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Autore: Alyda    20/03/2016    1 recensioni
Katerina, è una persona diversa da quella che era quando ancora abitava a West Harbor, così come sono diversi quegli strani frammenti d’argento che porta in borsa, per questo ha deciso di trovare il rifugio di Ammon Jerro: vuole scoprire di più riguardo la loro natura.
Per fare questo però, ha bisogno dell’aiuto dell’unica discendente dei Jerro ancora in vita: Shandra Jerro. Così Katerina chiede aiuto alla ragazza, ma prima di poter scoprire qualsiasi cosa, Shandra viene rapita da delle creature chiamate githyanki, i quali vogliono strappare le informazioni a Shandra su Ammon Jerro e allo stesso tempo prendere i frammenti d’argenti.
Katerina per ritrovare Shandra, dovrà fare affidamento su un ranger senza scrupoli e inaffidabile: Bishop, il quale è l’unico a conoscere il territorio dove sono diretti i ghityanki. Così Katerine si mette in viaggio, accompagnata, oltre che da Bishop, da altri due compagni di viaggio: Qara e Gnobnar.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Aspetta… c’è qualcosa di strano”
Katerina si bloccò, improvvisamente vigile. Le sue orecchie da elfo si tesero immediatamente e gli occhi passarono in rassegna il paesaggio circostante, il quale sembrava immobile.
“Hai ragione, gli abitanti e il bestiame sembrano spariti…”, sussurrò Katerina.
“Sei un buon osservatore. Mi ero accorto degli abitanti ma non del bestiame” disse Bishop e avanzò, guardandosi intorno, “Tutto questo silenzio mi mette in agitazione, c’è troppa calma e guarda qui”, Bishop indicò un punto a terra e Katerina si avvicinò, osservando a terra le inconfondibili impronte.
“Sembra quasi che vogliano essere seguiti.”
Bishop alzò lo sguardo, aprì la bocca ma non uscì alcun suono. Poco dopo qualcuno pronunciò una formula e Katerina vide una enorme palla di fuoco andare verso di loro. Il tempo sembrò dilatarsi e il cuore accelerò le sue pulsazioni, producendo un rumore quasi assordante. Era finita allora?
Ma l’incantesimo non li colpì. Qara aveva creato uno scudo magico per proteggerli e Katerina ringraziò il cielo per la prontezza della ragazza.
Senza pensarci spinse Bishop per terra, mentre lei usò una pergamena per portare l’oscurità nella zona e nascondersi alla vista dei nemici, i quali ora camminavano letteralmente ne buio.
Bishop si appostò dietro un grande pozzo situato al centro del villaggio, e cominciò a perforare nemici scoccando una freccia dopo l’altra.
Katerina, per ora, aspettava solo il momento giusto per attaccare: aveva il vantaggio dell’oscurità e non aveva alcuna intenzione di perderlo facendosi scoprire. Qara se la stava cavando piuttosto bene, anche Bishop. Solo Gnobnar sembrava in difficoltà, lo avevano accerchiato e il povero gnomo non aveva armi per difendersi.
Katerina si avvicinò lentamente ai nemici e quando fu abbastanza vicina li accoltellò in fretta. Al primo piantò la lama del pugnale nella schiena, e per gli altri due fu abbastanza veloce da non permettergli di puntare le loro armi contro di lei: a uno tagliò la gola e all’altro riuscì a ferirgli solo un braccio. Il githyanki le andò subito addosso, mancandola di poco con la sua lama. Si guardarono per un istante, ma non ci fu il tempo di scontrarsi ancora, il githyanki cadde a terra morto.
“Oh grazie al cielo è andato tutto bene!” esclamò lo gnomo.
Qara e Bishop avevano sistemato la zona e ora si stavano avvicinando.
“Questi codardi di Ember hanno lasciato che i githyanki si nascondessero nelle loro abitazioni e ci tendessero un’imboscata” sbottò Bishop “C’è mancato poco, bastavaun soffio perché ci facessero ammazzare tutti”.
Bishop era fuori di se dalla rabbia. Teneva l’arco in mano, ancora pronto all’attacco.
“Ma non è successo, grazie a me!” intervenne Qara, “Dopotutto è stato divertente” concluse eccitata. “Non cantare vittoria, non è ancora detta l’ultima parola”, Qara guardava Katerina e il suo sguardo era di sospetto. Katerina la ignorò e fece finta di non aver visto niente.
“Ti ringrazio tu ci hai salvati, non è vero? Non so davvero come potermi sdebitare…” una donna sbucò fuori da una casa, dirigendosi verso Katerina. Era terrorizzata, ma nonostante ciò era uscita dal suo rifugi.
Bishop si voltò infastidito e con un sogghigno disse: “Avete fatto già abbastanza, tu e i tuoi abitanti codardi di certo non ci avete dato una mano lasciando ai githyanki libertà di manovra”.
“Cosa vuoi?” domandò Katerina, ignorando completamente Bishop.
“Stai cercando quella donna… Shandra, giusto?”
“Si, l’hai vista?” la incalzò Katerina. Il suo tono era freddo e distaccato, come al solito. Non esprimeva mai le sue emozioni, sia che esse fossero positive o no. In quel caso era solo infastidita dall’inettitudine di quella contadinella.
“Sì è passata da qui, quelle creature la stavano portando via con la forza”
“Hai idea di dove siano andati?”
“Verso Nord, credo”
“Bene, muoviamoci!” Katerina era perentoria.
“Hai sentito il nostro capo? Levati di torno e torna dai tuoi compaesani conigli”.
Bishop non smetteva di togliersi il un sorrisetto crudele dalla faccia. Katerina lo guardò fisso, fino a quando non si ritrovarono a pochi centimetri di distanza. A quel punto, di scatto, Katerina tirò fuori il pugnale e mise la punta sulla giacca di cuoio di Bishop.
“Tu pensa a fare il tuo dovere ed evita i commenti sarcastici, chiaro?”
Bishop non disse nulla, né indietreggiò.
Katerina rimise il pugnale nell’elsa e si avviò lungo il sentiero, alle sue spalle percepì gli altri seguirla: così come doveva essere.
Durante il cammino, incontrarono diversi githyanki, ma non trovarono altre imboscate. Probabilmente stavano concentrando le loro forze nel luogo dove avevano portato Shandra. Più si avvicinavano alla metà, più Katerina diventava silenziosa. Erano, inoltre, giunti al confine con il territorio di Luskan: la città avversaria di Neverwinter. I githyanki non erano l’unico pericolo che avrebbero potuto incontrare lungo la via.
Bishop li guidava, essendo l’unico a conoscere la zona. Alcune volte Katerina aveva il sospetto che fosse compiaciuto di questo, però non disse nulla e lasciò che mostrasse loro la via per arrivare il prima possibile da Shandra.
Era il turno di guardia di Katerina. Solitamente faceva sempre quello più lungo, in particolare era quella che aveva bisogno di meno tempo per riposarsi. Inoltre aveva la possibilità di preparare le sue armi per il giorno successivo.
Cominciò così a cercare i reagenti che le servivano, con il nascondiglio che le forniva la notte poteva agire indisturbata, sia dai nemici che dai suoi compagni. Una volta trovato ciò che cercava si mise a sedere a gambe incrociate su di un masso e si mise al lavoro.
Aveva quasi terminato, quando si accorse di una presenza alle sue spalle. Sguainò il pugnale, ma fu troppo lenta e si ritrovò con la schiena a terra.
“Bene, cosa fai a quest’ora della notte? O del mattino… come preferisci: giochi a fare l’alchimista?”
“Togliti Bishop, o posso assicurarti che appena mi libero ti ammazzo” sibilò Katerina.
Bishop sghignazzò, ma fu un suono soffocato. Le puntò un pugnale alla gola e Katerina si irrigidì istantaneamente.
“Cosa si prova quando sei tu ad essere in svantaggio?”
Bishop la guardava compiaciuto. Era a cavalcioni sopra di lei e il suo volto era a pochi centimetri da quello di Katerina, al punto che l’elfo ne sentiva il respiro.
“Ti ho già detto ti toglierti dai piedi...” sussurrò.
“Calma. Mi stavo solo domandando come mai il nostro buon capo si prenda tanta premura per raccogliere erbe… se così le vogliamo chiamare” Bishop, raccolse l’impasto fatto da Katerina, “Immagino che con questa farai il thè per il pomeriggio”.
Katerina cercò di muoversi, ma il ranger era molto più robusto e forte di lei.
“Vedi Katerina, a me non piace quando qualcuno mi dà ordini. Sappilo e cerca di rispettare i miei spazi”
“Mi pare che tra noi due l’unico che non rispetti i propri spazi sia tu”
“Già”
Bishop le sbottonò la giacca, partendo dall’alto e le scoprì una spalla, dopo averle spostato i capelli, rimase immobile per qualche secondo. Poi si alzò in piedi, rinfoderando il pugnale.
Katerina rimase a terra, sconvolta.
“Avrei dovuto immaginare che eri un assassino, vista la tua grande passione per i veleni”
Katerina si mise seduta, risistemandosi e cercando di non sentire ferita la sua dignità. Diede le spalle a Bishop il quale ora la guardava con divertimento. Lei non ci badò e tornò al fuoco, dove si stese sul suo giaciglio e si coprì con le pelli. Cercò di ignorare semplicemente la presenza di Bishop, fino a quando non avrebbe trovato Shandra, allora avrebbe anche potuto ammazzarlo.
Ovviamente, anche se faceva finta di aver bisogno di dormire, non era così e rimase sveglia. Fino a quando qualcosa non si mosse accanto a lei. Non passò nemmeno un secondo che subito mise mano all’arma e si voltò puntandola alla gola del suo nemico, il quale non era nientemeno che Bishop. Motivo per cui non abbassò il pugnale. Lui sorrise maligno.
“Quanto mi pagheresti per tenere la bocca chiusa?”
“Bastardo, il mio pagamento è lasciarti in vita fino a quando non mi avrai condotto da Shandra, dopo di che la tua vita dovrai guadagnartela”
Il sorriso di Bishop si allargò ancora di più.
“Già, ma hai pensato al fatto che potrebbe sfuggirmi qualcosa in punto di morte e ops! Forse la tua allegra compagnia non sarà più tanto felice di seguirti.”
Katerina digrignò i denti e impose a se stessa di retare calma e lucida. Non poteva perdere la testa per una semplice provocazione. I primi addestramenti erano stati incentrati sul mantenere il sangue freddo, in qualunque situazione.
“Allontanati da me. Adesso.”
Lo spinse via e si girò dal lato opposto.
Bishop scoppiò a ridere, forse un po’ troppo forte, infatti si svegliò anche Qara e Gnobnar, il quale solitamente aveva un sonno abbastanza profondo.
“Che sta succedendo?” chiese Qara, allarmata.
“Niente, torna a dormire. Abbiamo ancora due ore, poi ci metteremo in cammino.” le disse Bishop.
“Oh bene!” esclamò Gnobnar e si coricò di nuovo, addormentandosi all’istante, il che fece sospettare a Katerina che lo gnomo si fosse alzato solo per riflesso. Quando tutti e due si furono rimessi a dormire, Bishop si mosse di nuovo, questa volta Katerina lo ignorò.
Poi senti il suo fiato sul collo: “Magari esiste un modo per convincermi a non dire niente”, Katerina stava per rispondergli, ma lui si era già allontanato, per fare l’ultimo turno di guardia.
Dopo qualche ora, qualcuno le passo una mano sul braccio.
Certa di chi fosse, prese il pugnale e infilzò la mano al terreno. Sfortunatamente, la mano non era di Bishop, bensì di Casavir. Lo stupore fu tanto grande che per qualche istante, Katerina non seppe che fare.
“Katerina, potresti togliermi la lama dalla mano?” le chiese pacatamente Casavir.
Katerina si affrettò a togliere il pugnale.
Fortunatamente il paladino aveva la forza del suo Dio a ristorarlo e probabilmente non ci avrebbe messo molto perché guarisse.
“Scusa, pensavo fossi un nemico” le sue scuse erano deboli, ma sapeva che il perdono era una componente degli uomini di chiesa: Casavir non faceva alcuna eccezione.
“Pazienza, guarirà” rispose immancabilmente lui. Alcune volte Katerina si chiedeva se lo odiasse o lo amasse per quel suo atteggiamento.
“Eccoti qua, paladino! Ci stavamo giusto chiedendo come mai non fossi già qui a sventolare la tua bandiera di giustizia e a salvare il nostro capo dalle grinfie dei nemici cattivi”. Non c’era da sorprendersi del grande esordio di Bishop, d’altronde era un miracolo che ancora non avesse detto a Casvir la verità su Katerina.
La verità…
Katerina ricordò ciò che Bishop sapeva e subito puntò i suoi occhi neri verso di lui, che continuava a mostrarle un ghigno compiaciuto: alla fine l’aveva in pugno, fino a quando non avessero trovato Shandra.
“Non ho bisogno dei tuoi commenti, Bishop: il tuo compito è solo quello di guidarci a destinazione, e ti consiglio di farlo alla svelta”, il tono di Casavir era sempre lo stesso, cambiavano solo le intenzione delle sue parole.
“Bene, allora andiamo…” cominciò ad avviarsi lungo il sentiero, poi sembrò ricordarsi di qualcosa, “Katerina, perché non vieni ad aiutarmi a rintracciare le tracce, sono sicuro che faremo più in fretta”
“Puoi farlo anche da solo”
“Avanti, vieni qui…”
Il tono in cui lo disse era ambiguo, forse volutamente ambiguo, al punto che Casavir si agitò nel vedere come Katerina si avvicinava al ranger. Ovviamente dietro quella frase si nascondeva una velata minaccia, alla quale Katerina avrebbe dovuto trovare presto una soluzione.
“Allora, mia signora, faccio strada?”
Giunsero presto alle pendici di un monte, il quale era esattamente a metà tra il territorio di Luskan e quello di Neverwinter.
Katerina e Bishop guidavano il gruppo, li seguivano in ordine Casavir, Qara e Gnobnar. Katerina sentiva lo sguardo glaciale di Casavir, ma non era sicura a chi fosse indirizzato: se a lei o a Bishop. Optò per la seconda. Casavir era troppo buono per odiare qualcuno che non fosse totalmente votato al male, o almeno che non lo fosse in apparenza.
“Probabilmente troveremo la tua amica in cima a questo monte, prepariamoci a combattere: hanno lasciato tracce troppo evidenti, sono certo che volessero essere seguiti, ma non ne capisco il motivo” disse Bishop, il quale era seduto sui talloni e osservava il terreno, toccandolo con i polpastrelli.
“Non importa, comunque vada dobbiamo andare a riprendere Shandra, per quanto riguarda te, puoi anche lasciarci qui, ormai siamo giunti a destinazione”. Katerina sperò che il ranger acconsentisse, voleva liberarsi di lui e basta, così da potersi rilassare una volta per tutte.
“Non credo che voi sempliciotti sarete poi in grado di tornare a Neverwinter… almeno non tutti interi” Bishop sorrise, “Cosa succede? Non mi vuoi tra i piedi?”
Casavir si fece avanti, da bravo paladino della giustizia, ma Katerina gli lanciò un’occhiataccia e la discussione si concluse lì.
Cominciarono a salire e presto i lamenti di Qara divennero insopportabili: “Non posso continuare a camminare con tutta questa roba!”, “Aspettatemi, non riesco a tenere il vostro passo!”, “Sento una strana presenza…”
All’ultima frase Katerina si arrestò e attese che l’incantatrice li raggiungesse.
“Che presenza?” le chiese.
“Sembra quasi che ci stiamo avviando verso un enorme fuoco, più ci avviciniamo alla cima più il calore diventa forte…”
Katerina aggrottò le sopracciglia e storse le labbra.
“Il fuoco sarebbe il potere magico!” sbottò allora Qara.
“Perfetto, significa che siamo sulla strada giusta: muoviamoci!”.
Quando giunsero in cima, si trovarono di fronte a una grotta, la quale sembrava scendere verso il basso.
“Meraviglioso! Ci ficcheremo sottoterra?” domandò Bishop.
Katerina lo ignorò e proseguì verso la grotta.
Una volta dentro, cominciarono a sentire versi animaleschi e il rumore delle spade che si incrociavano, udendo ciò, Katerina si affrettò ancora di più e lungo la via incontrarono tre githyanki che combattevano tra di loro. Accanto ad essi vi erano due demoni, i quali se la ridevano tra loro e guardavano la scena.
Katerina lanciò la polvere oscurante, così che potessero passare inosservati allo sguardo dei nemici. Non appena calò l’oscurità nel corridoio, ci fu un momento di rabbia da parte dei demoni e di confusione per i githyanki, ammaliati dai primi.
Il gruppo passò velocemente, sicuro di passare inosserrvato e si diressero verso la piccola porta alla fine della grotta, la aprirono e vi scomparvero dentro.
Dall’altra parte la zona era completamente diversa: si trovavano infatti all’interno di un enorme sala, la quale sembrava appartenere a un qualche castello.
“Questo luogo, mi pare siano le rovine dell’Impero Illefarn…” sussurrò Gnobnar.
“Illefarn?”
“Si! Durante l’impero di Netheril, i grandi maghi di Illefarn crearono…”
“Mi racconterai un’altra volta la storia, voglio solo che mi spieghi cosa significa il fatto che ci troviamo all’interno delle sue rovine”
“Significa che ci troviamo sopra un’enorme fonte di energia, qui la magia che risiedeva nei maghi è rimasta, in parte… ecco cosa sentiva Qara quando stava salendo il monte” Gnobnar cominciò a guardarsi intorno e a esplorare le varie zone della stanza, toccando qualunque cosa e appiccicando la faccia ai pavimenti decorati.
“Gnobnar, non mi sembra il momento di mettersi a fare ricerche su Illefarn, specialmente-”
“Specialmente quando non avete scampo.”
Katerina distolse lo sguardo da Gnobnar e dando un’occhiata attorno a sé, si rese conto che erano davvero circondati. I cinque compagni si strinsero, formando un piccolo cerchio di cui le loro schiene ne erano le pareti. Katerina aveva il volto rivolto verso il punto da cui era arrivata la voce, il pugnale in una mano e la polvere oscurante nell’altra.
“E io che mi chiedevo dove fossero finiti i rinforzi…” fu il sarcastico commento di Bishop.
  
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