Era
una gelida notte senza stelle. Il ragazzo con il
cappuccio normalmente non sarebbe mai uscito a quell’ora, e
mai si sarebbe
spinto oltre le mura della città, nei boschi limitrofi.
Quella, però, non era
una notte normale. Il ragazzo si trovava avvolto nelle sue calde
coperte di
lana, scaldato dal tepore del camino nella stanza affianco, quando la
sentì:
una dolce melodia che gli entrò in testa e gli
solleticò la mente a tal punto
da spingerlo fuori dal suo morbido letto, fuori dalla sua casa
accogliente,
lontano dalla sua città e da tutto ciò che era
caro per lui.
Il
bosco era scuro, sinistro, ma più di tutto era
silenzioso. Non il flebile ronzio degli insetti, né
l’ululato dei lupi rivolti
alla luna nascosta dalle nubi, o il gentile fruscio delle foglie mosse
dal
vento freddo. Gli stessi passi del ragazzo col cappuccio
sull’erba bagnata e le
foglie secche non producevano alcun suono, come se stesse camminando
sospeso a
qualche centimetro dal suolo. Tutto intorno a lui l’aria si
faceva sempre più
pesante ad ogni passo, e l’oscurità
s’infittiva avvolgendo il suo corpo con
delle spire mortali, stringendo sempre di più ogni secondo
fino a soffocarlo.
D’un
tratto, però, le ombre si diradarono, l’aria si
sollevò da lui come spinta da una forza invisibile, e
attorno al ragazzo si
diffuse una musica soave, la stessa che lo aveva portato fin
lì. Il dolce suono
gli accarezzò il viso, lo prese gentilmente per mano e lo
condusse da un albero
ad un altro, tra i cespugli, ripercorrendo il sentiero che conduceva
alla sua
fonte. Il ragazzo col cappuccio seguì la melodia senza
esitare, a passo svelto,
con gli occhi attenti per scorgere il misterioso musico non appena
questi si
fosse rivelato: ed ecco, spostando una fronda un magnifico spettacolo
gli si
presentò davanti. Un’ampia radura, nella quale un
fiume si riversava per
formare un lago profondissimo, tanto limpido da poter vedere ogni
granello di
sabbia sul fondale; nell’acqua, moltissimi pesci
risplendevano di tutti i
colori dell’arcobaleno, e migliaia di lucciole illuminavano
l’aere come fossero
stelle in miniatura. Al centro del lago, una donna dai capelli
lunghissimi,
color del rame, che le scendevano lungo la schiena fino a sfiorare
l’acqua. La
sua pelle era così liscia e pallida, illuminata dalla luce
delle minuscole
lanterne che le volteggiavano attorno, e tra le mani reggeva una cetra
d’oro,
con cesellature finissime, impeccabili, che rappresentavano scene di
caccia.
“Eccoti
arrivato, finalmente”
Disse.
“Ti stavo aspettando”
Si
avvicinò di qualche passo, le punte dei suoi piedi
volteggiavano sul pelo dell’acqua creando lievi increspature.
“Vieni,
coraggio, non aver paura”
Il
ragazzo col cappuccio deglutì, con il cuore in
gola. Mosse lentamente qualche passo verso l’acqua,
fermandosi infine sulla
riva. Tenne gli occhi fissi sulla donna e con infinita lentezza
poggiò un piede
sull’acqua, poi tremando spostò il peso su di
esso. Mosse un altro passo, e poi
un altro ancora, mentre l’acqua s’induriva ogni
volta che veniva toccata da
lui, come trasformandosi in vetro. Riuscì a raggiungere la
donna, che curvò le
labbra carnose in un sorriso.
“Ecco
il mio bambino”
Sussurrò,
lasciando andare lo strumento per posare le mano sulle guance del
ragazzo. La
cetra cadde, esplodendo in migliaia di minuscoli frammenti lucenti
appena prima
di toccare l’acqua. Al sentire quel leggero tocco sulla
propria pelle, il
ragazzo avvampò in un istante, come sciogliendosi tra le
calde dita della dama
del lago.
“Fatti
vedere meglio”
Mosse
le dita affusolate sul cappuccio per sollevarlo, lasciando scoperti i
lineamenti del viso del ragazzo. Un viso pallido, affilato, con zigomi
alti ed
un sottile naso all’insù. Le guance erano coperte
di lentiggini, e la brezza
lieve gli arruffava giocosa i capelli corvini. Il ragazzo sentiva i
battiti del
cuore farsi sempre più vicini l’uno
all’altro, sempre più impetuosi e violenti,
e la mente si annebbiava di mille pensieri.
“È
passato così tanto tempo, dall’ultima
volta” Disse, ed il sorriso della
dama si allargò.
E si allargò
ancora,
quando conficcò le dita nelle guance del ragazzo. Il sorriso
si fece
innaturalmente largo, la pelle candida iniziò ad indurirsi
ed inspessirsi,
mentre i capelli lucenti diventavano una folta criniera. Gli occhi le
si
iniettarono di sangue, e le dita divennero artigli. In meno di un
attimo, ogni
pensiero svanì dalla mente del ragazzo, e la meraviglia si
trasformò in orrore
quando poté vedere meglio il mostro che adesso lo stava
sollevando dal pelo
dell’acqua, stringendolo con i lunghi artigli affilati. Un
orribile creatura
più simile ad un coccodrillo che ad un uomo, e
allargò l’orrida bocca per mostrare
al giovane un grande sorriso divertito.
“La
mia fame è insaziabile”
Ruggì il
mostro. “Ma la tua anima mi
basterà per un altro poco” Rise,
stritolando il
ragazzo orma paralizzato dal terrore nella sua morsa, per poi
spalancare le
fauci, e fare di lui un sol boccone.
Il
suo cappuccio rimase a galleggiare per qualche
minuto sul pelo dell’acqua prima di affondare in quel liquido
rossastro, senza
lasciare traccia.