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Autore: Bakagheiyama    21/03/2016    3 recensioni
[Bar!AU] OikawaxIwaizumi
La vita di Hajime Iwaizumi poteva anche essere considerata noiosa, ma a lui non importava. Il ragazzo odiava i cambiamenti quasi come le persone popolari e spocchiose e-per quanto ne dicesse-amava la sua vita tranquilla e poco movimentata.
Fino a Tooru Oikawa e a quel maledettissimo bar.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Solo un attimo 

 
 You begin saving the world by saving one person at a time;
all else is grandiose romanticism or politics. 
Charles Bukowski
 
La settimana di Hajime passò senza che il capitano si togliesse la vita, cosa alquanto strana considerando l’umore sempre più instabile del povero ragazzo: la sua vita era stata divisa brutalmente in un ‘prima’ e ‘dopo’.
Prima di Oikawa Tooru e dopo di lui.
Iwaizumi aveva continuato a passare i pomeriggi dentro il KaraCo, con la sua squadra che scalpitava ogni singola volta. Il torneo primaverile si stava avvicinando e il capitano dell’Aoba Johsai voleva aumentare le ore di allenamento, voleva migliorarsi e voleva migliorare la squadra, ma con scarsi risultati. Erano tutti bravi e sapevano giocare anche abbastanza bene, ma al team mancava qualcosa, come una scintilla che facesse divampare l’incendio. Alcune volte Hajime non si sentiva neanche in grado di portare il nome di capitano, di asso, ed anche per questo motivo il numero sulla sua maglia segnava il 4 e non l’1.
Ebbene, in quel periodo perfino le preoccupazioni di Iwaizumi venivano spazzate via come foglie in autunno, tutto perché dopo le ore di pallavolo del club c’era la fatidica tappa al KaraCo.
E questo per Hajime significava solo un’altra preoccupazione che si andava ad aggiungere ai normalissimi problemi della sua normalissima vita quotidiana.
Il lunedì successivo all’apertura del bar, il locale si era già riempito di nuovi clienti, e questo al capitano dava solo un tremendo fastidio: per non parlare poi dello staff che, come sempre, era ogni giorno più allegro del precedente.
E per “staff” Iwaizumi intendeva “Trashykawa”.
Quel ragazzo lo stalkerava come se perseguitarlo fosse una questione d’onore, o, ancora peggio, una scommessa. Una perdita di tempo. Hajime odiava essere preso in giro e ogni volta che Oikawa gli rivolgeva la parola gli sembrava di essere il protagonista scemo di una sciocca commedia. La cosa peggiore di tutte era, però, il fatto di non averne le prove: Oikawa recitava la sua parte troppo bene per essere scoperto.
“Buon pomeriggio, Kuroo!” esclamò come ogni pomeriggio Issei, che si era già posizionato nell’area “Seijou” -come l’avevano iniziata a chiamare i camerieri del bar- aspettando che il suo bel tenebroso si affiancasse a lui, prendendo la sua ordinazione. Hanamaki  lo seguì silenziosamente ( se era infastidito dalla loro amicizia, non lo dava a vedere) e come ogni giorno si posizionò vicino al suo fidanzato, aspettando che Akaashi lo riconoscesse. Iwaizumi era ancora parecchio arrabbiato con i due ragazzi del terzo anno per la  ‘questione mail’ -testuali parole di Matsukawa- ma, come ogni giorno, fece un cenno a Tsukishima e a Noya-san e andò ad affiancarsi ai due amici, aspettando il suo stalker personale.
Ormai la sua routine quotidiana era cambiata drasticamente fino a diventare quello, e piano piano Hajime si stava abituando a Tooru e alla sua presenza invadente, a Tooru e alla sua mania di apparire perfetto, a Tooru e a Tooru e sempre a Tooru.
In quella settimana il bel cameriere aveva occupato inconsciamente i pensieri di Iwaizumi e, se la cosa da una parte recava ad Hajime immenso fastidio, dall’altra non era così sgradita: non era un mistero che Oikawa suscitasse in lui immenso interesse, ormai era chiaro come il sole. Contemporaneamente però c’era qualcosa di -come dire?-  così triste e sbagliato nell’espressione felice di Tooru da fargli venire i brividi, quasi una sorta di repulsione al pensiero di conoscere qualcosa di più sull’ex giocatore di pallavolo. Voleva sapere ma non voleva sapere.
La sua relazione con Tooru era questo: un’immensa contraddizione.
Quel pomeriggio Hajime, assorto com’era da i suoi pensieri, non aveva notato che nella sezione Seijou era seduto un nuovo cliente, un ragazzo bassino dai capelli color carota e la tuta del club di pallavolo del liceo Karasuno. Quando lo notò, Iwaizumi si riprese in un battibaleno: il Karasuno era il liceo formidabile che aveva le potenzialità per battere la Shiratorizawa, la squadra più forte della prefettura! Certo, l’Aoba Johsai non era mai riuscita a passare il secondo giorno delle qualificazioni e Hajime non aveva mai visto giocare né il Karasuno né la Shiratorizawa, ma aveva sentito dire che l’esca e l’alzatore dei corvi erano un combo ai livelli delle nazionali e che la squadra delle aquile vantava il migliore alzatore ed il miglior asso della prefettura.
Il giocatore sembrava sentirsi piuttosto fuori luogo, si agitava e si guardava intorno trasognato, come se aspettasse qualcuno. Hajime, deciso a parlare con un ragazzo che giocava nel Karasuno, si alzò dal suo posto e andò a sedersi vicino al diretto interessato, seguito dagli sguardi di tutti i suoi compagni più uno. Probabilmente il nanetto si spaventò non poco per la figura imponente e per i modi burberi di Iwaizumi -che come sempre nascondeva la sua ammirazione dietro il suo essere rude- perché appena l’asso del Seijou gli rivolse la parola, questi lo anticipò quasi urlando: “C-cosa vuoi, eh? V-vuoi fare a botte?”
Hajime impiegò qualche secondo per capire cosa stava dicendo il rosso, per poi scoppiare a ridere sonoramente. Era così preso da quel piccolo ragazzo da non accorgersi neanche della figura di Oikawa che guardava la scena dal bancone, perforando con lo sguardo la schiena di quel minuscolo giocatore. Dopodiché, Tooru si avviò verso il suo cliente.
*
 
“E così fai il centrale? Devi saltare molto…”
“OH,SI! E poi ho un alzatore fantastico. Lui è kyaah! e fa delle alzate swoosh che mi arrivano direttamente sul palmo della mano e io le schiaccio tipo ghwaaa!” il piccolo centrale Hinata Shoyo stava dialogando allegramente con Hajime, che personalmente trovava il rosso un misto di energia e sincerità pura. Era decisamente il tipo di persona con cui Iwaizumi poteva andare d’accordo, in più, era un ragazzo così facile da leggere! Probabilmente era agli antipodi con Oikawa, che si sforzava così tanto per apparire naturale da auto convincersi. -Giusto, chissà dov’è Shittykawa…- Iwaizumi si accorse solo allora dell’assenza del suo incubo, mentre Hinata continuava a parlare ininterrottamente.
“Parlando del mio alzatore, dovrebbe lavorare qui…” Shoyo si zittì improvvisamente, e Iwaizumi notò un leggero rossore sulle guance del centrale. “Si chiama Kageyama Tob- UO, IL GRANDE RE!” il rosso si bloccò immediatamente, scattando in piedi e mimando un saluto militare che inquietò molto Hajime. Quando poi l’asso sentì l’ormai familiare voce di Oikawa, si ripropose mentalmente di picchiare il cameriere il prima possibile: non solo aveva interrotto la prima conversazione che avesse mai fatto in vita sua con uno sconosciuto - l’esca del Karasuno, per di più!- ma Shoyo gli aveva anche affibbiato uno strano soprannome, qualcosa come il Grande Re, il che significava che al 90% quei due si conoscevano. -Fantastico … - pensò Hajime.
“Chibi-chan, se cerchi Tobio-chan è dentro in cucina, oggi nessuno l’ha richiesto. Daichi e Suga ti faranno sicuramente entrare, se lo chiedi” disse mellifluo Oikawa, strisciando come una serpe dietro Iwaizumi e prendendo una sedia dal tavolo vicino, intenzionato ad intromettersi definitivamente nella conversazione di Hajime e di Hinata. Quest’ultimo, d’altra parte, sembrava nutrire un timore quasi reverenziale per Tooru, guardandolo come si guarda un idolo che si vuole superare.
“H-ho capito, sto andando. Iwaizumi-san, Grande Re, ci vediamo.” Detto questo, si diresse verso il retro del locale camminando come un piccolo robot zoppo, alchè Iwaizumi non poté non trattenere una risata. Quel piccolo uragano gli piaceva, decise.
“Iwa-chan” lo richiamò Oikawa, con il tono lamentoso di chi vuole tutte le attenzioni per sé. Hajime si girò verso il suo interlocutore, deciso a chiedergli come faceva a conoscere quel piccolo rosso e perché era stato chiamato con un soprannome ridicolo come ‘Grande Re’, ma quello che vide lo lasciò senza parole.
Oikawa stava ancora guardando Hinata, seguiva i passi del ragazzo come affascinato e disgustato allo stesso tempo. Il suo viso era un misto di invidia, rammarico, rancore, ma c’era qualcosa di ancora più cattivo nello sguardo che Tooru rivolgeva a Shoyo. Lo stesso sguardo di chi ha perso la felicità e desidera rubarla a qualcun altro.
Quell’espressione, quel viso, le sensazioni che trasmettevano quegli occhi erano così reali, così vere e così spaventose che Hajime credette di vedere per la prima volta Oikawa Tooru.
Fu un attimo, e poi il viso del cameriere si riaprì nel suo solito sorriso costruito, così Iwaizumi pensò di aver sognato la scena. Eppure tutte quelle emozioni erano ancora lì, sul viso di Tooru, sigillate da una maschera di felicità e stupidità e arroganza.
“Iwa-chan, con me non hai mai riso in questo modo. Sei rude solo con chi ti pare e piace, non vale!” cinguettò Oikawa. Probabilmente non pensava che Hajime lo avesse visto in quell’attimo di imprudenza, di nudità. “E poi, perché ti sei messo a parlare con Chibi-chan? Guarda che anche lui ti troverà sicuramente rude! E poi è troppo ingenuo, pft.”
Si, Oikawa indossava una bellissima maschera. E lui voleva scoprire cosa ci fosse sotto.
 

 
Hajime ebbe il piacere  di conoscere il famoso Tobio-chan solo una settimana dopo l’incontro con Hinata. Il  tempo trascorso al KaraCo era sempre più indispensabile nella sua vita quotidiana, e Iwaizumi era troppo preso dalla scuola e dalla pallavolo da notare che perfino la presenza di Oikawa stava diventando parte integrante della sua routine…
Mentre si scervellava su come affrontare l’argomento ‘pallavolo’ con quel lunatico del suo cameriere ecco che era già passata una settimana: il lunedì era arrivato con la quotidiana disperazione che portava agli studenti, e quel giorno i ragazzi del club di pallavolo del Seijou avevano deciso di restare a studiare insieme dopo gli allenamenti e di raggiungere il KaraCo più tardi.
Tutti tranne Hajime, che si era incamminato da solo per la strada verso il bar, ripetendo mentalmente il discorso perfetto da buttare lì a Oikawa non appena ne avesse avuto l’occasione.
Entrò nel bar -completamente vuoto- proprio riflettendo sulle cose che non sapeva di Oikawa Tooru, quando vide il protagonista indiscusso dei suoi pensieri conversare con quello che sembrava il direttore del bar, un uomo sui trent’anni con un’evidente ricrescita bionda. Nella settimana che era appena trascorsa Hajime aveva immagazzinato molte espressioni di Tooru, da quella di assoluta rabbia e disperazione mentre seguiva Hinata con lo sguardo, ai numerosi sorrisi finti e bronci da bambino capriccioso. Quel giorno, però, il cameriere stava discutendo  con il direttore, ed Iwaizumi conobbe un’altra emozione vera su quel bel viso costruito: la gelosia.
Perché era indubbiamente gelosia quella che trasmetteva Oikawa mentre quasi urlava: “Perché dovrebbe prendere il mio posto in quest’orario, direttore Ukai?! No, non voglio neanche stare con lui di turno! È perché lui è più bravo a gestire la cassa? A servire i tavoli?”
Ukai guardava Oikawa come se quella non fosse la prima sfuriata del suo sottoposto, e rispose moderando bene le parole.
“Oikawa, Kageyama non deve prendere il tuo posto, deve soltanto aiutare nell’ora di punta, non dovrete lavorare a stretto contatto e non vi parlerete se non sarà necessario. Eppure ogni volta che lo vedi fuori dal locale o all’inizio del turno conversate normalmente, cosa c’è che non va allora?”
Tooru si passò una mano nei capelli, visibilmente frustrato, mentre farneticava qualcosa che Iwaizumi recepì come “Non voglio lavorare con lui. Non voglio e basta e tu, coach, lo dovresti sapere meglio di chiunque altro!” il cameriere fece appena in tempo a girarsi con l’intenzione di andarsene che incrociò lo sguardo confuso di Hajime, il quale stava ancora cercando di ricordare il volto di Kageyama, il ragazzo che provocava così tanto astio in Oikawa. Poi, come le scene a rallentatore di uno shojo manga scadente, Tooru superò Iwaizumi a passo veloce, proiettandosi verso l’uscita.
E, come in uno shojo manga scadente, Hajime non poté non inseguire il suo incubo fuori dal locale.
Prima di uscire, vide con la coda dell’occhio un ragazzo dai capelli corvini -spuntato dal nulla, peraltro- parlare sommessamente con il direttore Ukai.
La sua espressione era così triste e rammaricata che ad Hajime venne un groppo in gola.
-Quanti segreti ha questo bar?- pensò, prima di darsi all’inseguimento della sua singolare Cenerentola.
 
 *
 
Lo trovò dentro il campetto di calcio proprio dietro il KaraCo, appoggiato con la fronte sul palo della porta. Il posto era completamente vuoto: si sentiva in sottofondo il rumore del vento e dei passerotti che cinguettavano, quasi a voler annunciare la primavera. Hajime non lo avrebbe mai ammesso a nessuno, ma in realtà amava la fresca brezza primaverile ed il sole tiepido di marzo e il canto dei passeri, quasi a voler rimarcare la differenza tra come appariva e ciò che era.
Non lo avrebbe mai ammesso ad anima viva, no, eppure si avvicinò ad Oikawa esordendo con un “Bella stagione la primavera, uh?” borbottato tra i denti, pentendosene subito dopo. Tooru infatti si girò di scatto verso Iwaizumi, l’espressione rabbiosa e rancorosa di poco prima scomparsa sotto kili di falsità.
“Iwa-chan è un tenerone” disse, ridendo superficialmente. Hajime trovava quel suono orribile, quasi come un urlo raccapricciante che gridava ‘aiuto, salvatemi, uccidetemi’.
“Vuoi finirla di ridere così? Di parlare così? Di comportarti in questa maniera schifosa?” disse invece, rendendosi conto un attimo più tardi di aver sbagliato completamente approccio.
“Maniera schifosa? Iwa-chan, mi offendi! Le persone belle non hanno niente di schifoso! E poi io sono così, se ti sto antipatico potresti anche non corrermi dietro come stai facendo…” Oikawa sorrise di nuovo, mettendo su il suo ghigno migliore.
E fu l’inizio di tutto.
“È questo il problema, Shittykawa! Tu non ti comporti sempre così! Se fossi stato un cretino superficiale e idiota come cerchi di apparire stai pur certo che ti avrei mandato a fare in culo tanto, tanto tempo fa!” lo aggredì Hajime, e finalmente vide apparire una crepa sulla maschera di vetro di Oikawa. Questi sembrò accusare l’affermazione di Hajime, come se fosse stato colpito da qualcosa d’invisibile: qualcosa che non aveva minimamente notato. –Davvero sperava di sembrare sincero?- pensò Hajime, mentre continuava quello che aveva iniziato con un coraggio che non sapeva di possedere.
“Mi fai venire voglia di darti un pugno ogni volta che ridi, che parli, che respiri come se fosse tutto parte di un reality show dove ci sono giudici che ti guardano dall’alto in basso! Siamo nella vita reale, Trashykawa, e se continui a comportarti come un deficiente a cui tutto scivola addosso come se fosse acqua e poi guardare come un assassino un cliente, bhè, la gente si stancherà di te!” Hajime aveva il fiatone proprio come dopo un allenamento estenuante, mentre Tooru stava immobile davanti a lui, come se fosse in bilico sopra il vuoto, e ci fosse solo una mano ad impedire la sua caduta. Hajime aveva pensato e ripensato al cameriere così tante volte che si era perfino rifiutato di accettare il fatto di essersi inesorabilmente affezionato. Con Oikawa però era un prendere o lasciare -Iwaizumi l’aveva capito, sapeva che Tooru poteva prendere tutto e darti niente in cambio-  e così, decise di diventare la mano che sorreggeva Oikawa nel vuoto.
“Sai cosa ti dico, Bakakawa? Che non hai bisogno di fare quei sorrisi finti per piacere alle persone. Anzi, potresti anche sembrare più …interessante… a tutti quelli che ti circondano! Anche a chi stai antipatico… anche chi ti trova antipatico potrebbe trovarti una bella persona…”
Passarono secondi, minuti, ore e secoli e Tooru guardava Hajime con l’espressione confusa e sbigottita di un bambino che scopre che ‘0x1’ fa 0 e non 1. Quando parlò, Iwaizumi tirò un sospiro di sollievo.
“Iwa-chan, ci sono cose che non sai di me… e non credevo che io ti interessassi così tanto da farti notare cose come sorrisi finti o frasi costruite.” Oikawa sorrise malinconico, e ad Hajime venne un tuffo al cuore. Odiava i suoi sorrisi falsi e odiava ancora di più quelli sinceri, perché avevano il potere di fargli quello.
“Io non mi interesso proprio a nessuno! Hai l’attenzione che do a qualunque persona sulla faccia della terra” mentì spudoratamente Hajime. Non era ancora mentalmente pronto ad ammettere di vedere Oikawa al pari di Issei o Takahiro dopo sole tre settimane, perché la cosa gli faceva terribilmente paura.
Ignorò la risposta elusiva di Tooru e la frase ‘ci sono cose che non sai di me’, ci avrebbe pensato la sera, a letto: voleva sapere ad ogni costo la ragione dell’odio di Oikawa verso certi individui, che era anche la ragione per cui lo aveva rincorso fino a quel campetto desolato.
“Iwa-chan, possiamo tornare al locale? Mi dai poche attenzioni decisamente, sto morendo di freddo qui fuori…” riecco Oikawa Tooru il menefreghista, il superficiale.
No, Iwaizumi voleva sapere ad ogni costo cosa c’era che non andava in quel ragazzo. Era la sua mano, dopotutto, che gli impediva di precipitare nel vuoto.
E, senza volerlo, allentò la presa sul polso di Oikawa, facendolo scivolare un po’ più giù…
“Sei tu che sei corso qui fuori senza motivo, Stupikawa. L’altra volta hai guardato Shoyo come se fosse un mostro, e ora ti rifiuti di lavorare con quel tale Kageyama. Cosa c’è che non va in quel ragazzo? Sei un suo senpai, e credo che Kageyama non sia così male”
Ripensandoci, Hajime avrebbe potuto scegliere parole migliori.
Il viso di Oikawa cambiò repentinamente ai nomi dei due ragazzi citati da Hajime. Voltò le spalle al capitano e si incamminò verso il bar.
“Non sono cose che ti riguardano, non crederti così importante Iwa-chan. Sei solo un personaggio tsundere secondario, non sperare di uscire dalla tua banalità solo facendoti gli affari altrui. Sei l’ultimo che mi può venire a fare la predica, dopotutto anche tu non sei quello che mostri disperatamente di essere.”
Iwaizumi lasciò allontanare Oikawa prima di tirare un pugno alla rete da calcio. Già, non poteva fare la predica a nessuno: era solo un ragazzo insicuro di sé con un pessimo carattere ed un pessimo tempismo. All’improvviso, Tooru Oikawa gli faceva paura: aveva l’innata capacità di analizzare le debolezze altrui e usarle a proprio vantaggio. 
Iwaizumi, però, riusciva a distinguere le parole dette con lucidità e quelle utilizzate nei momenti disperati, le frasi non riflettute prima di essere usate. Oikawa gli aveva fatto male come una pugnalata al petto non avrebbe mai potuto fare, ma Iwaizumi sapeva che non era tutto lì. La curiosità verso Tooru aveva superato da tanto tempo la razionalità e la paura di soffrire.
Con un sospiro, si decise a ritornare al KaraCo per farsi perdonare in qualche modo dal cameriere, anche se era stato effettivamente lui ad essere ferito. Scosse la testa, scacciando pensieri negativi e sensi di colpa per parole di troppo.
Avrebbe fatto i conti con i suoi incubi più tardi.
 *
 
Hajime non aveva mai avuto una discussione seria nella sua breve vita, se si volevano escludere le quotidiane litigate con sua madre -perché si impegnava troppo negli allenamenti del club, naturalmente- e per questo non sapeva bene cosa fare per riappacificarsi con qualcuno. Specie se quel qualcuno si chiamava Oikawa Tooru ed era il Grande Re dei lunatici e dei ragazzi falsi.
Il fatto di voler chiarire a tutti costi con Oikawa, Hajime l’aveva incassato come una sconfitta: non poteva ancora credere di provare così tanta curiosità verso un individuo tale da mettere da parte il suo orgoglio. Perché di curiosità si trattava- si ripeteva Iwaizumi nella mente, una specie di preghiera verso sé stesso che pareva divorarlo dall’interno.
Quando finalmente iniziò a realizzare che forse non era il caso di entrare al KaraCo dopo le parole che gli erano state rivolte, che probabilmente così faceva solo la parte dell’indifferente fastidioso, ecco che i suoi piedi lo avevano già condotto dentro il bar, ed ecco che i suoi occhi cercavano già Oikawa. La madre di Iwaizumi gli ripeteva sempre che ‘troppa curiosità uccide’ e Hajime ne stava facendo i conti solo in quel momento.
Cercando di riprendere in mano il controllo dei suoi sentimenti -già feriti brutalmente da Oikawa- notò distrattamente la sua squadra seduta ai soliti tavolo della sezione ‘Seijou’, i soliti camerieri che conversavano tranquillamente con i soliti ragazzi, la solita atmosfera allegra e i soliti piatti serviti.
Ormai tutto quello era la quotidianità di Hajime, e senza Oikawa era come se mancasse qualcosa…
Come se avesse letto i pensieri del capitano, lo strano cameriere sbucò dalla cucina dirigendosi a passo spedito verso Hajime, con un’espressione tra il serio e lo scherzoso. Iwaizumi provò a mormorare qualcosa  -delle scuse? Qualche parola poco gentile per avergli calpestato il cuore di vetro?- ma prima che potesse fare alcunché, Tooru decise che era proprio il caso di gettarsi al collo di Hajime frignando come un bambino.
“Iwa-chaaaaaan, credevo che oggi non venissi più! Non voglio servire nessuno se non ci sei!” e continuando a lagnarsi con frasi sconnesse e senza senso. Ignorando il fastidio crescente provocato dal contatto con Tooru, Iwaizumi sembrò capire a poco a poco ciò che intendeva Oikawa.
“E staccati, Trashykawa, non sono mica morto” Hajime spostò di peso le braccia di Tooru, finendo per guardare il ragazzo che gli stava di fronte. Nei suoi occhi non riusciva a leggere niente, né i capricci da bambino capriccioso né il rammarico e la tristezza che lo avevano caratterizzato fino ad una mezz’ora prima. Erano degli occhi vuoti e, sebbene indubbiamente bellissimi, non riuscì a vedervi nulla se non il vuoto.
E con uno sguardo del genere Oikawa osò sorridere ad Hajime, come a sfidarlo apertamente in una gara che non poteva vincere. Non era nella natura di Iwaizumi rinunciare prima di aver tentato, ma a convincerlo ad accettare la sfida fu quel sorriso.
Un sorriso che, come sempre, era costruito in modo meraviglioso e terribile insieme.
“E comunque,” aggiunse Hajime, per il piacere di avere l’ultima parola, “non sono uno tsundere”. La faccia di Oikawa si aprì nella smorfia di chi aveva già vinto in partenza, quasi a prendersi gioco dell’altro ragazzo, e fece per replicare in una maniera tale da distruggere ancora una volta tutte le certezze di Iwaizumi. Si, Hajime lo sapeva, per questo motivo anticipò Tooru, sussurrando: “Non sono nemmeno un personaggio secondario, Oikawa. Questa non è solo la tua storia, è anche la mia”
Tra i fischi dei ragazzi del Seijou e i sorrisi sornioni degli altri camerieri, solo Oikawa riuscì a capire veramente cosa intendesse Iwaizumi.
E sulla sua maschera comparve la seconda crepa.

Salve, fantastiche personcine del mio fandom preferito <3! Sono puntuale nel pubblicare il capitolo solo per questa volta, non vi preoccupate, il prossimo aggiornamento ci potrà essere tra una settimana come tra due...
Ma bando alle ciance, veniamo al capitolo. E' piuttosto corto per i miei standard, lo so, ma è relativamente di passaggio per l'evoluzione del rapporto tra Oikawa ed Iwa-chan, e già dal prossimo capitolo si chiariranno molte cose. Ringrazio le tre anime pie che hanno recensito il mio scorso capitolo e le 155 visite! Davvero, mi avete reso felicissima. 

Hallo<3

 

   
 
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