I can't believe I ever breathed without you
 

Probabilmente Yukiya ha un aspetto orribile. Anzi, ne è certo: è sporco di fango da capo a piedi, ha le mani e le braccia piene di graffi (omaggio di un gatto cui ha per sbaglio calpestato la coda), i capelli aggrovigliati e scombinati, e a giudicare da come gli dolgono le gambe e la schiena domani sarà pure pieno di lividi.
Yukiya ha un aspetto orribile, lo sa, ed è con un certo timore e lo stomaco pesante che suona alla porta di casa di Akira, il suo fedele ypad stretto tra le mani a celare un certo tremore ansioso.
Perché sa di essere un caso perso, e la paura di raggiungere il limite e di veder Akira storcere il naso e allontanarlo, è vivida, pulsante, un serpente viscido che crepita sotto la pelle e gli torce il cuore.
Ma Akira, quando apre la porta e trilla “Yukiya!” come se il suo solo nome desse senso alle sue giornate, non si scompone. Lo squadra da capo a piedi, vagamente incredulo, e poi scoppia in una risata argentina
-Oh, Yukiya-  strilla –Sei sempre il solito-
Poi gli prende il viso tra le mani, incurante dello sporco e dell’odore nauseabondo che emettono i suoi vestiti, e gli stampa un bacio sulle labbra, indugiando quel tempo che basta a far sciogliere Yukiya in un miscuglio di sollievo, calore e riconoscenza.
Yukiya avrà anche un aspetto orribile, ma Akira non s’è mai fatto problemi ad amarlo.