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Autore: Sandra Sammito    16/03/2016    0 recensioni
Christie viveva una vita meravigliosa, accompagnata dalle note del suo pianoforte e dall'amore incondizionato per suo padre. Un giorno, però, è vittima di un incidente che la indurrà a uno stato d'incoscienza duraturo. Il suo corpo è addormentato, ma la sua mente è ancora sveglia e vaga, lontana dal corpo, vivendo un parallelismo dissociato, in cui incontra e conosce altre persone, bloccate nella sua stessa situazione. Ma al suo risveglio... 
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Spero che la storia sia di vostro gradimento e mi piacerebbe se lasciaste delle recensioni perché le vostre critiche mi sarebbero d'aiuto. XOXO 
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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4. L’inizio di una fine
 
Christie Ackles era tutto fuorché avversa all’ansia. Si potrebbe dire addirittura che fosse la ragazza più ansiosa tra tutti i suoi coetanei, perché di un piccolo problema ne faceva un dramma prorompente. Non era sicuramente il tipo indifferente che non dava peso ai problemi – a parte quando suonava il pianoforte – e questa volta sentì che la sua vita stava cambiando ulteriormente.
Per tutta la notte chiuse e aprì gli occhi, senza prendere sonno. Il volto di Theo le appariva nella mente, sebbene non fosse nitido e stagliato. Per giunta le apparve difficile pensare a qualcos’altro, perché Theo si era introdotto nei suoi pensieri, incollandosi come una sanguisuga e senza la minima intenzione di mollare la presa.
Sdraiata sul suo ampio letto, con le lenzuola in seta che la avvolgevano fino alla testa, Christie aggrottò la fronte non appena vide i raggi solari dell’alba filtrare dalle persiane. Era giunto un altro giorno e con esso un’altra dose mattiniera di ansia.
Nonostante fossero ancora le sei e un quarto, Christie non ce la fece più a starsene stravaccata sul letto, nel vano tentativo di addormentarsi. Così si alzò, infilò le ciabattine e aprì l’armadio per prendere qualcosa da poggiare sulle spalle. A Sunderland il caldo estivo era quasi un tabù, perché c’era sempre una brezza fresca pronta a infiltrarsi nelle vene e a provocare la pelle d’oca. Christie afferrò una vestaglia sgualcita e, prima di richiudere le ante dell’armadio, proiettò gli occhi su una scatola all’interno: la “Scatola dei ricordi di Thestie”, ossia di Theo e Christie. Si sorprese di averla ignorata per un anno intero, anche se si era ripromessa di buttarla nel fondo di una pattumiera.
Spinta dalla voglia di rivangare i ricordi ancora una volta, si sedette sulle ginocchia e tirò fuori la vecchia scatola. Aprendola vi trovò una serie di cianfrusaglie e regali: collane e bracciali, un cuscino su cui Theo aveva fatto stampare le loro foto, un album con altrettante loro foto, peluche vinti insieme a lui ai lunapark; alcune lettere che Theo, nei rari momenti di dolcezza, le scrisse; un capello da cowboy che le regalò durante un ranch, e alcuni souvenir. Una scatola strapiena della loro storia. Ma Christie serrò le labbra e ostentò un triste sorriso quando notò, in fondo alla scatola, la felpa rossa di Theo. Ebbene sì, non gliela ridiede più indietro, poiché fu per lei il primo vero e sincero ricordo di Theo, la felpa che sniffò per un’intera settimana perché impregnata del profumo del ragazzo.
Ad un tratto, invasa dalle forti emozioni, agguantò il cellulare e rispose al messaggio a cui ancora non aveva dato risposta. Gli scrisse: “Ciao. Di cosa vorresti parlarmi?”
Be’, si pentì un minuto dopo averlo inviato, ma ormai era fatta. Pensò che, essendo ancora mattina presto, le avrebbe risposto delle ore dopo. E invece rimase stupita quando, a distanza di dieci minuti, vide un altro messaggio da Theo. Le sembrava così strano, il suo nome non appariva sullo schermo del suo cellulare da un anno e adesso era come rivivere dei flashback.
“Te lo spiegherò. Possiamo vederci oggi alle 09:30 davanti al Coffee Break?”
Rispose che per lei andava bene e improvvisamente credette anche che non dovesse parlarle di niente di eccezionale. Magari sarebbe stato uno di quegli incontri con gli ex, in cui uno propone all’altro di tornare ad essere amici e dimenticare il passato. Christie non avrebbe mai accettato una simile proposta. Con quale coraggio avrebbe mai potuto ritenere amico colui che prima chiamava “amore”?
 
Alle nove di quella mattina, Christie era già pronta fisicamente e psicologicamente – ma su quest’ultima c’era ancora qualche dubbio. Aveva la stomaco in subbuglio e non uscì dalla sua camera per tutto quel tempo. Ormai aveva compreso di essere troppo trasparente e, se i suoi genitori l’avessero vista lavata e vestita già alle nove del mattino e con un’aura decisamente di un colore rosso fuoco, avrebbe dovuto patire i loro interrogativi e il loro terzo grado, soprattutto da parte della signora Ackles. Aveva ancora del tempo a disposizione, prima di uscire da lì e farsi venire il mal di testa per la troppa agitazione in grembo. E poi non voleva essere né in anticipo né puntuale, per non apparire impaziente e non dare l’idea di una che non vedeva l’ora che arrivasse quel momento.
Dopo una ventina di minuti si mise in marcia, sgattaiolando fuori dalla camera in fretta e salutando i suoi genitori con l’agilità di un ghepardo, in modo da scansare le loro domande. Nella borsa, poco prima di andare via, infilò la felpa rossa di Theo, senza se e senza ma. Almeno quella voleva restituirgliela, come se fosse un conto in sospeso. E poi perché l’ultima volta le aveva portato fortuna.
Mentre si dirigeva a passi brevi verso il bar dove sarebbe avvenuto l’incontro, da lontano intravide all’istante la sagoma di Theo e il tremore aumentò a dismisura. Fece un respiro profondo per darsi una calmata e avanzò. Theo era tremendamente solare quella mattina, ma non perché fosse l’immagine della felicità, bensì per il suo aspetto che a Christie faceva girare la testa: abiti casual, capelli e barbetta lunghi al punto giusto e uno sguardo radioso.
Quando Christie entrò nel suo raggio visivo, Theo parve irrigidirsi, ma addolcì il tutto con un sorriso.
«Ciao.» salutò lui per prima, il suo tono era moderato.
«Ciao.». La voce di Christie era flebile e instabile. E poi mi chiedo in che modo possa essere così trasparente, pensò Christie tra sé.
«Entriamo dentro?» domandò lui e Christie annuì.
Seduti ad un tavolo, tra i due tramontò il silenzio e vi era solo un netto scambio di sguardi. Ordinarono due caffè, ma Christie avrebbe preferito di gran lunga una camomilla.
«Allora, come stai?» ruppe il ghiaccio Theo.
«Sto bene. Tu?»
«Non c’è male.»
Theo si grattò il naso e Christie tamburellava le dita sul tavolo.
«Suoni ancora?»
«Certo.» rispose Christie con una nota di ovvietà. «E tu? Sei entrato al college?»
«Sì, a Oxford. Inizierò a Settembre le lezioni.»
«Buono. Sono felice per te.»
Il cameriere portò le loro ordinazioni più il conto, ma non appena le delicate narici di Christie inalarono il vapore aromatico del caffè, nello stomaco sorse un sintomo di nausea, per cui non ne bevve neanche un goccio. Senza farci caso si ritrovò a scrutare Theo mentre sorseggiava il suo.
«Non che frema dalla voglia di sapere cos’hai da dirmi, ma devo ammettere che il tuo messaggio mi ha turbata. Quindi siamo qui, puoi anche iniziare se vuoi.» asserì Christie, facendosi seria.
Theo terminò il suo caffè e fece un lungo respiro. Poi disse: «È un po’ difficile sai? Avevo pure preparato un discorso sensato, ma mi accorgo solo ora che ho dimenticato tutto. Non pensavo che potesse risultare così arduo.»
«Okay, tranquillo. Esprimiti a parole tue.» disse Christie, tentando di rasserenarlo.
«È da un paio di settimane che mi capitano delle coincidenze che ricollego immediatamente a te. Ho ripensato a te, a noi, ogni ricordo mi spingeva a pensarti e a sognarti senza tregua. E naturalmente ho ricordato anche il motivo per cui tra noi è finita e ti giuro che mi sono schiaffeggiato da solo per quanto sono stato coglione. Mi sono comportato da immaturo ed egoista e non ti ho neanche chiesto scusa, né mi sono fatto più sentire.»
«L’importante è rendersene conto.» specificò Christie, sarcastica.
«Ti ho chiesto di vederci per chiederti scusa innanzitutto. Perdonami. Ho rovinato tutto e non ho apprezzato il modo in cui mi amavi. Io ti amavo, sul serio e…»
«Non mi pare che tu me ne abbia dato prova. Mi amavi anche mentre te la facevi con quella cubista tutta culo niente cervello?»
«Ero ubriaco.» si giustificò Theo.
«Hai detto bene. Eri ubriaco e quando uno è ubriaco, fa uscire il lato effettivo di sé, la vera natura. E tu sei fatto così.»
«Sono cambiato.»
«Ah, non venirmi a dire baggianate. Come se in un anno tu non abbia ripetuto le stesse zozzerie.»
Theo chinò lo sguardo e, con aria supplichevole e pentita, disse: «Hai tutto il diritto di essere arrabbiata con me e chissà quante cose vorresti dirmi in questo momento, ma ti limiti. Dimmi pure che sono uno stronzo, un bastardo, un bambino che non cambierà mai, ma io sono sincero quando ti dico che mi manchi e che voglio ritornare a parlare con te come una volta.»
Christie scosse la testa, titubante. «Posso perdonarti, ma non dimentico i momenti in cui mi facevi sentire una pezza e in cui mi trattavi come se non provassi sentimenti. Tornare a parlare come una volta significa tornare ad essere com’eravamo una volta e mi sembra una presa in giro.»
«Non lo è. A te sembra, ma ti assicuro che non c’è niente di male.»
Christie rise per disperazione, non poteva credere alle sue orecchie. Ancora una volta Theo dimostrò di sbattersene di ciò che passò lei, pretendendo l’affetto delle persone come un bambino viziato vuole a tutti i costi un giocattolo nuovo.
«Non abbiamo più niente in comune, a partire dal fatto che ora tu andrai a vivere a Oxford e io a Londra. Non so più niente di te, come tu di me. Viviamo due vite distinte e separate e credo che esista un motivo per tutto, perfino per la rottura della nostra storia.»
«Appunto. Io non voglio ricominciare da dove abbiamo terminato. Io voglio ricominciare tutto da capo…»
Se avesse usato il termine “vorrei” invece di “voglio”, Christie avrebbe anche potuto farsi convinta. Ma Theo, con la sua esigenza, la stava allontanando con le sue stesse parole.
«Ma perché ci tieni ancora alla nostra storia?»
«Perché sono ancora innamorato di te.»
I due si guardarono e tutto intorno a loro si oscurò. Theo guardava Christie con speranza, Christie guardava Theo con riluttanza. Sta scherzando con il fuoco, disse Christie tra sé e sé. Senza rifletterci, Christie si portò le dita sulle labbra, distogliendo gli occhi da quelli di Theo.
«Me lo stai facendo apposta?» chiese Theo, sorridendo sotto i baffi.
A Christie bastò un solo secondo per capire in pieno il motivo della sua domanda e staccò immediatamente le dita dalle sue labbra. Ricordò che a Theo faceva impazzire e gli faceva venir voglia di baciarla.
«Andiamo. Lo so che anche tu vuoi ricominciare e la cosa ti intriga, ma sei troppo orgogliosa per ammetterlo.»
«E tu sei troppo convinto. Caro mio, non è così. Di certo non sono una masochista, perché so che con te tornerei a soffrire un’altra volta e mi rifiuto.» sentenziò Christie, alzandosi dalla sedia. «Questa è la mia decisione e pretendo che tu la rispetti. Non puoi apparire di punto in bianco, chiedermi di tornare con te e lasciarti via libera, senza solchi e ostacoli. Sbagli a pensare che la gente sia sempre a tua disposizione, pronta ad accontentarti. Perciò vivi la tua vita, come io continuerò a vivere la mia, che fino a ieri era tranquilla e spensierata.». Christie era riuscita a zittire Theo, probabilmente perché persino lui si rese conto che tutto ciò che Christie disse e con cui si sfogò, era vero e sensato. Dalla borsa, Christie uscì la felpa rossa e la poggiò delicatamente sul tavolo. Theo la guardò e socchiuse le labbra in un’espressione di stupore.
«Questa è tua. Ci tenevo a ridartela, anche se non ti entrerà più. Ciao.» terminò Christie, uscendo diretta dal locale.
Theo scattò in piedi dalla sedia, con uno slalom superò i tavoli e raggiunse Christie prima che fosse troppo lontana. La abbrancò per il polso e la tirò verso di sé.  
«Sono disposto a trasferirmi a Londra, se questo significa poter stare con te.» supplicò ancora il ragazzo, questa volta con gli occhi lucidi.
«Non è questo il punto. Per quanto tu tenterai di supplicarmi, io sono ancora ferita, mi sento ancora tradita e per questo non mi fido di te.». Christie si dimenò per liberarsi della presa di Theo, invano.
«Dammi solo una possibilità.»
«È troppo tardi.»
Theo prese il viso di Christie tra le sue mani e si trascinò interamente sulle sue labbra. Perfino attraverso quel bacio supplicava disperatamente di essere accettato. Ma Christie, amareggiata, lo distanziò da sé con uno strattone e lo fulminò con un solo repentino sguardo. Dai suoi occhi traspariva la rabbia, l’appagamento, la paura e il rifiuto. Poi si voltò e scese dal marciapiede per attraversare la strada.
«Non smetterò di implorarti!» urlò Theo per farsi sentire.
Christie ebbe un tuffo al cuore all’udire quelle parole piene di speranza. Theo non avrebbe mollato e lei non avrebbe più trascorso giornate serene. Ma tra tutti i pensieri che ondeggiavano attorno a lei in quel momento, Christie non si accorse che una macchina sfrecciava a tutta velocità sull’asfalto. E, proprio quando si voltò indietro per guardare Theo rientrare nel bar, la macchina la urtò in pieno, facendola balzare sei metri più avanti.
I suoi occhi si chiusero, guardando un’ultima volta il cielo cristallino e udendo, come per immaginazione, il suono delle note del suo pianoforte.
   
 
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