-CAPITOLO
13-
LOS ANGELES
– TRE ANNI E MEZZO PRIMA
Allison gemette
stringendo le mani
di Elijah che stringevano le sue. Gli baciò il collo prima
di spostarsi sulla
sua parte di letto e rise fissando il soffitto.
“Cavolo Mikaleson,”
gli disse.
“Credo che mi mancherai quando sarai ripartito.”
Elijah si
girò verso di lei e allungò
una mano passandole due dita sulle labbra. “Credimi, il
sentimento è reciproco”
sussurrò abbozzando un sorriso. “Stasera vorrei
portarti a cena.”
Lei
incrociò il suo guardo prima di sollevare
la testa sorreggendola con la mano. “A cena fuori?”
“Sì,
un bel ristorante per una bella
signora. Vorrei vederti con un bel vestito e vorrei tenerti la mano per
tutta
la sera.”
Allison sorrise.
“Sotto tutta la
passione si nasconde un animo romantico allora.”
“Se
avessi l’anima direi di sì”
scherzò
lui, ma nei suoi occhi si poteva leggere una lieve malinconia.
“Hey”
mormorò la donna poggiandogli una
mano sulla guancia. “L’animo umano è
pieno di potere ma non sono del tutto
certa che sia ciò che fa di qualcuno una persona. Ho visto
esseri
soprannaturali comportarsi più umanamente e decentemente di
tanti esseri umani,
Elijah. Come te per esempio… Non hai l’anima ma
sei più compassionevole,
appassionato e buono di tanti uomini.”
L’Originale
si prese un attimo per
perdersi negli occhi belli e lucidi di Allison. Quello sguardo
era pieno
di ombre, colpa di un passato piuttosto ingombrante, un passato che gli
aveva
raccontato con molta tristezza. “Sei bellissima
sai?”
“Più
di tutte le donne che hai incrociato
nel corso dei secoli?” la donna rise.
“Sì”
ammise lui serio. “sì, molto di
più.”
Con un gesto
lento Allison si alzò dal letto e si sistemò il
vestito, indossò nuovamente le
scarpe e poi finalmente si voltò a guardare Elijah.
Si accorse,
mentre lo faceva, che aveva evitato di farlo prima per paura di leggere
qualcosa di terribile dentro il suo sguardo. E per terribile intendeva
un’espressione che sapeva di addio o peggio ancora di
pentimento.
Per lei era
stato bello ed intenso e pieno di amore… ma non sapeva
esattamente cosa fosse
stato per lui.
Quella
situazione era dannatamente complicata, tanto complicata che a volte
sperava di
poter tornare indietro a sei mesi prima, quando quella pallottola le
aveva
trafitto il fianco costringendola a chiedere aiuto.
Sarebbe
stato meglio andare in ospedale, quantomeno si sarebbe risparmiata un
sacco di
complicazioni.
L’amore
fa schifo le aveva
detto una volta una ragazzina che aveva incontrato, in lacrime, al
reparto
surgelati di un supermercato, quando le aveva chiesto se stesse bene.
Allison
aveva sorriso dandole una carezza gentile sui capelli, poi le aveva
offerto un
gelato e qualche consiglio; mai annullarsi per un uomo, mai
piangere per lui
perché nessuno merita le tue lacrime, neppure la persona che
ami o credi di
amare.
Eppure lei
in quel momento, mentre piegava entrambe le braccia alla disperata
ricerca
della zip del suo vestito, aveva tanta voglia di piangere.
C’era silenzio nella
stanza e lei si sentì terribilmente in imbarazzo, senza
sapere neppure
esattamente perché.
“Faccio
io”
Elijah si spostò dietro di lei, alzò piano la zip,
poi le posò un bacio sulla
parte di collo lasciata libera dai capelli. “Stai
bene?” le chiese incontrando
il suo sguardo spezzato nel riflesso dello specchio di fronte a loro.
Allison
abbassò gli occhi, mordicchiandosi il labbro nel tentativo
di riprendere il
controllo. Però, anche se voleva annuire, si
ritrovò a scuotere prudentemente
il capo. “Non lo so” gli rispose guardandosi le
mani. “In questo momento un
sacco di domande mi gironzolano in testa.”
“Chiedi
pure” le disse lui facendola girare, baciandole entrambe le
mani, una alla
volta.
“Meglio
di
no” Allison si liberò da quella presa delicata ma
decisa. “Non sono sicura che
le risposte mi piacerebbero” disse sincera. “La
cerimonia sarà finita a
quest’ora. Meglio andare di sotto.”
“Hey”
l’Originale la afferrò piano per un braccio e la
tirò verso di sé. “Non è
stato
un capriccio e nemmeno un ripiego, se è quello che stai
pensando.”
“Ma
non è
stato neppure amore, non per te almeno. Ecco a cosa stavo
pensando.”
Si
liberò di
nuovo dalla presa, ma stavolta Elijah la lasciò andare.
Anche se lo fece con un
nodo in gola.
****
Allison era
seduta in un angolo a bere vino, persa nei suoi pensieri; una mano
stretta
intorno al bicchiere, l’altra stretta intorno al ciondolo che
portava sempre al
collo.
Klaus aveva
visto le occhiate che suo fratello le aveva lanciato, il suo viso
triste,
esattamente come quello della cacciatrice. Pensò che quel
bel viso corredato di
fossette gli piaceva di più quando sorrideva.
“Elijah
mi
ha vietato di uccidere e intimorire la gente…” le
disse avvicinandosi. “Mi sto
annoiando a morte. Ti va di ballare?”
Sperava di
farla ridere ma lei annuì senza cambiare espressione e si
alzò lasciando la
presa sulla sua collana e poggiando il bicchiere di vino sul tavolo
lì vicino.
L’Ibrido
la
condusse sulla pista da ballo e le fece fare una giravolta prima di
stringerla
con delicatezza iniziando a dondolare a ritmo di musica.
“Cosa
ti
turba?” le chiese.
“Perché
pensi che qualcosa mi turbi?”
“Stavi
stringendo la tua collanina” le fece notare Klaus.
“Una volta mi hai detto che
era di tua madre e che stringi il ciondolo ogni volta che sei turbata o
confusa, quasi come se attraverso esso lei fosse capace di infonderti
coraggio.”
Allison
abbassò
lo sguardo fino a fissare quella piccola A di oro
bianco e diamanti che
una volta, tanti anni prima, adornava il collo di sua madre. Poi
abbozzò un
sorriso e parlò senza alzare lo sguardo. “Non sono
certa che stavolta abbia
funzionato.”
L’Ibrido
Originale si accorse, dal tono della sua voce, che stava per piangere.
Gli
occhi, colmi di lacrime quando li rialzò su di lui, glielo
confermarono.
“Niente
lacrime, guerriera” le
sussurrò accarezzandole il viso con il
pollice. “Hai un sorriso troppo bello per permettere a quei
lucciconi che
minacciano di bagnarti il viso di oscurarlo.”
Lei sorrise,
un bel sorriso luminoso, e fece un grosso respiro per riprendere il
controllo.
“Diventare padre ti ha davvero cambiato” gli disse
piegando poco il capo.
“Forse”
Klaus piegò le labbra in una specie di smorfia.
“Ma non dirlo a nessuno. Ho una
reputazione da mantenere.”
“Sarà
il
nostro piccolo segreto” Allison rise mentre la musica finiva.
“Grazie, Klaus.”
Per tutta
risposta lui le strizzò l’occhio prima di
allontanarsi.
****
“Non
riesci
a dormire?” Klaus fu sorpreso di vedere Elijah scendere
giù per le scale a
notte fonda. “Vuoi unirti a me per un bicchierino della
staffa?”
Elijah
scosse il capo, ma si poggiò di spalle al mobile bar e
sospirò. “Credo di aver
bevuto abbastanza per oggi” gli disse. “Ma ho
bisogno di chiederti una cosa e
ho bisogno che tu sia completamente onesto con me.”
“Parla
pure
fratello.”
“Ti ho
visto
ballare con Allison prima. Il modo in cui la guardavi, il modo in cui
danzavate…”
“Fermati
ti
prego” Klaus scoppiò a ridere, interrompendo le
parole del fratello. “Se stai
per chiedermi quello che penso, hai ragione; hai davvero bevuto troppo
Elijah.”
Il maggiore
dei Mikaelson sospirò di nuovo. “Puoi biasimarmi
per averlo pensato? Lei è…”
“Bella
da
togliere il fiato” concluse Klaus per lui. “Ed
è una delle pochissime persone
al mondo a cui affiderei la mia vita senza pensarci un secondo.
L’unica persona
che sa sputarmi in faccia la cruda verità senza farmi venire
voglia di
ucciderla” si fermò e abbozzò un
sorriso. “Ma non provo niente di più che
amicizia e affetto per lei.”
Elijah
scosse il capo sentendosi incredibilmente stupido.
“È stata una domanda
stupida.”
“Lo
è
stata.” Klaus gli diede una pacca sulla spalla alzandosi.
“Ma mentirei se ti
dicessi che non mi fa piacere vederti geloso. Era decisamente ora che
qualcuno
ti scuotesse un po’. Buonanotte, Elijah.”
L’altro
rimase da solo, scosso.