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Autore: Franxxx    21/03/2016    0 recensioni
Londra - Fran è una studentessa di 20 anni, è una ragazza forte e determinata. Ciò che Fran non sa è che quet'anno le porterà un sacco di sorprese inaspettate. Riuscirà Fran a navigare fra il lusso sfrenato di una città come Londra, trovando alla fine il vero Amore?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Universitario
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Welcome to the Jungle 

Non sono mai stata brava a rifiutare le persone. Non fraintendetemi, nessuno mi ha mai obbligato a far nulla, ma non sono mai stata brava a dire “no”. Sono ancora meno brava a dire di no agli uomini. È come se fossi in debito con qualcuno, come se avessero un pegno su di me, e io non possa tirarmi indietro all’ultimo secondo. Si, è anche colpa mia.

‘So molto di ciò che non sono. Ma non so molto di ciò che sono.’

Sto pensando troppo. E con questi pensieri realizzo ciò che sto facendo. 

Le labbra di Paolo sono incollate alle mie, mi sta baciando, non nel modo in cui mi aspettavo. Sono baci lenti e delicati. Mi aspettavo qualcosa di diverso, di più intenso, di più passionale. Le sue labbra sanno di Vodka e succo di mirtillo. I nostri respiri sono lenti, porta una mano all’altezza del mio viso e con le dita mi sfiora una guancia. Mi bacia di nuovo. 

‘Perché sto baciando Paolo? Perché con tutte le persone che ci sono al mondo sto baciando proprio Paolo? L’unica persona che non dovrei baciare’.

Mi allontano lentamente, cercando di fargli intendere le mie intenzioni senza essere quella a interrompere il contatto troppo bruscamente. Quando riapro gli occhi ci metto un attimo a mettere a fuoco la situazione. Guardo Paolo negli occhi per un secondo, mi guarda con quello sguardo da furbo. Mi guarda come un bambino che è appena stato beccato a mangiare i biscotti nascosti dalla madre. A quel bambino non gliene frega di nulla. Non gli interessano le conseguenze, quello è stato il biscotto più buono di tutta la sua vita e, se potesse, lo mangerebbe di nuovo. È uno sguardo strafottente. Si porta la sigaretta alle labbra, mi osserva in silenzio. Inala il fumo dalla sigaretta ed esala. Fa un passo avanti. E in questo momento, in questo preciso momento, capisco che devo dire qualcosa. 

«Paolo», dico d’un tratto appoggiandogli una mano sul petto, prima che si avvicini troppo, «non penso che sia una buona idea.» 

‘Sei un idiota’. Paolo mi guarda, sembra indeciso se essere confuso, incazzato o orgoglioso di me. 

Fa un passo indietro. E io vorrei solo che si avvicinasse di più. 

«Hai ragione», conclude alla fine, fa un altro tiro di sigaretta. Non è quello che volevo sentire.

Ci guardiamo per qualche secondo, mentre lui finisce di fumare. Quando butta la sigaretta per terra colgo l’occasione al volo per proporre di tornare al tavolo. 

Paolo annuisce. Butta il mozzicone per terra e mi fa segno di andare avanti. 

Usciamo dalla smoking room e ci dirigiamo verso le scalinate che portano al piano di sopra. Il secondo piano è pieno di gente ubriaca. Tutti ballano, sbocciano bottiglie da 6’000 sterline l’una, con la speranza di portarsi qualche ragazza bella ma povera a letto. Attenta a non cadere dai miei tacchi 12, salgo le scale, ogni tanto butto un occhio su Paolo dietro di me. 

‘Che diavolo ti passa per la testa Fran?’ mi chiede la mia coscienza. Scaccio via il pensiero. 

Una volta raggiunto il piano di sopra, ci facciamo largo fra la folla della pista per poter arrivare al nostro tavolo in fondo alla sala. Non appena arriviamo al tavolo, Coco mi strattona per un braccio. 

«Dove cazzo eri?!» mi chiede allarmata guardando prima me, e poi Paolo. Paolo la osserva di sottecchi, è preoccupato. 

«Siamo andati a fumare», dico velocemente, «siamo stati via molto?» meglio far finta di nulla. 

«Si! Siete spariti per mezz’ora. Giulio ti stava cercando, ora è andato in bagno.» 

‘Cazzo. Giulio.’

Per un secondo mi dissocio dal mondo. Giulio, è tutto quello che ho sempre voluto. È bello, ricco, affascinante, intelligente. Cosa potrebbe volere una ragazza di più da un uomo? Nulla. Era questa la vera risposta, ma io sono sempre stata una persona impulsiva. Giulio ci avrebbe uccisi. Delle braccia mi stringono da dietro, sussulto un attimo, ma non appena mi bacia la guancia, capisco subito che è lui. 

«Dov’eri?» mi chiede sussurrandomi nell’orecchio. Non è incazzato. D’altro canto lui non sospetta niente. Mi stringe ancora fra le sue braccia, immobilizzandomi. 

«Sono andata a fare un giro in cucina. Mi stavi cercando?» mi bacia di nuovo sulla guancia e lentamente fa scendere le mani sui miei fianchi, attraendomi a se. 

«Si. Sono venuto in cucina, ma non ti ho trovata.» guida i miei fianchi in un ballo lento, mi sposta i capelli dietro l’orecchio e inizia a baciarmi il collo avidamente. Un brivido mi attraversa la schiena e non nego che mi faccia piacere. Mi ricordo di Paolo, se ne sta seduto al tavolo, alla nostra destra.È impegnato con il suo telefono, sta scrivendo un messaggio. Sento un peso sul cuore. 

Coco sta ballando con la sua coinquilina come se non fosse mai stata in una discoteca prima. È ubriaca, come al solito. Mi giro e interrompo i baci di Giulio. 

«Mi faresti un drink?» gli chiedo con un sorriso dolce. 

Si ferma un attimo ad osservarmi, e per un secondo, un solo secondo, penso che sappia qualcosa. 

«Certo.» dice alla fine, con un sorriso smagliante. 

Espiro. 

Paolo alza lo sguardo dal suo telefono e mi osserva. Distolgo lo sguardo, fissando la parete di fronte a me, ma sento comunque il suo sguardo posato su di me. 

Giulio mi passa una Vodka RedBull. Lo assaggio, mi fa schifo. I drink di Giulio dovrebbero essere illegali, o come minimo considerabili tossici per la salute. Lo appoggio sul tavolo. 

Giulio mi riabbraccia da dietro, le mani sui fianchi, mi trattiene contro se. Mi fa ballare, passa le mani su praticamente tutto il corpo. Mi stringe sempre di più a se, come se scappassi, come se fosse l’ultima volta che mi toccasse. Come se non avesse mai toccato nessuno in vita sua. Paolo passa il resto della serata con il suo telefono. Scrive, non scrive, non lo so. Giulio interrompe il nostro silenzio. 

«Andiamo a casa?» mi chiede con tono ansioso. Guardo l’ora sul telefono, 4:30 AM. 

«Okay. Facciamo after con gli altri però?» chiedo sempre con il mio sguardo da cucciola. 

«Certo.» sospira, lo so che vorrebbe semplicemente andare a casa con me. 

Giulio finalmente si stacca da me, e va a parlare con Paolo. 

Prendo Coco per un braccio e la convinco a venire a fare after da me con la sua coinquilina Cami. 

Non si fa pregare due volte. Così i ragazzi pagano il tavolo, Stelio, il manager, ci porta le nostre giacche e ci avviamo verso l’uscita. 

Quando usciamo la strada e pian di gente ubriaca. Giulio mi cinge subito la vita. 

«Hai freddo?» mi chiede strofinandomi il braccio, creando calore, «ho chiamato un Uber.» 

«Okay.» non sono di molte parole stasera. 

Fa freddo. Ci saranno si o no -3 gradi, insolito per Londra, la temperatura raramente va sotto zero. 

Giulio mi abbraccia, appoggio la testa sulla sua spalla e chiudo gli occhi. Amo il suo profumo. 

Non penso a niente, mi faccio cullare dalla mano di Giulio che mi passa su e giù per la schiena. La serenità dura ben poco, perché un senso di colpa mi prende alla sprovvista. 

‘Non posso’, dico a me stessa stringendomi più forte alle braccia di Giulio, il quale ricambia il gesto. Sospiro. 

«Tutto okay?» mi sussurra Giulio nell’orecchio, porta una mano al mio mento, alzo lo sguardo verso di lui. Mi guarda con quei suoi occhi azzurri, corruga la fronte e scuote leggermente la testa. 

«Sto bene», mento, «voglio solo andare a casa», sorrido per non rassicurarlo. 

Mi bacia. Un bacio veloce, come se lo avesse fatto mille altre volte. Mi sento male. Mi guardo intorno, noto Coco e Guido appoggiati al muro dietro di noi, si stanno parlando quasi intimamente, si guardano negli occhi, Coco sorride. Il loro momento è perfetto. 

Sposto lo sguardo oltre la spalla di Giulio, attraverso la strada, ma è inutile. Lui non c’è. Mi assale come un magone, mi si forma un nodo in gola, come se avessi appena inghiottito una pillola enorme. Giulio mi stringe di più a se. 

«Allora ragazzi?», d’improvviso sento la sua voce, mi giro di scatto, Paolo mi guarda con uno strano luccichio negli occhi, sorride, un sorriso beffardo, come se si stesse prendendo gioco di me. «After?» propone Paolo. Si sta prendendo gioco di me. E non glielo posso biasimare. Noto solo ora il silenzio che si è creato, in quel secondo in cui io e Paolo ci guardavamo negli occhi. 

«Si,» dice finalmente Giulio sospirando, «ho già chiamato un Uber.» mi rigiro verso di lui, notando il suo tono scocciato. E mentre Paolo mi guarda, mentre sento i suoi occhi posati sulla mia schiena, prendo il volto di Giulio fra le mani e lo bacio. Non un bacio normale, non un bacio a stampo. Ma un vero bacio. Giulio è teso, quasi rigido ma si lascia andare subito, gli butto un braccio attorno al collo e lui mi stringe a se. Mi bacia di ritorno, intensamente. Il cellulare di Giulio suona. Mi distacco. È l’Uber. 

Mi giro verso Paolo, è appoggiato al muro di fianco a Coco e Guido, mi osserva, capisco subito che è preso male. Giulio mi prende per la mano, «andiamo», mi dice trascinandomi verso la fine della strada in cerca del nostro Uber. Gli altri ci seguono. 

Una volta entrata nella Mercedes mi accorgo del freddo che fa fuori. Me ne sto seduta di fianco a Giulio, mi accarezza una coscia con le dita. Butto un occhiata dietro verso Coco e Guido, si stanno baciando. Sorrido. So che domani mi aspetterà una lunga chiacchierata con Coco. Paolo è seduto davanti, non parla. Si limita a chiedere al driver se può attaccare  il suo iPhone al lettore. Mette la sua canzone preferita, How Deep Is Your Love, prima di conoscere Paolo odiavo questa canzone. 

Osservo Londra che mi passa dal finestrino, il tragitto dal Maddox al mio appartamento è corto, giusto una quindicina di minuti. Passiamo per una delle mie piazze preferite, Fitzroy Place. Sono le 5 del mattino, non c’è ancora luce e non ce ne sarà ancora per un paio di ore. La mia mente fantastica, forse per via dell’alcool. Mi fermo a pensare ad un mondo parallelo, un mondo in cui le cose non siano così complicate, in cui ci si esprime liberamente. Se potessi, se solo potessi capirci qualcosa. Se solo io e Paolo potessimo stare assieme. Ma non possiamo. Giulio mi stringe la mano e mi riporta alla realtà. Sposto lo sguardo dal finestrino a lui, mi guarda, ha il volto stanco. Di recente lo trovo sempre stanco. Indossa quella camicia azzurra che gli sta benissimo, è sbottonata di tre bottoni, le porta sempre così. Si avvicina e mi bacia sulla guancia dolcemente, sorrido sotto il tocco delle sue labbra. 

Due minuti dopo siamo tutti in ascensore, la vicinanza con Paolo mi turba. È di fianco a me, spalla a spalla. Con un dito mi sfiora il palmo della mano. Faccio del mio meglio per non reagire. Per non darlo a vedere, ma mi sorge il dubbio del perché quel gesto. Forse era stato involontario. 

Entriamo in casa e Paolo si siede subito sul divano a fare su una canna. Connette l’iPhone agli speakers e fa partire musica Deep House. Coco mi implora di farle da mangiare e per qualche strano motivo le dico di si. Vado in cucina e inizio a tirare fuori la pentola, la riempio di acqua e la metto sul fuoco. Osservo l’acqua, si muove lentamente dentro la pentola. La osservo, non bolle. La osservo e mi sento vuota. Vedo Giulio entrare in cucina con la coda dell’occhio, mi cinge i fianchi con le braccia e mi abbraccia da dietro. Mi stringe a se e inspira fortemente appoggiando la testa alla mia. 

«Andiamo in camera tua.» mi sussurra nell’orecchio. 

È ubriaco. Il suo comportamento mi sorprende. Giulio non è il tipo. Mi sfiora un braccio con le dita. Osservo Paolo attraverso il vetro della cucina. Si sta accendendo una canna. Guido e Coco sono seduti sul divano a parlare. Non dico nulla, prendo la mano di Giulio e lo guido verso camera mia. Apro la porto e faccio attenzione che sbatta dietro di Giulio. 

La stanza è buia. Non si vede quasi nulla. Giulio si avvicina e mi prende il viso fra le mani, mi bacia , non dolcemente, non lentamente, mi spinge leggermente contro il muro e appoggia il suo bacino al mio. La sua mano destra scende sul mio collo, continua a baciarmi, le nostre lingue giocano l’una con l’altra in un bacio caldo e passionale. Le nostre mani si muovono su e giu per i nostri corpi, gli sbottono i pantaloni dei jeans. 

«Dio Fran, non sai quanto lo voglio», sospira fra un bacio e l’altro, mi iniziano a fare male le labbra. 

Infilo la mano nei suoi boxer e faccio pressione sulla sua erezione, mi muovo lentamente su e giù mentre con la lingua gli sfioro leggermente l’orecchio. Giulio emette un gemito di piacere. Lo sento diventare duro e mi viene da ridere a pensare a quanto sono facili gli uomini. Giulio riprende a baciarmi, mi prende per le spalle e mi gira facendomi cadere a pancia in su sul letto. Mi prende di sorpresa, ‘cosa sta succedendo?’ mi chiedo, Giulio non è mai così. Giulio non è il ragazzo che viene da te in discoteca e ci prova spudoratamente in una speranza che tu gliela dia a fine serata. Non è il tipo che ti sbatte contro il muro e ti scopa finché non ci capisci più niente. 

Si posiziona sopra di me, sostenendosi con le braccia ai lati del mio viso. Si china leggermente per baciarmi, le nostre lingue ricominciano a giocare. Lentamente fa scendere la mano, mi sfiora la pancia e mi alza leggermente la maglietta, così da poter far passare la mano sotto. Si ferma sotto il seno e mi accarezza la pelle. Mi fa venire i brividi. Mi perdo, non so più a cosa pensare. L’alcool è ormai in circolo e non riesco più a pensare normalmente. Tengo gli occhi chiusi e mi lascio baciare da Giulio, lascio che mi tocchi il ventre, che scenda verso i miei pantaloni, che mi slacci il bottone. In questo momento lo voglio più di qualsiasi altra cosa. 

Improvvisamente Giulio interrompe il contatto delle nostre labbra e si tira leggermente indietro. Apro gli occhi per la prima volta in quella che a me sembra sia stata una mezz’oretta. Cerco di mettere in chiaro, ma la luce è bassa e i miei occhi si devono abituare. Giulio ha il respiro affannato. Si appoggia sui gomiti venendomi più vicino. 

«Cosa c’è?» gli chiedo confusa. Toglie la mano da sotto la mia maglietta e si tira leggermente su. 

«Non posso Fran» mi dice dopo un attimo di silenzio. Mi prende completamente alla sprovvista. 

E in quel momento, forse perché mi sentii rifiutata o perché volessi in realtà semplicemente dire la verità, guardai Giulio negli occhi e con tono scocciato dissi: «Fa niente, non mi interessa, in ogni caso non volevo andare a letto con te.»

Giulio rimase fermo per un secondo, sentii il suo respiro fermarsi. Poi, come se si fosse risvegliato da un incubo si tirò su di colpo. Si riallacciò i pantaloni e se ne andò. Si chiuse la porta dietro, e lo sentii sbattere la porta d’entrata. Rimasi li per qualche minuto, mi richiusi i pantaloni a mia volta e me ne stetti li. In silenzio, al buio. Incrociai le braccia al petto e mi abbracciai da sola. Non sapevo se essere più ferita per il fatto che Giulio non avesse voluto scopare con me o se fosse per il fatto che mi aveva lasciato li da sola, come la troia che sono, al buio e con un vuoto dentro.

Quando mi ripresi un po’ si dalla sbronza che dall’imbarazzo di ciò che era appena successo mi tirai su dal letto e decisi di ritornare in salone, curiosa di vedere chi era rimasto dell’after. Percorsi il corridoio e trovai Paolo seduto sulla poltrona in fondo al salone, stava fumando una canna, in sottofondo suonava una canzone dei Red Hot Chili Peppers, alzò lo sguardo e mi fece un mezzo sorriso. Non sapevo esattamente se Paolo avesse intuito ciò che fosse successo fra me e Giulio. Ma trovarlo li, con quello sguardo saccente e quegli occhi grandi da bambino mi mise felicità. Mi sedetti di fianco a lui, e per la prima volta in tutta la sera, sentii che stavo facendo la cosa giusta. 

«Dove sono Coco e Guido?» chiesi con la voce strozzata. Me la schiarii. 

«Sono andati a casa. Dio santo, chissà cosa stanno combinando.» dal tono di voce di Paolo capii che non sapeva niente di me e Giulio. Che non aveva intuito. Mi limitati ad annuire. 

Paolo si appoggia contro lo schienale della poltrona, si porta la canna alle labbra e inala. Mi guarda diritta negli occhi, non sembrano più gli occhi di prima, gli occhi da bambino che amo così tanto di lui, sono diversi. Il suo sguardo si è fatto più serio. Trattiene il fumo per un paio di secondi, e poi lo esala creando un denso fumo che va a disperdersi nella stanza. 

Rimaniamo in silenzio per un paio di minuti. Chiudo gli occhi e appoggio la schiena al divano. 

‘Cosa stai facendo?’ rimprovero a me stessa, ‘non puoi’, cerco di convincermi da sola. 

«Fran, andiamo a dormire?» chiede finalmente Paolo. 

Sapevo che saremmo arrivati a questo. Lo sapevo, si arriva sempre a questo. 

«Fran?» chiede Paolo con un lieve tono di preoccupazione nella voce. Sorrido. 

«Si. Va bene.» Apro gli occhi e mi alzo dal divano, mi avvio verso la mia stanza, sento Paolo seguirmi. 

Una volta entrati, mi dirigo verso l’armadio e cerco la mia maglietta preferita. 

Paolo si siede sul letto e inizia a sbottonarsi la camicia. Gli do di spalle e mi sfilo prima la maglietta. Rimango in reggiseno e mi infilo velocemente la maglietta del concerto degli Arctic Monkeys. È una maglietta che mi va a mo’ di vestito, XXL. La comprai dopo il concerto che tennero a Finsbury Park un paio di anni fa. Una delle serate più belle della mia vita. Mi sbottoni i pantaloni di pelle che avevo tenuto su tutta la serata. Li lascio cadere per terra.

Quando mi giro Paolo mi sta osservando, ha ancora la camicia mezza abbottonata. Non riesco a vederlo chiaramente ma sono quasi sicura che ha quel suo mezzo sorriso stampato sulla faccia. Mi avvicino lentamente a lui, seduto sul bordo del letto. Mi inginocchio per essere più o meno alla sua altezza. Porto la mano destra all’altezza del quarto bottone e sfioro la pelle morbida della scollatura. Lentamente sbottono un bottone dopo l’altro. Paolo mi sta guardando, incerto ma sempre divertito. Gli prendo le mani e lo obbligo ad alzarsi, gli sfilo la camicia dalle spalle. È la prima volta che lo vedo a torso nudo. Ha un fisico lineare, magro ma comunque in forma. 

Paolo si china per baciarmi, è un bacio leggero, quasi insicuro. Le nostre labbra si stanno toccando a malapena, si sfiorano. Per un momento, per un singolo momento, mi sembra che nient’altro abbia importanza. Che questo tocco, per quanto leggero, è quello di cui ho più bisogno. Schiudo leggermente le labbra, e il bacio si fa più intenso. Paolo mi accarezza il viso con il pollice, sono baci dolci. Mi sento al sicuro. Gli porto una mano al viso e faccio attenzione a sfiorarlo con leggerezza, so quanto detesti essere toccato in volto. Non si ritrae. Mi continua a baciare e cingendomi con il braccio mi fa sdraiare sul letto. 

Lascio che si posizioni sopra di me. Mi lascia una scia di baci sul collo, mi sfiora l’orecchio con la lingua e una scossa di brividi mi percorre la spina dorsale. Allungo la mano verso la sua cintura di Hermes e gliela apro, faccio lo stesso con la zip e il bottone. Paolo non mi ferma. Gli abbasso leggermente i jeans e con una mano mi aiuta a sfilarglieli. È in boxer, appoggia leggermente i fianchi ai miei e posso immediatamente sentire la sua erezione premere contro di me. Fa passare le coperte sopra di noi e riprende a baciarmi dolcemente. Mi bacia come se non ci fosse fretta nel mondo, come se ci fossimo solo noi due ed un bacio potesse durare un eternità. Lo sento respirare fra un bacio e l’altro e penso che sia il suono più bello che io abbia mai sentito. 

Paolo fa scorrere la mano dal mio collo fino al lato del seno, passando dalle costole e scendendo verso le cosce. Mentre i suoi baci si fanno a piano piano più intensi, gioca con il bordo della mia maglietta. La alza leggermente, si ferma per un secondo prima di infilare la mano sotto la maglietta. Il suo tocco è caldo sulla mia pelle, mi accarezza la coscia con la punta delle dita fino ad arrivare al bordo del mio slip di pizzo nero. Non fa nulla, continua a baciarmi, mi bacia le labbra, mi bacia il collo stuzzicandomi con la punta della lingua. Piano piano tira su la maglietta, portandola sopra all’ombelico. Scende a baciarmi sul ventre, piccoli baci. Si ferma per un secondo e posa le labbra sul tatuaggio che ho sulle costole. Sorrido. Mi bacia lungo il fianco fino ad arrivare al linguine, dove posa ulteriori baci ‘ingenui’.

Si tira su e mi bacia teneramente sulla guancia. Sorrido di nuovo. Si abbassa i boxer, e si appoggia su di me. Lo sento. Mi sfiora, mi stuzzica e mi provoca. Mi continua a baciare quando fa scendere nuovamente la mano verso i miei slip ma questa volta prende il bordo fra le dita e me li sfila lentamente. Mi osserva per un secondo mentre lo fa, come per accettarsi che vada bene. Paolo si appoggia sui gomiti e a questo punto i nostri corpi si stanno praticamente toccando in qualsiasi punto, le nostre labbra sono come incollate in un bacio unico. Fa scendere la mano destra lungo il mio fianco, fino alla coscia. Passa a baciarmi il collo e cautamente mi apre le gambe, facendosi spazio. Lo lascio fare. La sua erezione si fa più presente. Porta le mani al mio viso, e appoggia le labbra sulle mie in un altro tenero bacio. In una mossa decisa è dentro di me. Il gesto mi prende di sprovvista e rimango senza respiro per un secondo. Paolo mi continua a baciare, inizia a muoversi. Mi provoca un piacere indescrivibile. 

«Dio Fran, non sai quanto io l’abbia voluto», mi sussurra nell’orecchio, «non sai quanto tu mi piaccia, mi fai impazzire», continua con un respiro affannato. 

Mi prende di nuovo alla sprovvista, non so cosa dire e quindi non dico niente. Mi sembrò di baciarlo per ore quella notte. Lo baciai sulle labbra, lo baciai su collo, sulle spalle, sul petto, lo baciai fra un gemito e l’altro. 


Paolo mi strinse vicino a se, così vicino che quasi non riuscivo a respirare, mi lasciò dei piccoli baci sul collo e sulle spalle, mi sentii al sicuro. Mi addormentai felice, con le labbra di Paolo che sfioravano la mia pelle.  

NOTA: GRAZIE A TUTTI DI AVER LETTO - RECENSITE XXX 

   
 
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