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Autore: _Even    17/03/2016    2 recensioni
«Se una storia è finita, se un'amicizia si è rotta, è meglio evitarsi per ricucire le ferite. Solo così ci risparmiamo altro inutile dolore.»
E se non tutto il dolore fosse inutile?
E se evitarsi non fosse possibile?
E se una storia non fosse del tutto finita?
X Factor 10. Due giudici. Una storia finita nel peggiore dei modi. Un album che ne percorre il destino.
[Mirco]
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Elio, Marco Mengoni, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La nostra estate
 
«Abbiamo fatto scandalo?»
Michael si ridestò da quella specie di torpore in cui era caduto dopo che, tra un bacio appassionato e l’altro, Marco aveva deciso che andava bene accoccolarsi con la schiena contro il suo petto e restare abbracciati come fossero da sempre uniti in uno, da due. Michael per poco non era morto d’infarto di fronte a tanta tenerezza e si era ritrovato a ringraziare mentalmente sua madre per essere venuta a fargli la predica proprio quando Marco poteva sentirla: finalmente, aveva capito che il sentimento nutrito nei suoi confronti era vero e, esattamente come si sperava, era ricambiato.
Per un attimo, un crudele attimo di terrore, non era stato sicuro che Marco fosse innamorato: dinanzi alla sfrontata sicurezza di sua madre, era arrivato a dubitare perfino che qualcuno potesse realmente amarlo.
 
Tempo sei per me
Il migliore che ho

Gli sembrava tanto di rivivere quel momento di tre anni prima a Dublino, quando qualcosa tra loro era scattato. Quando avevano acceso la fiamma, quella pericolosa, bellissima fiamma d’amore.
 
«Marco, possiamo noi parlare?»
Marco scuote la testa. Mi sento morire dentro: non mi parla perché vicino a noi ci sono tecnici, cameraman, stagisti, tutti presenti per vederci all’opera durante gli Home Visit di questa settima edizione di X Factor.
«Vadiamo da altra parte» dico.
La sua faccia terrorizzata mi getta nello sconforto, ma a volte a questo ragazzo bisogna dare uno scossone se si vuole che reagisca. Lo prendo per un polso e lo porto in una stanza isolata dello Shane Castle, un antico castello irlandese nonché albergo a cinque stelle, tranne oggi che è stato chiuso al pubblico solo per noi: le riprese di un programma di tale livello necessitano di un luogo appropriato.
Chiusi in quella camera sfarzosa, potremo finalmente parlare.
«Che cosa è successo, Marco?»
Sgrana gli occhi, quei meravigliosi occhi scuri, che mai avevo visto in vita mia prima di conoscerlo. Spalanca la bocca, un ovale rosso vivo.
«Tu, a me...» balbetta, come fa quasi sempre, «mi hai baciato! Come hai fatto a baciarmi?»
Mi astengo dal dirgli quanto sia semplice e, soprattutto, quanto in questo momento vorrei avventarmi su quell’ovale scarlatto così invitante.
Sorrido al pensiero. «Bocca su bocca, così io bacio. Tu come fa?»
«Non è questo il momento di scherzare» farfuglia, poi inizia a misurare a grandi passi la stanza. «Io ero fuori a fumare una sigaretta in santa pace, avevamo appena parlato della tua convivenza con Tim, qualcuno poteva vederci!»
«Marco, tu respiri» lo prendo per le spalle e lo costringo a guardarmi. «Tu pensi una cosa per la volta, ok?»
Annuisce, con il fiato corto. «Io non vado con gli uomini fidanzati. Non faccio l’amante, soprattutto di uno che è impegnato da più di sette anni.»
Capisco perfettamente cosa voglia dire. Dio solo sa quante volte sono stato io, l’amante della situazione.
«Io e Tim vuole molto bene» cerco di spiegare, «ma cose è così fredde tra noi. Sono tanti mesi che io ti pensa, ti guarda, ti vuole tutte le volte che io è con lui. Oggi, io ho avuto il coraggio di darti un bacio, finalmente.»
Sta per dirmi che sono una persona orribile, lo so. Che dovrei lasciare Tim se c’è qualcosa che non funziona e che, sicuramente, lui non vuole essere secondo a nessuno. Ma qualcosa, una sensazione che ho dentro, mi fa sperare in una reazione positiva. D’altronde, la sintonia che c’è tra di noi è a dir poco palese. Qualcuno la chiama, qui in Italia, “alchimia”.
«Noi ha la alchimia» aggiungo, ricordandomi di quella parola tanto bella che associo immediatamente a qualcosa di magico e misterioso, un po’ come il segreto dell’amore: non sai quando nasce né perché, ma quando arriva lo riconosci benissimo.
Marco mi interrompe, con voce flebile e incerta. «Anche io ti ho sempre pensato, nei mesi in cui ci sentivamo spesso.»
Sorrido e il cuore mi si gonfia nel petto dopo un orribile momento di timore e incertezza.
Oh, sì, questo è proprio amore.
 
«Scandalo?»
 
Il più breve che c'è ad ogni passo sento che
Sarò con te sotto un cielo leggero

Marco si voltò leggermente per guardarlo. «Con la tua famiglia, dico. Stando a quanto dice tua madre, nessun Penniman si è mai messo con un italiano» l’ultima parola venne pronunciata di fretta, quasi senza respirare, evitando che aleggi nell’aria e la appesantisca.
Così Michael, percependone il timore, andò in soccorso del suo uomo. «Sì, io sono il primo Penniman che sta con un italiano» ricalcò quel termine, onde evitare che divenisse un tabù, «ma se pensi che li miei fratelli sono tutte single, ma Paloma ha un compagno e non vuole sposare...»

«Lo scandalo è la norma in casa vostra, ho capito» sorrise.
«La mamma ci chiama i garnements, che è come dire “bambini monelli”» scosse la testa con un sorriso amaro. Sapeva che sua madre aveva fatto tutto quel trambusto solo per il suo bene, ma sapeva anche, dopo anni a stretto contatto con lei, che se non le si poneva un freno era capace di far spostare le montagne a suon di urlacci.
Marco iniziò a torcersi le mani, fissandole come se in quel tramestio di dita vi fosse il coraggio per esprimere chiaramente a parole i suoi turbolenti pensieri.Michael fermò quel moto nervoso, poggiando la sua grande mano su quelle, altrettanto grandi, di Marco. Sospirò.
«Se io sono un problema, se tua madre... se io non dovessi piacerle...»
«Stop» fece, tirandosi a sedere.
Marco emulò quel gesto e lo guardò negli occhi, terrorizzato: aveva forse detto qualcosa di male?
«Tu non sei mai il problema» replicò, con un sorriso. «Tu sei la soluzione.»
 
Su un abisso profondo
Cambieranno tutti gli orizzonti intorno a noi
Di fronte al dolce rossore di Marco, non poté fare a meno che prendergli il viso tra le mani e baciarlo di nuovo.
 
Lo sto baciando di nuovo.
Stavolta è stato Marco a dirmi che potevo, anzi, ha fatto di più: mi ha baciato per primo. Certo, è stato un bacio a stampo minuscolo e fugace, ma ha spianato la strada a ben altro.
Marco è un uomo da baciare all’infinito, con quelle labbra rosse e calde, perfette per essere prese a morsi. Ma non voglio ancora spingermi oltre, ho paura di spaventarlo.
E poi, non sappiamo di preciso cosa ci stia accadendo. Prima mi era venuto spontaneo baciarlo, adesso è un atto deliberatamente fedifrago: sto tradendo Tim in piena regola, Marco è insicuro ma consenziente e nulla si frappone tra di noi eccetto quella stilla di dubbio che ancora ci tiene i cuori stretti in una morsa gelida che va disciolta. Poggio le mani sul suo petto, lo accarezzo e scaldo quel gelo.
 
Solo tu non cambierai
Scaldo lui.
 
«Ti scaldo la carne?»
Michael lo abbracciò da dietro, posando delicatamente le labbra sul suo collo. Stavolta, invece di divincolarsi, chinò il collo di lato e fece spazio a quelle labbra che, se prima erano parse malefiche e tentatrici, ora erano semplicemente dolci, tenere e leggermente dispettose. Il sorriso di Marco dinnanzi a quelle attenzioni avrebbe potuto riscaldare i ghiacci artici, tanto era radioso e irradiava tepore.
«Questa è la mia casa» gli fece notare Michael. «È io che cucino per te, non al contrario.»
Marco si voltò, stavolta osservandolo in pieno viso. Posò le mani sul suo petto, carezzandolo dolcemente.
«Per favore, lascia che faccia qualcosa per te» quasi lo implorò.
Obbediente, l’uno si sedete e l’altro proseguì, intento a preparare quel pranzo casalingo propostogli pocanzi da Michael.
Tra loro aleggiava uno strano silenzio, fatto di malinconia e cose non dette. Perfino la più solida delle case viene intaccata dalla tempesta e la loro, il loro piccolo rifugio d’amore, nella tempesta si andava ancora costruendo.
«Mi sento in colpa» sbottò tutt’a un tratto, gettando il mestolo nella padella. «In questi mesi non ho fatto che starti lontano e darti addosso per evitare che tu mi facessi del male. Solo adesso ho capito quanto io ne ho fatto a te e, a causa mia, quanto ancora dovrai soffrire. Questo non è giusto.»
Sospirarono entrambi, parlando il linguaggio del rimorso. Con i sospiri si parlava soltanto in due occasioni, una delle quali era il classico rammarico di coloro che vorrebbero rifare tutto, potendo tornare indietro.
Quest’ultimo non sapeva bene cosa dire. Marco aveva bisogno della verità nuda e cruda e, sì, il suo comportamento gli aveva fatto male, ma la colpa era stata sua, per primo.
Si maledisse non una, non cento, ma mille e più volte. Si erano fatti tanto male a vicenda, e le loro azioni parevano andare più in là dei loro cuori se il passato ancora tormentava la mente di Marco. Quel ragazzo dolce e fragile era terrorizzato all’idea di fargli del male e, quel che più contava, la consapevolezza di avergliene già fatto lo faceva tremare d’ira e di vergogna, scuotendo le vene e i polsi con forti brividi.
 
Marco è scosso dai brividi. È così bello, così fragile, ho paura quasi di romperlo.
«Non essere spaventato» gli raccomando, mentre lo aiuto a sfilarsi quell’elegantissima, ma assolutamente scomoda, camicia a body che indossa.   
«La fai facile, tu» trema come se avesse freddo, nonostante la temperatura all’interno della stanza sia del tutto estiva.
Gli prendo il viso tra le mani e poggio la fronte alla sua, piantando i miei occhi nei suoi. Deve sapere di essere al sicuro, con me. Che non gli farei mai nulla che lui non voglia o che non desideri tanto quanto me.
 
E mentre gli altri sono solo un attimo
Tu da sempre sei e per sempre sarai

Marco mi abbraccia, quasi commuovendomi. Sembra un ragazzino alla sua prima volta e io, quello che definirebbero un animale da letto, mi sento addosso una responsabilità enorme. Se farò troppo o troppo poco, se gli farò male per troppa paura o per troppa spavalderia, se farò un passo falso, ricadrà tutto su Marco e questo non lo voglio.
Lo circondo con le mie braccia e me lo stringo sul petto, tenendolo più che posso, e così uniti ci distendiamo assieme sulle lenzuola di cotone egiziano, tanto bianco da far apparire la pelle di Marco, già di per sé olivastra, ancor più scura. Ancor più sensuale.
Oh, i londinesi non hanno questo aspetto. Carini, alcuni belli, tutti chiari, biondi come il grano di giugno o castano scuro con la pelle gremita di lentiggini. Per lo più, scialbi.
L’Italia sembra la terra della tentazione, con quei corpi scolpiti e quel capelli folti, gli incarnati scuri, al limite del mulatto, le barbe ispide e incolte.
E poi c’è Marco. Marco è il tipico uomo italiano e mi fa impazzire. Come se già non amassi abbastanza questo paese, mi ritrovo ad amare un italiano. Quale sorpresa per uno come me.
Ne amo il corpo, tanto quanto il cuore, la mente, l’anima.
Questo ragazzo è mio.
 
«Mio.»
«Cosa?»
Michael allungò una mano al fornello e abbassò la fiamma fino a spegnerla del tutto. La carne si sarebbe inacidita, marcendo e creando un olezzo nauseabondo. In quel momento, però, l’unico odore presente era quello dolce di un Michael che aveva da poche ore lasciato il calore di un letto ancora sfatto, letto che ancora ne portava l’impronta e il profumo di iris e cannella tipico di quella casa.
«Tu sei mio» disse Michael.
Marco non osò voltarsi, sicché egli lo strinse da dietro e nel suo orecchio, una colata di miele si riversò nella forma di parole d’amore.
«Tu sei mio, tutto. Le tue paure, i tuoi dispiaceri, i tuoi errori, anche. L’amore è prendere tutto, quello che è brutto e quello che è bello di una persona. Tu hai preso me, con tutti i miei grandi sbagli, li hai portati via. Ora io prendo te con i tuoi e cancello da noi.»
 
Tu sei e resterai l'estate mia migliore
Tu sei e resterai l'estate mia migliore
Una volta che ebbe finito di parlare, prese Marco per mano e, preso atto dello stupore di lui, capì cosa doveva fare.
Lo condusse nella camera da letto, dove trovarono quest’ultimo ancora soffice e disordinato, con l’impronta di Michael ben impressa nel materasso. Si sedettero l’uno accanto all’altro e così con trasporto si diedero un altro bacio, in cui Marco riversò ogni singolo timore e, sulla bocca di Michael, ciascuno di essi mutò in una nuova sicurezza. Le loro labbra si fusero con tanta e tale passione che l’ultimo dei segreti venne a galla e uscì dalle labbra di Marco in un gemito.
Michael sapeva cosa doveva fare per cancellare le paure e le insicurezze di Marco: si trattava di affidarsi alla natura dell’uomo e di giacere insieme su quel letto, ancora una volta, dopo mesi di malinconia.
Tornando a vivere.
Forse avrebbero dovuto aspettare, pensò Marco, tra i dubbi. La prima volta che la passione li aveva colti, sotto i cieli d’Irlanda, era stata tanto travolgente da passare su di loro come un uragano e lasciarli, stretti, scarmigliati e madidi di sudore, a chiedersi cosa fosse accaduto. Una catastrofe sublime. Un bellissimo disastro.
Quante cose, però, erano cambiate da allora.
Poi ci rifletté.
Avrebbero dovuto fare l’amore dal primo momento in cui si erano rivisti dopo tutti quei mesi di lontananza. Avrebbe dovuto prenderlo lì, su quel tavolo, di fronte ai suoi colleghi e ai produttori di X Factor e nessuno avrebbe avuto niente da ridirci, ché la loro passione sarebbe cresciuta e avrebbe occupato tutto lo spazio della stanza, scacciando via gli indesiderati –e, quando stavano insieme, chiunque era indesiderato eccetto loro due. Avrebbe dovuto assecondare l’impulso di Michael quando, la notte della sua festa di fidanzamento fallita, in quel piccolo motel londinese, erano andati vicino a unirsi di nuovo. E quante altre occasioni avevano avuto, da quel momento in poi. La notte passata insieme a casa di Marco, i momenti in cui uscivano dagli studi di X Factor per avere dei momenti da soli.
La verità era che Marco e Michael avevano aspettato abbastanza.
 
Sei tutto quello che so
L'assenza di ogni però

Si girò per affrontarlo.
Lo voleva, eccome se lo voleva.
Parlarono il linguaggio dei sospiri, ma stavolta per un motivo diverso dal rammarico. L’altro, l’unico motivo possibile.
 
«Non è impossibile.»
«Ah, no?» balbetta. «Chiedilo al mio...»
«No» sorrido, capendo perfettamente. «Ma giuro che io non fa, capito?»
Marco annuisce e mi fa una tale tenerezza. Ha una paura matta del dolore visto che, a detta sua, tutti quelli che prima di me lo hanno avuto (oh, li cancellerei uno per uno dalla sua memoria, tanta è la mia voglia di averlo solo per me) gli hanno procurato dolore, tanto che dopo le prime volte, è stato lui ad avere gli altri.
Se non potrò essere il primo per lui, per lo meno, intendo dargli una prima volta di piacere senza dolore.
So bene come fare e, sarò sincero, non vedo l’ora di avere di fronte la reazione di Marco, quando capirà quanto è bello provare unicamente goduria.
Poi, come se stessi svelando il più segreto dei misteri, gli slaccio la cintura, gliela sfilo dai passanti dei pantaloni e la uso per attirarlo a me.
Con mano dolce e leggermente curiosa, mi slaccia la camicia e me la fa scivolare dalle spalle, facendomi fremere dalla voglia di farlo subito mio. Come chi trova e scopre un territorio vergine, Marco osserva il mio torace nudo, e presto esso si congiunge alle sue labbra e una pioggia di baci lambisce il mio petto e il mio addome, in modo soave, quasi onorando la mia pelle con i suoi baci. Non resisto oltre e gli sfilo quei pantaloni blu, che ormai sono decisamente di troppo. Svelo la sua erezione, ben visibile anche sotto i boxer. Sono sbalordito dalla sua prestanza fisica, che mi lascia senza fiato.
«Non ti piaccio?» mi chiede prontamente, a metà tra la preoccupazione e il desiderio.
Tutto ciò che potrei desiderare.
«Sì» lo rassicuro, «tu è semplicemente perfecto.»
 
«Semplicemente perfetto» sentenziò Marco.
Marco osservò il petto di Michael alzarsi e abbassarsi ritmicamente, mentre pian piano scopriva il suo ventre e lo liberava da quella maglia di cotone fino, troppo opprimente per i suoi gusti.
Michael arrossì, cosa che non faceva spesso. I complimenti, diceva sempre, lo mettevano a disagio, perché sentiva di non meritarne neppure uno.
Con Marco, però, le cose erano diverse e ogni volta che quel folle uomo contemplava il suo aspetto, non aveva forza né cuore di contraddirlo. Amava il suono di quella voce e con quella poteva dire ciò che voleva, gli avrebbe concesso di tutto pur di continuare ad ascoltarlo.
«Non sei cambiato di un giorno» continuò. «Sei sempre così tonico, e liscio.»
 
E lo spettacolo di fulmini che accende il buio
Baciò Michael proprio sotto l’ombelico, facendolo scalciare leggermente e al contempo rilassare dappertutto. Marco era così: non aveva nessuna tecnica di seduzione e di certo non seguiva quelle tradizionali. Il galateo del sesso prevedeva che si iniziasse a tentare il partner a partire dal collo, o dalla nuca, tutt’al più dalla schiena. Marco, invece, aveva iniziato a baciarlo proprio là, sopra il punto in cui il suo desiderio pulsava, con una tale naturalezza che sembrava non aspettare altro da secoli.
Quella sensazione, non solo di essere voluto, ma di essere bramato con una tale intensità, rese quei baci, già di per sé eccitanti, la più erotica esperienza che potesse anche solo immaginare.
Per quanto incantato da quel delizioso trattamento, ebbe abbastanza lucidità da sfilare la maglia a Marco, il quale si interruppe solo per gettarla via. Chinatosi di nuovo per seguire il contorno dei suoi addominali con la lingua, offrì a Michael una splendida visuale della sua schiena nuda. Poi egli gettò la testa all’indietro, e chiuse gli occhi per concentrarsi sulle sensazioni meravigliose che sentiva.
 
Non può reggere oltre.
Siamo entrambi sul letto, ci stiamo baciando con una tale foga che potremmo addirittura sfondare il materasso.
I nostri corpi strusciano l’uno all’altro, creando quella frizione, quella che mi fa impazzire, che mi fa venir voglia, sostanzialmente, di violentarlo in un modo che lui gradirebbe. Ma come potrei farmi guidare dai miei istinti più bassi, proprio ora che Marco ha bisogno di essere rassicurato e confortato?
Non sa bene quello che fa, lo capisco dalla sua erezione, talmente gonfia che credo gli stia dolendo sotto la stoffa dei boxer, eppure non riesce a fare alcunché, se non continuare ad amoreggiare, con il rischio che venga così, senza aver sperimentato il piacere che intendo donargli.
 
«Se continui così» gemette Michael, la voce arrochita dalla lussuria, «io vengo in li miei pantaloni.»
Marco sorrise e osservò con venerazione il suo bassoventre, poi gli sfilò i pantaloni e i boxer, tutti e due assieme, con un solo colpo secco che lo fece urlare come una vergine alla prima notte.
«Ti ho fatto male?» domandò immediatamente, a metà tra la preoccupazione e la voglia incontrollabile.
Sgranarono gli occhi.
Michael venne colto da un forte senso di déjà-vu.
Capì che nulla sarebbe andato storto e, in quel preciso istante, anche Marco lo capì, quando si sentì rispondere: «Neanche per sogno.»
 
Strade sai ce n'è
Ma nessuna che so mi allontana da te

Lo fece voltare a pancia in giù, poi sfilò i suoi ultimi indumenti rimasti e iniziò a massaggiare le natiche di Michael con gentilezza. Quest’ultimo morse le lenzuola, che tutto desiderava in quell’istante meno che la gentilezza, eppure non avrebbe desiderato nient’altro che quello. Oh, la contraddittorietà dell’amore, i due volti della passione, quella sensazione che varca la soglia della sofferenza per sfociare nella libidine più sfrenata.
Questo era ciò che implorava da Marco.
 
«Non resisto» implora, finalmente.
Iniziavo a pensare che non lo avrebbe chiesto più.
Lo faccio voltare, in modo da porlo nella posizione più agevole possibile: niente dolore, il massimo della goduria.
Inumiditomi due dita di saliva, inizio introducendo nel suo orifizio un primo dito. Lo sento agitarsi e irrigidirsi, così inizio a esplorare le sue pareti per farlo rilassare, cercando i punti più sensibili della sua carne.
Ma dalle reazioni incontrollate che seguono i miei movimenti, capisco che ogni puto di quest’uomo è fatto per essere toccato da me. Questa sensazione di potere mi rende egoista e al contempo mi muove ad avere quanto più riguardo possibile per quel dolce uomo.
Così, continuando, lo preparo.
 
Marco lo preparò con un dito ben lubrificato.
Michael aveva preso il suo dito in bocca, succhiandolo come sapeva avrebbe fatto in altre circostanze e in modo altrettanto sensuale.
Poi Marco lo aveva introdotto nella sua apertura e il viaggio verso l’estasi di Michael era iniziato.
Si accorse, con somma gioia, che egli si premurò di compiere movimenti lenti e circolari, esplorando ogni singolo punto per trovare quello che lo avrebbe fatto impazzire. Aveva imparato l’arte da Michael, ma questi si accorse ben presto che, nelle sue mani, era divenuta cosa divina, rendendo quell’uomo, così timido fuori dalle lenzuola, un vero e proprio dio. Un dio baciato da Cupido e da Priapo.
Lanciava dei flebili urli, simili a lieti lamenti, ogniqualvolta Marco andava toccando determinate zone che lo facevano sobbalzare e stringersi al materasso, e in esso dibattersi, mostrando tutto il suo gradimento.
Una volta che fu adeguatamente preparato, le braccia di Marco lo circondarono e lo strinsero, facendo aderire quel petto forte e muscoloso alla sua candida, liscia schiena. Voltatosi leggermente, Michael lo baciò con avidità e quel bacio venne ricambiato con altrettanta cupidigia.
Poi, con un gesto preciso, sensuale e voluttuoso, Marco entrò dentro di lui.
 
Entro dentro Marco con tutta la delicatezza di cui dispongo.
Lotto contro il desiderio di appropriarmi delle sue carni con prontezza fulminea. Ma mi bastano i suoi gemiti, ben lontani dall’essere urla di dolore, a fermarmi dai miei crudeli propositi.
È bello dentro Marco. È caldo, morbido, è casa.
 
Ogni secondo sembra troppo fragile
Ma se divento un momento è un ricordo perché

Lo cingo con le braccia e bacio il suo collo da dietro. I suoi muscoli si rilassano e, se possibile, nella mia stretta di accuccia, rendendosi più amabile e allettante ai miei occhi. Si sente al sicuro con me.
Vorrei piangere dalla felicità.
 
Michael sprigionò la sua felicità con un urlo liberatorio.
Aveva pregato giorno e notte per quel miracolo e ora Marco lo aveva trasformato nella più bella e incredibile delle verità, cogliendolo quasi alla sprovvista. Ma le braccia di lui erano forti e lo tenevano stretto a sé, come a volerlo tenere al sicuro in quel viaggio sorprendente che tolse a Michael il respiro e a Marco il senno, ché prese a spingere con potenza non appena sentì Michael abituarsi alla sua presenza.
 
Aspetto che si abitui a me, dentro di lui, poi inizio a muoversi.
Come direbbe un artista che io adoro, vado e vengo dalle sue reni.
 
Anche un passo piccolissimo
Importante se sopporta il peso delle nuvole
Sempre sospirando e urlando, come se realmente nessun uomo avesse mai prima d’ora colto il suo primo fiore, asseconda i miei movimenti con spinte del bacino che mi incoraggiano ad affondare di più.
 
Marco affondò completamente tra i dolci fianchi di Michael, facendolo mugolare e ansimare. Incantevole era la sua voce mentre cantava il piacere, e presto entrambi furono inebriati da quella dolce melodia che presto iniziò ad avere il suono della fatica e del sudore, dell’avidità di avere e dell’ingordigia di volere di più.
 
«Di più» ansima Marco, col volto premuto sulla coperta.
Lo risollevo quanto basta per lasciare che il nostro bacio infinito prosegua, mentre mi muovo con più decisione, più veemenza. Lo sento godere e questo mi consuma lentamente, con il sesso che diventa sempre più simile a fare l’amore.
 
«Amore» gemette.
Marco morse il suo orecchio e torturò il suo lobo con i canini, succhiandolo a tratti. Oh, dentro la sua carne quell’uomo fu così sfrontato da farlo imporporare nelle guance. Con le mani, ancora più stringeva il corpo dell’amato e ne faceva oggetto di attenzioni e onori, lo faceva sentire a dir poco indispensabile.
 
Un esercito di sogni siamo io e te
Che da sempre c'è e per sempre sarà
Come sete, come fame, come il più basso istinto dell’uomo che si trasforma nel più alto degli atti d’amore, così Michael godette, così Marco si sentì.
 
Così si dovrebbe sempre amare.
Come la sete, come un uomo perduto nel deserto che incontra un fiore tra le dune e, per quanto pungano le sue spine, egli lo stringerà a sé e berrà dalla sua fonte facendone suo amante.
Come la fame che coglie all’improvviso e pare che non possa essa mai essere saziata fino in fondo.
Così Marco mi fa sentire.
 
Tu sei e resterai l'estate mia migliore
Tu sei e resterai l'estate mia migliore
Così lo avverto, tremante e nella goduria, artigliare le lenzuola con le unghie fin quasi a strapparle, e provando l’estasi di essere una parte di lui, così io percepisco il suo orgasmo arrivare, lui invece non riesce a fare altrettanto e l’urlo che esce dalla sua bella bocca è del piacere più intenso e della sorpresa che gli mozza il fiato.
 
Quando Marco iniziò a spingere con tutta la passione che aveva in corpo, cosa che quasi mai osava fare, conoscendo bene la forza che possedeva, la vista di Michael si annebbiò, tanto forti erano le sensazioni che provava. Marco prese a stimolarlo con le dita, e la pressione del suo palmo contro quella del letto, il corpo di Marco schiacciato contro il suo, quel membro turgido e imponente che pulsava fuori e dentro di lui, furono più di quanto Michael potesse sopportare.
Gettò la testa all’indietro, e boccheggiando nel tentativo di prendere l’aria necessaria, in quel modo lanciò l’urlo che accompagnò uno degli orgasmi più forti della sua vita.
 
E riversandomi dentro di lui, tale è il piacere che questo ragazzo mi causa, che sento di aver avuto l’orgasmo più bello di tutta la mia vita.
 
Sei quello che porterò negli occhi
Ovunque sarò

 
Strinse le pareti della sua apertura attorno al suo membro, mentre si lasciava andare.
A Marco bastò sentire che Michael era venuto perché le vene pulsassero più forte e le unghia graffiassero i suoi fianchi efebici e nel momento in cui sentì le dita dei piedi arricciarsi chiamò il suo nome.
«Michael.»
E venne dentro il corpo che aveva fatto suo.
 
Il tempo mio migliore
Cos'è che ci fa partire per poi ritornare
 
«Michael» chiama il mio nome.
Subito gli prendo il volto tra le mani. «Ti ho fatto male?»
«Neanche per sogno» sospira flebilmente, sorridendo.
 
Marco continuò a tenerlo stretto a sé, sollevando per un attimo il viso, per guardalo meglio in volto. «Come stai?»
«Meglio che sempre» riprese fiato, affaticato, ma pago di piacere.
 
Torno a stringerlo a me.
Sono ancora dentro di lui, siamo sudati e nessuno dei due ricorda ancora bene come si respira.
Vorrei vivere così ogni mio giorno.
 
Quello fu il giorno più bello della vita di entrambi.
Marco aveva ritrovato un amore perduto, finalmente aveva smesso di mentire al proprio cuore e lo aveva liberato dalle catene del dubbio e della paura, lasciandolo libero di afferrare la mano di Michael.
 
Il mio cuore, oh, quello potrei benissimo cavarmelo dal petto. Ho trovato l’amore di una vita e ora il mio cuore appartiene a lui. Penserà forse che io non sia serio se dico ciò solo dopo averlo avuto. Ma, per me, non esiste gesto d’amore più alto che questo. Quindi, potrebbe strapparmi il cuore e io neppure me ne avvedrei.
 
«Michael.»
 
Una risposta ce l'ho
Una risposta ce l'ho

Il modo in cui Marco chiamò il suo nome lo mise in allarme. Si voltò, facendolo uscire da lui, e lo trovò perduto tra le lacrime. Ma sul suo volto scorse anche un radioso sorriso.
Gli prese il viso tra le mani. «Marco, cosa hai?»
Alzò le spalle, facendolo accoccolare sul suo petto. «Niente, è l’emozione.»
Michael dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per non scoppiare a piangere come un bambino.
 
«Per me, è questa la mia vera prima volta» sospira.
Dopo qualche secondo, sento nuovamente la sua voce: «Sono così felice.»
 
Una risposta ce l'ho
Marco lo dice con le lacrime agli occhi. Il suo viso, entusiasta, mi implora di non asciugarle e io per poco, d’altronde, non faccio la stessa cosa. Non ho bisogno di prove o per capire, non ho alcun dubbio che lui mi ami. Questa verità mi coglie di sorpresa e causa scosse come terremoti dentro il mio cuore. Oh, sì, so che mi ama e lo saprò fino alla fine del nostro amore.
 
Non gli asciugò le lacrime, piuttosto gliele baciò.
Tra quei baci sul suo viso, tra l’amore che per poco non aveva infranto le pareti del loro rifugio d’amore, Marco rise liberando un singhiozzo.
«È stato come riavere la nostra prima volta.»
 
Tu sei e resterai l'estate mia migliore
Tu sei e resterai l'estate mia migliore
Lì, Michael affondò nel suo petto, e rise.  
Non perché ci fosse qualcosa di divertente, ma perché parole più vere non avevano mai raggiunto le sue orecchie. L’aveva vissuta ancora, attimo per attimo, con il suo amato.
Rise fino a non avere più fiato in corpo, rise finché Marco non lo baciò e la sua risata divenne un mugolio sommesso, intriso di tutta la contentezza possibile.
Marco, in quel momento, capì una cosa.
Se c’era qualcuno a questo mondo per cui valeva la pena rischiare, soffrire, tentare, era Michael.
 
Tu sei e resterai l'estate mia migliore
Erano i suoi fianchi, il sapore della sua pelle, il colore dei suoi occhi, il suono della sua risata, l’odore dei suoi riccioli, il cuore che ogni giorno gli apriva, l’anima che volava assieme alla sua. Ogni singola estate passata al suo fianco.
«Marco» stavolta fu lui a chiamarlo.
«Shhh» gli accarezzò le labbra, ancora dolcemente commosso da quell’amplesso e dalle emozioni che esso aveva portato con sé. «Anche io, Michael.»
 
 
L'estate mia migliore
 
 
 
La soffitta dell’autrice:
Gli Home Visit di Dublino. Vi sarete ormai stancati perché sarà tipo la quarta volta che li inserisco in una fan fiction. Ma, sapete, per me questo è il topos dei Mirco, quindi abituatevi, perché in ogni mia singola storia avrete un capitolo hot e un riferimento a Dublino.
Sopportatemi.
Nello scorso capitolo mi sono scordata di dire che comeunangeloallinferno94, che ringrazio, non è soltanto la mia beta. Lei è praticamente la co-autrice di tutti i miei capitoli, in quanto mi dà consigli e mi aiuta a fare taglia e cuci di ogni punto. Questa creatura è sua quanto mia e per questo non ho davvero parole per esprimere la mia gratitudine.
Un bacio.
  
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