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Autore: SagaFrirry    21/03/2016    1 recensioni
Esattamente come per il numero 2, il 3 non era previsto ma alla fine la follia ha avuto la meglio. Il tempo è trascorso e Apollo, colui che ha preso il posto del defunto padre Zeus sulla cima dell'Olimpo, vuole finalmente mettere a tacere le voci che lo definiscono "inadeguato a quel ruolo". Per farlo, seguirà il consiglio della gemella Artemide ed organizzerà una grande sfida fra Dei e loro Campioni. In tutto questo ovviamente verranno coinvolte vecchie conoscenze, nuovi arrivi e personaggi ormai già noti. Una corsa per raggiungere e conquistare la cima del Monte più ambito del mondo Greco, per svelare inganni e sotterfugi e scoprire che l'Olimpo fa gola a molte più persone del previsto! E voi per chi fate il tifo?
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Olympus Chapter'
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XXIII

INNOVAZIONE

 

La grotta di trovava a diversi giorni di cammino ed il gruppo si era fermato per riposare. Keros fu il primo a percepire quella presenza, piuttosto familiare. Aprì le ali in cui si era avvolto per dormire e si guardò attorno. Preferì non dare l’allarme, non essendo sicuro di quel che sentiva. Si alzò, rizzando le orecchie a punta. Aiolia, che faceva la guardia, gli lanciò un’occhiata interrogativa, chiedendo cosa non andasse. Keros lo rassicurò, con un cenno della mano. Nel silenzio, socchiuse gli occhi e si allontanò di qualche passo. Un rumore lo fece ghignare, quasi divertito.

“Smettila di nasconderti” commentò “Sento la tua presenza. Ed il tuo odore..stai ancora sanguinando..”.

“La tua spavalderia è incredibile” si sentì rispondere, da una voce profonda “Ti farò pentire amaramente di aver pronunciato simili parole”.

“Non renderti ulteriormente ridicolo, Asmodeo..”.

“Insolente ragazzino!”.

“Hai portato gli amichetti? Vuoi essere umiliato davanti a tutti?”.

Keros rimase impassibile, mentre il demone compariva, affiancato da altri colleghi infuriati.

“Rimedierò all’offesa” ringhiò Asmodeo “Ti ucciderò, figlio d’arcangelo”.

“Quale offesa? Ti sei offeso da solo, tentando di uccidere Lucifero. Se fosse stato sveglio, ti avrebbe disintegrato in miliardi di particelle. Sono stato anche fin troppo buono!”.

“Piccolo bastardo..”.

“Non ho tempo adesso, chiaro? Devo recuperare Arikien, non giocare con voialtri demoni! Sparite!”.

“Tu non vedrai l’alba!”.

“E tu te ne tornerai a casa con la coda fra le gambe!”.

“Ma chi ti credi di essere?!”.

“Il figlio di Mihael arcangelo, cresciuto da Lucifero e salvato proprio da te..ma se dovrò ucciderti, non avrò problema alcuno nel farlo. Specie ora che ho davvero bisogno che ti levi dai coglioni!”.

Asmodeo ringhiò.

“Serve una mano?” si unì Aiolia, con a fianco il fratello maggiore risvegliato dal rumore.

“Combattere appena svegli e con i capelli scombinati..che seccatura” storse il naso Aphrodite.

I gold si erano destati e fissarono con un certo fastidio i demoni. Keros capì che, da chi aveva di fronte, non era solo una questione di regolazione di conti personali. Si trovava davanti ad i massimi rappresentanti delle armate di Lucifero: era una guerra per il predominio. Un posto vacante come quello di re dell’Inferno faceva gola a molti e se Asmodeo veniva sconfitto...

“Non sottovalutateli” si limitò a dire il mezzosangue “Sono estremamente potenti”.

I cavalieri si resero subito conto che Keros non mentiva. Baphomet, Astaroth, Moloch, Malphas, Furcas e Mephistophel risposero allo sguardo dei cavalieri, con un sorriso divertito. Azazel, anche lui presente, incrociò le braccia, come desideroso di vedere come sarebbe andata a finire.

“Ti ucciderò, Keros” minacciò Asmodeo, ringhiando ancora.

“Demone..” rispose il mezzosangue, con un sorriso quasi divertito e spalancando le ali d’argento “..non nominare il mio nome invano!”.

 

Il silenzio. Ed il buio. Gli pareva di galleggiare, dondolato da dolci onde regolari, simili all’oscillare di una culla. Poi prese il primo respiro, ed il suo corpo si accese, risplendendo. Aprendo gli occhi, vide una bambina. A passi incerti, i primi passi che mai aveva compiuto, si era poi fermato ad osservare quella bimba, alta come lui, che gli aveva sorriso.

“Lucifero” l’aveva chiamato lei, con quella vocina dolce “Sei un Lucifero. Luce. Porti la luce”.

La bimba si era avvicinata, impaurita da tutte quelle tenebre, attirata dalla luce.

“Sorella” aveva detto il bambino “Sorella Sophia!”.

Voleva cancellare quello sguardo spaventato e così il piccolo appena chiamato Lucifero decise di accendere le stelle. Iniziò a tessere i loro raggi e le tenebre furono molto mene profonde. Questo fece sorridere di gioia Sophia, che abbracciò forte il fratello. Era cresciuta la bella Sophia, così come era cresciuta la stella del mattino. Nei loro occhi azzurri si rifletteva il firmamento e lo splendore del mondo. Sophia lo comprendeva, Lucifero dissipava ogni suo dubbio.

“Insieme, possiamo fare tutto” aveva detto lei, stretta in quell’abbraccio.

E quei piccoli angeli che poi comparirono, a cui i due diedero un nome, erano come uniti in una danza perpetua, attorno a quell’abbraccio.  Mihael, Rahael, Uriel, Camael, Remiel.. La danza..la danza del mondo, il moto delle stelle, la piroetta dell’infinito. Ma una di quelle piroette separò quell’abbraccio. Ed a quel punto, che importanza poteva mai avere i termine “padre”, “madre”, “fratello”, “sorella”? Risuonarono solo quei due nomi: sapienza e luce, Sophia e Lucifero. E si levò un gridò di rabbia e di dolore, iniziò il cambiamento. La danza perpetua ed immutata era stata interrotta ed ora tutto cambiava, era un nuovo inizio: era l’inizio del mondo. Con il suo bianco e nero, luce ed ombra, iniziava il cammino della vita. E tutto era buio..

“Papà!” furono parole pronunciate da una bambina.

Lucifero si svegliò, steso sull’erba. Tre bambine lo fissavano: Vera, la fede, accanto a Nadijeshda, la speranza e Ljubow, l’amore. Erano belle, come la loro madre, che gli sorrideva.

“Buongiorno” salutò Sophia “Ti sei addormentato?”.

“Dove sono?” mormorò lui.

“Dove vuoi essere?”.

“Che razza di risposta è?”.

Le bimbe risero.

“Oggi papà è strano” commentò Vera.

“Non sono tuo papà” si affrettò a dire Lucifero, mettendosi seduto “Sophia ti ha generato da sola, assieme alle tue due sorelle”.

“Ma che stai dicendo?!” alzò un sopracciglio Sophia “Hai battuto la testa?”.

“No! Dove sono? Che sta succedendo? Dov’è Mihael?”.

“Mihael? Se vuoi te lo chiamo. Immagino sia con gli altri angeli a cazzeggiare come al solito. Lucy, tesoro..che hai?”.

“Non chiamarmi tesoro. Tu sei morta! Questo dev’essere un giochetto di Arikien”.

“Chi è Arikien?”.

“Sophia! Come sarebbe a dire?! Arikien è tuo figlio. Lo hai avuto con Ares”.

“Io?! Un figlio con Ares?! Lucy..ti avevo detto di fare il bravo con le sostanze stupefacenti” ridacchiò Sophia, toccandogli la fronte con l’indice.

“Che fai?! Cerchi di farmi venire un terzo corno?”.

“Corno? Ma di che parli? Oggi sei assurdo..”.

Lucifero si mosse, notando immediatamente di avere di nuovo le ali da angelo. Subito si alzò, accendendosi d’oro.

“Hei!” sorrise Sophia, alzandosi a sua volta, lentamente “Calmo! Sei il creatore del mondo, un movimento simile potrebbe generare qualche problema”.

“Io non ho creato il mondo!”.

“Mio bell’angelo modesto” mormorò Sophia, appoggiandosi al petto di Lucifero “Creatore. Ed io, sempre al tuo fianco, la distruttrice. Con in mezzo Mihael, il preservatore che impedisce che compiamo troppi casini”.

“Ma..no! Non è così!”.

“E allora com’è?”.

“Io..sono un demone. Dio mi ha punito, io sono caduto. Io sono..Shaitan! Satana! Il nemico!”.

Sophia scosse la testa e lo stesso fece Lucifero, confuso. Indietreggiò di qualche passo, sentendo la terra mancargli sotto i piedi. Precipitò e cadde, finendo di nuovo disteso. Vide una mano, pronta a sorreggerlo.

“Arikien” lo riconobbe.

Avvolto da una veste nera, il Dio delle illusioni gli sorrise.

“Che cosa significa? Perché mi fai questo?” domandò Lucifero.

“Io non sto facendo nulla. È il tuo inconscio. La mancanza di ossigeno..”.

“Ma di che parli? Cosa sono queste cose che vedo?”.

“Non lo so. La tua mente elabora questo, non posso sapere per quale motivo”.

“Perché il mio inconscio dovrebbe mostrarmi fandonie?! Io non sono il creatore del mondo, io non sono il padre degli angeli!”.

“Non ne ho idea. Ma..già altre volte mi sono chiesto se fosse possibile”.

“Cosa?”.

“Che Sophia sia in realtà una madre. Che sia lei la Divinità Suprema. Lei ha in mano tutte le risposte. Potrebbe aver creato te e poi, con te, aver generato tutto il resto. Oppure tu ti sei creato da solo, come nelle migliori storie da inizio del mondo”.

“E chi mi avrebbe fatto cadere, scusa?”.

“Sophia”.

“Tu stai delirando! Lei ha sofferto quando io sono caduto. Ho percepito la sua tristezza”.

“Voi due vicini non avreste prodotto altro che immobilità eterna. Per sempre insieme. Era necessario che foste separati, per far iniziare a far girare il mondo. Il bene ed il male erano necessari. L’infinita ricerca l’uno dell’altro erano necessari. Ma la mia è solo una supposizione..”.

Lucifero rimase in silenzio. Era piuttosto confuso. Seduto in terra, guardò in alto, verso il volto del nipote che rimaneva immobile, con le mani nelle tasche del lungo cappotto nero.

“Che dovrei fare adesso?” domandò poi l’angelo caduto.

“Quel che vuoi. Per quel che mi riguarda, puoi anche tornare alla visione di prima, se ti piace viverla”.

“È una menzogna!”.

“Ah sì? Ne sei sicuro?”.

“Sparati, Arikien! Odio tutti gli Dei proprio perché parlano come te!”.

“Lo so..odi anche te stesso”.

“Fanculo”.

Rimasero in silenzio qualche istante. Il demone guardò altrove, con aria infastidita. Dopo parecchio tempo tornò a girarsi e sorrise, fissando il nipote.

“Carine le corna” commentò.

“Ti piacciono?” ghignò il Dio delle illusioni, scostando un ciuffo di capelli neri e mostrando due piccole escrescenze rosse “Mi stanno facendo impazzire con il mal di testa!”.

“Normale. Lo faranno finché non saranno cresciute del tutto. Ci metteranno un po’, ma poi non ti daranno più fastidio”.

“Sono di questo colore. Come mai? Le tue sono grigie..”.

“Non saprei. È una questione genetica. Oppure tua moglie si è divertita. Hanno la stessa tonalità dei capelli di Keros..”.

“Buon per loro”.

“Sai..pure io ho baciato tua moglie. È una gran donna. Avvisami se ci litighi e torna sulla piazza”.

“Lo so che l’hai baciata. In Egitto. Ci conoscevamo da poco, io e te. Lo ricordo..”.

“E lei lo sa? Nel senso..lo ha capito che in quel momento ero io, che mi fingevo te?”.

“Non gliene ho mai parlato. E tu?”.

“No. Non avrei alcun interesse a farlo. Siete così carini insieme. Anche se Keros..”.

“Lascia che si divertano. Recupererò non appena tornerò a casa. Se ci tornerò..”.

“Perché non dovresti?”.

“Ho avuto un contrattempo. Tu, piuttosto..hai intenzione di svegliarti o vuoi rimanere bloccato nella vastità della tua mente?”.

“In che senso?”.

“Davanti a te vi sono diverse strade. Puoi restare seduto qui, ed aspettare che illusioni e ricordi ti avvolgano. Oppure puoi andare avanti, scoprendo che fine fanno i demoni quando muoiono. Oppure..trovare la strada per risvegliarti. Perché quelli come te non sono destinati a morire..”.

“E la strada qual è?”.

“La sai la risposta”.

Arikien si dissolse, lasciando il caduto da solo. Il demone si guardò attorno. Si stava facendo buio e sottili radici iniziavano a spuntare dal terreno, come artigli pronti a trattenerlo. Si alzò di colpo, guardando verso l’alto.

“Volare?” si chiese “Mal che vada..farò come Icaro e mi schianterò. Ma almeno arriverò alla conclusione di tutto questo”.

Spalancò le ali e si sollevò, sfrecciando veloce verso l’alto. La luce si era fatta sempre più intensa ma il demone non aveva chiuso gli occhi per nemmeno un istante. Vi era qualcosa, alla fine di quel viaggio: una parete. Come uno specchio, l’angelo caduto vide se stesso e gridò, infrangendo quella superficie in migliaia di pezzi. Con lo stesso grido bloccato in gola, si sollevò di colpo a sedere su quel letto dove era rimasto immobile e spento. Ansimò, piuttosto confuso. Si guardò attorno. Riconobbe le stanze del palazzo del nipote e riconobbe Eris, accoccolata su una sedia ed addormentata. Si chiese che cosa ci facesse lì quella donna e provò ad alzarsi. Erano faticosi quei primi passi, come in quel ricordo.. Poi riuscì ad uscire dalla stanza senza barcollare troppo.

“Lucifero” lo chiamò una voce.

Girandosi, vide Sophia, la prima figlia di Eleonore ed Arikien, che gli sorrideva. Lui rimase in silenzio. La casa era buia, era notte fonda, e lei aveva l’aria stanca. Però era così splendida, con le ali candide e l’aureola. Era dunque divenuta una degli angeli? Sarebbe stata di certo una bella figurina fra le nuvole..

“Non brilli” continuò Sophia “Non ti illumini più..”.

“Come mai sei sveglia, bambina?” cambiò argomento lui “Pare sia molto tardi..”.

“Lo è. Ma uno dei miei fratelli non dorme. Dice che c’è un mostro in camera”.

La giovane stringeva fra le braccia Azlan, che piagnucolava.

“Ci penso io” ghignò lui, prendendo il bambino con il braccio dal lato non intaccato dai colpi di Drakonta “Tu vai a letto. Anche gli angeli dormono, sai?”.

“Lo so. Grazie..”.

Rimasto solo con il bambino, Lucifero si chiese per quale motivo lo avesse fatto. Incrociò lo sguardo color smeraldo di quel piccolo e gli sorrise, nel solito modo leggermente inquietante.

“Andiamo a vedere il tuo mostro..” gli disse “..e lasciamo dormire la tua povera sorella”.

Mise a letto Azlan, che si guardò attorno impaurito. Poi fece un giro per la stanza e tornò a sedersi accanto al bambino.

“Ho mandato via tutti i mostri” esclamò “I mostri hanno tanta paura di me, sai?”.

Il bambino annuì, sollevato.

“Ora chiudi gli occhi e dormi”.

Il piccolo, con i capelli biondo scuro come quelli di Eleonore, lanciò uno sguardo di supplica.

“Non riesco a dormire” mormorò “Mamma mi faceva sempre dormire con una ninnananna”.

“Hem..è tardi, piccolo. Non mi sembra il caso di mettersi a cantare, non trovi?”.

Gli occhi del piccolo si fecero tristi e Lucifero sospirò. L’unica canzone che gli veniva in mente era quella che cantava agli angeli e, non capì per quale motivo, riuscì a cantarla come un tempo. Non appena il bambino si fu addormentato, il demone si alzò a fatica, dolorante, ed uscì dalla camera. Ad attenderlo, fuori, trovò Mihael.

“Hoi!” lo salutò, con il solito ghigno strano “Ciao, Miky”.

Si aspettava di vederlo andare su tutte le furie, ma non fu così. L’arcangelo lo fissò in silenzio, qualche istante e poi si avvicinò, abbracciandolo.

“Fratello..” furono le parole, mormorate, del guerriero.

“Ma che ti prende?!” protestò Lucifero “Lasciami subito!”.

“Fratello! Sei tornato!”.

L’angelo si distaccò, capendo che quella vicinanza eccessiva faceva provare dolore ad entrambi, con le ferite ancora aperte.

“Hai bevuto?” si accigliò Lucifero.

“No” rispose Mihael “Ma mi piacerebbe”.

“Che ti succede? Sei ferito..non dovresti esserlo. Sei caduto?”.

“Non lo so. Ho ancora le ali come un tempo. Niente corna o cose simili..”.

“Capisco. Una specie di avvertimento..”.

“Dici sia questo?”.

“Non saprei che altro possa essere”.

“Ed i tuoi occhi invece che cosa sono?”.

“Cos’hanno i miei occhi?”.

Lucifero non riuscì ad interpretare lo sguardo del fratello. Decise di ignorarlo. Aveva bisogno di scoprire dove il nipote nascondesse i superalcolici. Ne aveva DAVVERO bisogno. Camminò a passo incerto lungo il corridoio, non trovando indizi a riguardo. Eppure doveva tenerli da qualche parte.. Durante la sua ricerca incrociò uno specchio, simpatico orpello in cui solitamente amava rimirarsi. In quel frangente, però, non poté fare a meno di sussultare. Notò di non essere in grado di celare i segni di tutte le battaglie che aveva affrontato e poi notò loro: gli occhi. Erano azzurri! Azzurri come il cielo, come quando era un angelo! Lanciò un grido, istintivamente, ed indietreggiò, come se nello specchio avesse visto un qualche strano tipo di mostro pronto ad ucciderlo. Quel movimento brusco non piacque molto al suo corpo martoriato dalle ferite e provò di colpo un dolore intenso, che lo fece cadere in ginocchio.

“Fratello!” si allarmò Mihael, raggiungendolo “Stai bene?”.

“E me lo chiedi?! Cosa sono queste due cose che ho sulla faccia?!”.

“Sono come i miei. La cosa ti fa così schifo?”.

“Non per offenderti ma..abbastanza. Io non sono un angelo. Non voglio questi occhi”.

“Che siano pure loro..un avvertimento?”.

Lucifero ringhiò, infastidito. Ma il dolore era troppo forte e non reagì in altro modo, se non stringendosi il petto che bruciava ad ogni respiro.

“Andiamo..” lo incoraggiò Mihael “..dobbiamo entrambi tornare a letto. Penseremo poi a questioni che..”.

“Solo una domanda..” mormorò il demone, a fatica, arricciando la coda “..fratello..tu..com’è la voce di papà?”.

“Perché me lo chiedi?”.

“Perché io non la ricordo. Puoi dirmi com’è?”.

“Non la sento da molto. Ma ricordo la sua luce. È proprio come la tua, Lucifero. Sono certo che presto la ritroverai e brillerai come una volta. Come ai tempi in cui cantavi quella canzone..”.

“Proprio come la mia..”.

Lucifero si voltò verso il fratello, dopo aver osservato la propria pelle spenta. Avevano gli occhi uguali. Certo, si disse, tutti gli angeli hanno gli occhi uguali. Ma..se fosse stato lui a dar loro quel colore? Si scosse, pensando che fosse tutta un’assurdità.

 

Il Dio delle illusioni mosse il capo. Sorrise, avendo visto quel che la mente di Lucifero aveva elaborato e trovandolo molto interessante. Gli altri presenti, uomini, donne ed un paio di bambini, non capirono il motivo di quel sorriso ma sorrisero a loro volta. Arikien si sentiva stanco, sempre di più. Ananke lo stava combattendo ferocemente ma lui opponeva resistenza, non volendo farsi sottomettere. Era riuscito a liberare in parte le ali e continuava ad insistere, nella speranza di riuscire a spiegarle. Nella mente percepiva speranza, fede. Coloro che aveva di fronte speravano in lui o solo volevano che li liberasse e gli conveniva crederci? Non lo sapeva, ma la loro graduale conversione lo rendeva più forte.

“Chi era quell’uomo?” domandò una ragazza “Quell’uomo brillante come una stella?”.

“Lui è..mio zio” sorrise Arles “Lo avete visto?”.

“Il buio si è riempito di immagini. Abbiamo visto il vostro colloquio, il suo sguardo. Lo avete salvato!”.

“Gli ho solo spiegato che strada intraprendere..”.

“Lui deve credere profondamente in voi!”.

“Non credo. Siamo di..famiglie diverse, sotto quel punto di vista”.

“Io non credo. Da come vi guardava, pareva volervi seguire ovunque”.

“Lui? Ah, no! Fidatevi. Lui vola da solo, come ha sempre fatto. Non ha bisogno di me”.

“Ma senza di voi si sarebbe smarrito. Lo ha capito poco prima che spariste!”.

“Se ne sei convinta..”.

Il Dio aveva un gran mal di testa, ma ora ne comprendeva la ragione. Il dolore era ormai una costante, aveva imparato a sopportarlo. Chiuse gli occhi, concentrandosi per liberare altri legami che lo bloccavano. Il dialogo con Lucifero gli aveva fatto comprendere altre cose e le sue ali erano sempre più libere. Il rosso delle loro piume brillava sempre più intensamente.

“Cercatemi..” mormorò “..così che io possa essere libero!”.

 

Credetemi se vi dico che quando scrivo certe cose non sono sotto l’effetto di stupefacenti..

   
 
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