Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |      
Autore: OrenjiAka    14/03/2016    2 recensioni
[1662 words | Penguin/Law | One Shot]
[…]Lo trovò disteso su una pila di libri pieni di nomi in latino e tavole anatomiche. Trafalgar amava fare le ore piccole.
Penguin, invece, no.
Scrollò la spalla del capitano: «Vai a letto». Suonava più come una preghiera che come un consiglio.
Il capitano trascinò la testa in posizione eretta, passò una mano sugli occhi. La voce era ancora impastata nel sonno, roca: «Che ore sono?»
«Tardi.»
«Rimango altri cinque minuti.»
Trafalgar faceva il medico, non il prestigiatore. Ma qualche trucco lo sapeva usare. Dire "cinque minuti" e dilatarli in ore era tra questi, per esempio. […]

Penguin vuole assicurarsi che il suo capitano non sprechi le preziose ore di sonno a studiare sui libri. Finiranno per trascorrere assieme una lunga notte bianca.
Storia partecipante alla challenge SCEGLI IL PAIRING, SCEGLI L’IMMAGINE indetta da Nami93 sul forum di EFP.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Penguin, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Storia partecipante alla challenge SCEGLI IL PAIRING, SCEGLI L’IMMAGINE indetta da Nami93 sul forum di EFP.

 
 
 
 

Notte bianca

 
 
“Poi vai a letto. Mi piacciono i letti. Credo che il letto sia l’invenzione più grande dell’uomo.
Quasi tutti siamo nati lì, si muore lì, si scopa lì, ci si abbraccia lì e si sogna lì.”
— C. Bukowski
 
 


Penguin era salito su quel sommergibile come meccanico, non medico.
Il ruolo del medico era quello di aiutare le persone, e lui non era tagliato per quel genere di cose.






Nelle profondità degli abissi, segnare il tempo era un compito affidato all'orologio da parete nella cucina.
«È già così tardi?»
Penguin aveva pescato il bastoncino più corto, toccava a lui fare i piatti. E per pulire le stoviglie di una ciurma che contava cinque persone e un orso polare, finire a mezzanotte poteva considerarsi routine.
Il desiderio di ricongiungersi con il suo amato pigiama costellato di paperelle gialle doveva attendere. C'era ancora qualcosa da fare.
Sputò fra i denti una mezza imprecazione prima di spegnere la luce della cucina e venire inghiottito da un lungo corridoio che, sapeva, non lo avrebbe portato nella sua branda.
Lo trovò disteso su una pila di libri pieni di nomi in latino e tavole anatomiche. Trafalgar amava fare le ore piccole.
Penguin, invece, no.
Scrollò la spalla del capitano: «Vai a dormire». Suonava più come una preghiera che come un consiglio.
Il capitano trascinò la testa in posizione eretta, passò una mano sugli occhi. La voce era ancora impastata nel sonno, roca: «Che ore sono?»
«Tardi.»
«Rimango altri cinque minuti.»
Trafalgar faceva il medico, non il prestigiatore. Ma qualche trucco lo sapeva usare. Dire "cinque minuti" e dilatarli in ore era tra questi, per esempio.
Azzardò un ultimo, disperato tentativo: «Continuerai a studiare domani».
«No», un tono così categorico da fare schifo.
Accadeva molte più volte di quante Penguin potesse ricordare, finiva sempre così.
Penguin era sicuro che il Chirurgo della Morte si compiacesse delle piccole manie autolesioniste e distruttive di cui si rivestiva di tanto in tanto.
Il lavoro del medico era quello di aiutare le persone. Paradossalmente, ad aver bisogno di una mano era proprio Trafalgar.
Magnifico.
Penguin trovava ancora imbarazzante ammettere la facilità con cui si era fatto incastrare dal masochismo del suo capitano. Nonostante tutto finì per accasciarsi sulla sedia accanto, incrociando le braccia in un segno di sfida poco convincente.
Trafalgar lanciò uno sguardo tagliente, doveva avere il porto d'armi per quegli occhi: «Che cosa stai facendo?».
«La parte della nonnina premurosa. O del rompicoglioni. A te la scelta, capitano», sulle labbra si aprì un sorriso. «Sarò il tuo peggiore incubo finché non andrai a letto».
Una manciata di secondi in cui Penguin ebbe ampiamente modo di riflettere circa il peso delle proprie parole e sulla percentuale di possibilità, dannatamente alta, che la nodachi del capitano si ritrovasse indesiderata nelle sue interiora in seguito ad una risposta così poco educata.
Possibilità che non bastò a piegare l'espressione che si era dipinta sul suo volto.
Un sorriso che esprimeva una punta di strafottenza, malcelata stanchezza e una nota, doveva ammetterlo, di preoccupazione.
Il capitano scaricò il cattivo umore in un sospiro: «Fa' come vuoi». Tornò sui libri.
 
 
~΅~
 

Trafalgar nascose a stento un ghigno dietro le pagine del manuale: «A che punto sei?»
«Al percorso dell'endolinfa per la scala timpanica, poi tocca alle stereociglia», esordì Penguin.
«Orecchio?»
«Bravo.»
Il capitano inclinò la testa: «Quanto hai capito di quello che hai appena letto?»
Penguin indossava un'espressione grottesca, piuttosto comica. Contraeva più muscoli facciali contemporaneamente sperando di trasformare quelle parole in qualcosa di più familiare. Con scarsi risultati, doveva ammettere. «Proprio un bel niente».
La sedia tenuta malamente in bilico crollò, le gambe atterrarono sul pavimento in un sonoro tonfo. Trafalgar si arrese e abbassò il capo, soffiando una risata tra i denti. Prese il libro dalle mani del meccanico e lo capovolse: «Così magari è più chiaro».
Penguin scosse la testa: «Non vedo alcun miglioramento, capitano».
Quei volumi erano molto più complicati di quanto potesse immaginare, ma non era una scusa per tralasciare le ore di sonno.
Le occhiaie che solcavano i bulbi oculari del capitano si erano fatte più profonde e più nere. La cosa era preoccupante.
 

 
~΅~


«Me lo fai un caffè?»
La voce di Trafalgar aveva rotto un silenzio denso, pesante.
La testa di Penguin era sorretta malamente da un braccio piantato sulla scrivania: «Così non andrai a dormire».
Il medico assottigliò le fessure degli occhi: «Ho capito, vado io».
Lo vide sparire dietro la porta.
Se qualcuno gli avesse chiesto di paragonare il suo capitano a un animale, Penguin ne avrebbe scelto sicuramente uno notturno.
A giudicare dall'abilità innata di Trafalgar nello scarnificare chi gli stava intorno fino alle ossa delle energie che impiegava contrastando le sue manie autodistruttive, doveva trattarsi di un coyote. Penguin emise un sospiro frustrato: «Fanne uno anche a me!»
Ma quella non era una dichiarazione di resa, assolutamente. Una tregua, forse.
Trafalgar tornò con due tazzine fumanti.
Penguin lasciò che il vapore accarezzasse il viso e l'aroma amaro gli desse una scrollata prima di berlo. Ci voleva proprio.
Il caffè lo tenne sveglio per il tempo di una mezza chiacchierata con il suo capitano prima di sprofondare in un nuovo sonno.
Dopotutto tra gli animali notturni c'erano i coyote, mica i pinguini.
Cambiò idea quando riaprì gli occhi e trovò sulle sue spalle una compagnia inaspettata. Una coperta.
Trafalgar doveva assomigliare più a un gufo, che a un coyote: ai suoi occhi rapaci non sfuggiva nulla.
Penguin pregò che si accorgesse anche del suo estremo bisogno di sonno.
 
 
~΅~


Trafalgar sfogliava le pagine del volume con una mano, con l'altra prendeva appunti su fogli di carta sparsi sulla scrivania. Gli occhi scorrevano fulminei da un rigo all'altro, le dita tenevano il segno della lettura.
Durante le sue sessioni di studio, il Chirurgo della Morte si immergeva nella più assoluta e silenziosa concentrazione.
Di una vaga traccia di sonno, nemmeno l'ombra.
Penguin invece era così assopito in quell'aria placida da aver perso la concezione del tempo. Con le poche energie che non erano ancora scemate si alzò per controllare l'ora.
Erano le due di notte.
Ancora in tempo per regalare al suo capitano una dormita decente, troppo tardi se una lampadina nella sua testa non si fosse illuminata portando con sé un'idea geniale.
Socchiuse gli occhi. Si disse tra sé e sé che uno scontro frontale era l'ultima spiaggia.
Tornò nella cabina, il capitano era chino sui libri. Penguin afferrò uno dei braccioli della sedia e la girò di centottanta gradi.
Gli occhi di Trafalgar si fissarono per alcuni istanti su di lui.
Lo stava guardando dall'alto in basso. Gli lanciò un'occhiata di rimprovero, di quelle che i genitori regalano al figlio adolescente di ritorno da un guaio: «Vai-a-letto.»
Sulle labbra del Chirurgo della Morte si increspò un ghigno, senza senso, insopportabile. Di quelli che nascono per prendersi gioco di qualcuno o qualcosa: «Non ti ho mai visto con una faccia più minacciosa di questa».
«Capitano, sono serio.»
«Tornatene in cabina. Sei stravolto.»
Effettivamente lo era.
«Law!»
Non era la prima volta che lo chiamava per nome, e non importava se era la prima in cui lo gridava. Perché, in sin dei conti, non contava se stava parlando con il medico di bordo, o con il suo rispettabile capitano.
Un dannato masochista, ecco cos'era in realtà.
«Non lo vedi che stai facendo preoccupare tutti, qui?»
«Non dovreste.»
«Ma stai male.»
«Lo studio non ha mai ucciso nessuno, rilassati.»
Penguin non aveva bisogno di esorcizzare le sue paure da dei pezzi di carta.
Il problema non era mai stato sui manuali, viveva insito in un luogo molto più profondo, dentro la testa del capitano.
E lo aveva capito da quando erano iniziate le notti bianche. Sui libri. Poi ricominciava la routine quotidiana, sempre più provato dalla stanchezza. Erano giorni che andava avanti in questo modo.
Nessuno riusciva a spiegarsi cosa gli fosse preso. La situazione era allarmante.
Aiutarlo era un compito che spettava al medico e l'unico su quel maledetto sommergibile non riusciva lontanamente a vedere che il paziente più bisognoso lo trovava riflesso sullo specchio.
«Ti prego», Penguin poggiò il proprio perso sui braccioli della sedia. «Ti prometto che domani mattina metto la sveglia presto per bussare in camera tua, che ti preparo tutti i caffè che vuoi, che ci mettiamo a studiare assieme la chiocciola timpanica e le cause della labirintite e che cerchiamo assieme la tromba di Eustachio, che non ho ancora capito dove si trova. Ma ti prego, adesso vai a letto».
Silenzio.
Fu una pausa lunga, durante la quale Penguin dimenticò di respirare.
Trafalgar fece un cenno e lo invitò a togliersi di dosso, piegò in avanti il busto. Chiuse gli occhi facendo poi schioccare la lingua: «Ok».
Si alzò dalla sedia con calma serafica, tese le mani lungo la scrivania.
Chiuse un libro.
Poi un altro.
Eresse una pila ordinata che spostò di lato.
Penguin lo fissava, più paralizzato che incredulo. Sul suo viso comparve un sorriso colmo di stupore. Poi cominciarono le lacrime: «Grazie!». Assalì il suo capitano in un abbraccio.
Trafalgar barcollò: «Un minimo di ritegno! Sto solo andando a dormire».
Troppo tardi. Non mostrava segno di cedimento in quella sua presa affettuosa.
Il capitano scosse il capo, riuscì a staccarsi il subordinato di dosso -non prima di averlo minacciato un paio di volte con la nodachi. In un tentativo disperato aveva persino evocato la room.
Dopo essersi assicurato che le cose stessero andando davvero bene, Penguin augurò la buonanotte sull'uscio della porta.
Riuscì ad abbracciare il suo pigiama costellato di paperelle gialle.
Cadde in un sonno tranquillo.

Penguin non era un medico, ma un meccanico. Il suo compito era quello di far funzionare le cose.
Ci riuscì.


 
~΅~


La notte successiva, Penguin non pescò il bastoncino più corto. Nel mezzo del corridoio buio che lo avrebbe accompagnato fino alla sua branda, vide una luce accesa: era la cabina del capitano.
Dubitava che potesse giocare un brutto scherzo. Per sicurezza, prese l'abitudine di fargli compagnia fino a quando non andava a dormire.
Lo stesso per la volta dopo.
E quella successiva ancora.
Finché le loro nottate si spostarono dai manuali di medicina sulla scrivania a sotto le lenzuola.

«Penguin, non dovremmo andare a dormire adesso?»
«Mmh~, non ancora».


 
 
 
 
 
NdA: In principio, la storia era comica. Una sorta di tributo a Penguin, che per quel che abbiamo visto (molto poco, insomma) è legato a episodi divertenti, in netta contrapposizione con Law al quale prima sono morti i genitori e la sorella, poi tutto il resto della gente che conosceva, poi la Marina gli ha dato la caccia e dopo essere riuscito a instaurare un rapporto paterno con Corazon, è morto anche lui.

Si direbbe che sia stato il dottore a prescrivere un Penguin al Chirurgo della Morte.
Questa fanfiction partecipa a una challenge. Lo sapete già, l'ho pure scritto nel box descrizione: Storia partecipante alla challenge SCEGLI IL PAIRING, SCEGLI L’IMMAGINE indetta da Nami93 sul forum di EFP. La scena della coperta è stata invertita, ve ne sarete accorti: a coprire Penguin è Law. Ma se ci vogliamo sollevare un po' dal superficiale, nell'atto di "prendersi cura" (che può essere mettendo una coperta sulle spalle o rompendo le scatole per tutta la notte), in quel caso i ruoli sono stati rispettati.
La citazione di Bukowski in apertura non era prevista. Solo, l'ho letta e ho pensato che dovesse stare lì sopra, su questa storia che parla di "inappetenza da letto".
E per chi se lo stesse chiedendo, eccovi la Tromba di Eustachio (e tutto ciò che è allegato a questa One Shot):


  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: OrenjiAka