XXIII
INNOVAZIONE
La
grotta
di trovava a diversi giorni di cammino ed il gruppo si era fermato per
riposare. Keros fu il primo a percepire quella presenza, piuttosto
familiare.
Aprì le ali in cui si era avvolto per dormire e si
guardò attorno. Preferì non
dare l’allarme, non essendo sicuro di quel che sentiva. Si
alzò, rizzando le
orecchie a punta. Aiolia, che faceva la guardia, gli lanciò
un’occhiata
interrogativa, chiedendo cosa non andasse. Keros lo
rassicurò, con un cenno
della mano. Nel silenzio, socchiuse gli occhi e si allontanò
di qualche passo.
Un rumore lo fece ghignare, quasi divertito.
“Smettila
di nasconderti” commentò “Sento la tua
presenza. Ed il tuo odore..stai ancora
sanguinando..”.
“La
tua
spavalderia è incredibile” si sentì
rispondere, da una voce profonda “Ti farò
pentire amaramente di aver pronunciato simili parole”.
“Non
renderti ulteriormente ridicolo, Asmodeo..”.
“Insolente
ragazzino!”.
“Hai
portato gli amichetti? Vuoi essere umiliato davanti a tutti?”.
Keros
rimase impassibile, mentre il demone compariva, affiancato da altri
colleghi
infuriati.
“Rimedierò
all’offesa” ringhiò Asmodeo
“Ti ucciderò, figlio
d’arcangelo”.
“Quale
offesa? Ti sei offeso da solo, tentando di uccidere Lucifero. Se fosse
stato
sveglio, ti avrebbe disintegrato in miliardi di particelle. Sono stato
anche
fin troppo buono!”.
“Piccolo
bastardo..”.
“Non
ho
tempo adesso, chiaro? Devo recuperare Arikien, non giocare con voialtri
demoni!
Sparite!”.
“Tu
non
vedrai l’alba!”.
“E
tu te ne
tornerai a casa con la coda fra le gambe!”.
“Ma
chi ti
credi di essere?!”.
“Il
figlio
di Mihael arcangelo, cresciuto da Lucifero e salvato proprio da te..ma
se dovrò
ucciderti, non avrò problema alcuno nel farlo. Specie ora
che ho davvero
bisogno che ti levi dai coglioni!”.
Asmodeo
ringhiò.
“Serve
una
mano?” si unì Aiolia, con a fianco il fratello
maggiore risvegliato dal rumore.
“Combattere
appena svegli e con i capelli scombinati..che seccatura”
storse il naso
Aphrodite.
I
gold si
erano destati e fissarono con un certo fastidio i demoni. Keros
capì che, da
chi aveva di fronte, non era solo una questione di regolazione di conti
personali.
Si trovava davanti ad i massimi rappresentanti delle armate di
Lucifero: era
una guerra per il predominio. Un posto vacante come quello di re
dell’Inferno
faceva gola a molti e se Asmodeo veniva sconfitto...
“Non
sottovalutateli” si limitò a dire il mezzosangue
“Sono estremamente potenti”.
I
cavalieri
si resero subito conto che Keros non mentiva. Baphomet, Astaroth,
Moloch,
Malphas, Furcas e Mephistophel risposero allo sguardo dei cavalieri,
con un
sorriso divertito. Azazel, anche lui presente, incrociò le
braccia, come
desideroso di vedere come sarebbe andata a finire.
“Ti
ucciderò, Keros” minacciò Asmodeo,
ringhiando ancora.
“Demone..”
rispose il mezzosangue, con un sorriso quasi divertito e spalancando le
ali
d’argento “..non nominare il mio nome
invano!”.
Il
silenzio. Ed il buio. Gli pareva di galleggiare, dondolato da dolci
onde
regolari, simili all’oscillare di una culla. Poi prese il
primo respiro, ed il
suo corpo si accese, risplendendo. Aprendo gli occhi, vide una bambina.
A passi
incerti, i primi passi che mai aveva compiuto, si era poi fermato ad
osservare
quella bimba, alta come lui, che gli aveva sorriso.
“Lucifero”
l’aveva chiamato lei, con quella vocina dolce “Sei
un Lucifero. Luce. Porti la
luce”.
La
bimba si
era avvicinata, impaurita da tutte quelle tenebre, attirata dalla luce.
“Sorella”
aveva detto il bambino “Sorella Sophia!”.
Voleva
cancellare quello sguardo spaventato e così il piccolo
appena chiamato Lucifero
decise di accendere le stelle. Iniziò a tessere i loro raggi
e le tenebre
furono molto mene profonde. Questo fece sorridere di gioia Sophia, che
abbracciò forte il fratello. Era cresciuta la bella Sophia,
così come era
cresciuta la stella del mattino. Nei loro occhi azzurri si rifletteva
il
firmamento e lo splendore del mondo. Sophia lo comprendeva, Lucifero
dissipava
ogni suo dubbio.
“Insieme,
possiamo fare tutto” aveva detto lei, stretta in
quell’abbraccio.
E
quei
piccoli angeli che poi comparirono, a cui i due diedero un nome, erano
come
uniti in una danza perpetua, attorno a quell’abbraccio. Mihael, Rahael, Uriel,
Camael, Remiel.. La
danza..la danza del mondo, il moto delle stelle, la piroetta
dell’infinito. Ma
una di quelle piroette separò quell’abbraccio. Ed
a quel punto, che importanza
poteva mai avere i termine “padre”,
“madre”, “fratello”,
“sorella”? Risuonarono
solo quei due nomi: sapienza e luce, Sophia e Lucifero. E si
levò un gridò di
rabbia e di dolore, iniziò il cambiamento. La danza perpetua
ed immutata era
stata interrotta ed ora tutto cambiava, era un nuovo inizio: era
l’inizio del
mondo. Con il suo bianco e nero, luce ed ombra, iniziava il cammino
della vita.
E tutto era buio..
“Papà!”
furono parole pronunciate da una bambina.
Lucifero si svegliò, steso sull’erba. Tre bambine lo fissavano: Vera, la fede, accanto a Nadijeshda, la speranza e Ljubow, l’amore. Erano belle, come la loro madre, che gli sorrideva.
“Buongiorno” salutò Sophia “Ti sei addormentato?”.
“Dove
sono?” mormorò lui.
“Dove
vuoi
essere?”.
“Che
razza
di risposta è?”.
Le
bimbe risero.
“Oggi
papà
è strano” commentò Vera.
“Non
sono
tuo papà” si affrettò a dire Lucifero,
mettendosi seduto “Sophia ti ha generato
da sola, assieme alle tue due sorelle”.
“Ma
che
stai dicendo?!” alzò un sopracciglio Sophia
“Hai battuto la testa?”.
“No!
Dove
sono? Che sta succedendo? Dov’è Mihael?”.
“Mihael?
Se
vuoi te lo chiamo. Immagino sia con gli altri angeli a cazzeggiare come
al
solito. Lucy, tesoro..che hai?”.
“Non
chiamarmi tesoro. Tu sei morta! Questo dev’essere un
giochetto di Arikien”.
“Chi
è Arikien?”.
“Sophia!
Come sarebbe a dire?! Arikien è tuo figlio. Lo hai avuto con
Ares”.
“Io?!
Un
figlio con Ares?! Lucy..ti avevo detto di fare il bravo con le sostanze
stupefacenti” ridacchiò Sophia, toccandogli la
fronte con l’indice.
“Che
fai?!
Cerchi di farmi venire un terzo corno?”.
“Corno?
Ma
di che parli? Oggi sei assurdo..”.
Lucifero
si
mosse, notando immediatamente di avere di nuovo le ali da angelo.
Subito si
alzò, accendendosi d’oro.
“Hei!”
sorrise Sophia, alzandosi a sua volta, lentamente “Calmo! Sei
il creatore del
mondo, un movimento simile potrebbe generare qualche
problema”.
“Io
non ho
creato il mondo!”.
“Mio
bell’angelo modesto” mormorò Sophia,
appoggiandosi al petto di Lucifero
“Creatore. Ed io, sempre al tuo fianco, la distruttrice. Con
in mezzo Mihael,
il preservatore che impedisce che compiamo troppi casini”.
“Ma..no!
Non è così!”.
“E
allora
com’è?”.
“Io..sono
un demone. Dio mi ha punito, io sono caduto. Io sono..Shaitan! Satana!
Il
nemico!”.
Sophia
scosse la testa e lo stesso fece Lucifero, confuso.
Indietreggiò di qualche
passo, sentendo la terra mancargli sotto i piedi. Precipitò
e cadde, finendo di
nuovo disteso. Vide una mano, pronta a sorreggerlo.
“Arikien”
lo riconobbe.
Avvolto
da
una veste nera, il Dio delle illusioni gli sorrise.
“Che
cosa
significa? Perché mi fai questo?”
domandò Lucifero.
“Io
non sto
facendo nulla. È il tuo inconscio. La mancanza di
ossigeno..”.
“Ma
di che
parli? Cosa sono queste cose che vedo?”.
“Non
lo so.
La tua mente elabora questo, non posso sapere per quale
motivo”.
“Perché
il
mio inconscio dovrebbe mostrarmi fandonie?! Io non sono il creatore del
mondo,
io non sono il padre degli angeli!”.
“Non
ne ho
idea. Ma..già altre volte mi sono chiesto se fosse
possibile”.
“Cosa?”.
“Che
Sophia
sia in realtà una madre. Che sia lei la Divinità
Suprema. Lei ha in mano tutte
le risposte. Potrebbe aver creato te e poi, con te, aver generato tutto
il
resto. Oppure tu ti sei creato da solo, come nelle migliori storie da
inizio
del mondo”.
“E
chi mi
avrebbe fatto cadere, scusa?”.
“Sophia”.
“Tu
stai
delirando! Lei ha sofferto quando io sono caduto. Ho percepito la sua
tristezza”.
“Voi
due
vicini non avreste prodotto altro che immobilità eterna. Per
sempre insieme.
Era necessario che foste separati, per far iniziare a far girare il
mondo. Il
bene ed il male erano necessari. L’infinita ricerca
l’uno dell’altro erano
necessari. Ma la mia è solo una supposizione..”.
Lucifero
rimase in silenzio. Era piuttosto confuso. Seduto in terra,
guardò in alto,
verso il volto del nipote che rimaneva immobile, con le mani nelle
tasche del
lungo cappotto nero.
“Che
dovrei
fare adesso?” domandò poi l’angelo
caduto.
“Quel
che
vuoi. Per quel che mi riguarda, puoi anche tornare alla visione di
prima, se ti
piace viverla”.
“È
una
menzogna!”.
“Ah
sì? Ne
sei sicuro?”.
“Sparati,
Arikien! Odio tutti gli Dei proprio perché parlano come
te!”.
“Lo
so..odi
anche te stesso”.
“Fanculo”.
Rimasero
in
silenzio qualche istante. Il demone guardò altrove, con aria
infastidita. Dopo
parecchio tempo tornò a girarsi e sorrise, fissando il
nipote.
“Carine
le
corna” commentò.
“Ti
piacciono?” ghignò il Dio delle illusioni,
scostando un ciuffo di capelli neri
e mostrando due piccole escrescenze rosse “Mi stanno facendo
impazzire con il
mal di testa!”.
“Normale.
Lo faranno finché non saranno cresciute del tutto. Ci
metteranno un po’, ma poi
non ti daranno più fastidio”.
“Sono
di
questo colore. Come mai? Le tue sono grigie..”.
“Non
saprei. È una questione genetica. Oppure tua moglie si
è divertita. Hanno la
stessa tonalità dei capelli di Keros..”.
“Buon
per
loro”.
“Sai..pure
io ho baciato tua moglie. È una gran donna. Avvisami se ci
litighi e torna
sulla piazza”.
“Lo
so che
l’hai baciata. In Egitto. Ci conoscevamo da poco, io e te. Lo
ricordo..”.
“E
lei lo
sa? Nel senso..lo ha capito che in quel momento ero io, che mi fingevo
te?”.
“Non
gliene
ho mai parlato. E tu?”.
“No.
Non
avrei alcun interesse a farlo. Siete così carini insieme.
Anche se Keros..”.
“Lascia
che
si divertano. Recupererò non appena tornerò a
casa. Se ci tornerò..”.
“Perché
non
dovresti?”.
“Ho
avuto
un contrattempo. Tu, piuttosto..hai intenzione di svegliarti o vuoi
rimanere
bloccato nella vastità della tua mente?”.
“In
che
senso?”.
“Davanti
a
te vi sono diverse strade. Puoi restare seduto qui, ed aspettare che
illusioni
e ricordi ti avvolgano. Oppure puoi andare avanti, scoprendo che fine
fanno i
demoni quando muoiono. Oppure..trovare la strada per risvegliarti.
Perché
quelli come te non sono destinati a morire..”.
“E
la
strada qual è?”.
“La
sai la
risposta”.
Arikien
si
dissolse, lasciando il caduto da solo. Il demone si guardò
attorno. Si stava
facendo buio e sottili radici iniziavano a spuntare dal terreno, come
artigli
pronti a trattenerlo. Si alzò di colpo, guardando verso
l’alto.
“Volare?”
si chiese “Mal che vada..farò come Icaro e mi
schianterò. Ma almeno arriverò
alla conclusione di tutto questo”.
Spalancò
le
ali e si sollevò, sfrecciando veloce verso l’alto.
La luce si era fatta sempre
più intensa ma il demone non aveva chiuso gli occhi per
nemmeno un istante. Vi
era qualcosa, alla fine di quel viaggio: una parete. Come uno specchio,
l’angelo caduto vide se stesso e gridò,
infrangendo quella superficie in
migliaia di pezzi. Con lo stesso grido bloccato in gola, si
sollevò di colpo a
sedere su quel letto dove era rimasto immobile e spento.
Ansimò, piuttosto
confuso. Si guardò attorno. Riconobbe le stanze del palazzo
del nipote e riconobbe
Eris, accoccolata su una sedia ed addormentata. Si chiese che cosa ci
facesse
lì quella donna e provò ad alzarsi. Erano
faticosi quei primi passi, come in
quel ricordo.. Poi riuscì ad uscire dalla stanza senza
barcollare troppo.
“Lucifero”
lo chiamò una voce.
Girandosi,
vide Sophia, la prima figlia di Eleonore ed Arikien, che gli sorrideva.
Lui
rimase in silenzio. La casa era buia, era notte fonda, e lei aveva
l’aria
stanca. Però era così splendida, con le ali
candide e l’aureola. Era dunque
divenuta una degli angeli? Sarebbe stata di certo una bella figurina
fra le
nuvole..
“Non
brilli” continuò Sophia “Non ti illumini
più..”.
“Come
mai
sei sveglia, bambina?” cambiò argomento lui
“Pare sia molto tardi..”.
“Lo
è. Ma
uno dei miei fratelli non dorme. Dice che c’è un
mostro in camera”.
La
giovane
stringeva fra le braccia Azlan, che piagnucolava.
“Ci
penso
io” ghignò lui, prendendo il bambino con il
braccio dal lato non intaccato dai
colpi di Drakonta “Tu vai a letto. Anche gli angeli dormono,
sai?”.
“Lo
so.
Grazie..”.
Rimasto
solo con il bambino, Lucifero si chiese per quale motivo lo avesse
fatto.
Incrociò lo sguardo color smeraldo di quel piccolo e gli
sorrise, nel solito
modo leggermente inquietante.
“Andiamo
a
vedere il tuo mostro..” gli disse “..e lasciamo
dormire la tua povera sorella”.
Mise
a
letto Azlan, che si guardò attorno impaurito. Poi fece un
giro per la stanza e
tornò a sedersi accanto al bambino.
“Ho
mandato
via tutti i mostri” esclamò “I mostri
hanno tanta paura di me, sai?”.
Il
bambino
annuì, sollevato.
“Ora
chiudi
gli occhi e dormi”.
Il
piccolo,
con i capelli biondo scuro come quelli di Eleonore, lanciò
uno sguardo di
supplica.
“Non
riesco
a dormire” mormorò “Mamma mi faceva
sempre dormire con una ninnananna”.
“Hem..è
tardi, piccolo. Non mi sembra il caso di mettersi a cantare, non
trovi?”.
Gli
occhi
del piccolo si fecero tristi e Lucifero sospirò.
L’unica canzone che gli veniva
in mente era quella che cantava agli angeli e, non capì per
quale motivo,
riuscì a cantarla come un tempo. Non appena il bambino si fu
addormentato, il
demone si alzò a fatica, dolorante, ed uscì dalla
camera. Ad attenderlo, fuori,
trovò Mihael.
“Hoi!”
lo
salutò, con il solito ghigno strano “Ciao,
Miky”.
Si
aspettava di vederlo andare su tutte le furie, ma non fu
così. L’arcangelo lo
fissò in silenzio, qualche istante e poi si
avvicinò, abbracciandolo.
“Fratello..”
furono le parole, mormorate, del guerriero.
“Ma
che ti
prende?!” protestò Lucifero “Lasciami
subito!”.
“Fratello!
Sei tornato!”.
L’angelo
si
distaccò, capendo che quella vicinanza eccessiva faceva
provare dolore ad
entrambi, con le ferite ancora aperte.
“Hai
bevuto?” si accigliò Lucifero.
“No”
rispose Mihael “Ma mi piacerebbe”.
“Che
ti
succede? Sei ferito..non dovresti esserlo. Sei caduto?”.
“Non
lo so.
Ho ancora le ali come un tempo. Niente corna o cose simili..”.
“Capisco.
Una specie di avvertimento..”.
“Dici
sia
questo?”.
“Non
saprei
che altro possa essere”.
“Ed
i tuoi
occhi invece che cosa sono?”.
“Cos’hanno
i miei occhi?”.
Lucifero
non riuscì ad interpretare lo sguardo del fratello. Decise
di ignorarlo. Aveva
bisogno di scoprire dove il nipote nascondesse i superalcolici. Ne
aveva
DAVVERO bisogno. Camminò a passo incerto lungo il corridoio,
non trovando
indizi a riguardo. Eppure doveva tenerli da qualche parte.. Durante la
sua
ricerca incrociò uno specchio, simpatico orpello in cui
solitamente amava
rimirarsi. In quel frangente, però, non poté fare
a meno di sussultare. Notò di
non essere in grado di celare i segni di tutte le battaglie che aveva
affrontato
e poi notò loro: gli occhi. Erano azzurri! Azzurri come il
cielo, come quando
era un angelo! Lanciò un grido, istintivamente, ed
indietreggiò, come se nello
specchio avesse visto un qualche strano tipo di mostro pronto ad
ucciderlo.
Quel movimento brusco non piacque molto al suo corpo martoriato dalle
ferite e
provò di colpo un dolore intenso, che lo fece cadere in
ginocchio.
“Fratello!”
si allarmò Mihael, raggiungendolo “Stai
bene?”.
“E
me lo
chiedi?! Cosa sono queste due cose che ho sulla faccia?!”.
“Sono
come
i miei. La cosa ti fa così schifo?”.
“Non
per
offenderti ma..abbastanza. Io non sono un angelo. Non voglio questi
occhi”.
“Che
siano
pure loro..un avvertimento?”.
Lucifero
ringhiò, infastidito. Ma il dolore era troppo forte e non
reagì in altro modo,
se non stringendosi il petto che bruciava ad ogni respiro.
“Andiamo..”
lo incoraggiò Mihael “..dobbiamo entrambi tornare
a letto. Penseremo poi a
questioni che..”.
“Solo
una
domanda..” mormorò il demone, a fatica,
arricciando la coda
“..fratello..tu..com’è
la voce di papà?”.
“Perché
me
lo chiedi?”.
“Perché
io
non la ricordo. Puoi dirmi com’è?”.
“Non
la
sento da molto. Ma ricordo la sua luce. È proprio come la
tua, Lucifero. Sono
certo che presto la ritroverai e brillerai come una volta. Come ai
tempi in cui
cantavi quella canzone..”.
“Proprio
come la mia..”.
Lucifero
si
voltò verso il fratello, dopo aver osservato la propria
pelle spenta. Avevano
gli occhi uguali. Certo, si disse, tutti gli angeli hanno gli occhi
uguali.
Ma..se fosse stato lui a dar loro quel colore? Si scosse, pensando che
fosse
tutta un’assurdità.
Il
Dio
delle illusioni mosse il capo. Sorrise, avendo visto quel che la mente
di
Lucifero aveva elaborato e trovandolo molto interessante. Gli altri
presenti,
uomini, donne ed un paio di bambini, non capirono il motivo di quel
sorriso ma
sorrisero a loro volta. Arikien si sentiva stanco, sempre di
più. Ananke lo
stava combattendo ferocemente ma lui opponeva resistenza, non volendo
farsi
sottomettere. Era riuscito a liberare in parte le ali e continuava ad
insistere, nella speranza di riuscire a spiegarle. Nella mente
percepiva
speranza, fede. Coloro che aveva di fronte speravano in lui o solo
volevano che
li liberasse e gli conveniva crederci? Non lo sapeva, ma la loro
graduale conversione
lo rendeva più forte.
“Chi
era
quell’uomo?” domandò una ragazza
“Quell’uomo brillante come una stella?”.
“Lui
è..mio
zio” sorrise Arles “Lo avete visto?”.
“Il
buio si
è riempito di immagini. Abbiamo visto il vostro colloquio,
il suo sguardo. Lo
avete salvato!”.
“Gli
ho
solo spiegato che strada intraprendere..”.
“Lui
deve
credere profondamente in voi!”.
“Non
credo.
Siamo di..famiglie diverse, sotto quel punto di vista”.
“Io
non
credo. Da come vi guardava, pareva volervi seguire ovunque”.
“Lui?
Ah, no!
Fidatevi. Lui vola da solo, come ha sempre fatto. Non ha bisogno di
me”.
“Ma
senza
di voi si sarebbe smarrito. Lo ha capito poco prima che
spariste!”.
“Se
ne sei
convinta..”.
Il
Dio
aveva un gran mal di testa, ma ora ne comprendeva la ragione. Il dolore
era
ormai una costante, aveva imparato a sopportarlo. Chiuse gli occhi,
concentrandosi per liberare altri legami che lo bloccavano. Il dialogo
con
Lucifero gli aveva fatto comprendere altre cose e le sue ali erano
sempre più
libere. Il rosso delle loro piume brillava sempre più
intensamente.
“Cercatemi..”
mormorò “..così che io possa essere
libero!”.
Credetemi
se vi dico che quando scrivo certe
cose non sono sotto l’effetto di stupefacenti..