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Autore: Kano_chan    18/03/2016    1 recensioni
Dal primo capitolo:
Occhi scuri, capelli biondi, un bel viso… per dirla tutta, un viso famigliare.
Il ragazzo si chinò verso di me mettendomi una mano calda sulla spalla.
- Ehi, tutto bene? -
La sua voce me lo rese ancora più conosciuto…
Alzai un braccio tremante e appoggiai il palmo della mano sulla sua guancia.
Un’immagine si era formata nella mia mente, troppo sfocata perché riuscissi a decifrarla, troppo sfuggente perché la potessi afferrare. Ma d'altronde, si possono afferrare i sogni?
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Newt, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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28.Sofferenza
28. Sofferenza


Non so assolutamente chi fosse ad infilarsi continuamente nella mia mente, ma aveva maledettamente ragione.

Mi svegliai sopra una superficie morbida e al buio. Mi drizzai immediatamente a sedere e allo stesso tempo le luci si accesero come se avessero registrato il mio risveglio.
Mi ritrovai in una camera, modesta ma graziosa, il che non mi rassicurò per nulla.
Quando mi alzai, provai ad aprire una delle due porte che spezzavano la continuità del muro, la quale mi condusse ad un piccolo bagno. La richiusi e provai con la seconda. Proprio mentre l’aprivo, qualcun altro stava entrando. Mi fermai con la porta aperta e gli occhi sulla figura che avevo di fronte: l’uomo topo.

-    Vedo che ti sei…-
-    Dove sono?! Dove sono i miei amici?! - esclamai furiosa senza aspettare che finisse la frase.

L’uomo fece un lungo sospiro, facendomi cenno di entrare e chiedendomi se potessimo parlare. Mi spiegò che tutti i miei amici stavano affrontando la fase 3.
Seppi che era una prova individuale, ma non riuscii a farmi dire di cosa si trattasse nello specifico.

Quando gli chiesi come mai io non fossi sotto test, mi rispose che per me non c’era alcun bisogno di alcun test. Mi spiegò che non appena tutti i ragazzi avessero finito la propria fase, ci avrebbero radunati e spiegato ogni cosa, ma che per il momento dovevo pazientare. Mi disse che potevo girare tutto il piano dove mi trovavo e che se avessi mai avuto bisogno di qualcosa di chiederlo. I pasti sarebbero stati tre al giorno e in caso di fame fuori orario, nella mia camera c’era un piccolo frigo bar da cui attingere. Nonostante tutti i miei tentativi di farmi dire qualcosa in più, l’uomo fu irremovibile: dovevo aspettare gli altri.
Mi lasciò nella confusione più totale e nella più profonda angoscia.
Non sapevo a cosa stessero sottoponendo i miei amici e l’assenza di Newt mi stava scavando un solco dentro l’anima. Era una sensazione uguale a quella della prima volta che ci separammo, eppure era estremamente diversa... Perché quella volta avevo un piano; scappare e trovarli, ma ora non avevo niente.
Dopo aver fatto passare un lasso di tempo sufficiente per non ritrovarmi l’uomo topo tra i piedi, uscii dalla mia camera. Scoprii che si affacciava su un lungo corridoio pieno di porte identiche tra loro. Ognuna portava ad una stanza uguale alla mia, con uno o più posti letto. Un’altra ancora dentro un auditorium piuttosto capiente. Quella che probabilmente conduceva agli altri piani, ovviamente non si muoveva di un millimetro. Quindi, nonostante tutte le rassicurazioni, ero di nuovo in trappola.

I giorni che seguirono furono una vera e propria agonia. Dei tre pasti al giorno concessi, ne consumavo appena due. Ogni giorno che passava, un membro del gruppo A o B riappariva, ma con qualcosa di diverso. Non era un cambiamento fisico, ma stava tutto negli occhi... era un qualche cosa di più profondo e più terribile.
Nessuno volle parlare di ciò che gli era stato fatto, né Minho, né Teresa, né Fry pan.. e intanto io attendevo.
Ogni volta che scoprivo che il nuovo arrivato non era Newt, mi sentivo sprofondare sempre di più.

Il diciassettesimo giorno di permanenza, quando rientrai nella mia camera, scoprii che non era vuota come l’avevo lasciata. La figura bionda di Newt sostava vicino alla porta del bagno. Stavo per esclamare il suo nome quando ciò che lessi nei suoi occhi mi bloccò.
Dolore intenso e rabbia… tanta rabbia. Si mordeva la pellicina del pollice senza parlare.

-    Newt.. - mormorai titubante avvicinandomi.

Quando allungai una mano per toccargli un braccio si scostò, abbassando le braccia lungo i fianchi.

-    Cosa ti hanno fatto? – sussurrai spaventata.

Lui scosse la testa chiudendo gli occhi.

-    Non ne voglio parlare… - rispose con voce roca.
-    Dimmelo per favo.. -
-    Non ne voglio parlare! - gridò incollerito.

Mi bloccai sul posto, smettendo di avvicinarmi a lui ferita dalle sue parole. Newt si portò una mano tra i capelli facendo guizzare gli occhi sul pavimento frustrato. Poi, improvvisamente, con un paio di falcate mi raggiunse intrappolandomi in un abbraccio. Il suo corpo tremava mentre mi stringeva con tutte le forze.

-    Ti prego non chiedermi cosa mi abbiano fatto.. desidero solo dimenticare.. ti prego El – gracchiò.
-    Non te lo chiederò più Newt.. giuro – lo rassicurai.

Lui allentò un po’ le braccia appoggiando la fronte contro la mia e chiudendo gli occhi.

-    Sei stata l’unica cosa che… - cominciò per poi interrompersi sopraffatto.

Io gli presi il viso tra le mani e lo baciai. Newt risposte quasi immediatamente, con forza e ferocia. Nel giro di qualche secondo mi trovai sdraiata sul letto. Qualche minuto dopo eravamo entrambi senza vestiti e nell’ora successiva ansimi e gemiti era l’unica cosa di udibile nella stanza.
Feci l’amore con Newt una, due volte; con un’intensità tale da annullare qualsiasi pensiero. Con un’adorazione e una concentrazione che ci lasciò distrutti e ansanti.

Mi girai sul fianco guardandolo negli occhi. Come per tutti gli altri vi era qualcosa di diverso. Allungai una mano poggiandogliela sulla guancia.

-    Se solo potessi…- mormorai - se solo potessi cancellare tutta quella sofferenza dai tuoi occhi – gli dissi mentre sentivo gli occhi farsi lucidi.

Nell’espressione di Newt qualcosa si infranse, come una perfetta e calma pozza nella quale cade una goccia. Si avvicinò, rannicchiandosi contro di me e appoggiando la fronte contro il mio petto. Potevo capire che stava piangendo solo dal tremito delle sue spalle.
Quella notte molte lacrime furono spese da entrambi. Abbracciati cercavamo di farci carico della reciproca sofferenza.


  
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