Dong.

La bambina, profondamente addormentata sul divano in pelle, aprì gli occhi di scatto.

Maledetto orologio a pendolo.

Dong.

Sbadigliò, portando una mano  davanti la bocca. Un ciuffo arruffato di capelli rosso fuoco le ricadeva sul viso.

Dong.

“Mary!” chiamò, ancora assonnata. Notò il libro che stava leggendo prima di addormentarsi: era per terra, ancora aperto.

 “Desiderate, signorina?”

Si chinò a prendere il libro. Accidenti. Si erano piegate tutte le pagine.

Dong.

“Sono già tornati mamma e papà?”

Richiuse il vecchio volume, stropicciandosi un po’ gli occhi.

Dong.

“Certo che no cara… ti avrebbero chiamata, come sempre!”

Era strana Mary. Non sempre riusciva a darle del lei.

“Ah. Ma che ore sono?”

Dong.

Sorrise con dolcezza.

“Non senti i rintocchi?”

Driiin.

Il telefono squillava.

“Devono essere loro…” sussurrò la domestica, mentre correva a rispondere.

Dong.

“Pronto? Si, casa Grant…”

La bambina sospirò. Evidentemente non erano loro.

Pazienza. Per quella sera sarebbe andata a letto senza la buonanotte.

“I…i signori?”

Riportò l’attenzione su Mary, le sopracciglia aggrottate.

Perché le tremava la voce?

Dong.

“Come…?”

“Mary?”

Le si avvicinò, un po’ spazientita, le mise una mano sul braccio.

Lei, per tutta risposta, la guardò.

Che aveva?

Aveva paura?

Perché la guardava in quel modo?

Dong.

Chiuse il telefono.

Non aveva nemmeno salutato…

“Tesoro…”

Le posò una mano sul capo.

Aveva gli occhi umidi?

Dong.

“Che c’è?” chiese lei, più curiosa che preoccupata.

Non rispose.

“Quando tornano mamma e papà?”

Silenzio.

Dong.

Silenzio.

“Non…non tornano.”

Freddo.

Dong.