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Autore: eppy    14/03/2016    6 recensioni
Esiste un punto zero, un momento difficilmente definibile e quasi impercettibile, che condiziona la vita di ognuno di noi.
Ovviamente, il mascalzone presenta una fisionomia che lo rende perfettamente simile a tutti i suoi gemelli, ma uguale a nessuno di loro. Il problema è che la differenza in superficie è talmente sottile, che il 99,9% delle volte non viene notata nè dal diretto interessato/a, nè da chi gravita intorno, e lo si attraversa con lo stesso atteggiamento di sempre, senza minimamente sospettare che nasconda il più profondo dei vortici, capace di deviare o addirittura invertire la rotta della nostra esistenza in modo talmente subdolo e al contempo meraviglioso, da non farcene nemmeno accorgere. E' sconvolgente pensare a quanto potere possa custodire un solo, apparentemente banalissimo istante: può condurti verso un porto, una spiaggia sicura, o mandarti alla deriva..e succede in un attimo, inafferrabile e irripetibile.
Jane e Chris, i protagonisti di questa storia, si erano incontrati proprio nei rispettivi punti zero, che per qualche motivo coincidevano a loro insaputa.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Da quando Jane era stata messa al corrente della sua nuova condizione, ogni mattina per lei rappresentava l'inizio di un'ardua sfida.
Se solo si soffermava a pensare a quante volte negli anni e nei mesi passati, si era lamentata di ciò che avrebbe dovuto affrontare durante la giornata, si sentiva una stupida, un in'ingrata.
Messo a confonto con la prospettiva di svegliarsi al mattino e non vedere nemmeno la luce del sole, quello era il paradiso.
Erano trascorsi pochissimi giorni da quando medici e genitori erano stati costretti a confidarle quella triste verità, e lei, dopo pianti disperati, rabbia contro il mondo intero, ostinazione a non voler credere a una simile possibilità e rifiuto di quella nuova vita che l'attendeva, non era ancora riuscita a fare dei passi avanti. O forse li faceva, giorno dopo giorno, ora dopo ora, ma erano così piccoli e apparentemente insignificanti, e lei stessa era così convinta del fatto che da allora in poi tutto sarebbe stato estramemamente difficile e imbarazzante, che non li notava nemmeno.
Era stata dimessa dall'ospedale una settimana dopo essersi risvegliata dal coma, e non aveva potuto far altro che dare ascolto i suoi genitori: era tornata a casa con loro, e fortunatamente anche con Sophie.
Però, a distanza di soli tre giorni, era già diventata insofferente a quella situazione.
Non che le dispiacesse essere a casa, quello era il posto in cui aveva vissuto praticamente per tutta la vita e che conosceva come le sue tasche, ma nella sua mente, quel tornare stabilmente nel suo paese d'origine non poteva che essere visto come un passo indietro. In qualche modo ci era affezionata a quel paesino, ovviamente, ma se lo era sempre sentito addosso come un po' troppo stretto, e quando dopo aver terminato le scuole superiori, aveva accarezzato l'idea di trasferirsi a Belfast per frequentare lì l'università, aveva avuto l'impressione di poter finalmente respirare a pieni polmoni.
Per dirla sempre in questi termini, la città in cui si era da pochi mesi stabilita, le calzava molto meglio, a pennello, si sarebbe addirittura azzardata a dire. Almeno fino al momento dell'incidente.
Si era ambientata subito, aveva stretto amicizie meravigliose, come quella con Sophie, e aveva ben presto cominciato ad apprezzare la sua nuova vita da studentessa universitaria fuorisede..si era sentita libera, responsabile, indipendente, e in una sola parola: matura.
Sì, un po' come tutti gli studenti che avevano percorso la sua stessa strada, sentiva di star crescendo emotivamente giorno dopo giorno. E le piaceva, le piaceva da matti la consapevolezza di essere finalmente in grado di cavarsela da sola, di costruirsi lentamente un proprio progetto di vita.
Quindi, considerato tutto questo, immagino che non vi stupirete affatto se vi dico che per Jane tornare a vivere a casa con i suoi, e tornare a dipendere da loro in tutto e per tutto, assumeva approssimativamente la forma del tornare bambina. Ma peggio: da piccola aveva avuto bisogno di quelle attenzioni e le aveva naturalmente apprezzate...ma a quasi vent'anni compiuti, le sue esigenze erano cambiate, i suoi desideri coincidevano piuttosto vagamente con quelli della sè bambina, e l'inevitabile risultato derivato dalla razionalizzazione di quella serie di dati era per lei mortificante.
Le mancava il canpus, le mancava la nuova routine che si creata su misura, quasi perfetta per lei, e più di ogni altra cosa le mancava semplicemente... vedere.
Vedere, guardare, osservare, sbirciare, ammirare, adocchiare, focalizzare, percepire, figurare, contemplare.
....Ma avete mai fatto caso a quanti verbi e quante accezioni di ognuno di questi esistono, tutte connesse al senso della vista? 
Jane non se ne era mai conto prima di allora, e mai si era soffermata a pensare a quanto era fortunata nel poter fare tutte quelle cose in modo così spaventosamente spontaneo e naturale, come se non potesse essere diversamente da come era stato per tutti quegli anni. Non le aveva mai apprezzate davvero quelle qualità, quelle possibilità della natura umana, e come spesso accade, si sentiva più che pronta a farlo allora...quando sarebbe stato ormai troppo tardi.
Per lei tutti i giorni erano diventati perfettamente uguali, si susseguivano senza che intercorresse tra loro alcuna significativa differenza.
Non avrebbe mai più potuto distinguere un giorno soleggiato da uno nuvoloso; non avrebbe mai più chiuso gli occhi ed espresso un desiderio al passaggio di un aereo sulla sua testa; non avrebbe mai più visto la neve...quella maledetta e benedetta coltre bianca, che in fondo in fondo, aveva fatto in modo che gli eventi prendessero quella piega e la conducessero dove si trovava.
Se era per quello, non avrebbe nemmeno mai più visto gli occhi verdi di Chris, di quello stronzo che, ormai poteva ammetterlo a sè stessa, era arrivato a un passo così dal farle perdere completamente la testa, e poi, era sparito senza aggiungere una sola parola, dopo aver combinato quel disastro. Jane non lo capiva il suo comportamento, non sapeva cosa lo avesse spinto praticamente a scomparire dalla sua vita così velocemente e così prepotentemente come ci era entrato, non sapeva più nulla ormai....solo che faceva dannatamente male sentirsi abbandonata così.
Aveva Jonas che le telefonava ogni giorno e si sforzava di farle tornare il sorriso, ma paradossalmente, adesso che davvero non vedeva nulla, sia in senso figurato che fattuale, iniziava lentamente a liberarsi di quei paraocchi che l'avevano spinta tra le braccia del ragazzo.
Probabilmente non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma proprio quella maledetta sera dell'incidente, in macchina con Chris, aveva realizzato, forse troppo tardi, che non c'era storia.
Che lei voleva un bene dell'anima a Jonas, e contava i giorni che la separavano dal riabbracciarlo, ed era sempre curiosa di sapere cosa avesse fatto durante la giornata, e le piaceva raccontargli la propria, ma d'altronde poteva dire lo stesso della sorella di lui.
Allora, se così stavano le cose, aveva lentamente eleborato durante quella serata perfetta condivisa con Chris, l'amore era tutt'altra cosa.
Aveva letto centinaia, forse addirittura migliaia di storie d'amore, incasinatissime e al tempo stesso passionali e sensuali allo stato puro... e quando aveva incontrato Jonas su quella spiaggia, aveva ingenuamente pensato di poter finalmente fare la conoscenza di quel selvaggio di cupido. Incauta gli si era avvicinata, e gli aveva permesso di intrappolarla nella sua rete, per poi rendersi conto molto tempo dopo, che quello che lei aveva incontrato quell'estate a Brighton, non era che uno squallido surrogato del dio dell'amore.
Era stata colpa sua, indubbiamente: lo aveva scambiato, confuso, lasciandosi influenzare così tanto, al punto tale da credere che il batticuore che ti scassa la gabbia toracica e ti rimbomba nelle orecchie come un martello pneumatico, e il respiro che si blocca in gola, e quel tremore dappertutto, non esistessero davvero. Nei libri forse, ma non nella realtà.
E poi, di punto in bianco, quando meno se lo sarebbe aspettata, Chris le aveva dimostrato di aver torto.
Perchè per quanto le facesse comodo negare tutto, e per quanto avesse riconosciuto quelle sensazioni troppo tardi, lei sapeva di averle provate solo quando quell'idiota l'aveva baciata.
La prima volta i sintomi si erano manifestati in forma molto più lieve, ed era bastato poco a dimenticarli, ma la seconda...ciò che aveva  percepito sulla pelle e sul cuore, quando le labbra di lui avevano toccato e giocato con le sue per una seconda volta, non era riuscito a cancellarlo nemmeno il coma. 
Comunque, il pericolo di perdere letteralmente la testa appresso a Christopher Leeds, nolente o volente, era stato scansato, dato che lui non si era fatto più vedere, nè sentire.
E Jonas..no, Jane non lo avrebbe mollato. Era un pensiero egoistico, ma in quel fragente forse poteva esserle perdonato: aveva bisogno che lui le stesse accanto.

Quella mattina si svegliò quasi alle undici (non che potesse in qualche modo rendersi conto da sola di che ore fossero). Ma stava ormai prendendo la sconsigliabile e viziosa abitudine di alzarsi sempre più tardi, tanto non aveva nulla da fare durante il giorno, malaguratamente era impossibilitata nel fare tutte le cose che le piacessero per intrattenersi, e non le restava che attendere l'arrivo della sera, quasi come se fosse una liberazione dalla sofferenza..perciò si era convinta del fatto che svegliandosi più tardi, avrebbe in qualche modo accorciato quelle giornate tristi e noiose.
I signori Collins avevano ripreso a lavorare regolarmente dopo essersi presi due settimane di ferie per starle accanto in ospedale, quindi l'unica a trascorrere tutta la giornata con Jane era Sophie.
E forse,  proprio per quel motivo pareva essere anche l'unica ad accorgersi che l'amica non stesse affatto reagendo come tutti speravano.
Alzarsi a mezzogiorno, molto spesso direttamente per il pranzo, e tornare a riposare il pomeriggio, e costringersi ad andare a letto presto persino la sera, poteva andare bene all'inizio, per riprendersi totalmente dal coma, ma Jane lo stava prendendo come abitudine e lei non ne era affatto contenta.
Evitare del tutto di vivere, staccare semplicemente la spina e rifugiarsi nel sonno, di sicuro non era la soluzione migliore.
Però in un certo senso Sophie capiva Jane, perchè quel posto effettivamente non offriva nessuno stimolo persino a chi godesse di tutti i cinque i sensi al massimo delle loro possibiltà di sviluppo, figuriamoci quanto potesse essere di conforto a una non-vedente. Non lo aveva ancora fatto presente ai genitori, perchè temeva di apparire arrogante e di essere accusata di immischiarsi troppo in decisioni che non la riguardavano direttamente, ma Sophie iniziava a pensare che Belfast potesse perlomeno provare a offrire a Jane la possibiltà di continuare a vivere.
Perchè quella che stava conducendo, non poteva di certo chiamarsi vita.
Perfettamente all'insaputa dell'amica, ne aveva parlato sia con il resto delle ragazze, con alcuni compagni di corso, e soprattutto con Chris.
Il ragazzo le mandava messaggi con la frequenza almeno di tre volte al giorno, per sapere come stesse Jane, cose stesse facendo, e se in qualche modo accennasse ancora a lui, e Sophie, poteva giurare che alle volte, arrivava al punto di raccontare tutta la verità all'amica, ma paradossalmente, dopo averla incoraggiata, era proprio Chris a trattenerla.
Non potevano allontanarla dai genitori in un momento delicato come quello... non potevano proprio purtroppo.
Certe volte Sophie trovava curioso il fatto che Chris si prendesse il disturbo di scrivere a lei praticamente ogni cinque/sei ore, pregandola di dargli buone notizie, e invece Jonas, il fidanzato ufficiale, si accontetasse di sentire Jane una volta al giorno, per pochi minuti.  Sembrava quasi che quest'ultimo avesse paura di chiederle come stesse, che avesse paura di dirle qualsiasi cosa, perchè in un modo e nell'altro le avrebbe ricordato la sua condizione. E secondo il modesto parere di Sophie, Jane aveva bisogno di tutto il contrario di ciò che lui era in grado di offrirle..aveva bisogno di essere distratta, e soprattutto necessitava di essere resa partecipe della sua vita come lo era stata sino a poco tempo prima. Forse Jonas non se ne rendeva nemmeno conto, ma in quel modo, per paura di ferirla, la stava tagliando fuori dalla sua quotidianità, il che pareva essere addirittura peggio.
Trattarla con tutta quell'accortezza, parlarle con quella delicatezza esagerata, non l'aiutava, anzi, la faceva sentire diversa, e di conseguenza sempre più sola.
Ecco perchè Sophie non si faceva troppi problemi a spronarla con le buone e con le cattive, e persino a rimproverarla di tanto in tanto...e forse, tra tutti, lei era l'unica persona ad aver capito davvero come prenderla.
E il tutto, anche grazie a un segretissimo e costante consulto con Chris, che dalla sua continuava ad essere tormentato dagli incubi, ma si sentiva in qualche modo più vicino a Jane di quanto non lo fosse stato negli ultimi giorni, per merito della corrispondenza e dell'amicizia che stava instaurando con la migliore amica della ragazza.
Nel momento in cui Sophie sentì provenire un rumore dal bagno, lasciò il cellulare e corse. Esattamente come si era immaginata, trovò Jane per terra, con solo un asciugamano legato intorno al corpo, e naturalmente in lacrime.
Le spezzava il cuore vederla in quelle condizioni, ma doveva trovare la forza di fingere che andasse tutto bene, doveva farlo per lei.
" Ti sei fatta male?" fu la prima domanda che le pose, inginocchiandosi accanto a lei
Jane si limitò a scuotere la testa, ma dentro si sentiva morire: era oltremodo umiliante non essere nemmeno in grado di farsi una doccia senza cadere rovinosamente a terra.
" Su, dai, rimettiamoci in piedi" la spronò l'amica, utilizzando il verbo al plurale per farle capire che non stava solo aiutando lei a rialziarsi, lo stesso valeva anche per se stessa
" Capita a tutti di scivolare" aggiunse subito dopo
" Non tutti però scivolano dopo aver visto che a terra è bagnato...perchè, appunto, lo hanno visto" replicò Jane, al tempo stesso stizzita a sconsolata
" Non è vero, lo sai? Conosco gente che sarebbe capace di scivolare su una buccia di banana dopo averla vista" provò ad allegerire la tensione Sophie
A volte funzionava, e altre volte putroppo no.
" Hai capito che intendo" sospirò Jane, e da lì l'amica capì che quello era il giorno 'no'. In certi momenti diventata intrattabile, ma Sophie non riusciva a prendersela con lei davvero..insomma, chiunque nelle sue condizioni avrebbe dato di matto! Se poi ci si aggiungeva il fatto che il responsabile fosse sparito nel nulla, almeno secondo Jane, la sua rabbia era più che giustificabile.
L'unica cosa veramente singolare, secondo Sophie, era che l'amica ce l'avesse con Chris soltanto per averla abbandonata dopo l'incidente, ma non lo incolpasse assolutamente dell'accaduto, come invece parevano fare tutti gli altri.
" Sì, l'ho capito cosa intendi..ma che vogliamo fare? Piangerci addosso? " non era arrabbiata davvero, e quel tono duro era solo una farsa..a volte necessaria
" Per te è facile" ..ecco, adesso era passata alla fase di autocommiserazione
" No, Jane...per me non è niente facile vederti così, ma che possiamo fare?" 
" Niente, non posso fare più niente di niente. A volte penso che sarebbe stato meglio morire sul colpo piuttosto che finire così"
A quel punto Sophie si spaventò, perchè pensieri del genere non avevano mai attraversato la mente dell'amica fino a quel momento, ma evidentemente, più passavano i giorni e più Jane si rendeva effettivamente conto di quella nuova condizione, e di conseguenza non riusciva a darsi pace e ad accettare la realtà.
" No, non dirlo neanche per scherzo Jane. Esistono probabilmente..milioni di persone non vedenti al mondo, e quasi tutte riescono a vivere serenamente" provò a spiegarle Sophie
" Allora io probabilmente faccio parte di quelle che non ci riescono" borbottò la ragazza
" Ma lo vedi anche tu, no? L'altro giorno a momenti Kitty mi uccideva, e mi sono buttata il riso bollente addosso, e stavo per rotolare dalle scale, e faccio fatica persino a trovare il bagnoschiuma nel box doccia, e ora sono caduta, e probabilmente domani ne combinerò un'altra, e sarò per sempre dipendente da qualcuno, e tutti mi tratteranno sempre diversamente...e non potrò fare più nulla di quello che mi piace, e le persone che mi stanno vicino si stancheranno di questo mio attenggiamento e finiranno per lasciarmi sola, tutti, perchè lo so che sto diventando insoppoortabile! Ma io...io vorrei solo svegliarmi domani matttina e vedere di nuovo, tutto, anche le cose più insignificanti, quelle a cui non avevo mai fatto caso prima..vorrei solo che questo incubo finisca, perchè te lo giuro Soph, io non riesco proprio a immaginare niente di peggio.
E dovrei convivere con questa cosa per il resto dei miei giorni? Non so se ce la faccio...non lo so davvero" si sfogò piangendo, seduta sul pavimento del bagno
" Certo che ce la farai! Adesso..è solo l'inizio Jane, devi abituarti, credimi..tra qualche mese riuscirai ad affronatare il tutto con un atteggiamento diverso. E nessuno ti abbandonerà..te lo garantisco"
" Non puoi saperlo, non puoi sapere come andrà....e io, ora come ora, non lo so Sophie, io-" l'amica la interruppe prima che potesse dire ciò che stava per dire
" Non ti azzardare a dirlo di nuovo, ok? " l'ammonì, a un passo dallo scoppiare in lacrime pure lei, ma tentando l'impossibile pur di resistere
" A che serve vivere così?" 
" Jane, sei solo scivolata a terra..non è morto nessuno, per l'amor del cielo! Non puoi abbatterti così per una simile sciocchezza..
Sai qual'è il vero problema? Che tu sei talmente impegnata ad autocommisertarti, e piangere, e continuare ad essere arrabbiata con il mondo, che non ci stai provando nemmeno a rialzarti...e non intendo da terra"
A quel punto esplose anche Sophie...purtroppo era umana anche lei, e dopo tutta quella negatività, non poteva che rispondere con altra negatività.
" Non ci sto provando? Vorrei vedere te" le urlò addosso l'amica, per poi coprirsi la bocca subito dopo, consapevole di aver oltrepassato il limite.
Il pianto di Jane si trasformò in singhiozzi convulsi, pregò Sophie di perdonarla, muovendo le mani nel vuoto, in cerca di quelle dell'amica.
" Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace. Lo so che ho detto una cosa cattivissima, ma me ne sono resa conto troppo tardi..scusa Soph, ti prego perdomani, perfavore. Tu sei davvero l'unica persona al mondo che si sta prendendo cura di me, più di quanto stiano facendo mia madre e mio padre, non mi lasci un secondo, e sopporti tutto senza battere ciglio, mi sproni e mi incoraggi a reagire.. e io come ti rispondo?
Sono proprio una stupida...perdomani, scusa, scusa, scusa, scusa. Se mi abbandoni anche tu per me sarà davvero finita.
Stai perdendo lezioni su lezioni, prove ed esami, stai rinunciando praticamente alla tua vita per risollevare la mia, e non è una cosa da tutti, lo so, e so anche che non ti ringrazio abbastanza, e che ti faccio impazzire con le mie paranoie..però ti prego Soph, non voltarmi le spalle..promettimi che non lo farai. Perfavore"
Non si concesse nemmeno il tempo per riprendere fiato, le strinse le mani tra le sue e per la prima volta dal giorno dell'incidente ringraziò Dio, perchè le aveva dato un'amica meravigliosa come Sophie. Più di un'amica, per Jane stava diventando una sorella, e proprio come le sorelle, alle volte loro due si scontravano per poi porre rimedio a ogni litigio con un abbraccio.
Fu esattamente quello che fecero in quella situazione: si strinsero fortissimo, e restarono in quella posizione per tanto tempo, l'una tra le braccia dell'altra.
" Mi dispiace, non solo per oggi...mi dispiace per tutto, perchè lo so che non è facile stare dietro ai miei cambiamenti d'umore...mi odio io stessa quando mi rendo conto di come mi comporto, come non potrebbero farlo gli altri?! Mi dispiace Soph...io non ero così, tu lo sai...e non voglio essere così, ma è così dannatamente difficile"
" Va tutto bene, ne usciremo insieme Jane, te lo prometto" 
" Vorrei soltanto riavere indietro i miei occhi"
" Lo so, lo so" e non potè aggiungere altro, perchè non c'era da aggiungere altro.
I medici erano stati attenti a non dare false speranze, e lei non poteva permettersi di commettere quell'errore.
La strinse soltanto di più a sè, sperando con tutta se stessa che le cose sarebbero presto migliorate.




BUONSALVEEEEEE!!!
Eccomi qua con il nuovo capitolo!
Mi rendo conto che anche questo non sia stato affatto leggero, ma come potrebbe esserlo, viste le condizioni?
Spero di non essermi spinta troppo in là nell'analizzare i pensieri di Jane: purtroppo siamo umani, tutti, e per quanto mi riguarda troverei forse strano se in una situazione del genere, non si arrivasse a pensare al peggio. E' un argomento pesante e lo so, ma mi sto impegnando al massimo, e prometto che non dovrete attendere troppo per uno spiraglio di luce ;)
Come credo di aver già scritto nello spazio autore dello scorso capitolo, non vorrei cadere nell'esasperazione, nè nella banalità, ma non voglio nemmeno pormi freni...voglio che la storia sia il più realistica possbile, e qui stiamo parlando di una ragazza che da un giorno all'altro non vede più. Non penso di sapere cosa significhi, e prego Dio di non scoprirlo mai, ma da me, all'università, è arrivata da poco una una ragazza cieca, la vedo tutti i giorni, e provo soltanto a immanginare quanto possa essere difficile per lei. Poi mi fa una tenerezza assurda, perchè sembra avere tanta voglia di vivere persino il lunedì mattina alle 8.30, quando tutti noi sembriamo zombie viventi e daremmo oro nel tornarcene nel letto. Ovviamente non è facile arrivare ad affrontarla con questo atteggiamento, e scommetto tutto che all'inizio anche lei, come Jane, abbia attraversato momenti davvero poco felici. Il suo arrivo sembra essere caduto a pennello, perchè io avevo già in mente tutta la storia, ma standoci a contatto tutti i giorni, penso di essermi fatta un'idea un pochino più chiara di cosa voglia dire non vedere, che mi è d'aiuto per questa storia..nemmneno l'avessi programmato, o voluto!
Ad ogni modo, vorrei riuscire a parlare della cecità in modo immediato, diretto, senza troppi giri di parole e aforismi,  e penso di non poter farlo in nessun altro modo se non facendo parlare e agire la stessa Jane.
Però vi prego, se dovessi scadere nella banalità o nell'esaspeazione, come ho detto prima, fatemelo notare.
Intanto vi ringrazio di cuore per tutto il supporto che mi date con le vostre rencensioni....io vi adoro, davvero <3<3<3
Tengo tantissimo a questa storia, perciò, continuate a farvi sentire, perchè per me è davvero importante ;)
Grazie anche a chi ha inserito 'for your eyes only' in una qualsiasi lista, e a chi l'ha solo letta: non siate timidi e scrivetemi <3<3
Un bacione, e a prestoooooooooooooo ;)
 




















 
  
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