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Autore: _yulen_    15/03/2016    1 recensioni
Yekaterina Danilenko è una ragazza di origine russe, ma che prima dell'Apocalisse abitava a Fargo, un piccolo paesino in Georgia. Orfana di madre, morta dandola alla luce, è cresciuta con il padre che nonostante la mancanza della moglie, è riuscito ad educarla.
All'età di cinque anni fa la conoscenza dei fratelli Dixon e da lì nasce una profonda amicizia che l'accompagnerà per tutta l'adolescenza, ed è proprio in quel periodo che si innamora di Daryl, il minore dei due fratelli.
Quando i morti iniziano a risorgere, Kate sa che potrebbe morire da un momento all'altro, ma non vuole andarsene senza prima essere riuscita a dichiarare il suo amore.
Tra fughe da orde di vaganti e lotte per sopravvivere, Kate dovrà riuscire a trovare il coraggio di confessare al suo amico di vecchia data i suoi sentimenti e un'altro piccolo segreto che potrebbe distruggere la loro amicizia.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daryl Dixon, Merle Dixon, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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*angolo autrice*
Solitamente non mi frega molto se saltate le note dell’autore, ma questa volta è importante e voglio che questo messaggio lo leggiate.
È passato un bel po’ lo so, ma non trovavo la voglia di scrivere e quindi ho voluto aspettare
per vedere se riuscivo ad uscire da questo periodo di blocco, però nulla.
Sto passando davvero un periodo brutto e nonostante abbia mille idee da sviluppare e tempo a sufficienza,
non riesco a trovare la voglia per farlo. Quindi, per il momento, questo sarà l’ultimo capitolo.

Se in futuro riuscirò a riprendere in mano la situazione allora ricomincerò anche a scrivere,
ambientando la storia in un universo in cui le vicende  che accadranno qui prenderanno una svolta diversa.
Non era mia intenzione di farla finire così in fretta e in questo modo, ma ho voluto cercare una fine senza lasciare questa FF in modo incompleto,
priva di aggiornamenti
o con un finale aperto dai mille dubbi e domande poiché mi sembra stupido dato che, come ho detto, non so quando ricomincerò.
Ho concluso perciò il tutto nell’unica maniera che per me ha senso.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito questa storia seguendone gli sviluppi,
 
yulen
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo34
 
 
 
 
 
 
 
 
La settimana successiva fu più impegnativa di quanto non mi aspettassi. Dovemmo impegnarci al massimo per rendere la fattoria più sicura nel caso avessimo dovuto fronteggiare l’eventualità di essere sopraffatti dagli zombie o da altri esseri umani; il pericolo che il gruppo di Randall potesse trovarci e attaccarci ci aveva messi all’erta e per i giorni successivi alla sua operazione, fuori dalla porta della camera in cui soggiornò durante i suoi giorni di prognosi, c’era sempre qualcuno che si assicurava che non tentasse nulla. Quello era un incarico di cui volle occuparsi Shane, non fidandosi del ragazzo nonostante io stessa andai a controllare più volte le sue condizioni nel corso dei setti giorni.
Gli altri miei compagni invece furono impiegati in altre mansioni; c’era chi si occupava dell’orto e del bestiame, chi doveva fare i turni di guardia notturni e diurni, chi era destinato ad andare in città per trovare alimentari o qualsiasi altra cosa da poter immagazzinare e chi teneva conto dell’inventario. Una parte delle attività più importanti riguardava la caccia, ma quella era un compito a cui partecipavano solo i due Dixon.
Io mi ero un po’ divisa tra il seguire Randall nella sua guarigione, aiutare le donne con il bucato, il che voleva dire lavare i vestiti di Merle e Daryl oltre ai miei, assistere alla manutenzione e ristrutturazione del fienile e prendere posizione sul camper la notte. Una cosa che ero solita fare ma di cui nessuno, tranne Andrea, era a conoscenza era lo sgusciare insieme senza farci vedere. Le nostre uscite erano diventate più difficili da mascherare, ma in qualche modo siamo sempre riuscite a sgattaiolare via il pomeriggio per rientrare all’imbrunire senza sollevare sospetti o dare troppe spiegazioni. Non avevo fatto molti progressi nella mia cura agli attacchi di panico, ogni volta che vedevo uno zombie scappavo terrorizzata e solo da lontano usando un fucile di precisione riuscivo ad ucciderli. Andrea provò a legarne uno ad un albero e a renderlo inoffensivo, ma appena mi avvicinavo e guardavo in quei suoi occhi vuoti e morti, urlavo in preda alla paura.
Le mie giornate erano così piene che arrivavo alla sera stanca morta e il mio unico pensiero era quello di andare a dormire. A causa di ciò io e Daryl non passavamo molto tempo insieme salvo per quei quindici minuti la mattina prima di alzarci in cui eravamo ancora troppo assonnati per darci qualsiasi tipo di attenzione, inoltre Merle dormiva a pochi metri da noi e non volevamo che si svegliasse proprio mentre stavamo facendo l’amore.
Alla fine della settimana, durante una visita di routine al prigioniero, confermai a Rick e Shane che Randall non necessitava più di cure e che quindi era pronto per lasciare la fattoria. I due ex poliziotti non persero tempo e quella stessa mattina lo caricarono in macchina per portarlo lontano. Non lasciarono ordini prima di partire ed io mi trovai a vagare senza una meta; nei sette giorni precedenti avevo fatto tutto il necessario per prepararmi all’inverno, le temperature erano calate drasticamente e le notti erano così gelide da non riuscire a dormire, soprattutto per chi, come me e i Dixon, non aveva un tetto solido sopra la testa. Il fienile era stato riparato al meglio delle possibilità, erano state appese anche delle coperte alle pareti per impedire che gli spifferi d’aria passassero da crepe e fessure, ma poiché le porte durante il giorno venivano lasciate aperte per permettere all’aria fresca e pulita di portare via il tanfo di morte, gli sforzi per mantenere quel posto caldo furono vani.
Dopo pranzo, quello stesso pomeriggio, approfittai di quelle ore vacanti e decisi di farmi una doccia rinvigorente per eliminare le tracce di stanchezza dovuti ai duri lavori.
Tornai al fienile per prendere un ricambio di abiti e altri prodotti per l’igiene personale e lì trovai Daryl seduto su alcune coperte con le gambe incrociate mentre fabbricava nuove frecce. Non avendo avuto un solo secondo per noi colsi quella palla al balzo.
«Sai, potresti venire con me. Non sono l’unica a necessitare di un bagno» dissi sorridendo maliziosa, per fare capire meglio cosa volessi toccai la sua spalla con fare lascivo e provocatorio.
Daryl capendo le mie intenzioni lasciò a terra il coltello e si avvicinò a me con sguardo predatorio, una piacevole scia di brividi mi scosse violentemente e una volta che sentii il suo corpo premere contro il mio chiusi gli occhi. Gettai la testa all’indietro esponendo il mio collo sul quale si avventò, lasciando segni dove succhiò, rompendo i capillari e portando in superficie il sangue.
«Non possiamo qui, potrebbe arrivare qualcuno» protestai, ma lui ignorando i miei lamenti continuò a lasciarmi piccoli baci alternati a dei morsi. Le sue mani vagarono ovunque sul mio corpo raggiungendo l’orlo della canottiera che sfilò facilmente, il reggiseno subì la stessa sorte ed io rimasi solo con i jeans e i miei slip a dividermi da lui. Ci misi davvero poco a disfarmi anche di essi e finalmente la mia riluttanza sparì completamente.
«A questo punto dovresti toglierti i vestiti anche tu» sussurrai suadente all'orecchio.
Daryl si sedette a terra per rimuovere gli stivali, ma io lo fermai sul tempo. Scacciai le sue mani e con lentezza lo spogliai baciando la sua pelle non appena veniva scoperta, ammirando nella luce del giorno tutto ciò che aveva da offrirmi. Tutto di lui sembrava essere stato fatto nel minimo dettaglio, anche il minimo difetto sembrava fosse stato messo lì apposta e ciò ai miei occhi lo rendevano ancora più perfetto.
Mi distesi sotto di lui e toccai il suo petto con la punta delle dita fino a scendere verso il bacino e poi più in basso. Presi il suo membro tra le mani e iniziai a massaggiarlo, il suo sesso diventò duro e una piccola scia di liquido preseminale bagnò le mie dita facilitando i miei movimenti.
Spostai lo sguardo verso il suo viso per avere un contatto visivo, ma poiché aveva il capo inclinato in avanti e gli occhi chiusi mi risultò impossibile, feci scontrare così il mio volto con il suo sperando che mi guardasse e grazie alla vicinanza del mio orecchio con la sua bocca riuscii a sentire il suo respiro irregolare e spezzato. Il ritmo frenetico con cui il suo petto si alzava e abbassava e il modo in cui gli occhi erano serrati mi fecero capire che era vicino all’orgasmo, ma che stava facendo il possibile per non venire proprio in quel momento.
«Guardami» sussurrai sfiorando la sua guancia con la mia.
Al suono della mia voce le sue braccia toniche e muscolose tremarono leggermente, ma non si mosse, rimanendo nella medesima posizione.
«Daryl, guardami» lo implorai.
Questa volta alla mia supplica egli aprì gli occhi e finalmente riuscii a guardare nel profondo di quelle iridi azzurre quasi avvolte completamente dalla pupilla dilatata.
Annullai la distanza delle nostre labbra e lo baciai con passione fermandomi solo occasionalmente per riprendere fiato, anche lui rispose con lo stesso fervore e in poco tempo ci ritrovammo ansimanti e in cerca di aria.
«Non voglio aspettare oltre» mormorai al suo orecchio. «E sono sicura che nemmeno tu riesca a farlo».
Daryl prese la mano che ancora lo stava accarezzando e la portò sopra la mia testa insieme all’altra, poi con un unico movimento fluido entrò in me senza alcuna resistenza. Ansimammo entrambi quando fu completamente dentro ed io mi spinsi verso lui per avere un maggiore contatto con il suo corpo.
Daryl iniziò a muoversi con colpi lenti e decisi, la schiena strusciava sul legno e fui sicura che ci avrei ricavato qualche graffio, ma non la trovai una scusa per fermarlo, le scariche di piacere che scuotevano tutto il mio corpo mi impedivano di pensare razionalmente. Nell'estasi del momento non mi accorsi nemmeno che le mie mani erano finalmente libere mentre una delle mie gambe era finita sopra la sua spalla per permettergli di entrare ancora più in fondo.
Finalmente libera accarezzai la sua schiena, la sua nuca e infine i capelli che tirai leggermente alla base ogni volta che le sue spinte colpivano un punto ben preciso dentro me.
«Più forte» lo incitai.
Lasciai sfuggire un piccolo gridolino quando Daryl assecondò la mia richiesta e iniziò a spingere in modo più violento. Presto mi trovai in un bagno del mio stesso sudore mentre mi dimenavo sotto di lui, ero così vicina all'orgasmo che quella tensione fu impossibile da sopportare. Avvertendo il mio stato, Daryl si chinò all'altezza del mio seno, prese un capezzolo tra i denti e lo morse delicatamente. Quel dolore così piacevole fu tutto ciò che mi servì e con un grido più forte degli altri, venni.
Mi ci vollero diversi minuti per tornare con la mente al fienile, la mia testa era ancora velata dalle precedenti sensazioni e quando riuscii a riaprire gli occhi al mio fianco vidi un Daryl egualmente esausto ma con un’espressione più rilassata in volto.
Sorrisi macchinando già le mie prossime mosse e mi rivestii indossando solo la maglia e i jeans evitando accuratamente l'intimo, poi lo guardai maliziosa.
«Sai, credo che ora mi servirà davvero un bagno, sei con me?» chiesi prendendo un ricambio e una saponetta.
Senza rispondere mi baciò di nuovo e vestendosi rapidamente scese la scaletta trascinandomi in casa.
 
 
 
 
 
Uscimmo dall'abitazione giusto in tempo per vedere Rick e Shane scendere dalla macchina. Rimasi sorpresa nel vedere sui loro volti segni di lotta, ma ciò che mi stupì davvero fu quando dal bagagliaio presero Randall per portarlo nel retro di del ripostiglio in cui Hershel teneva gli attrezzi per il suo bestiame e per le coltivazioni.
Rick non disse nulla se non che gli serviva un altro giorno per decidere le sorti del ragazzo e solo più tardi, durante l'ora di cena, ci spiegò il motivo della sua scelta raccontandoci degli avvenimenti di quel giorno, senza però dirci perché lui e Shane fossero tornati feriti.
«Io Randall non lo conosco» disse Maggie.
Da quello che capii entrambi avevano frequentato la stessa scuola, ma lei non aveva ricordi riguardo il ragazzo.
«Può essere che lo abbia incrociato qualche volta nei corridoi, ma non ci ho mai parlato».
«Lui però sa chi sei, sa dove abiti, se lo lasciamo andare rivelerà la nostra posizione e tornerà con i suoi compagni per attaccarci» intervenne Shane e per quanto odiassi lui e il suo modo di fare, per una volta mi trovai d'accordo con lui.
«Ma non possiamo sparargli e poi tornare alle nostre vite di sempre, è pur sempre una persona. Domani lo interrogheremo per saperne di più, poi vedremo che fare» disse Rick non ammettendo altre repliche.
Passammo il resto della cena in un silenzio così tombale che riuscivo a sentire non solo il mio respiro, ma anche quello di chi sedeva al mio fianco. Il rumore delle posate sui piatti era l'unico suono a spezzare la quiete e quando finalmente finimmo di mangiare, io mi sentii come se fossi a scuola e la campanella di fine lezione fosse appena suonata permettendomi di respirare aria di libertà.
Aiutai a sparecchiare la tavola, portai la cena a Randall e poi mi defilai per iniziare il mio turno di guarda sul camper dove rimasi fino quando Kim venne a sostituirmi. Non dormii molto, alle nove ero già sveglia, e anche se i miei occhi non riuscivano a restare aperti mi trovai a rigirarmi tra le coperte senza prendere sonno.
«Vuoi finirla?» domandò Daryl esasperato.
«Già, se vuoi tenerlo sveglio ci sono altri modi, prometto di non guardare» ghignò Merle.
Giuro che lo spingo di sotto.
Daryl lanciò uno sguardo truce al fratello e per togliermi da quell'imbarazzo nasconse entrambi dietro un cumulo di paglia. Ci girammo tutti e due su un fianco ed io appoggiai la schiena contro il suo petto permettendogli di posare il capo nell'incavo del mio collo.
«Non mi piace che Randall stia qui con noi. Non voglio che lo uccidano, ma nemmeno che rimanga» confessai.
Daryl strinse una mano attorno il mio bacino e senza troppa fatica mi fece voltare verso di lui.
«Finchè starà qui non voglio che tu ti avvicini a quel capanno» disse.
«Qualcuno dovrà portargli da mangiare».
«Rick e l'altro coglione lo hanno riportato indietro, che se ne occupino loro».
Annuii alla sua richiesta anche se sapevo già che gli avrei disobbedito e sentendomi in qualche modo più tranquilla mi sistemai meglio appoggiando la testa contro la sua spalla, tra le sue braccia non mi ci volle molto per rilassarmi del tutto e alla fine riuscii ad addormentarmi accompagnata dal cinguettio degli uccelli e dalle dita di Daryl che, leggere, stavano disegnando cerchi sulla pelle della mia schiena.
 
 
 
 
 
Mi risvegliai quando sentii l'altra parte del letto vuota e fredda. Aprii gli occhi e voltandomi verso destra vidi Kim seduta con le gambe incrociate a pochi metri da me, aveva uno sguardo impassibile e subito capii che c'era qualcosa che bolliva in pentola; quella era un'espressione che le vedevo solo quando voleva nascondermi qualcosa, convinta che sembrare disinteressata dal mondo circostante potesse ingannarmi.
«Dov'è Daryl?» chiesi.
«Ha detto che andava a caccia con Merle» rispose.
Inarcai un sopracciglio e mi alzai rapidamente cambiando i vestiti con cui avevo dormito in un paio che usavo per il giorno.
«Hanno finito con la caccia l'altro ieri, quindi smettila di mentirmi e dimmi dov'è».
Scesi la scaletta e uscii dal fienile senza ascoltare la mia amica che mi stava pregando di fermarmi. Continuai a camminare per raggiungere il gruppo di persone che si era formato vicino a Rick, ma Kim mi prese per un braccio e mi fermò.
«Senti, mi dispiace, ok? Non volevamo agire alle tue spalle, ma sapevamo che non avresti mai approvato».
«Approvato cosa?».
Kim distolse lo sguardo e si girò verso un punto non ben definito grattandosi nervosamente il gomito.
«Kim!».
«Randall conosce la fattoria e a noi servono risposte. Può essere una persona pericolosa, i suoi amici ci hanno sparato e...».
«Odio quando parli senza arrivare al punto» dissi interrompendo il suo sproloquio.
«Merle e Daryl lo stanno interrogando» rispose abbassando il capo.
Merda!
A grandi falcate raggiunsi lo stanzino ed aprii la porta dietro la quale Randall giaceva per terra ricoperto del suo stesso sangue, il suo volto era tumefatto a causa dei colpi subiti e la palpebra dell'occhio destro era così gonfia da rendere impossibile l'apertura.
I due fratelli quando mi videro si scambiarono un’occhiata seguita da un cenno del capo, poi Daryl mi trascinò via.
«Se non sbaglio ti avevo detto di stare lontana da questo posto» disse.
«Torturare per avere risposte? È a questo che siamo arrivati?» domandai incredula.
«Tu non ti immischiare, non sono cose che ti riguardano».
Aprii la bocca per rispondere, ma quando un urlo di dolore giunse alle mie orecchie lo scansai in malo modo ed entrai nel ripostiglio.
La scena che mi si presentò davanti mi fece rizzare i peli dal disgusto: Merle non aveva solo le nocche insanguinate ma tutta la mano, la sua canotta bianca era sporca di chiazze rosso cremisi in alcuni punti e nel suo sguardo c'era un luccichio sinistro che mi spaventò.
Randall era rannicchiato in un angolino convinto che ciò lo avrebbe aiutato a ripararsi dai colpi, il suo naso era storto, probabilmente a causa di una frattura e nella ferita sulla gamba c'era un coltello che riapriva il taglio appena guarito.
«Che diavolo c'è di sbagliato in voi due?» chiesi disgustata.
«Pensavo che la stessi tenendo a bada» disse Merle rivolto al fratello. «Perché non la leghi da qualche parte? Sono sicuro che lo troverete divertente».
Sentii la rabbia montare e il sangue ribollirmi nelle vene, ma lasciai correre preferendo concentrarmi sul prigioniero.
Mi avvicinai a Randall lentamente per non spaventarlo, lo aiutai a rialzarsi e poi mi sfilai la camicia rimanendo con la canottiera.
«Ti chiedo scusa da parte loro, a quanto pare non sanno come comportarsi se non come delle bestie» dissi guardando i due fratelli con la coda nell'occhio.
«Ora dovrò rimuovere il pugnale, non ti dico che non farà male perciò respira a fondo e mordi questo» ordinai strappando la camicia e dandogli un lembo.
Il ragazzo annuì, morse la stoffa e trattenne il respiro per pochi secondi, momento che approfittai per impugnare il manico del coltello ed estrarlo in un gesto secco.
«Devo andare a prendere qualcosa per ripulire e ricucire la ferita, tu continua a tamponare».
Mi voltai e vidi che dei due Dixon non c'era traccia, cosa che mi fece sentire sollevata, ero molto arrabbiata con loro e non li volevo vedere.
Presi dal fienile il mio borsone, infilai dentro una bottiglia d'acqua e tornai da Randall che trovai nel punto esatto in cui lo avevo lasciato. Con meticolosa attenzione iniziai a curare le sue ferite cercando di fargli il meno male possibile.
Rimasi scioccata nel vedere ciò che Daryl e Merle erano stati in grado di fare, non erano persone violente a dispetto di come potevano sembrare e mi chiesi cosa li avesse spinti a comportarsi in quel modo.
Finii di pulire l'occhio al meglio delle mie capacità e ci applicai sopra una busta di ghiaccio per alleviare il gonfiore.
«Tornerò più tardi per portarti qualcosa da mangiare, in tanto tieni questa» dissi passandogli l'acqua.
«Perché lo stai facendo?» chiese incerto come se si aspettasse di essere torturato ancora.
«Perché in fin dei conti sei un essere umano e non meriti tutto questo».
«Grazie» mormorò Randall.
Gli sorrisi e uscii incontrando Dale che stava cercando proprio me.
«Se sei qui per dirmi che sottoporlo a tutto ciò era necessario, sappi che preferisco tu non parli» dissi.
«No, nemmeno io ero d'accordo. Sono qui perché spero che tu voglia spalleggiarmi».
«Spalleggiarti?» chiesi confusa.
«Rick vuole giustiziare Randall, ma mi ha dato una giornata per convincervi a cambiare idea».
«Convincervi? Quindi qualcuno è d'accordo con lui?».
«Per il momento siamo solo io e te a pensarla diversamente».
Ma questi sono pazzi!
«Posso parlare con Kim, lei mi ascolterà, ne discuterò anche con Merle e Daryl» proposi sperando di far cambiare le loro menti.
«Ci ho già parlato e pensano che lui debba morire, anche se per Daryl non fa differenza».
Sono incredibili!
«Posso aiutarti in qualche modo?».
«Voglio finire il mio giro, ho chiesto ad Andrea di sorvegliare il prigioniero, ma mi sentirei meglio se tu rimanessi qui».
Acconsentii alla sua richiesta e mi sedetti contro la porta, Andrea arrivò subito dopo che Dale se ne andò rimanendo con me tutto il pomeriggio senza però parlare. Cercai di intavolare un discorso riguardo l'incontro che si sarebbe tenuto quella sera, ma lei preferì non pronunciarsi. Volevo avere qualcun altro dalla mia parte che si convincesse che uccidere qualcuno fosse un reato anche se il mondo era finito, ma da quello che capii quel giorno eliminare una persona al fine di disfarsi di un problema era molto più semplice piuttosto che trovare una via d'uscita diplomatica.
Al calar del sole ci incontrammo tutti nel salotto di casa Hershel dove alcuni minuti di silenzio precedettero il caos che esplose poco dopo.
«Quindi che si fa?» domandai.
«Tutti quanti sapete come bisogna agire» rispose Shane.
«Ucciderlo, giusto? Perché prenderci la briga di discutere quando è chiaro da che parte soffia il vento» disse Dale.
«Se qualcuno la pensa diversamente che parli ora» intervenne Rick. Per poco non mi misi a ridere, quello scambio di idee e opinioni era solo una pagliacciata, parlare o meno non avrebbe cambiato nulla, la decisione finale era ormai stata presa.
«Credo che siamo davvero in pochi, solo io, Kate e Glenn» disse Dale, ma guardando il coreano capii che lui non sarebbe stato dalla nostra parte.
«Lui non è uno di noi» si giustificò egli.
«Nemmeno io ero una di voi quando mi avete accolta, e se non sbaglio Rick ha ammanettato un uomo su un tetto lasciandolo lì, eppure in quel caso non avete cercato di ucciderlo» risposi.
«Parla per te» s’intromise Daryl.
Mi voltai verso di lui per zittirlo e poi ripresi il mio discorso. «Sentite, perché non lo portate ancora più lontano? Era questo il piano, no?».
«L’ultima volta sono tornati indietro per miracolo, non voglio che accada di nuovo» rispose Lori.
«E grazie al cazzo!» sbottai derisoria senza dare peso al richiamo di Hershel per il mio linguaggio. «Si sono scazzottati quando la loro missione era quella di lasciarlo e tornare indietro, ma no, si sono dovuti prendere a pugni per mostrare chi è il più maschio».
Lori mi guardò di sottecchi ed io voltai le spalle. Lei lo sapeva il motivo delle ferite sui volti dei due uomini e nemmeno per me era un segreto. Sin dall’arrivo di Rick alla cava Shane aveva iniziato a comportarsi in modo astioso verso l’amico e ciò non mi era sfuggito.
«Kate ha ragione, portatelo lontano, seguite il piano originario e salvate la vita a quel ragazzo» disse Dale con le lacrime agli occhi.
«Sono d’accordo con loro».
Insieme ai presenti mi voltai verso Andrea, l’unica ad aver cambiato idea e mi sentii più leggera. Le sorrisi e mimai un “grazie” con le labbra.
«Nessun’altro?» chiese Rick.
Nella stanza calò il silenzio ed io sbottai alterata e incazzata dal loro comportamento.
«Non vi aiuterò a disfarvi del cadavere, e con questo abbiamo chiuso».
Uscii sbattendo la porta e nello stesso istante delle lacrime di ira, rammarico, tristezza e frustrazione bagnarono le mie guance come un fiume in piena. Provai una forte delusione verso quelle persone che consideravo amiche, ma ancor di più ero arrabbiata con me stessa per non essere riuscita a convincerli.
Non mi feci vedere per tutta la serata, non rincasai nemmeno per mangiare, preferendo rimanere seduta sul ponticello di un laghetto che avevo trovato durante una delle mie giornate di esplorazione, sperando che il vento e le onde dell’acqua che bagnavano i miei piedi in ammollo potessero aiutarmi a recuperare un po’ di calma.
Non so per quanto rimasi lì, ma non mi importò, non volevo tornare indietro e guardare quegli assassini negli occhi. Non lo avrei sopportato, non dopo aver riposto la mia fiducia in loro per così tanto tempo.
Decisi anche che avrei dormito nel camper invece che nel fienile, Kim non era l’unica con cui ero risentita, Daryl e Merle erano entrambi sulla lista di persone da evitare fino a quando non fossi riuscita a perdonarli. Mi alzai per andare a prendere una coperta dal fienile e portarla nel camper, ma un urlo così forte da farmi gelare il sangue mi fece girare di scatto verso la fonte del suono. Con il cuore in gola corsi verso un punto del campo dove vidi una luce danzare nel cielo della notte e con una velocità che non seppi di avere raggiunsi il punto esatto dove Dale, disteso a terra con la pancia aperta a metà, era in cerca di aria.
Dio, no. Ti prego!
Quella scena mi provocò uno shock così forte che le mie gambe non riuscirono a sorreggere il mio peso e alla fine caddi anche io. Chiusi gli occhi e li riaprii più volte sperando di trovarmi in un brutto sogno, ma la vista di Dale che boccheggiava e sputava sangue allo stesso tempo era così reale che l’unica cosa che fui capace di fare fu guardare con orrore.
Superato quel trauma iniziale mi avvicinai a carponi per un rapido controllo sulle sue condizioni sperando di poter fare qualcosa, ma quando vidi meglio lo squarcio profondo sul suo addome capii che era tutto inutile, il danno era esteso agli organi interni e in tempi in cui non vigeva più un sistema sanitario funzionante era impossibile curare la ferita. Lo sapevo io e lo sapeva anche Hershel che alla richiesta di Rick di fare qualcosa per salvarlo, con una semplice scrollata del capo gli fece capire che sarebbe stato tutto inutile.
Intorno a Dale, intanto, si erano riuniti tutti i nostri compagni; guardai i loro volti dispiaciuti e sul punto di piangere, ma chi mi colpì di più fu Andrea che si teneva una mano all’altezza del cuore. L’abbracciai forte e lei posò il capo contro la mia spalla, voltandosi per non dover vedere Dale in quello stato.
Rick si avvicinò al vecchio con la pistola per porre fine alle sue sofferenze, ma non riuscì a premere il grilletto, qualcosa dentro di lui lo stava bloccando. Fu Daryl a prendere in mano la situazione e puntando la canna contro la fronte di Dale morente premette il grilletto.
Prima che lo sparo potesse sentirsi coprii le orecchie di Andrea, la quale però udì il colpo lo stesso. Sobbalzò sul posto aggrappandosi alla mia maglia e iniziò a piangere, io non volendo vederla in quello stato la alzai per portarla in uno dei bagni della casa dove le lavai il viso, il tutto senza che lei smettesse di versare grosse lacrime rendendo, di fatto, le mie cure inutili.
Si calmò solo al mattino, ma quando Glenn venne a informarci che il funerale per la commemorazione del nostro compagno era pronto, ella riprese a singhiozzare e in quel momento capii come doveva sentirsi: per quanto fossi risentita nei confronti di Kim e dei due Dixon se la stessa cosa fosse capitata a uno di loro, io avrei reagito molto peggio.
«Ci dai un minuto?» chiesi a Glenn che annuì comprensivo.
Tornai a concentrare le mie attenzioni su Andrea e le sorrisi sperando di farla sentire meglio.
«Possiamo rimanere qui se non te la senti» dissi.
«No» rispose scuotendo il capo. «Devo farlo, lui mi vorrebbe lì. Dale è stato il primo al quale io ed Amy ci siamo affezionate ed è stato il primo che abbiamo incontrato. Ci ha salvato la vita fuori Atlanta e il minimo che possa fare è essere presente durante la cerimonia».
Sorrisi orgogliosa del carattere forte della mia amica e insieme raggiungemmo Rick che, vicino ad una tomba rudimentale, stava parlando in memoria del nostro compagno morto la notte precedente.
Guardando quel cumulo di terra e sassi avvertii una forte stretta alla bocca dello stomaco ma non riuscii a versare una sola lacrima, gli occhi mi si inumidirono, sentii il naso pizzicare, ma piangere mi risultò impossibile.
Per tutto il giorno mi sentii così; in bilico tra una calma apparente e il bisogno di sfogarmi che mi stava divorando viva, e solo alla fine, lontana da occhi indiscreti, trovai il coraggio di lasciarmi andare alle mie emozioni.
Non potevo credere che Dale non fosse più con noi, non avevo davvero legato con lui, infatti era quello che conoscevo meno, ma la sua morte aveva lasciato ugualmente una sensazione di desolazione nel mio cuore. Era un grande impiccione che non riusciva mai a farsi gli affari suoi, ma lo faceva in buona fede. Per il nostro bene.
Dopo ore passate in solitudine nel bosco a liberarmi dalla mia tristezza tornai alla fattoria, ma Kim mi fermò.
«Eccoti qua! È tutto il giorno che ti cerchiamo» disse, poi notando i miei occhi rossi corrugò la fronte.
«Ti senti bene?» chiese.
«Wow, come siete carini a preoccuparvi per me» risposi acida.
«Comportati pure da bambina, ma sappi che non sei l’unica ad essere in lutto».
«Io sarò pure una bambina, ma non sono un’assassina».
«Ti stavo cercando proprio per dirti che Rick risparmierà Randall. Partirà con Daryl per lasciarlo da qualche parte».
Sbottai e la sorpassai colpendo per sbaglio la sua spalla senza però scusarmi.
«Come se questo potesse riportare in vita Dale, ricordati che è morto a causa vostra».
Kim sbuffò a sua volta scuotendo la testa ed entrò in casa lasciandomi vicino al camper.
Sentii gli occhi inumidirsi di nuovo, quindi approfittando della presenza del piccolo bagno nella roulotte mi sciacquai la faccia e bevvi un bicchiere d’acqua per reintegrare i liquidi persi, quando mi sentii un po’ meglio ed ebbi riacquistato un po’ di colorito uscii nell’esatto momento in cui vidi Shane portare Randall nel bosco.
Maledicendo la mia mancanza di autoconservazione decisi di seguirlo per capire quale fosse il suo piano. Probabilmente avrei dovuto andare a chiamare qualcuno, ma non potevo o avrei rischiato di perdere le loro tracce, Merle e Daryl avrebbero potuto ritrovarli senza problemi, ma non sapevo cosa Shane stesse tramando e nel tempo perso a tornare indietro, avvisare Rick e rintracciarli, Randall poteva essere già stato ucciso.
Restando circa trenta metri dietro di lui continuai a seguirlo fino quando l’ex poliziotto si fermò per parlare, a quel punto mi avvicinai di un po’ per capire cosa stesse dicendo, ma ero ancora troppo distante. Continuai ad osservare la scena fino quando Shane rimosse la benda dagli occhi di Randall, gli slegò i polsi e infine gli ruppe il collo; i miei sospetti non erano infondati e quello era il momento per allontanarsi e avvertire i miei compagni.
Feci marcia indietro ma il mio piede finì su un ramoscello che si spezzò con un sonoro “crack” che nel silenzio del bosco sembrò rimbombare come un’eco.  Chiusi gli occhi inveendo contro ogni cosa vivente nel creato e quando li riaprii vidi Shane guardare verso la mia posizione.
In preda alla paura non persi tempo, girai sui talloni e iniziai a correre più veloce di quanto le gambe mi permettessero, senza sapere se la direzione presa mi stesse riportando alla fattoria o se mi stessi allontanando ancora di più dalla meta. Quando fui sicura di averlo distanziato mi fermai per qualche secondo per recuperare fiato dietro un albero, prima di ripartire sbirciai oltre il tronco per essere sicura che non mi stesse seguendo e non vedendo nulla tirai un respiro di sollievo. Uscii dal mio nascondiglio per riprendere la mia corsa, ma una volta allo scoperto uno sparo riecheggiò nell’area a me circostante e successivamente mi trovai a terra avvertendo un forte dolore alla schiena.
Sentii due mani forti girarmi fino a farmi trovare con la faccia verso il cielo e in quel momento venni a contatto con lo sguardo duro e impenetrabile di Shane.
«Lo hai ucciso» brontolai tra un lamento e l’altro.
«Sì, nessuno ha avuto il coraggio di portare a termine questo lavoro e qualcuno doveva prendere in mano la situazione».
«E quindi tu sei stato così carino da sporcarti le mani?» chiesi ironica. «Ti darebbero sicuramente un premio se non fosse che ti ho scoperto».
«Sei solo una complicazione, ma questo non vuol dire che interferirai con il mio piano» disse. «Ecco cosa accadrà: tu rimarrai qui accanto a Randall e morirai lentamente, intanto io torno alla fattoria da solo, il tuo fidanzato sa che manchi da questa mattina e questo mi darà modo di distorcere la realtà quel tanto che basta per fargli credere qualsiasi cosa io dirò loro».
In tutto quel trambusto mi ero dimenticata di Daryl e in quel momento sperai che avesse capito che c’era qualcosa che non andava e che venisse a cercarmi.
«E cosa dirai? Che sei uno psicopatico? Perché è questa la realtà dei fatti».
Shane rise sinistro e si inginocchiò per rimuovere un granello di terra dal mio zigomo, quel contatto mi disgustò così tanto che se avessi potuto mi sarei scansata.
«Oh, no. Dirò che hai visto Randall scappare nel bosco e lo hai seguito, io sono venuto con te per aiutarti a riprenderlo ma non sono riuscito a starti dietro, poi ho sentito uno sparo, vi ho cercati e quando non vi ho trovati sono tornato indietro per avvisarli che Randall è fuggito».
«Non ti crederanno mai!».
«Io dico di sì» disse, quella fu l’ultima cosa che sentii prima che con un forte colpo alla nuca persi i sensi.
 
 
 
 
*racconto in terza persona*
Kate si risvegliò in preda ai dolori quando il cielo era già buio. La prima cosa di cui prese coscienza fu il dolore alla schiena che le impedì di sedersi al primo colpo, si accorse in seguito che la temperatura era calata e un soffio di vento la fece tremare violentemente.
Confusa si alzò in piedi reggendosi a un albero, la ferita bruciante le impedì di stare diritta e il senso di vertigini, a cui si aggiunse il mal di testa, non la aiutò a rimanere stabile sulle sue gambe. Sola e soprattutto indifesa pensò alle sue prossime mosse e passo dopo passo iniziò a muoversi sorreggendosi ai tronchi che incontrava, sperando che stesse andando dalla parte giusta.
Anche Daryl pregò che Kate non si fosse persa ancora una volta, non sarebbe riuscito a sopportare lo stesso calvario passato quando, dopo l’orda sull’autostrada, non l’aveva vista riemergere dal bosco. Aveva appena scoperto cosa significava essere amati e non poteva perderla, se le fosse capitato qualcosa avrebbe ucciso Shane con le sue stesse mani.
Merle che era con lui stava gongolando nel vedere il fratello così preoccupato e non si lasciò scappare l’occasione per provocarlo, il giovane Dixon cercò di ignorarlo per non perdere la concentrazione, ma stava diventando difficile e la poca pazienza che aveva finì quando gli suggerì che Kate poteva essere morta.
Lasciando che la balestra gli cadesse dalle mani, Daryl si voltò rapidamente per colpire Merle sul naso che a causa del forte impatto perse l’equilibrio e rovinò al suolo.
«Stronzo» sputò Daryl raccogliendo la sua arma.
Continuò a seguire le impronte trovate sul terreno, ma le parole del fratello avevano fatto centro e la sua sicurezza aveva iniziato a vacillare.
«Divertente come ti stia impegnando per trovare la tua fidanzatina mentre quando quelle teste di cazzo mi hanno lasciato solo su un tetto e circondato dagli zombie tu non abbia mosso un dito» disse Merle rialzandosi.
«Sono tornato ad Atlanta quando l’ho saputo, anche Kate lo ha fatto e prima ancora è partita da Fargo ignorando l’evacuazione militare per cercarti, è venuta con me sperando che tu fossi ancora vivo e non morto dentro qualche cella, quindi chiudi quella cazzo di bocca» rispose ancora più irato.
Il tono alto della conversazione non permise ai due cacciatori di accorgersi che a circa tre chilometri di distanza la stessa ragazza che stavano cercando stava lottando contro il corpo rianimato di Randall.
Kate non sapeva come fosse possibile, non era stato morso, eppure dopo aver intrapreso il viaggio di ritorno vero la fattoria si era ritrovata a combattere, con le poche forze che aveva, un vagante appena rianimato. La schiena le doleva ancora di più e a causa ciò le risultò difficile allontanarlo, ma con una spinta un po’ più decisa riuscì a porre una certa distanza tra loro, approfittando di quel momento, Kate cercò qualcosa con cui ucciderlo.
Nell’erba vide un sasso grande abbastanza da poter essere usato come arma, ma quando tornò a posare gli occhi su Randall fu troppo tardi perché egli si era già avvicinato. Kate dallo spavento inciampò in una radice e cadde, lo zombie vedendo a terra la sua preda si chinò per riuscire a morderla e nonostante Kate oppose resistenza, la stanchezza le impedì di resistere. Le braccia cedettero e il vagante riuscì ad affondare i denti nella carne sulla spalla.
La ragazza urlò ancora una volta sentendo la pelle venire strappata via e in quello stesso istante capì che quella per lei sarebbe stata la fine.
Dopo lo scoppio della pandemia aveva sempre pensato che sarebbe morta subito, poi aveva passato settimane sola senza l’aiuto di nessuno e in qualche modo si era convinta di essere forte e invincibile e che anche se avesse trovato un gruppo sarebbe sopravvissuta lo stesso. Ad un passo dalla morte Kate, capì di non voler morire.
Riacquistando una forza che aveva creduto persa, prese il sasso che le era caduto poco prima e colpì più volte la testa dello zombie fino quando l’essere smise di muoversi cadendogli sopra a peso morto.
Kate lo spinse via e si rialzò guardando il vagante, chiedendosi cosa esattamente la spaventava a tal punto di correre dalla direzione opposta ogni qualvolta ne vedeva uno. Quando si era ritrovata la forma zombie di Randall a pochi centimetri dal naso era stata colta alla sprovvista e quindi la paura l’aveva immobilizzata, ma rendendosi conto di essere completamente sola e che, con ogni probabilità, sarebbero passate altre ore prima che qualcuno la trovasse, capì che doveva fare qualcosa se voleva vedere un’altra alba.
Kate si toccò il morso sulla spalla e sbuffò come se fosse infastidita di più dalla ferita e non dal fatto che da lì a poche ore sarebbe morta, si piegò appoggiando le mani sulle ginocchia per recuperare le energie e riprese a camminare lenta e barcollante tenendo l’udito all’erta nel caso i suoi compagni la stessero cercando. Alla fine si ritrovò davanti un immenso spiazzo d’erba dove non c’erano posti in cui nascondersi, temendo di aver sbagliato direzione si girò per allontanarsi, quando però sentì delle voci provenire da quella stessa distesa si avvicinò a due figure che riconobbe come quella di Shane e Rick; nella breve frazione di secondo in cui lei batté le ciglia vide uno dei due cadere a terra preceduto da un colpo d’arma da fuoco che nel silenzio suonò come un violino scordato all’interno di una sinfonia.
Allarmata e con il cuore in gola corse verso l’unica persona rimasta ancora in piedi, lieta che fosse Rick e non l’altro uomo che ora giaceva morto con un taglio nell’addome.
«Rick» mormorò Kate.
L’ex sceriffo si voltò sorpreso nel vedere la ragazza davanti lui e dopo un momento di smarrimento iniziale l’abbracciò.
«Sono felice che Randall non ti abbia uccisa».
«Io non canterei vittoria troppo presto» rispose ella.
Rick sciolse quel contatto e la guardò negli occhi prima che il suo sguardo venisse catturato da una chiazza scura sulla spalla, fece cadere le mani lungo i fianchi e sospirò pesantemente; solo la notte prima avevano detto addio a Dale e presto avrebbero perso anche lei.
L’abbracciò di nuovo, questa volta preso dallo sconforto incolpandosi per non essere riuscito a tenere in vita un membro del gruppo come si era promesso quando era arrivato alla cava e per non aver visto il pericolo che Shane rappresentava, se fosse stato più attento nulla di tutto ciò sarebbe accaduto.
«Papà?».
I due a quel suono si staccarono bruschi e si voltarono verso colui che li aveva interrotti, Carl a pochi centimetri da loro, sostava in piedi con una pistola in mano.
«C-C-Carl, non è come sembra» disse Rick avvicinandosi al figlio. Egli però non sembrò interessato alle parole del padre, quanto di più a qualcosa dietro le spalle della ragazza. Terrorizzato tolse la sicura e sparò un singolo colpo che mancò prima l’ex sceriffo e poi Kate stessa che si girò per scoprire cosa avesse attirato l’attenzione del bambino; ai suoi piedi, il cadavere di Shane era disteso sull’erba con un buco in fronte.
Kate ringraziò Carl e la sua ottima mira per non aver colpito nessuno dei due, riconoscendo che in fin dei conti l’addestramento al quale era stato sottoposto nei giorni precedenti non era stato una perdita di tempo e munizioni.
«Sei un fenomeno, ragazzino» disse arruffandogli i capelli con fare affettuoso.
Carl le sorrise di rimando sentendosi molto fiero di aver salvato la sua amica, ma il suo entusiasmo si spense quando Kate, richiamando l’attenzione di entrambi, si girò verso l’orizzonte, dove un’orda lenta ed inesorabile si stava avvicinando.
«Merda!» sbottò l’ex sceriffo. «Dobbiamo correre» disse prendendo la mano del figlio.
«Voi forse, io riesco a malapena a camminare» rispose Kate.
«No» Rick la prese per le spalle, evitando accuratamente la ferita, e si abbassò quel tanto che gli bastò per poterla guardare negli occhi.
«Torniamo tutti insieme, da sola non avresti una possibilità».
«Se vengo con voi allora nessuno ce la farà, vi rallenterei e basta e il sangue li porterebbe ancora più vicini».
«Kate, insieme è più sicuro».
Ella annuì anche se era ancora poco convinta e seguì i due ovunque Rick li stesse portando. Non fu facile camminare tra un vagante e l'altro, per lei il solo fatto che si stava muovendo fu una grande impresa, ma l’animo temerario la spronò ad andare avanti riuscendo ad evitare tutti gli zombie sul suo percorso fino a raggiungere il fienile nel quale richiusero.
«Non per niente, ma siamo in trappola» disse Kate agitata.
«Un problema alla volta» rispose Rick, impegnato a pensare alla prossima mossa.
La ragazza spostò gli occhi verso lo zainetto e lo aprì tirando fuori delle pinze, alcuni rotoli di fasce compressive, uno straccio, del disinfettante e una siringa di adrenalina.
Usò una benda per coprire il morso sulla spalla e fu in quel momento che Carl si accorse della ferita.
«Sei stata morsa» bisbigliò con gli occhi già velati di lacrime. Kate, non volendo che si preoccupasse, annuì con un sorriso.
«Sì, ma non è ancora giunta la mia ora» lo rassicurò, poi si voltò verso l’ex sceriffo. «Prima che tu faccia qualsiasi cosa ho bisogno del tuo aiuto» disse. «Il proiettile è ancora dentro, incastrato tra due costole, ho bisogno che tu lo rimuova».
«E come? Non sono un dottore» protestò.
«Pensa di dover togliere un chiodo dal muro, non è difficile» rispose dandogli le pinze.
Rick sembrò ancora incerto, ma prese ugualmente lo strumento e lanciò un’occhiata fugace alle porte scosse dai colpi dei non morti.
«Dobbiamo fare in fretta».
La ragazza annuì e si appoggiò ad una trave piegandosi leggermente per poter agevolare la rimozione della pallottola, alzò la maglia e il suo volto si contorse in una smorfia quando il materiale ruvido sfregò contro la ferita.
«Fai un’incisione di tre centimetri circa, individua il proiettile, afferralo e tira. Quando hai finito disinfetta e metti le fasce, non abbiamo tempo per ricucire» istruì Kate.
Rick eseguì le indicazioni facendo un taglietto sopra la ferita, poi tamponò il foro per prevenire la perdita di sangue e la guardò aspettando un suo cenno, dopo che ella si mise uno straccio in bocca, annuì per dirgli di procedere.
La rimozione del proiettile non fu dolorosa come si aspettava, sicuro gridò un paio di volte e pianse pure quando sentì le pinze girare sotto la carne per riuscire ad avere una buona presa sulla pallottola, ma quella tortura finì quasi subito e senza che lei se ne accorgesse. Diede il merito dell’assenza di dolore alla stanchezza e al fatto che niente poteva comparare la sensazione della propria pelle venir lacerata da uno zombie.
Si rizzò con la schiena per rendere più facile la fasciatura e una volta finito ringraziò Rick per la sua assistenza, prese la siringa tastando il punto esatto della gamba in cui fare l’iniezione e in pochi secondi passò da uno stato di debolezza ad uno di energia.
«Hai un piano?» domandò Kate prendendo la pistola di riserva che teneva sotto il cuscino.
L’ex sceriffo si guardò intorno fino quando i suoi occhi si fermarono su delle taniche di benzina che svuotò sul pavimento e sulle pareti.
«Tieni questo accendino, quando te lo dirò gettalo a terra» rispose.
«Vuoi ucciderci per caso?» chiese ella, ma l’uomo non la ascoltò ed aprì la porta del fienile lasciando entrare gli zombie che si erano radunati in precedenza, li attirò a sé fino alla scaletta e salì rapidamente evitando che quelle mani ossute lo prendessero.
«Ora!».
Kate lasciò cadere l’accendino e in poco tempo le fiamme s’innalzarono ovunque attorno loro, per evitare che il fuoco li bruciasse uscirono sulla tettoia, rimanendo però bloccati. Per fortuna Jimmy arrivò con il camper di Dale, offrendo loro una via di fuga. La ragazza saltò sul tettuccio per entrare dalla finestrella che dava sul bagno e seguita da Rick e Carl uscì dallo sportello sul retro. Aspettò che anche il ragazzo che li aveva appena salvati uscisse, ma non accadde; lo sentì urlare e la prima cosa a cui pensò fu che doveva fare qualcosa, ma Rick la fermò per un braccio scuotendo la testa e trascinandola via usando poca forza nonostante la ragazza stesse opponendo resistenza.
«Lasciami andare, devo salvarlo» urlò dimenandosi.
«È finita, non puoi fare nulla» disse l’ex sceriffo.
Ella continuò a muoversi al fine trovare un modo per divincolarsi, ma l’ex sceriffo era molto più forte di lei quindi Kate non poté far nient’altro se non ascoltare, impotente, quella giovane vita venir spazzata via.
Non conosceva Jimmy, non ci aveva mai parlato salve fatto per qualche parola scambiata durante la settimana in cui avevano lavorato insieme per rinforzare gli infissi, e ascoltare le sue grida mentre veniva fatto a pezzi, proprio com’era accaduto con Patricia, morta prima che avesse avuto l’opportunità di conoscere, la fece dispiacere ancora di più. Di lui sapeva solo che era coetaneo di Beth, con la quale condivideva un interesse amoroso, sapeva che andava a messa la domenica, che frequentava la stessa scuola della giovane Greene, che aiutava Hershel con la fattoria, e che quando i suoi genitori morirono fu proprio lui ad accoglierlo.
Raggiunsero la casa facendosi strada a colpi di pistola tra i non morti e la prima cosa che Kate fece fu quella di andare a controllare i veicoli messi al lato dell’abitazione; tutte le auto salvo un pick-up erano mancanti, nemmeno la moto di Merle c’era e Kate sorrise sollevata al pensiero che almeno uno dei due Dixon si era allontanato vivo.
«Kate, dobbiamo andare» disse Rick.
La ragazza guardò prima lui e poi l’orizzonte buio rischiarato solo dalla luce del fenile in fiamme.
«Non posso» rispose scuotendo la testa. Caricò il suo zaino nel letto del furgone prendendo con sé solo la pistola che ricaricò. «La moto di Merle non c’è, questo vuol dire che lui o Daryl sono scappati. Devo trovare Kim e Andrea».
«La moto l’ha presa Daryl, Kim è andata verso le stalle, l’ho vista allontanarsi a cavallo. Andrea ha il borsone con le armi con sé, ma non so dove sia» intervenne Hershel e Kate si chiese cosa ci facesse lui ancora lì e perché non se ne fosse andato subito.
«E Merle?».
«Non ne ho idea» rispose desolato.
«Io vado a cerarli, voi raggiungete l’autostrada, ci vediamo lì» disse Kate risoluta.
«Kate, è pericoloso!» contestò Rick.
«Ma loro sono miei amici!».
«Merle è sopravvissuto con una mano sola e Andrea ha un buon arsenale con sé».
«Ma…» cercò di protestare la ragazza.
«Se vai da sola morirai e nelle tue condizioni non saresti d’aiuto a nessuno». L’ex sceriffo la scosse per dare enfasi alle sue parole, ma soprattutto sperando di ridarle un po’ di buon senso e funzionò, perché ella annuì e salì nel letto del pick-up appoggiando la testa al finestrino.
Kate chiuse gli occhi lasciando scivolare via la tensione accumulata. Alle sue orecchie giunsero le voci di Hershel e Rick, il quale stava spiegando al vecchio cosa fosse successo, ma lei non si impegnò molto a seguire il loro discorso. La calma che ora provava aveva fatto in modo di farla cadere in uno stato spossatezza, l’adrenalina, probabilmente a causa del virus del morso, cessò il suo effetto prima del previsto e ciò le lasciò un senso di smarrimento e nausea. I conati furono difficili da controllare e alla fine rigettò il poco che aveva mangiato oltre il lato del furgone.
Cazzo, no! Non ora.
Si asciugò la bocca con il dorso della mano e sentì che la sua pelle era diventata davvero calda, aveva iniziato anche a sudare ma il calore non l’aiutò combattere i brividi di freddo che la scuotevano.
Il viaggio verso l’autostrada fu lungo per Kate, non ebbe idea di quanto fosse durato, ma quando uscirono dalla boscaglia si era già fatto giorno e le sue condizioni erano peggiorate: il viso era diventato pallido, le labbra blu, la pelle riluceva per il sudore, il sole le dava fastidio agli occhi, faceva fatica a stringere le mani e passava da vampate di calore a brividi di freddo in pochi secondi. In tutto quel malessere, Kate, capì di essere vicina alla fine, tuttavia la consapevolezza che presto avrebbe dovuto dire addio a tutti i suoi amici e a Daryl non rese il suo fato più facile da accettare.
Daryl.
Il suo nome si ripeteva nella sua testa all’infinto come un disco rotto e ogni volta che ripensava a quelle cinque lettere, pesanti lacrime andavano ad inzuppare la maglia sporca. Si sentì sollevata di riuscire a piangere, non voleva farlo davanti a lui, voleva essere forte. Kate sapeva che per Daryl sarebbe stato difficile da accettare e superare e perciò voleva alleviare, almeno un po’, quel fardello.
«Siamo i soli?» chiese la ragazza quando vide che non c’era nessuno.
«Arriveranno» la rassicurò Rick.
Kate non sentendosi tranquillizzata dalle parole del leader scavalcò il letto del furgone con l’idea di andare a cercare i loro compagni, ma come passò entrambe le gambe oltre il bordo la forza le venne meno e sbilanciata dal suo peso, cadde. Rick che era vicino a lei l’afferrò prima che potesse toccare il suolo.
«Devi cercare di muoverti il meno possibile» l’ammonì egli sollevandola e stendendola nei sedili del pick-up.
«Ma non c’è nessuno».
«Ascolta Rick, arriveranno» disse Hershel. «Tu devi restare qui, posso pulirti le ferite…».
«No, io sono morta ormai, conservate ciò che è rimasto» lo interruppe Kate.
Il vecchio annuì rispettando la sua decisione ma non condividendola e si allontanò per parlare con Rick.
La ragazza chiuse gli occhi conscia che avrebbe potuto non riaprirli più e si lasciò cullare dalla pace e dal silenzio che seguirono una notte così tesa, nemmeno il dolore la disturbava più di tanto, le bruciava ancora, certo, ma se non si muoveva stava bene.
Oltre le sue palpebre chiuse gli occhi si mossero frenetici quando i suoi ricordi migliori si proiettarono come una visione, e, tra tutte quelle memorie, lei decise di sceglierne una sola, forse la più importante; quasi le sembrò di rivivere l’esperienza del giorno quando era appena tornata dalla scuola elementare e suo padre le aveva detto di prendere il necessario per fare i compiti e seguirlo. Kate essendo una bambina obbediente fece come le era stato chiesto senza fiatare, non fece domande nemmeno quando si fermarono alla fine della strada in cui vivevano e vide un ragazzino dal viso imbronciato e arrabbiato al quale si avvicinò con cautela per non spaventarlo.
Quello fu il giorno in cui fece la conoscenza di Daryl, che anche se non prese bene l’intromissione di quella bambina nella sua vita all’inizio, con il tempo imparò a volerle bene e a cercare costantemente la sua compagnia.
«Posso farti compagnia?».
Kate aprì leggermente gli occhi e vide Carl in piedi in attesa di una risposta, sorridendo annuì e fece spazio in modo che anche lui potesse sedersi.
«Io voglio andare a cercare la mamma, ma papà non è d’accordo, dice che dobbiamo aspettare» sospirò triste il bambino.
«Tuo padre è un uomo che sa quello che fa. Devi fidarti di lui» rispose ella.
«Ma la mamma potrebbe essere in pericolo».
«Hai ragione, potrebbe» disse  ella. «Tu conosci la tua mamma meglio di chiunque, sai di che pasta è fatta. Secondo te ha bisogno di aiuto in questo momento?».
Carl sembrò pensarci su per qualche istante valutando la risposta a quella domanda e poi scosse la testa.
«No, è forte» disse sicuro.
«Ne sono certa anche io e poi lei vorrebbe saperti qui lontano dal pericolo piuttosto che tu vada in giro per il bosco».
Il bambino le sorrise ringraziandola per avergli infuso un po’ di coraggio e l’abbracciò sentendo già la sua mancanza. Si staccò quando sentì il rumore di alcuni veicoli in lontananza e come una scheggia, scese dal pick-up per andare incontro alla madre.
Kate sorrise a quella scena, se ne avesse avuto le forze anche lei sarebbe corsa verso Daryl, ma la verità è che faticava a tenere gli occhi aperti, perciò quando la porta del furgone si aprì e le sue narici furono invase dall’odore di tabacco mischiato a quello del cuoio e dell’olio di motori non dovette sollevare le palpebre per capire che la persona che voleva vedere era arrivata.
«Ciao» mormorò Kate.
Il cacciatore le scostò una ciocca di capelli che si erano attaccati alla fronte sudata e la strinse ancor di più a sé.
«Ci siamo tutti?» chiese la ragazza.
«Mancano Kim e Andrea» rispose Daryl.
«Andrete a cercarle?».
«Sì, Rick sta organizzando ora una squadra» mentì egli. Non voleva dirle una bugia, ma se le avesse detto che sarebbero partiti senza le due ragazze lei si sarebbe allarmata e nelle sue condizioni non voleva darle motivo di preoccuparsi.
«Bene» disse con un sorriso. «Sai che stavo ricordando il nostro primo incontro? Sono già passati ventitré anni. Eri sempre così imbronciato da piccolo, non che ora sia cambiato qualcosa. L’espressione corrugata c’è ancora» borbottò toccandogli la fronte. «Sai che ti verranno le rughe?».
Kate non si rese nemmeno conto di aver iniziato a delirare e Daryl non trovò il coraggio di fermarla, non sapendo che sarebbe morta in poco tempo e che non avrebbe più avuto modo di ascoltarla, invece le baciò la tempia avvertendo il calore irradiato dal suo corpo.
«Sei bollente» constatò.
La ragazza deglutì a fatica e lo guardò cercando di eliminare il ghigno sulla sua faccia.
«Nemmeno tu sei niente male, Dixon».
«Sii seria» la ammonì.
Kate cercò di ridere, ma un violento colpo di tosse la fece piegare in due. Portò una mano alla bocca e l’altra al petto e riprese a tossire sempre più forte fino a quando la mano si tinse di rosso e alcune gocce cremisi macchiarono i sedili. Iniziò ad avvertire problemi respiratori e la vista si fece offuscata a causa di una patina grigiastra che non le permise di vedere nulla, ci volle qualche minuto prima che riuscisse a riprendere le facoltà visive e a respirare anche se faceva comunque fatica a mettere a fuoco le immagini.
«Dove hai le bende e tutte quelle stronzate?» chiese Daryl cercando lo zaino.
«Non servirebbe a nulla. È un morso, non puoi fare niente e non ti lascerò sprecare risorse su di me».
Il cacciatore si sentì così arrabbiato per la sua poca voglia di combattere che dovette trattenersi dall'urlarle contro.
«Vale così poco la tua vita per te?» domandò irato.
«Sono spacciata, prima lo accetti e meglio è. Se vuoi aiutarmi davvero c'è solo una cosa che puoi fare, me lo hai promesso, Daryl Dixon».
Egli invece di rispondere uscì dal furgone e con lei in braccio si allontanò verso il bosco, forse Kate aveva ragione nel dire che non c'era salvezza, ma lui non avrebbe mai lasciato che i suoi ultimi momenti li vivesse dentro un pick-up malandato.
Ignorando i richiami degli altri membri, specialmente quelli di Rick che gli stava dicendo che dovevano rimanere uniti, Daryl sparì oltre la vegetazione. L'unico a capirlo davvero fu Merle.
«Devono stare soli» disse all'ex sceriffo che alla fine li lasciò passare.
«Dove andiamo?» domandò Kate.
Sempre senza parlare, Daryl continuò a camminare fino ad una piccola radura dove la posò delicatamente all’ombra di un albero su un terreno fresco e morbido, il suono dell’acqua che scorreva le fece capire che erano vicini a qualche corso d’acqua. Il cacciatore si sedette al suo fianco tenendo la mano sinistra della ragazza nella sua puntando l’orizzonte.
«Guarda» disse.
Ella seguì con lo sguardo la traiettoria immaginaria che il suo dito aveva segnato e vide una piccola cascata che faceva zampillare l’acqua sui massi. 
«L’ho trovata durante una battuta di caccia e mi sono ricordato di quando abbiamo festeggiato il tuo compleanno».
«Quello è stato il giorno più bello della mia vita, ogni giorno passato con te è stato fantastico, ma quello ha un significato speciale. Un ultimo bagno?» chiese. «L'acqua fredda mi aiuterebbe con le vampate di calore».
Daryl la guardò in modo scettico, ma stava morendo e qualsiasi cosa avesse o non avesse fatto non avrebbe peggiorato le sue condizioni, perciò prendendola in braccio la portò verso il laghetto immergendosi anche lui.
Come il suo corpo toccò l'acqua fredda, Kate, iniziò a tremare. Lo shock termico fu tale da farla tossire ancora fino quando si trovò a corto di fiato e con il cuore che le batteva all'impazzata, a quella reazione Daryl la riportò sul terreno e si tolse la giacca per coprirla. Capendo di essere arrivata ormai al capolinea, Kate richiamò la sua attenzione.
«Voglio che tu mi ascolti bene ora e che mi faccia una promessa, va bene? Se sei preoccupato per me, non devi farlo, presto io starò bene, quello a cui tocca la parte più difficile sei tu, perciò non chiuderti a riccio, non lasciare che la mia morte ti porti lontano dal gruppo. Sono la nostra famiglia».
«La tua, forse» sbuffò egli con scherno.
«No, la nostra, Daryl. Sei rimasto, potevi andartene in qualsiasi momento ma non l’hai fatto. È tutto ciò che ti chiedo, non escludere nessuno, loro avranno bisogno di te come tu di loro. Non sei solo».
«Non sono la loro cazzo di balia, né uno strizzacervelli» rispose acido solo per mascherare il suo dolore.
Kate rise al suo comportamento burbero, come se trovasse il suo cipiglio divertente e il cacciatore realizzò che non avrebbe più sentito nemmeno la sua risata insieme alla sua voce. Non si sarebbe più svegliato la mattina ascoltando il suo respiro calmo, non si sarebbe addormentato con lei al suo fianco, non avrebbe più sentito l'odore del suo shampoo al miele quando l'avrebbe stretta e cosa ancora peggiore, sarebbe rimasto solo. Di nuovo. In quel preciso istante si ricordò del perché avesse voluto tenerla lontana.
Strizzò gli occhi cercando di non piangere e mostrarsi forte, ma il labbro tremante lo tradì e prima che potesse fermarla, una lacrima si era già formata e ora stava percorrendo la sua guancia.
Ella sorrise teneramente raccogliendola con le sue labbra e poi depositò un bacio sulla sua fronte. Quel contatto delicato e intimo lo fecero sospirare e un'altra lacrima, piccola e ribelle, fuggì al suo controllo.
«Ti amo, Daryl Dixon» disse guardandolo negli occhi. «Voglio solo essere sicura che tu lo sappia e sappi che questa non è colpa tua, perciò non odiarti, ti faresti solo ancora più male».
Kate iniziò ad avvertire difficoltà a rimanere sveglia, anche la stretta sulla mano di Daryl si fece più debole e con il suo ultimo respiro sussurrò un “ci vediamo dall'altra parte”, poi chiuse occhi per sempre. Nello stesso momento in cui le sue palpebre si abbassarono ogni suono attorno a loro, tranne quello della cascata, cessò.
Sul terriccio umido il suo corpo giaceva in pace, il pallore della sua pelle la fecero sembrare una bambola di porcellana e alcune gocce d'acqua che le erano rimaste addosso sembravano delle perle, il sangue della ferita aveva macchiato tutto il collo e parte della spalla, aveva anche vari graffi sulle braccia e una sbucciatura sul gomito, ma anche in quel caso Daryl la trovò bella. Lo era sempre stata ai suoi occhi, nonostante le innumerevoli donne con le quali era stato nessuna poteva competere con lei, Kate, per lui, era la perfezione. Questo era un altro motivo per cui aveva sempre preferito non coinvolgerla nella sua vita, non voleva contaminarla con il suo mondo sporco, lei così pura e innocente non doveva entrare a contatto con una realtà tanto crudele quanto spietata.
Non seppe quanto tempo passò fermo immobile ad osservare il cadavere ai suoi piedi, la sua mente era altrove, ma quando vide le mani delle ragazza che amava muoversi e il petto alzarsi e abbassarsi si accorse di dover agire; prima che il corpo potesse rianimarsi completamente estrasse il coltello dalla sua custodia e sollevandole piano il capo, come se avesse potuto rompersi, colpì il cervello facendo penetrare la lama alla base della nuca.
«Addio, Katerina» sussurrò cercando di controllare il suo pianto.
Il corpo ebbe un secondo spasmo e poi smise di muoversi, questa volta definitivamente.
Daryl si asciugò le lacrime con il dorso della mano, poi sollevandola da terra la riportò sull'autostrada per permettere anche agli altri di salutarla un'ultima volta.
Quando riemerse dal bosco con il corpo di Kate, tutti si voltarono a guardarlo e nonostante il capo chino poterono chiaramente vedere le scie che le lacrime avevano lasciato sui suoi zigomi lavando via lo sporco. Non credevano possibile che uno come Daryl potesse piangere, ma per quella volta anche Merle si trattenne dal fare commenti sarcastici.
«Lei è...» disse Glenn senza riuscire a finire la frase, il nodo alla gola gli fece male risultando impossibile parlare.
Morta.
In religioso silenzio adagiò il cadavere sul letto del pick-up e con lo stesso mutismo cercò un lenzuolo con il quale avvolgerla.
«Dovremmo seppellirla, non può restare così» disse T-Dog e Daryl con uno scatto fulmineo si girò verso di lui pronto a caricarlo.
«Nessuno la tocchi!» ringhiò «Voleva essere bruciata, quindi potete aiutarmi o andarvene al diavolo. Qualsiasi cosa scegliate non mi importa».
«Ha ragione, dobbiamo rispettare la sua ultima volontà» replicò il coreano che abbandonando il braccio di Maggie coprì Kate con una coperta. «Ma è comunque meglio fare una fossa in cui metterla prima di bruciarla, le fiamme potrebbero arrivare fino al bosco» aggiunse iniziando a scavare.
Il cacciatore non trovò le parole giuste da usare in quel momento, ma con un cenno del capo espresse la sua gratitudine. Con delle corde trovate in una delle auto abbandonate legò le estremità della coperta e spostò il cadavere sull'asfalto impedendo a chiunque altro di farlo. Kate era ancora sua e nessuno aveva il diritto di toccare ciò che gli apparteneva.
«Dobbiamo celebrare il funerale?» domandò Beth con gli occhi umidi. Kate era un'estranea, ma l'aveva salvata e lei essendo di animo dolce e sensibile non poteva sopportare un'altra perdita.
«Era atea» rispose Daryl senza guardarla. Cosparse il corpo con la benzina ed estrasse dalla tasca una scatola di fiammiferi che usò per accendere il fuoco. Strofinò la capocchia di uno e lo gettò sulla coperta insieme agli altri. Le fiamme ci misero poco ad inghiottire nel loro ventre ciò che si trovava sotto di loro e vedendo sparire per sempre il motivo della sua felicità, Daryl sentì un tuffo al cuore.
Mentre il corpo della giovane bruciava, i presenti decisero di ricordare, senza dire una parola, la loro compagna la cui vita si era spenta.
La famiglia Greene, soprattutto Hershel le sarebbe sempre stata grata per aver salvato la vita di Beth, Glenn avrebbe fatto tesoro dei momenti passai insieme e dei pericoli corsi quando erano alla cava ed andavano in città tornando ore dopo ridendo per il pericolo scampato, Carol le sarebbe stata riconoscente per aver salvato la sua bambina rischiando la propria vita, Sophia e Carl l'avrebbero sempre vista come la sorella maggiore che li aveva aiutati con i compiti e che aveva giocato con loro facendogli dimenticare, anche se per poco tempo, lo schifo che il mondo era diventato, Lori l'avrebbe considerata come una grande risorsa, l'unica donna del gruppo alla quale avrebbe affidato la propria vita se fosse stato necessario, Rick l'avrebbe ricordata come una combattente dal cuore puro, l'unica a non aver perso la propria umanità , T-Dog aveva avuto poche settimane per conoscerla, ma aveva capito che non era una persona orrenda come aveva pensato quando l'aveva vista trascorrere le sue giornate con i Dixon, era dotata di una grande empatia che la rendevano fondamentale in tempi bui, Merle avrebbe conservato il ricordo di quella bambina rompi palle che non aveva nient'altro da fare che infastidirlo con la sua vocina acuta e i suoi modi di fare infantili ma che segretamente stimava per aver tenuto lontano il fratello dai guai, per Daryl invece sarebbe sempre stata semplicemente Kate; la ragazza che si era insinuata nella sua vita senza che lui glielo permettesse e che aveva messo radici nel suo cuore anche se lui non voleva, l'unica che gli era rimasta davvero vicino e che non lo aveva deluso una sola volta, quella che non se n'è andata nemmeno quando si comportava da stronzo e la insultava solo perché era incazzato. Kate era la sola costante nella sua vita, era proprio grazie a lei se non aveva fatto le stesse scelte del cazzo del fratello e in tutto ciò non solo una volta l'aveva ringraziata, non le aveva detto nemmeno come si sentiva e ora che lei se n'era andata aveva perso quell'occasione.
Si era meritata un posto nel suo cuore e morendo aveva lasciato un voragine che non sarebbe mai riuscito a riempire, nemmeno con altre donne. Quella desolazione lo accompagnò ogni giorno della sua esistenza fino al momento della propria dipartita, quando con un mezzo sorriso sul viso sporco di sangue, guardando il cielo, disse “sto arrivando, Kate”.
   
 
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