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Autore: Querthe    30/03/2009    1 recensioni
Una storia ambientata nove/dieci anni dopo la fine del settimo libro, ma prima dell'epilogo. Un'ossessione mai sopita, una ricerca interessante quanto pericolosa, una donna che vorrebbe Potter morto ma che lo deve aiutare, potenti manufatti magici, un mistero e un viaggio che solo pochissimi possono dire di aver fatto nei secoli.
Seguito de "Sussurri da un anima". Non è obbligatoria la lettura, ma caldamente consigliata
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Ellyson Witchmahoganye' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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- Benvenuta alla Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, signorina Witchmahoganye. Ho temuto per un secondo che il collegamento con la metropolvere fosse errato. – disse affabile la signora McGonagall.
- Viaggio come sempre veloce ed eccellente, professoressa… Mi scuso, preside McGonagall. – rispose lei con un leggero inchino, calando il cappuccio sulla schiena e mostrando il suo volto.
- Dalle informazioni che mi ha fornito il signor Potter, lei è quella che si potrebbe definire una "testa calda". Un comportamento del genere, la avverto, non sarà tollerato tra queste mura.
- Preferisco definirmi uno spirito libero, e comprendo i suoi timori, considerando chi le ha dato informazioni sul mio conto. Sono comunque stata una allieva di questa scuola nella casa degli Slytherin per tutti e sette i canonici anni di corso, conseguendo ottimi O.W.L. e N.E.W.T.. Non sarò di alcun disturbo per lei, i professori o gli studenti.
- So anche questo, signorina Witchmahoganye, e sono sicura del suo comportamento, ma ho preferito essere chiara. Prima di accettare di aiutare il signor Potter, ho voluto controllare negli archivi della scuola, almeno quelli rimasti dopo la battaglia di dieci anni fa. Se ben ricordo, lei è fortunata che la quasi totalità delle informazioni del signor Filch sugli studenti sia andata perduta, o avrei avuto molto da leggere su di lei, vero?
La donna sorrise, arrossendo per un istante. Annuì.
- Credo comunque che quanto sia successo quasi venti anni fa non sia il motivo principale della sua visita presso Hogwarts. La prego, si sieda.
- Grazie.
Il suo sguardo vagò velocemente lungo le pareti, ai vari ritratti di presidi che adornavano le pareti. Phineas Nigellus Black, Armando Dippet, Albus Dumbledore e tutti gli altri erano apparentemente assopiti. Era stata nell’ufficio del preside solo una volta, quando aveva ghiacciato assieme ad un suo compagno tutte le tubature di Hogwarts con una dose eccessiva di Pozione Geloglacio. Quella volta mancavano due ritratti. Uno era quello del vecchio preside, con i suoi occhiali a mezzaluna, la lunga barba bianca e lo sguardo bonario. L’altro era del suo professore di Pozioni. L’occhio si soffermò sulla delicata rappresentazione di Severus Snape.
L’uomo nel ritratto aprì gli occhi, come se avesse sentito che qualcuno lo stava osservando, la guardò un istante, quindi le voltò le spalle e se ne andò, sparendo velocemente nello sfondo grigio verde.
La McGonagall sembrò averlo notato.
- Non si preoccupi. Fa così con tutti quelli che entrano. Sembra che non gradisca essere osservato. Anche se ammetto che non se ne era mai andato così alla svelta. Normalmente ricambia lo sguardo e poi si allontana a lato della cornice, o va a fare due chiacchiere con il quadro di Nigellus.
- Nessun… nessun problema. – rispose Ellyson. – Mi scuso se sono diretta, ma il motivo di questo viaggio presso la mia ex scuola mi è sconosciuto. Potter non mi ha illuminato molto, devo ammetterlo.
- Dall’astio nella sua voce. – sorrise debolmente la preside. – Direi che le differenze di vedute tra lei e il signor Potter non si limitino a Case diverse.
- Cosa le ha detto di preciso? - Ellyson glissò l’osservazione. - Preferisco giocare a carte scoperte. Se mi deve rimandare indietro, preferisco che lo faccia ora, non quando scoprirà quello che le interessa sapere su di me.
La McGonagall si irrigidì leggermente sulla poltrona. Non era abituata a una tale schiettezza da parte di una ex allieva. Si ricordava di lei, sebbene come Slytherin non avesse come principale materia di studio Trasfigurazione, ma si ricordava che lei era relativamente dotata. Certo il suo primo bottone aveva ancora le antenne, ma riuscì nella magia al primo colpo, al contrario di molti Gryffindor. Era schiva, riservata, con pochi amici anche nella sua Casa, e aveva fatto velocemente perdere le tracce dopo i N.E.W.T., lasciando la scuola con una promettente carriera di pozionista e una più che discreta abilità negli incantesimi. Aveva fatto delle ricerche anche oltre l’archivio di Hogwarts, e quello che aveva scoperto non le era particolarmente piaciuto.
- Mi ha detto che lei ha avuto alcuni guai con il Ministero, nulla di grave, e che aiutando gli Auror in questa operazione, le avrebbero… cancellato… la fedina magica. Mi ha detto che è estremamente intelligente e che sa il fatto suo, e che riuscirà a cavarsela egregiamente a Durmstrang.
Ellyson incassò la novità della sua destinazione senza mostrare la minima curiosità o reazione e sorrise. Un sorriso che fece immediatamente capire perché il Cappello l’aveva smistata a Slytherin.
- Potter ha decisamente una buona fantasia, o lei è stata estremamente gentile. I miei guai non gravi con il Ministero della Magia comprendono, tra l’altro, ricettazione e vendita di materiale magico illegale, pericoloso o maledetto, falsificazione di oggetti magici unici, tra cui una partita di spade di Godric Gryffindor che mi ha fruttato non pochi galeoni, due tentativi, sfortunatamente falliti, di penetrare alla Gringott, una mai dimostrata collusione con i Deatheater e un attacco a due Auror che mi ha garantito una condanna ad Azkaban, mai scontata perché ho tentato la fuga prima di essere rinchiusa.
La preside era interdetta, la bocca spalancata, il respiro come bloccato mentre la donna elencava i reati di cui si era resa colpevole.
- E… - disse finalmente dopo che Ellyson ebbe finito. – E come mai Potter vuole affidarle un incarico tanto delicato?
- Non so che cosa vuole che io faccia. Mi ha solo promesso la libertà se riesco. Credo un soggiorno forzato insieme a quei simpaticoni di Azkaban se fallisco.
- No, sono certa che la prigione sia un’ipotesi da non prendere in considerazione.
- Grazie! – esclamò con una punta di felicità e di orgoglio lei. – Sono felice che lei creda nelle mie capacità.
L’altra arrossì impercettibilmente prima di alzarsi e andare a guardare distrattamente la spada che riposava in una teca, dandole le spalle.
- La mia non è certezza nella riuscita della sua missione. L’alternativa alla vittoria in questo caso è la morte.
- Mi scusi?
- Potter quindi non le ha detto nulla? Ha organizzato tutto e non ha detto niente. Sotto alcuni aspetti assomiglia a Dumbledore. Teneva tutto per sé. Organizzava nei minimi dettagli tutto, ma non rendeva partecipi gli altri.
- Ha recepito bene gli insegnamenti del suo maestro, allora. L’uomo di Dumbledore, lo hanno definito. Uno di loro, aggiungo io. Lui non è stato l’unico.
- Già. Concordo.
- Sfortunatamente, Potter tende a far fare agli altri le cose, mentre Dumbledore alla fine ha dato la vita per il suo piano. Chissà se era esattamente così che il preside voleva il suo uomo… - pensò Ellyson.
Dumbledore ebbe un piccolo colpo di tosse, ma non aprì gli occhi.
- Comunque, signorina Witchmahoganye, la sua sarà una sorta di caccia al tesoro, in cui lei saprà cosa deve trovare, ma non come arrivarci.
- Sembra meglio del Torneo Tremaghi.
- Non scherzi. Non è il caso. La mia parte si esaurirà nel momento in cui le farò raggiungere la scuola di Durmstrang e le avrò fornito una falsa identità credibile. Una volta che me ne sarò andata, lei dovrà contare esclusivamente sulle sue forze.
- La seconda parte mi è congeniale, l’ho sempre fatto. Che altre informazioni mi può dare?
- Non molte, ma procediamo con ordine. – sospirò, tornando a sedersi e intrecciando le dita davanti a lei, appoggiate alla scrivania. – Il suo scopo nell’estremo Nord sarà di ritrovare l’Occhio di Odino, un potente artefatto magico che si dice essere stato creato dal dio omonimo per sostituire il suo occhio perso per ottenere la conoscenza delle rune e della magia. Quando e se lo avrà recuperato, sarà suo compito riportarlo in segreto al Ministero della Magia, dove le daranno la seconda parte della sua missione.
- E a cosa le serve questo Occhio di Odino?
- A me nulla. Il signor Potter ha uno scopo che mi ha taciuto, e che francamente non interessa né a me, né a Hogwarts. Abbiamo impiegato anni a ricostruire non solo l’edificio, ma anche la credibilità di questa scuola dopo quanto successo dieci anni fa. Quello che sto facendo potrebbe minare il nome della scuola nuovamente, e per sempre, se si venisse a sapere. - Il tono di voce si fece cupo e meditabondo. - Ho accettato di aiutare gli Auror solo perché a chiedermelo sono stati un mio carissimo amico e chi ha ucciso il nostro più grande nemico. A chiunque altro avrei riso in faccia alla sola proposta.
- Non si verrà a sapere nulla. Hogwarts è stata tutto per me. Non voglio che abbiate guai per colpa mia o di qualcun altro. Soprattutto di qualcun altro. - aggiunge dopo un secondo di riflessione, pensando al suo "datore di lavoro".
- Grazie.
- Quando partirò per Durmstrang?
- Domani mattina. Al momento il loro preside è in viaggio e non ha concesso l’autorizzazione finché lui non sarà tornato. Non useremo la metropolvere. Effettueremo una Smaterializzazione congiunta, poiché lei non sa dove si trova. Io la lascerò immediatamente, ma credo che potrà cavarsela.
- Certamente.
- Qui c’è la sua nuova identità. – disse greve, passandole un rotolo di pergamena. – Ho fatto preparare una stanza per gli ospiti. Il signor Filch la accompagnerà. Credo che non avrà problemi ad orientarsi. E stata qui per sette anni.
- Già. Le chiedo solo una cortesia. So che non posso avere una stanza nel dormitorio dei Slytherin, ma ci sono ancora le stanze nei sotterranei? Mi sentirei più a mio agio.
La McGonagall sorrise.
- Certamente. Gli elfi provvederanno a tutto in men che non si dica.

Per quanto ricostruita, Hogwarts era sempre la stessa.
Ellyson si muoveva sicura nei corridoi, guidata dal signor Filch che continuava a voltarsi e a squadrarla come se volesse carpirle i suoi segreti più intimi. O semplicemente, in fondo al suo strano cervello, si ricordava vagamente di lei. A seguirla, quasi a pedinarla o a controllare che lei non fuggisse, c’era una gatta, discendente di Mrs Norris, Mrs Meow, come la donna ebbe modo di scoprire quando il custode la chiamò vicino a sé.
- E’ la nipote. Ha pochi anni, ma ha preso la stessa grinta della madre e il fiuto della nonna. Non c’è studente. - si bloccò, guardandola di sottecchi. - O ex-studente che le scappi. Qualunque marachella, regola infranta o anche solo pensiero non conforme alle regole e lei lo sente e in qualche modo me lo riferisce.
Ridacchiò, come se fosse sicuro che la frase avesse spaventato Ellyson fin nel profondo.
- Ha preso dalla nonna anche l’amore per gli stuzzichini Catlicious?
- Non saprei. Perché? - chiese inquisitorio l’uomo, mentre arrivava davanti ad una pesante porta, alcuni livelli sotto il piano terra di Hogwarts, ed estraeva un pesante mazzo di chiavi in bronzo, cercando quella corretta.
- Nulla, nulla davvero. Erano i preferiti da Mrs Norris.
- Davvero? Come fate a saperlo?
- Li usavamo per evitare che lei corresse a chiamarla quando ci sorprendeva. - ridacchiò Ellyson, ben sapendo che la gatta non si sarebbe fatta corrompere per così poco. Ma non aveva resistito a prendere in giro ancora una volta il custode, burbero e sadico a volte, ma comunque un brav’uomo per essere uno Squib.
Filch borbottò qualcosa di poco carino e le aprì la porta della stanza.
- La chiave è sul tavolo. Funziona solo quella, la mia chiave e gli incantesimi dei professori.
- Grazie.
Lui non perse tempo a risponderle, interessato ai risolini strozzati di due studenti del quinto anno che si erano fatti beccare dietro un angolo a spiare la nuova venuta e che erano prontamente scappati appena Filch li aveva apostrofati in malo modo.
La donna chiuse la porta, posò la borsa sul tavolo in legno lucidato dagli anni e sistemò il mantello sulla sedia, per poi sedersi su una comoda poltrona foderata di velluto damascato verde scuro. La stanza, illuminata da un grande camino in pietra scura e da alcune candele alle pareti, sarebbe stata per molti tetra e sinistra, ma per lei era l’ideale. Le ricordava la sua casa, le ricordava i momenti felici passati con l’uomo che amava, le rare volte che potevano vedersi in privato, solo lei e lui, senza maschere, senza ruoli.
Il camino era decorato in maniera elegante, minimalista e decisa, con semplici intarsi nel basalto scuro e una piccola nicchia nella pietra dove l’attizzatoio riposava appeso ad un gancio a forma di testa di serpente.
La libreria alla sua sinistra, accanto alla piccola scrivania, era quasi totalmente vuota se non per libri facilmente reperibili come "Storia di Hogwarts" o "Le fiabe di Beda il Bardo", pieni di polvere.
Ellyson chiuse gli occhi, inspirando a pieni polmoni l’aria calda proveniente dal fuoco. Colse una nota caratteristica, qualcosa che non riuscì a mettere a fuoco immediatamente, ma che le fece accelerare il battito del cuore.
- Possibile? - si chiese, mormorando la parola alcune volte come una formula magica. Non osava aprire gli occhi, per paura di rompere il momento, ma doveva scoprire se era davvero la sua stanza. Il profumo era il suo.
Si alzò e sfiorò con le dita affusolate il legno della scrivania, come se il materiale potesse darle delle risposte. Non era in grado di compiere l’incantesimo "Ausculores", o avrebbe chiesto alla stanza stessa chi fosse stato il suo padrone nei tempi addietro.
Ma in cuor suo sapeva che era la sua. Sapeva che tempo addietro lui era stato in quella stanza, magari per lo stesso motivo per cui lei era là quel giorno. Come studente ormai mago, come qualcuno che cerca qualcosa per dare un senso alla sua vita, che sia lavoro o che sia un sogno che si deve realizzare. Anche lei, come lui, aveva un sogno impossibile, e anche lei, come lui, stava cercando di realizzare qualcosa di grande per dimenticare quello che non avrebbe mai potuto ottenere.
- Smettila di pensare a certe cose, o inizierai a farti delle paranoie come i Gryffindor. - si disse, distogliendo la mente dal profumo che permeava leggero le pareti e le cose anche dopo tutti quegli anni. - Hai la sera libera, usala in qualche modo utile.
Si sedette nuovamente in poltrona dopo aver afferrato la pergamena che le aveva consegnato la preside McGonagall. Il sigillo svanì in polvere impalpabile quando lo toccò, riconoscendola, e permettendo alla pergamena di srotolarsi, mentre parole scritte in una grafia sottile e inconfondibile, che aveva imparato a conoscere durante le lezioni di Trasfigurazione, comparivano come incendiate sulla superficie, sollevando tenui volute di fumo rosso e oro.
Gli occhi avevano già iniziato a scorrere e a mandare a memoria le informazioni. La McGonagall aveva trovato una Slytherin che aveva circa la sua età e che al momento e per un bel po’ di tempo sarebbe stata al San Mungo per una incredibile e stranissima malattia gentilmente concessa dal Ministero. Pustole e bolle sul volto e sulla lingua ne avrebbero impedito l’identificazione per almeno sei mesi, dandole tutto il tempo necessario per completare la sua missione a Durmstrang.
- Certo che Piperita Strongmint non è esattamente il miglior nome del mondo, ma dovrò accontentarmi. - sorrise leggendo la pergamena. - Sono specializzata in Pozioni e Difesa dalle arti oscure e ho ottenuto un posto nel programma si scambio culturale tra istituti di magia. Domani la McGonagall porterà me dal preside e un tale Olaf Krunkbonson verrà ad Hogwarts per una specializzazione in Erbologia. Avrò poco da studiare, decisamente, e vista la mia esperienza, più che Difesa dalle arti oscure, sono una specialista in Arti oscure. Beh, con un maestro come lui, non potevo che essere brava.
La maga continuò a leggere e ad imparare quello che doveva sapere su Piperita, mentre con la bacchetta fendeva dolcemente l’aria, muovendo la borsa vicino a lei e aprendola.
- Accio Ardemonio.
Una piccola bottiglietta di ossidiana lucida e nera come la notte si mosse veloce nella sua mano destra, che aveva appena posato la bacchetta. Stappandola con gentilezza, prese la pergamena e vi versò sopra una goccia, brillante come la lava, che si agitò nell’aria mentre cadeva, lanciando il foglio scritto in aria, contemporaneamente. Un piccolo avvoltoio di fiamme sembrò librarsi e divorare il materiale in un istante, per poi spegnersi nel nulla, non avendo trovato altro da bruciare.
Tappò nuovamente con cura la boccetta e la mise via.
Uno scalpiccio di studenti affamati e stanchi proveniente dal corridoio attirò la sua attenzione.
Era già ora di cena.

La sala grande era stata perfettamente ricostruita. Enormi, le quattro clessidre che indicavano i punti delle Case erano appese apparentemente nell’aria lungo uno dei lati lunghi del salone. I tavoli degli studenti erano disposti con regolarità, e si erano già riempiti di studenti dal primo al settimo anno. Il tavolo dei professori e della preside era ancora vuoto, ma Ellyson sapeva che a breve si sarebbero presentati per la cena. Il tavolo degli ospiti era in fondo alla sala, non in disparte, ma comunque abbastanza lontano da non essere una sorta di attrazione per gli altri studenti. Sarebbe stata l’unica quella sera, e non le piaceva essere in vista.
Si stava attardando a sedersi, indecisa se farlo o tornare nella sua camera e chiedere qualcosa agli elfi domestici. Sapeva come funzionava. Bastava chiamarli e loro rispondevano, obbedienti e servili.
Il fratello di Dumbledore si mostrò nella sala e si mise seduto. Aveva poco del vecchio preside. Hagrid lo seguì poco dopo, quindi tutti gli altri si sedettero, mentre gli ultimi studenti si affrettavano a prendere posto.
- Non sembri del settimo anno.
La voce maschile la colse leggermente di sorpresa, ma fu abbastanza rapida da non sussultare. Si voltò, trovandosi di fronte uno studente di Slytherin. Un prefetto, come aveva rischiato di esserlo lei anni addietro. Ma non amava le regole, e loro non amavano lei. Era biondo, quasi bianco di capelli, e aveva piccole labbra che sorridevano in modo gentile, sotto occhi neri e profondi.
- No. Credo di essere un po’ più anziana.
- Ma eri nella nostra Casa, vero? I colori, intendo.
- Fiera di esserlo stato e di esserlo anche ora e per sempre. Semper praecellentis.
- Semper praecellentis, su tutte le Case. – rispose lui, senza perdere il sottile sorriso. – Dovresti essere al tavolo degli ospiti, vero?
- Fai molte domande.
- Già. E’ la mia specialità. Mi chiamo Lucas Morquestion. Ti va di unirti alla tua vecchia Casa?
Lei sollevò un sopracciglio, soppesando la proposta.
- Non ho di meglio da fare, quindi accetto. Ma cosa dirà il responsabile?
- Chiediamoglielo. Sta arrivando.
Un uomo che Ellyson riconobbe come Slughorn si fece avanti, interessato alla nuova venuta come una falena è attratta dalla luce. Lei lo conosceva solo di fama, non lo aveva mai avuto come professore, ma il suo amore le aveva raccontato di quando era stato giovane, e di come Slughorn fosse un insegnante tanto capace quanto fosse un uomo alla perenne ricerca di potere. Una vera eminenza grigia, sia dentro che fuori Hogwarts.
- Lei deve essere la signorina che parteciperà allo scambio culturale, vero? – chiese con una vocina che le parve affettata e sgradevole quasi quanto quella di Kreacher.
- E lei sarebbe è il Professor Slughorn, immagino.
L’uomo sorrise.
- Lei mi conosce. Sono sorpreso e imbarazzato. Saprà sicuramente che oltre che professore di Pozioni, sono anche il responsabile della nobilissima Casa degli Slytherin, che ha avuto l’onore di annoverare tra i suoi allievi "Colui che non può essere nominato" e il preside Snape. Certo entrambi morti e in un caso, il fu Tom Riddle, decisamente potente e malvagio, ma comunque grandi personaggi.
- Mi manca niente per cruciarlo… - pensò disgustata. L’idea che quell’essere avesse citato il suo amore l’aveva resa molto nervosa.
- Sarei felice se accettasse di sedersi al nostro tavolo, signorina Strangemint.
- Strongmint. Mi spiace ma…
- Sarebbe davvero un piacere poter cenare con lei. – la interruppe Morquestion, sempre sorridendo. - Saremmo onorati di ascoltare qualche aneddoto. Lei ha conosciuto il preside Snape.
Si convinse. L’ammirazione che poteva leggere in quello studente era sincera e lei voleva alimentarla. Era giusta e dovuta. Si diresse alla lunga tavolata degli Slytherin, dove fortunatamente Slughorn dovette lasciarli per unirsi con gli altri professori. Fu accolta con uno scroscio di applausi dagli studenti, provocando sguardi torvi da parte dei Gryffindor e in misura minore dalle altre due Case.
La cena iniziò e si protrasse a lungo come Ellyson si ricordava, e già al secondo conosceva i nomi di metà degli studenti della sua casa, e tutti loro conoscevano il suo, sebbene falso.
Fu invitata, alla fine, anche nel dormitorio, ma con rammarico dovette rifiutare. L’aspettava una missione, e sapeva che avrebbe avuto bisogno di tutta la sua concentrazione fin dall’inizio. Stare alzata fino a tardi non sarebbe stato un buon inizio.
- Buonanotte, Piperita. Schiantali, quelli di Durmstrang.
- Promesso, Laureen, promesso. Semper praecellentis. – sorrise, salutando la giovane rossa di capelli del primo anno mentre stava per chiudere l’entrata del dormitorio.
- Semper praecellentis! – risposero in coro tutti gli studenti già all’interno, facendo quasi tremare le mura e facendo sussultare la donna.
- Amo questa Casa. – ridacchiò mentre si dirigeva verso la sua stanza.
Era quasi arrivata, quando si rese conto che il corridoio che stava percorrendo le era familiare. Quelle pareti, la porta sulla sinistra con la maniglia rovinata, l’armatura dove spesso Peeves si nascondeva per spaventare gli studenti. Riconosceva quel luogo, per sette anni lo aveva frequentato ogni giorno o quasi, che ci fosse lezione o meno. Sette anni in cui aveva conosciuto una persona che non poteva in nessun caso dimenticare. Una persona forse troppo piena di segreti. Uno certamente che ora poteva recuperare.
- Severus Snape.
Era sola nel corridoio. Sapeva dove andare. Forse era la sua unica occasione per farlo. Doveva farlo. L’aula di Pozioni era proprio dietro l’angolo. Ecco la porta. Era chiusa, ma nessuno, almeno per gli anni che aveva frequentato quella scuola, l’aveva chiusa a chiave.
Con trepidazione, guardandosi prima in giro alcune volte per evitare involontari testimoni, spinse leggermente la porta, che si aprì con il sinistro cigolio che le era tipico.
Dentro nulla era cambiato in tutti quegli anni.
I banchi da lavoro, con ognuno il suo calderone che veniva lucidato a perfezione alla fine della lezione, il profumo di fresco, di ingredienti e di lacrime versate su pozioni sbagliate la accolse come un saluto affettuoso. Dove le altre Case sentivano stantio e umido, lei avvertiva accoglienza e un dolce tepore che la avvolgeva ora come la aveva avvolta negli anni passati a studiare.
Il suo banco, il terzo da destra nella sesta fila, aveva ancora quella strana macchia a forma di mano. Si era sempre domandata chi l’aveva fatta, e come mai nessuno, con mezzi normali o magici, fosse mai riuscito a toglierla, a ripristinare il banco come nuovo. Passò la mano sul legno e fu tentata di sfiorare anche il calderone.
- Non sei qui per questo, Ellyson. Concentrati su ciò che devi fare. Sai dove si trova, lo hai visto, lo hai studiato e ti è servito più di una volta.
Si diresse verso un armadietto dove sapeva esserci il materiale di scorta. Senza problemi la aprì e cercò dietro un gruppo di bottigliette e di cucchiai di legno per rimestare le pozioni.
- Eccoli! – esclamò tra i denti alla vista di una piccola pila di libri di pozione.
Afferrò un libro che stava circa a metà altezza, dalla copertina consumata, e lo aprì.
Il suo sorriso si spense in un istante. Era nuovo. Solo la copertina era quella originale. Dentro era certo consumato, ma non c’erano gli appunti del Principe mezzosangue. Qualcuno lo aveva sostituito. Ma chi? Doveva conoscere le sue potenzialità, o non si sarebbe preso la briga di nascondere il suo furto.
Con il libro in mano, si sedette sulla prima sedia che trovò, iniziando a cercare una traccia, un indizio che potesse farle capire cosa era successo. Per la seconda volta nella stessa serata si odiò per non aver imparato l’incantesimo di psicometria.
Passarono i minuti, ma non trovò nulla.
Ormai aveva quasi rinunciato, e si era alzata per rimettere al suo posto, affranta, il libro, quando la porta dell’aula si aprì.
- Cosa ci fate qui? – tuonò la voce di Slughorn.
Ellyson alzò immediatamente gli occhi e in maniera automatica si alzò dalla sedia, che era quella dietro alla cattedra di Pozioni.
- Professor Slughorn?
- Esatto, signorina Strongmint. Sarei curioso di sapere come mai è entrata. Non si può accedere a questa aula al di fuori delle ore di lezione.
- Non si potrebbe. Altri prima di me lo hanno fatto.
- Questo non la autorizza a girovagare nelle aule incustodite, e ormai a sera tarda, signorina.
- Vero. Ma se mi permette, ho avuto nostalgia. Sono passata di qui per caso, è di strada per la mia stanza, e mi è venuta voglia di vedere la mia vecchia aula di Pozioni. Sono stata qui molto tempo fa, prima che arrivasse lei.
- Ne sono sicuro. Mi ricorderei di una studentessa come lei. Strongmint. Imparentata con gli Strongmind di Bluecastle?
- No, sfortunatamente. Mi servirebbero un po’ dei loro galeoni. – sorrise lei.
- Anche a me. – I suoi occhi si persero per un istante in chissà quali sogni. – Ma non avete davvero risposto alla mia domanda. La nostalgia per una Slytherin non è una delle migliori motivazioni. Cosa stava cercando qui?
Lei strinse il libro al petto, prendendo tempo muovendosi verso l’armadietto da cui lo aveva preso.
- Glielo ho già detto. Sa, stavo cercando il mio libro di incantesimi. L’avevo usato tanto tempo fa. Non avevo i soldi per prendermelo, e così uno di quelli della scuola è diventato mio per un anno. Questo, credo, ma me lo ricordavo fitto dei miei commenti e annotazioni.
Gli mostrò da lontano il libro, sperando di sviarlo e allo stesso tempo ottenere delle informazioni.
- Non posso ricordarmi tutti gli allievi che hanno dovuto usare un libro invece che comprarlo, ma di sicuro uno sì. Impossibile dimenticarselo. Il mio migliore allievo, a cui ho insegnato tutto, e devo ammettere, senza alcuni dei miei trucchi dubito sarebbe riuscito a diventare quello che è ora.
- Lei ha insegnato al Professor Snape?
Slughorn rise, avvicinandosi a lei e prendendole gentilmente il libro dalle mani.
- Sì ragazza mia. Ho insegnato anche a lui. Snape era un bravo pozionista, ma comunque non alla mia altezza. E’ stato un ottimo preside, ma non è stato il mio miglior allievo. Non stavo parlando di lui.
- Quindi il libro è appartenuto a qualcun altro dopo di me, tanto da farglielo ricordare così bene. Come si chiama questa persona? – chiese con un brillio negli occhi.
- Oh, sono sicuro che lo conosce anche lei, signorina. Lo conoscono tutti, qui dentro e in tutto il mondo magico. L’ultima persona che ha usato il libro e che ha avuto tutta la mia attenzione è stata il signor Potter.
La mascella di Ellyson si irrigidì, mentre le mani si stringevano a pugno.
- Ancora lui. – pensò. – Non può essere un caso.
- Qualcosa non va?
- No, no, Professor Slughorn. – sorrise lei angelica. – Sono solo rimasta stupefatta del proprietario. Una celebrità come Harry Potter che ha studiato sullo stesso libro su cui ho studiato io. Sa, non è una cosa che capita tutti i giorni. Oh, sono così stupefatta che davvero… - si mise il dorso della mano sulla fronte, piegando leggermente le gambe sotto la gonna della veste da strega. – Che strana sensazione. Troppe emozioni lo stesso giorno, probabilmente.
- Signorina. signorina, si sente bene?
- Credo che un po’ di acqua fresca e un po’ di riposo mi potranno servire. Sa, essere scelta per andare a Durmstrang e quella di aver potuto tenere tra le mani un oggetto tanto singolare come il libro. E conoscere il maestro di un tale personaggio.
- Certo, certo, ne sono certo. Ma la prego, la accompagno alla sua stanza.
- Grazie, credo che sia meglio.
Il professore chiuse accuratamente la porta e accompagnò la donna alla porta della sua stanza, accomiatandosi con un goffo quanto sgraziato inchino, che lei fece finta di apprezzare con dell’imbarazzo degno di una Gryffindor alle prime armi.
Entrata in camera e chiusa la porta, appoggiò le mani sulla scrivania e chiuse gli occhi.
- Potter. Un altro tassello al grande mosaico del mio odio verso di te.
   
 
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