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Autore: lawlietismine    15/03/2016    2 recensioni
C'era una volta– Tutte le belle storie iniziano con un “c'era una volta”, tutte quelle fantastiche, quelle da raccontare ai bambini prima che si addormentino, quelle storie che fanno sognare e che si allontanano fin troppo dalla realtà, creando illusioni che portano solamente delusioni, ma comunque, naturalmente, anche questa storia ha il suo “c'era una volta”.
Dal capitolo 2:
Per poco non gli sfuggì un grido esterrefatto, quando – addormentato ai suoi piedi – non trovò quel lupo dal manto nero e gli occhi verdi, ma un uomo, a vista poco più grande di lui, nudo, il corpo forte e atletico illuminato alle spalle dal camino acceso, il respiro calmo e i muscoli rilassati.
Stiles – fra tutte le cose che avrebbe potuto fare – si riscoprì a pensare che era bellissimo.
#werewolves are known #au
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Allora, ho una o due premesse da fare. Questo capitolo è strutturato in modo diverso dagli altri, le parti normali sono ricordi di quelle due settimane di cui ho parlato nello scorso capitolo, in cui Stiles è andato spesso da Derek, mentre quelle in corsivo sarebbero il continuo, cioè riprendono da dove si interrompeva la narrazione l'ultima volta, con lo sceriffo, Stiles e Derek all together.
Poi... Ci sono quattro ricordi in tutto e in ognuno vedrete come si è sviluppato pian piano il rapporto fra loro due ^^  
E questo è tutto, ci vediamo a fine capitolo!


 

Stiles era sdraiato lateralmente sulla poltrona della biblioteca, la schiena poggiata a un bracciolo e le gambe distese sull'altro, quasi di spalle al camino acceso e con il vecchio libro sui lupi in grembo: era arrivato quasi a metà di quel grosso manuale e Derek gli aveva rivelato che era di famiglia, proprio come lui aveva inizialmente ipotizzato, e che molti degli appunti erano di sua madre.
Ma non era andato granché oltre, Stiles aveva capito immediatamente dalla sua espressione nel nominare la donna che quello non era un argomento felice e aveva lasciato cadere la questione nel nulla, distraendolo con una battuta pungente delle sue su una delle frasi lette in precedenza.

Era interessante, estremamente interessante, perché molte di quelle informazioni erano uniche e lui si sentiva fortunato nel poterne approfittare, non si sarebbe fatto sfuggire l'occasione preziosa per niente al mondo: era grato che Derek, inoltre, glielo lasciasse fare.
La sua concentrazione era dedicata al libro ormai da un po', tanto curioso e ammaliato da ogni singola parola che neanche si accorse del licantropo, che – poggiato con una spalla allo stipite della porta, le braccia incrociate al petto – lo scrutava attentamente da quelle che potevano benissimo essere delle ore, senza perderlo di vista neanche per un secondo.
Stiles era assurdo mentre leggeva, sul suo volto passavano infinite emozioni contrastanti e il suo odore tendeva a mutare di riflesso con la stessa intensità, mandando in confusione i sensi di Derek: era impossibilmente difficile stargli dietro, era quasi peggio di quando iniziava a parlare ininterrottamente di qualsiasi cosa gli passasse per la testa.
A volte si mordicchiava distrattamente il labbro, corrucciandosi in modo buffo, altre si grattava un punto sotto il mento quasi come un tic abituale, oppure arricciava il naso, tratteneva il respiro, sgranava leggermente gli occhi o schiudeva le labbra come a voler dire qualcosa, prima di richiuderle in una linea sottile.
Derek se ne stava rigorosamente in silenzio e seguiva ogni suo movimento, ogni suoi cambiamento, senza perdersi nessun dettaglio.

“Qui c'è scritto che i lupi scelgono un compagno per tutta la vita, che lo riconoscono subito quando lo vedono” parlò d'un tratto Stiles, continuando a studiare quel paragrafo con insistenza scorrendo ogni parola: da come gli era uscita, sembrava quasi che si aspettasse una conferma o una smentita dal ragazzo che, come ben sapeva, era proprio di fronte a lui.
Derek per un po' non rispose e nella stanza tornò a prevalere il silenzio.
“Sì” disse alla fine, impassibile e serio, perfettamente consapevole che la curiosità del ragazzino non si sarebbe fermata lì.
“E tu non l'hai ancora trovato?” domandò infatti dopo un attimo, ora di nuovo corrucciato mentre fissava la pagina senza davvero vederla.

Questa volta l'altro non rispose affatto.

Quando Stiles si costrinse ad alzare cautamente gli occhi per incontrare i suoi, si sentì mancare il respiro di fronte allo sguardo profondo che Derek, apparentemente imperturbabile, gli stava rivolgendo quasi fino a leggergli dentro. Sotto quegli occhi verdi e intensi, Stiles si sentì totalmente e irrimediabilmente esposto.
Quando distolse lo sguardo, travolto dalle troppe sensazioni, percepì l'altro lasciare la stanza.
Per un attimo si chiese se anche questo fosse un argomento infelice, e – di conseguenza – si sentì un po' infelice anche lui.

 


Stiles sentì vagamente un'esplosione assordante, poi Derek che indietreggiava fino a far scontrare la schiena con il suo petto, una mano subito indietro per afferrarlo e tenerlo stretto all'avambraccio, per esser certo che non gli sfuggisse, per proteggerlo da qualsiasi cosa stesse succedendo. Ma l'esplosione l'aveva sentita unicamente lui.
 


Derek a volte era scontroso, cupo, come se ce l'avesse costantemente con il mondo oppure con se stesso, Stiles non avrebbe saputo dire con certezza quale delle due –forse entrambe.
Quando pensava che l'umano non gli stesse prestando molta attenzione, qualcosa in lui cambiava e sembrava arrabbiato, ferito e rassegnato, in un modo così evidente e destabilizzante che Stiles ogni volta sentiva qualcosa dentro di lui incrinarsi, soprattutto si sentiva impotente e – per quanto assurdo – si sentiva anche come se fosse compito suo cancellare tutte quelle emozioni, sostituirle con qualcosa di bello, qualcosa che eliminasse quell'espressione abbattuta dal volto del licantropo.
Vederlo così, lo faceva sentire vuoto.

“Sì, beh, c'è Scott che continua a provarci con questa Allison” parlò nella speranza di distrarlo dai pensieri che gli avevano evidentemente occupato la testa, “lavora in questo bar e lui è innamorato perso, giuro che a volte ne parla così tanto che vorrei buttarmi dalla finestra, perché va bene che lui ha dovuto sopportare per un'infinità di tempo le mie chiacchiere infinite su Lydia, ma...”.
Stiles si fermò un attimo, corrucciandosi, e poi arricciò il naso.
Accidenti, non ci avevo pensato in effetti: glielo devo, se lui ha provato la stessa cosa che provo io quando inizia a parlare di lei, allora sono stato davvero un mostro. Come avrà fatto a sopportarmi per tutti quegli anni con la mia fissa per Lydia?” il discorso gli era sfuggito di mano, ma Derek lo stava guardando incuriosito: quando Stiles lo notò, si sentì in dovere di spiegare “Ah sì, beh, sto parlando di Lydia Martin, la bellissima, intelligentissima e incredibile Lydia Martin, sono stato cotto di lei per un tempo infinito, poi siamo diventati amici e mi è passata, comunque lei sta con quell'idiota di Jackson, che all'inizio odiavo, ma ora in un certo, strano, assurdo modo gli voglio bene”.

Stavano camminando fuori nella riserva – perché , quella alla fine era davvero la riserva di Beacon Hills, nessun altro luogo sulla carta geografica in cui si teletrasportava misticamente – e il percorso gli sembrava sconosciuto e immenso, mentre se ne stava con le mani nelle tasche della felpa e lo sguardo nel parlare si muoveva freneticamente da davanti a sé a Derek.
Derek, che lo osservava silenziosamente come se quello che diceva, gli interessasse davvero.
Magari era davvero così, magari per qualche ragione gli importava.

“Ma comunque è impossibile non avere un debole per Lydia, per quanto ora che la conosco bene sia anche piuttosto inquietante, soprattutto quando mi guarda in quel modo... Come se volesse uccidermi da un momento all'altro, ma non come te le prime volte in cui sono venuto qui, lei ha un modo tutto suo di mettere ansia, ci sono dei momenti che è da brividi... Ma posso sapere una cosa? Cosa intendevi quel giorno quando mi hai detto che la casa è nascosta?”
L'espressione sorpresa di Derek espresse il suo stupore di fronte all'improvviso, inaspettato e brusco cambio di argomento da parte dell'altro, che ora lo guardava incerto, torturandosi un po' le mani come se temesse di aver chiesto qualcosa di estremamente sbagliato.
L'attimo dopo quelle mani le stava già scuotendo a mezz'aria come a scacciare una mosca e distolse rapido lo sguardo, maledicendosi mentalmente.
“Niente, niente, fa finta che non ti abbia chiesto niente” farneticò, senza il coraggio di vedere la sua reazione: era un bel momento, non voleva rovinarlo con domande stupide e odiava il suo maledetto filtro, che – come al solito – lo aveva fatto parlare prima di poterci ripensare.
Derek rimase in silenzio, lo sguardo pensieroso dritto sul percorso che aveva di fronte.
“La casa è protetta, nessuno si può avvicinare” gli rispose infine, prima di lanciargli una veloce occhiata e aggiungere: “a parte rare eccezioni”. L'altro infatti aveva già fatto per contraddirlo, pronto a ribattere a quell'iniziale imprecisione.
Sentì Stiles trattenere il respiro per un momento a quel chiarimento.
“È così da un po' di anni, soltanto io posso uscire e tornare quando voglio senza problemi” continuò, immergendo le mani nelle tasche dei jeans e riprendendo a fissare l'ambiente che lo circondava, mentre camminavano fianco a fianco “tu sei l'eccezione, Stiles, non era mai venuto nessuno prima, ed è un incantesimo forte, ha i suoi modi per permetterti di stare qui”

Nonostante tutto quello che aveva appena ascoltato attentamente lo avesse colpito, alimentando la sua curiosità, a Stiles – al posto di dare il via a tutte le intelligentissime domande che gli affollavano la testa – uscì un ironico “sì, incasinandomi la mente e rendendomi la vita impossibile, ecco il modo” che era finalizzato a smorzare la situazione, perché lui era fatto così, ma dall'espressione improvvisamente afflitta di Derek nel sentirglielo dire, si dette irrimediabilmente dell'idiota.

Per quel giorno il discorso si chiuse lì.

 


Il suo sguardo vagò a rilento intorno a lui, quasi fosse tutto a rallentatore, i suoni lontani e ogni scena che gli vorticava davanti agli occhi in modo non naturale, e sentì la presa ferrea di Derek al suo braccio in modo così vivido da stonare con il resto delle sue percezioni, ma gliene fu grato e senza pensarci di più si aggrappò a lui di rimando.
 


Ormai era in quel posto quasi tutti i giorni, ci andava ogni volta in cui suo padre era di turno, o si inventava che usciva con Scott quando non lo era, e ringraziava il cielo sia per la presenza di Allison, che teneva distratto a tempo pieno il suo migliore amico, sia per la piccola fuga improvvisa di Lydia e Jackson nella casa in montagna di lei: nessuno si era accorto delle sue sparizioni, riusciva a passare inosservato senza troppi problemi.
Stiles e Derek in quel poco tempo si erano avvicinati molto senza neanche rendersene conto, come se fosse la cosa più naturale di sempre. Fra loro c'era una spontaneità che in altri casi entrambi avrebbero formato in anni, si sentivano a loro agio, come se solo l'uno con l'altro potessero essere davvero loro stessi, senza il bisogno di preoccuparsi di dire o fare qualcosa di sbagliato, senza la necessità di indossare una maschera.
A Stiles piaceva poter parlare e raccontare, mentre l'altro lo ascoltava silenziosamente interessato, oppure starsene entrambi per ore senza dire una parola o conversare distrattamente di cose varie, concedendosi qualche informazione reciproca.

“Derek?”

Il diretto interessato, seduto a terra, a quel debole e biascicato mormorio abbassò lo sguardo sul ragazzo che se ne stava sdraiato sul pavimento di schiena con la testa sulle sue gambe, una mano sulla pancia e i capelli tutti scombinati. Fino a un attimo prima si stava riposando beatamente, mentre il licantropo leggeva un libro – entrambi posizionati di fronte al camino acceso – ma adesso l'umano lo stava fissando dal basso, lo sguardo un po' lucido e la parte sinistra del volto costellata di nei illuminata dalla luce del fuoco caldo che avevano davanti.
“Mm?” fece solo in risposta, osservandolo, spostando lo sguardo su ogni dettaglio di quel volto un po' segnato dalla stanchezza visto il risveglio improvviso, prima di tornare a incontrare i suoi occhi leggermente socchiusi.
Stiles fece lo stesso, il suo sguardo corrucciato si mosse leggermente più volte sul volto dell'altro, la sua testa visibilmente colma di pensieri, e sembrò sul punto di dire qualcosa di importante, le labbra schiuse e il respiro pesante, ma alla fine si morse forzatamente il labbro, distolse cupo lo sguardo e si girò su un lato, dandogli le spalle e portando le mani fra la sua guancia e le gambe di Derek a mo' di cuscino.

“Niente” bisbigliò a malapena subito dopo, il cuore che gli martellava nel petto e un'emozione strana nell'aria intorno, facendo calare di nuovo il silenzio.

Derek tornò a leggere il suo libro, senza riuscire davvero a concentrarsi sulle parole.

 


Gli si gelò il sangue nelle vene.
Stiles sgranò gli occhi e sentì la gola prosciugarsi, quando vide una figura femminile davanti a lui, oltre Derek e suo padre. La testa iniziò a dolergli fastidiosamente e un senso di nausea gli premette nello stomaco, facendolo gemere.
La donna lo fissava dritto negli occhi in modo profondo e quasi spaventoso, ma nessuno – oltre lui – parve vederla, proprio come nessuno aveva sentito l'esplosione: lo sceriffo e il licantropo continuavano indisturbati, il primo ancora con la pistola carica puntata verso l'altro e il secondo combattuto di fronte alla realizzazione di star affrontando il padre di Stiles e il bisogno di portarlo via.
Ma quella donna c'era, Stiles non riusciva a distogliere lo sguardo da lei e ne percepiva il pericolo imminente: quasi di riflesso, ancora coperto di sangue e terra e ferito, cercò di muoversi per frapporsi tra lei e le persone a lui care, ma Derek, protettivo per lo stato in cui lo aveva trovato e allo stesso tempo incapace di decidere cosa fosse bene fare, lo costrinse a rimanere dietro di lui.
Stiles guardò inorridito e impotente lo scenario davanti ai suoi occhi.

 


L'umano quella mattina era uscito da casa sua non appena la macchina di suo padre aveva lasciato il vialetto, dandogli via libera per la fuga giornaliera. Poi dopo aver vagato per un po' nella riserva, si era finalmente ritrovato davanti alla villa: ultimamente, con questo metodo invece che i risvegli improvvisi, più ci andava e meno ci voleva per trovarla, passando dall'attesa iniziale di quasi ore a una manciata di minuti che magari sarebbero diventati presto secondi.
Ad aspettarlo aveva trovato il lupo dal manto nero, seduto compostamente ai piedi delle scale con gli occhi fissi sulla porta e poi su di lui una volta entrato. Lo aveva guardato con quel suo solito sguardo serio e come le altre volte in cui era successo, Stiles, quando gli era passato accanto, gli aveva passato la mano dietro l'orecchio come fosse stato un animale qualunque, non un uomo, facendogli digrignare i denti in modo falsamente irritato dal gesto compiuto. Aveva riso della sua teatrale reazione e poi si era avviato verso la cucina, nella speranza che qualsiasi cosa animasse la casa potesse leggergli nella mente e realizzare i suoi desideri: era così che, poco dopo, Derek era tornato umano, aveva indossato dei vecchi pantaloni di una tuta grigia e insieme si erano ritrovati seduti come sempre in terra di fronte al fuoco della biblioteca con ciascuno una tazza di cioccolata calda tra le mani.

“Demenza frontotemporale, non esiste cura” disse piano, quasi in un bisbiglio rauco contro la tazza ancora fumante, prima di prendere un altro piccolo sorso della bevanda densa, lo sguardo perso nelle fiamme del camino che li illuminava debolmente e la testa piena di ricordi che avrebbe preferito rimuovere, pur di non ricordare sua madre unicamente in quel modo. “Ero un ragazzino quando ha iniziato con il delirio, immaginava cose, era paranoica e ha sofferto abbastanza di disfasia, aveva difficoltà con il linguaggio, non riusciva a capire, né a comunicare” il tremolio nella voce lo costrinse a concludere e a riprendere a bere per non dover continuare, mentre Derek, al suo fianco, a ogni percezione di dolore proveniente da Stiles, sembrava soffrire lui stesso dentro, nonostante non lo desse a vedere troppo fuori.
Avrebbe voluto afferrarlo e stringerlo a sé, strappargli via ogni male e donargli il mondo, per cercare in ogni modo possibile di eliminare qualsiasi cosa non fosse serenità, ma sapeva meglio di chiunque altro che non sarebbe stato del tutto possibile.

Nessuno dei due ricordava neanche come erano finiti a parlare di quello, semplicemente era uno di quei momenti in cui condividevano qualcosa l'uno dell'altro, lasciandosi conoscere più a fondo.

Gli occhi lucidi di Stiles, le mani strette alla tazza con forza per fermare il tremolio incontrollato e l'espressione affranta, l'odore di tristezza e vuoto nell'aria, furono per il licantropo come una corda stretta intorno al collo, mentre un senso di impotenza lo opprimeva all'altezza del petto.
“La casa è andata a fuoco un po' di anni fa, ecco perché è in queste condizioni” si decise ad ammettere, incredulo di fronte alla consapevolezza che quella era la prima volta che ne parlava ad alta voce, ma dirlo a Stiles sembrava naturale, era come dirlo a se stesso.
L'altro sobbalzò impercettibilmente, viste le volte in cui avrebbe voluto chiedere e quelle in cui Derek era sembrato sul punto di spezzarsi per qualcosa legato all'argomento, tanto da farlo lasciar perdere: smise di occuparsi della sua cioccolata e si bloccò a fissare di fronte a sé in attesa.
“Dei cacciatori contrariati dall'esistenza dei licantropi, e soprattutto dalla forza della mia famiglia, hanno circondato la casa di una particolare cenere che fa da barriera a quelli come noi, costringendo tutta la mia famiglia dentro senza la possibilità di uscire, e poi hanno appiccato l'incendio”.
Stiles inorridì, sgranò gli occhi di fronte a quello che comprendeva quell'affermazione e l'attimo dopo stava guardando Derek incredulo, mentre la sua mente iniziava a mettere insieme alcuni pezzi: il ricordo sbiadito di suo padre che si occupava di un caso terribile, chiuso nel suo ufficio per nottate intere pur di trovare delle prove schiaccianti, un ragazzo adolescente seduto da solo alla centrale, lo sguardo vacuo e assente, arrabbiato a volte, mentre i colleghi dello sceriffo cercavano di capire come una disgrazia del genere fosse potuta accadere.
“Io non ero in casa, ecco perché sono vivo” aggiunse Derek, prima di farsi forza e girarsi anche lui per guardarlo negli occhi: si sorprese, tornando bruscamente alla realtà, nel ritrovare in essi le stesse cose che aveva provato lui stesso nel percepire la sua sofferenza quando gli aveva parlato di sua madre poco prima, la stessa empatia e lo stesso desiderio sconcertante e viscerale di consolarlo.

Forse fu prima Stiles a sporgersi, o forse Derek, i cui occhi si tinsero di rosso prima di chiudersi definitivamente, ma le loro labbra si trovarono all'unisono a metà strada, scontrandosi con cautela, un tocco bramato inconsciamente da tempo, mentre le mani di Stiles circondavano in un appiglio necessario il collo dell'altro, e Derek avvolgeva con le sue il suo volto per avvicinarlo maggiormente a sé, entrambi quasi in modo disperato, le due tazze di cioccolata fumante ora dimenticate da una parte.

Fu confortante, liberatorio e istintivo, perfetto, mentre si cercavano a perdifiato, avvolti nel calore del camino acceso e nella penombra della vecchia biblioteca, come fosse la cosa più naturale del mondo. L'unica certezza.

 


“Ciao, Stiles.”
Intorno a lui all'improvviso non c'era più assolutamente niente a parte quella donna sconosciuta, entrambi circondati da quella che sembrava una stanza dal soffitto e il pavimento bianchi, ma lui non riusciva a vedere dove questa finisse: sembrava immensamente vasta, sicuramente irreale.
“Io sono Kimera, tu e io ci siamo già incontrati in circostanze particolari, ma tu non puoi ricordarlo: preparati, adesso ho una storia da raccontarti”.
E Stiles non poté far altro che assecondarla.




 



 



Angolo della pazza: 
Qui è il degenero, non dico altro. Non sapete quanti dubbi mi sono venuti su questa storia e sul finale a cui avevo pensato, ma alla fine mi sono decisa!
E ce l'ho fatta a pubblicare in una settimana circa, visto?
Come vi avevo detto, io amo i flashback e quindi ecco il capitolo basato perlopiù sui ricordi. Ho cercato di dare un'idea, come scritto all'inizio, di come si sono sviluppate le cose tra Stiles e Derek a ogni incontro, spero abbiate colto ciò che c'era da cogliere ^^" soprattutto nel primo ricordo (?) Insomma, Derek sa dalla prima volta in cui l'ha visto che Stiles è il suo compagno, ecco spiegati tutti i suoi atteggiamenti, e alla fine anche Stiles ha ceduto.
Quindi nel presente, dove lui, suo padre e Derek sono nella riserva, il bacio è già avvenuto, ecc, ecc...   
E poi c'è Kimera! Come personaggio in questa storia è molto importante, ma spiegherò tutto nel prossimo capitolo.
Cooomunque. Questo, non vorrei dirlo, ma secondo i programmi è il penultimo (omg, non ci posso credere!) e il prossimo sarà complicatissimo, perché dovrò spiegare 4576546545 cose. 
Cercherò di scriverlo velocemente, ma non vi prometto niente: giovedì ho compito di matematica, venerdì interrogazione di storia e martedì prossimo simulazione di terza prova, perciò proverò a scrivere nel poco tempo libero e - nel caso - martedì prossimo, dopo la simulazione, mi dedicherò solamente a questo, visto che poi iniziano le vacanze. 
Vabbé, non aggiungo altro... Ho la testa che mi esplode ç.ç 
Grazie mille a _shelovesvampires per avermi lasciato un pensiero e grazie mille anche al numero crescente delle persone che mettono la storia fra le preferite/seguite/ricordate.
Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto ^^" ç.ç fatemi sapere cosa ne pensate. 
Alla prossima, 
Lawlietismine 
 
  
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