanza, le volte che la potevano
vedere.
Killian aveva in sé un alto ideale del senso di famiglia, la
sua era stata
molto unita, l’idea di immaginare una figlia o un figlio
lontani dal luogo di
origine e dai familiari, gli sembrò intollerabile,
capì il dolore dei congiunti
di Emma.
Mentre
mangiavano conversarono piacevolmente, lo stesso
Killian, per allietare quegli sguardi tristi, si adoperò,
con spirito a
raccontare degli aneddoti divertenti, compresa l’esperienza
del primo
combattimento con Emma ed il pugno ricevuto. Vide James ridere di
gusto,
orgoglioso della sua selvaggia bambina. Killian omise di dire che il
pugno
l’aveva preso perché l’aveva baciata,
come omise di dire che poi, l’aveva baciata
nuovamente. Sicuramente James avrebbe smesso di ridere e
l’intento di Killian
era di alleggerire la pena della separazione.
Emma
chiese come
stesse il piccolo Sidney, non lo aveva più visto da quando
lo avevano portato
al governatorato. Regina rispose felice che il piccolo si stava
riprendendo,
gli avevano dovuto bloccare il braccio, ma presto gli avrebbero tolto
la
fasciatura, mangiava e dormiva più serenamente rispetto alla
prima notte che
era arrivato. Killian espresse il desiderio di rivederlo prima di
partire e
dopo mangiato fu accontentato. Mentre uscirono in giardino, una delle
cameriere
che si dedicava a lui lo accompagnò da loro, il piccolo
appena vide Killian gli
corse incontro. Non poteva abbracciarlo con entrambe le braccia, ma fu
chiaro
il suo intento e Killian fu lui a prenderlo in braccio. Il piccino gli
si
strinse al collo e gli disse all’orecchio qualcosa che
intenerì il suo sguardo,
Emma se ne accorse. Gli aveva detto semplicemente “Ti voglio
bene”.
I pochi bagagli
di Lady Barbra furono sistemati in carrozza,
non mancavano tra essi dei regali che Margaret e Regina inviarono ad
Hanry e
August. Gli abbracci furono lunghi e commoventi, Margaret non trattenne
le
lacrime, Regina indurì i lineamenti per non piangere e disse
ad Emma di sbrigarsi
ad andarsene poiché l’aveva sopportata abbastanza,
strappando una risata ad
Emma. James si rivolse nei saluti più a Killian che a sua
figlia, prendendo da
parte il Capitano:
–
Killian, lei è il mio tesoro più prezioso. Ha
sofferto
molto e ora so che tiene molto a te. So che è un sentimento
profondo e mi
sembra reciproco, ti chiedo di essere accorto con lei e di proteggerla.
Killian fu
altrettanto diretto e sincero con il Principe
–
Eccellenza, io amo
Emma e le mie intenzioni nei suoi confronti sono serie. Tutto
ciò che da ora in
poi accadrà tra di noi, dipenderà sia da me
quanto da lei, ho tutte le
intenzioni di proteggerla!
I due uomini, si
guardarono negli occhi, come per suggellare
un tacito accordo e si strinsero con forza la mano. Poi James,
carezzando le
guance di Emma, le depose un bacio sulla fronte, il suo modo per darle
la sua
benedizione. Lei lo abbracciò forte nascondendo il viso sul
suo petto.
Salì
sulla carrozza e salutando ancora dal finestrino, si
avviò con Killian verso Terra del Porto. Passarono da Granny
e Ruby per i
saluti, la ragazza chiese di Sidney e fu rassicurata e felice per lui,
ora che
aveva qualcuno che teneva a lui e lo proteggeva. Saldato anche
l’ultimo conto,
si avviarono; la Stella del Mattino attendeva il suo Capitano e la sua
bella
passeggera.
Eddy
nervosamente andava avanti e indietro sul ponte, quella
mattina lo aveva lavato due volte, si era arrampicato su e
giù per le cime e
aveva fatto più flessioni di quante doveva. Fu felice di
rivedere Lady Barbra,
il Capitano era stato quella mattina stessa sulla nave e con cipiglio
severo
aveva fatto un’ispezione, dopo di che, lasciando meravigliati
Eddy, Bardo e
Prete, rimasti tutti e tre sulla nave durante la missione, si era
complimentato
per come l’avevano tenuta in quei giorni di sua assenza. Eddy
fu orgoglioso di
sé, era stato lui a dirigere la manutenzione e le pulizie,
mostrando una
tendenza al comando che non si era mai notata prima. Stava iniziando a
diventare sicuro di sé, molto era dovuto
all’esempio del Capitano, che lo aveva
forgiato e, ora, anche all’ acquisto di un fisico scultoreo.
Emma notò quanto
il ragazzo fosse cresciuto in quei pochi giorni. Capì anche
il suo nervosismo,
partire significava tornare a Storybrook e soprattutto rivedere Annie.
Emma
chiese di Paul Jambon, non era sul ponte e sicuramente era nel suo
“regno”, la
cambusa, Eddy rispose che stava pelando
cipolle, piangendo, era contento che Lady Barbra era
tornata sana e
salva e quella sera le avrebbe cucinato anelli fritti di cipolla, una
delle
golosità della Principessa.
Killian era
sceso velocemente verso la sua cabina e stava
tornando con la cartella del sestante a tracolla, giunto sul cassero di
poppa
prese il sestante e controllò la posizione. Jack rimase un
po’ sorpreso, già
aveva le coordinate e gli ordini, toccava a lui il turno al timone! Il
vento si
stava alzando, avrebbero avuto anche il suo favore.
Emma
salì a poppa a
sua volta, i suoi piccioni erano stati trattati molto bene, la gabbia
era
pulita. Prese uno dei piccioni e gli applicò ad una zampina
il messaggio che
aveva scritto in codice a suo fratello, per tranquillizzarlo del
successo della
missione. Il messaggio riprendeva un’antica frase latina di
Giulio Cesare : “Il
dado è tratto”. Carezzò il piccione sul
dorso e poi lo fece volare, diventò
presto un puntino all’orizzonte e poi fu impossibile vederlo
ancora.
–
Issare l’ancora,
cazzare le rande …
Killian
iniziò a dare gli ordini e i marinai nel pozzetto
iniziarono le manovre necessarie. L’abbrivio era potente, le
rande gonfie all’
stremo. Velocemente “La stella del mattino”
lasciò Terra del Porto nel Maine e
scivolando sulle onde si avviò sulla rotta del ritorno.
Dopo qualche ora
di viaggio, fuori dalle acque territoriali
del Maine, iniziava a calare la sera. Dalla cambusa arrivava
l’odore delle
cipolle fritte. Emma passeggiava sul ponte guardando in direzione di
Killian,
il quale era tornato verso il timone. Con voce imperiosa
gridò ad un tratto
alla ciurma:
-
Uomini! A breve
cambio di rotta!
Gli uomini si
guardarono perplessi, il Capitano prevedeva un
cambio dei venti? Fox incuriosito gli chiese di rimando
– Che
rotta Killy?!
Per tutta
risposta Killian Jones rispose una strana rotta
–
Prima stella a destra e poi dritti fino al mattino!
Un
urlo di gioia si
levò tra gli uomini, l’unico che sembrava
costernato era il giovane Eddy. Emma
non aveva capito, ma vide la differenza nelle reazioni tra i pirati
più anziani
e il ragazzo. Si avvicinò ad Eddy
–
Cosa significa
quello che ha detto Killian, caro Eddy?
–
E’ un codice segreto per il posto dove andremo, significa
che dovrò ancora aspettare un pezzo!
Mestamente il
ragazzo si allontanò andando verso la cambusa.
Killian prese posto al timone, Emma salì fino da lui.
–
Vieni Emma …
continuiamo le nostre lezioni?
Emma gli sorrise
e lui l’accolse tra le braccia e il timone.
Emma posizionò le mani come Killian le aveva insegnato e lui
approfittò per abbracciarla
con il braccio sinistro e baciarla ancora sul collo, lei non lo avrebbe
impedito più ormai. Guidarono per un po’ in
silenzio, spezzandolo ogni tanto
con le indicazioni del Capitano. Ad un certo momento Killian
chiamò Jefferson
al suo posto. Emma si tolse e mentre arrivava Fox, Killian, con una
mano,
provocò la rotazione totale del timone.
– Ed
ora tutti a Neverland!
Emma si
voltò sorpresa verso di lui, ecco cosa significava il
codice di poco prima! Ecco perché Eddy avrebbe dovuto
aspettare! Era l’avviso
che i pirati tornavano a casa, nella loro Neverland e Eddy non avrebbe
ancora
rivisto la ragazza che amava.
–
Emma, so quanto
tieni a trovare quel maledetto arbusto … mi fido della tua
esperienza con le
erbe … volevo farti una sorpresa e non te ne avevo parlato.
Faremo come avevi
chiesto. In un paio di settimane saremo sulla mia isola. Ora
però, pretendo da
te tre cose che non mi puoi negare assolutamente!
Emma lo
guardò con curiosità, il suo
“pretendente” ricambiò
lo sguardo con il suo tipico sollevamento di sopracciglio e sguardo
ammiccante.
Che
aveva in mente? Il
Capitano salutò Fox, che ammiccava più di lui,
poi prese per mano Emma e se la
tirò dietro dirigendosi sottocoperta. Arrivarono alla porta
della sua cabina,
aprì e fece accomodare Emma. Il tavolo era apparecchiato con
tanto di candele e
fiori freschi al centro, un pensiero di Killian per lei.
–
Allora mio pretendente?
–
Prima cosa, pretendo che tu stia molto, molto attenta a
quella pianta, non voglio che ti capiti qualcosa!
–
Questo te lo concedo
…
-
Secondo, pretendo un
po’ di gratitudine da parte tua!
Dicendo questo
si indicò con l’ indice le labbra, usando uno
sguardo furbo e malandrino. Emma guardò desiderosa quelle
labbra sensuali, ma
volle scherzare ancora un po’, facendogli sospirare quel
bacio.
–
Non so se ne saresti
all’altezza!
–
Forse sei tu che non
ne sei all’altezza …
La sfida era
partita ed Emma amava le sfide, afferrò con la
sua solita irruenza il colletto di Killian e lo baciò con
impeto, lasciandolo spiazzato,
non se lo aspettava così, ma gli piacque e rispose
prontamente portando la mano
dietro la nuca di lei e avvicinandola di più, mentre con
l’altro braccio la
prendeva intorno alla vita. Il bacio fu lungo e i respiri sempre
più ansimanti.
Emma si distaccò, mordicchiando il mento di Killian, cosa
che lo eccitò ancora
di più.
–
La tua terza pretesa
capitano?
Killian ancora
le baciava il volto e il collo con sguardo
languido
–
La mia terza pretesa
Swan sei tu … ora … ti pretendo ora.
Volteggiando
come in un passo di danza Killian la condusse
verso il suo giaciglio, vi caddero sopra, Emma rise e Killian
continuò a
tempestarla di baci.
–
Killian mi sembri
affamato, la cena però non è sul letto, Paul ha
apparecchiato sulla tua
scrivania e gli anelli di cipolla si stanno raffreddando!
–
Swan, non ci posso credere! Mi sento offeso! Preferisci gli
anelli di cipolla a mee?!
Con uno scatto
dell’anca, mentre lui abbassava la guardia
ridendo, Emma lo rovescio sulla schiena.
– No
amore mio, preferisco mille volte di più te!
Fu lei a
tempestarlo di baci ora, solleticandolo e facendolo
ridere.
Peccato per gli
anelli di cipolla, potevano aspettare! Loro
no, non potevano, avevano aspettato anche troppo nella loro vita
… ora era
tempo di amarsi … le cipolle sarebbero state buone anche
fredde, dopo … molto
dopo ...
Angolo
dell’autrice
Il
prossimo capitolo si
svolgerà ovviamente a Neverland, lì la seconda
parte della missione di Emma.
Spero
che la lettura vi
sia stata gradita. Ringrazio chi vi ha voluto prestare attenzione e chi
vorrà
lasciare il suo commento. Se per la prossima domenica non trovate il
capitolo,
sarà a causa di importanti impegni lavorativi e potrei
postare per la metà
settimana seguente, vedremo. Per chi vede le puntate americane
… be che dire …
speriamo bene!
Un
bacio a tutti e
buona settimana.
Vostra
Lara