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Autore: M4RT1    18/03/2016    1 recensioni
Tenry | Flashfic | Raccolta
Dieci momenti di Teddy e Henry. Dieci curiosità che l'uno conosce dell'altra.
Henry avrebbe dato qualsiasi cosa per poter assistere a uno dei suoi stessi interventi. Per uscire dal suo corpo addormentato e sedersi in galleria a guardare sua moglie urlare ordini con la foga che metteva in certi litigi, oppure muoversi avanti e indietro per tutta la sala fino a essere mandata via, magari da Cristina Yang.
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Henry Burton, Teddy Altman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione, Ottava stagione
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Ten things I know about you

#5- Quando litigano, a volte Teddy parla senza pensare...

Introspettivo | What if? | 1212 words




"Andiamo! Mi hai sposato, Teddy! Mi hai dato la possibilità di avere una vita vera!"

"Lo so, Henry, credimi. Me ne sto pentendo amaramente."

Qualcosa si mosse, in fondo agli occhi dell'uomo. In piedi accanto al tavolo, impegnato nel secondo litigio sull'argomento scuola di medicina, sembrò irrigidirsi per un momento prima che tutto di lui crollasse: lo sguardo gli si abbassò sul pavimento, le braccia smisero di muoversi e le mani di gesticolare. Fu come assistere alla più grande delusione della sua vita. Avrebbe voluto ribattere, ma tutto ciò che riuscì a fare fu aprire e chiudere bocca un paio di volte per poi voltarsi e marciare a passo pesante verso il corridoio.

Teddy per tutto il tempo era rimasta immobile, terrorizzata. In quel momento, però, si mosse freneticamente per raggiungerlo.

"Andiamo, Henry!" gli gridò dietro. "Sai che non intendevo questo."

Henry non si voltò neppure per risponderle. "Oh, certo. Non intendevi questo" ripeté solo, continuando a camminare verso la camera da letto.

Teddy si fermò, indecisa sul da farsi. Lo guardò sbattere la porta della stanza e sparirci dentro, tanto furioso quando dispiaciuto. Immobile, lo sguardo ancora fisso sull'uscio serrato, la donna si chiese perché avesse usato quelle parole, quel tono, quella scusa: c'erano mille modi per litigare. Tutte le coppie litigano, pensò. Eppure, si disse mentre muoveva qualche passo incerto verso suo marito, nessuno rinfaccia all'altro di avergli salvato la vita.

Di fronte alla porta, si fermò di nuovo. "Henry" chiamò, la voce acuta. Non ricevendo risposta, la socchiuse e vi guardò dentro: l'uomo era seduto sul bordo del letto, lo sguardo puntato fuori dalla finestra. Era di spalle, perciò non poteva vedergli la faccia, ma sentiva il respiro forzatamente tranquillo e riusciva a notare i muscoli irrigiditi.

"Teddy, per favore" cominciò, ma lei lo interruppe.

"Ho detto una cosa orribile" si scusò. "Una cosa- ascoltami, Henry. Io non rimpiango di averti sposato, capito? Sposarti è stata una delle cose migliori che abbia mai fatto e lo sarebbe stata comunque, anche senza matrimonio di convenienza" disse. Per la prima volta, si rese conto che lo pensava davvero. Che probabilmente, seppure gli eventi avessero condotto ad altro, seppure Henry avesse avuto una sua assicurazione, lei l'avrebbe comunque scelto. "Io ti amo, okay? E il fatto che all'inizio è partito tutto dal salvarti la vita, beh, questo non cambia nulla. Non più."

Henry lasciò che parlasse senza interromperla. Attese la fine del suo discorso in silenzio, lo sguardo sempre fisso sul paesaggio al di fuori della finestra, e solo quando la donna si fermò lui le rispose.

"Tu non capisci" disse. 

Teddy sospirò. "Cosa non capisco?"

"Tu credi che sia facile, per me. Che sia stato facile accettare una cosa del genere" spiegò. "Ma ti sbagli. Non è che un giorno una sconosciuta ti si avvicina e ti propone di accettare la sua assicurazione così. E non è che tu accetti senza sentirti in debito per sempre" aggiunse. 

"Tu non devi sentirti-" lo interruppe Teddy, ma lui la fermò.

"Poi abbiamo fatto amicizia. E poi è venuto il resto" le raccontò. "Ed è stato allora che ho pensato che forse non dovevo sentirmi perennemente in debito con te, perché ormai avevo la mia assicurazione e tu mi amavi."

Lei annuì, anche se lui non poteva vederla. 

"Ma se tu, Teddy" riprese. "Se tu vieni a dirmi una cosa del genere..." Si interruppe per un momento, incerto sulle parole da usare. "Tu credi che io ti sia debitore. Ed è vero, d'accordo? E' verissimo e io non smetterò un giorno di pensarlo. Ma non posso sprecare la mia vita per sentirmi solo il tipo che ti ha rubato dei soldi. Voglio fare in modo che tutto questo abbia un senso, che il fatto che io sia vivo non significhi solo più operazioni e qualche compleanno ancora da festeggiare."

Si fermò di nuovo e, questa volta, non riprese a parlare. Teddy era stata zitta per tutto il tempo. In quel momento si fece avanti fino a raggiungerlo e, sempre senza proferir parola, gli si sedette accanto. Lui continuava a non guardarla e sembrava ancora più teso di prima, come se la sola presenza della donna lo innervosisse. Così lei si decise a parlare.

"Ma tu non sei inutile" sussurrò. "Tu sei una persona intelligente, brillante, simpatica" elencò. "E sei mio marito."

Henry sospirò. "Continui a non capire" sbottò, alzandosi. Fece il giro della stanza a passo pesante e si fermò accanto alla porta. "Io adoro essere tuo marito e so di essere intelligente, okay? E' solo che vorrei anche essere una persona normale!"

Fu il turno di Teddy di controbattere. "Le persone normali non cominciano medicina a trentacinque anni, Henry" gli disse, il tono alterato.

"Le persone normali non sono costrette a passare i loro vent'anni in ospedale, sai? E se vogliono fare medicina a diciannove anni, nessuno dice loro che è troppo impegnativo per la loro salute" aggiunse, glaciale. "Sai che per giocare a baseball ho quasi litigato a morte con mio padre? Non voglio passare anche questi anni a precludermi cose solo perché qualcuno ritiene che sia giusto così" terminò, uscendo di nuovo. Teddy lo sentì percorrere il corridoio.

"Nessuno ti sta impedendo di fare quello che vuoi!" gli gridò dietro, senza alzarsi. "Voglio solo discuterne!" aggiunse, rimettendosi in piedi. Henry non le rispose, così si concesse un momento per sé, gli occhi chiusi, la mente impegnata a riflettere. Cosa avrebbe fatto al posto di suo marito? Come avrebbe reagito se lui le avesse detto - nemmeno chiesto, detto - che il fatto che lei fosse un chirurgo lo annoiasse perché le portava via troppo tempo? Di certo sarebbe stata una reazione pessima e, si ritrovò a pensare, avrebbe avuto ragione. Ma lei faceva quel mestiere da un decennio, mentre Henry, beh, lui avrebbe potuto scegliere qualunque cosa. Non c'era ragione di imbarcarsi in un percorso tanto complesso. Anche se era il primo vero progetto di cui avesse mai parlato. Si era sempre detta che fosse una conseguenza dell'avere una malattia del genere: non pensava a un futuro lotano per non pensare che probabilmente non ci sarebbe stato, in quel futuro. Eppure, in quel momento, si disse che forse l'unica ragione per cui non aveva mai mostrato interesse per qualcosa era che nulla lo prendeva davvero. 

Si stava comportando da egoista, quindi? Stava impedendo a Henry di realizzare qualcosa di bello? Chi era lei per decidere della sua vita? 

Se voleva studiare medicina, frequentare le lezioni e fare esami, allora doveva poterlo fare. E doveva avere il suo appoggio.

Quando entrò in cucina, Henry era seduto con la testa appoggiata ai palmi delle mani.

"Teddy" borbottò. Fece per aggiungere qualcosa, ma poi stette zitto. 

La moglie avanzò fino a raggiungerlo alle spalle, quindi si chinò. Poggiò il mento sulla sua spalla. "I corsi di medicina sono impegnativi" disse, pacata.

Lui aprì bocca per controbattere, ma lei lo interruppe. "E tu hai un lavoro che ti occupa quattro ore al giorno. Dovrai studiare di sera, e io non potrò aiutarti sempre. Ti scriverò gli appunti, quando avrò tempo, ma per il resto dovrai cavartela da solo, capito?"

Henry si voltò a guardarla. "Stai dicendo che non chiederai il divorzio solo perché tuo marito ha deciso di tornare ventenne?" domandò.

"Sto dicendo che ho valutato le cose e ho capito che vederti ripetere a memoria le basi azotate sarebbe più divertente di un lungo processo in tribunale per istigazione al suicidio" lo corresse lei con un sorriso. "E poi pensa se diventassi specializzando al Seattle Grace! Potrei usarti da schiavetto. Perfino Cristina Yang potrebbe! Sarebbe divertente, non credi?"

Il giorno dopo andarono insieme ad acquistare i libri.

 
  
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