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Autore: NeroNoctis    21/03/2016    2 recensioni
All'apparenza Daniel è un normale ragazzo di 20 anni, amante delle più svariate cose e con uno spiccato sarcasmo. Ma nasconde semplicemente la sua vera identità, quella di un soldato dell'organizzazione Sephiroth.
Organizzazione che caccia "Loro", creature assetate di sangue che vagano per il mondo, che a prima vista non sembrano avere un obbiettivo, ma che tramano qualcosa da dietro le quinte, perseguendo un oscuro obbiettivo. E proprio "Loro" hanno sterminato la famiglia di Dan anni prima.
In un mondo dove "Loro" si nutrono di umani, Dan dovrà viaggiare per trovare la sua sorellina scomparsa e vendicarsi delle creature che han cambiato per sempre la sua vita.
Sullo sfondo paranormale popolato dai Wendigo, prenderanno vita numerosi personaggi il cui destino di andrà ad incrociarsi con quello di Daniel e della sua partner Lexi, per svelare un segreto rimasto sepolto per anni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sephiroth'
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Il brusio della gente era assordante come sempre, ma a Daniel non pareva importare un granché. Stava seduto in un tavolino, sorseggiando una buona birra mentre sul tavolino facevano capolino un paio di shots ormai vuoti. Era ora di pranzo e il ragazzo stava aspettando una bistecca ordinata precedentemente, il tutto mentre ordinava dei biglietti speciali per la Scozia, con partenza lo stesso giorno. Aveva un tremendo mal di testa e di certo bere non avrebbe aiutato quella situazione, ma alla fine era semplicemente la classica testardaggine che lo caratterrizzava. Tentò di non ripensare al Wendigo della sera precedente, non voleva impazzire riguardo quello strano comportamento e quel mezzo verso che stava per emettere, voleva semplicemente madarlo giù, proprio come quella birra ghiacciata che tanto stava amando.
– Mi ricordo quando eri un ragazzino astemio. – disse qualcuno alle sue spalle, facendo sorridere Daniel, che non si voltò. Sapeva bene chi fosse, sapeva ancor meglio cosa stava per fare, dopotutto non aveva scelto a caso un tavolino con due posti. 
Un ragazzo biondo e con una leggera barba si sedette di fronte a lui, sorriso a trentadue denti e occhi verdi brillanti. Il classico ragazzo che attirava l'attenzione del gentil sesso, cosa che puntualmente accadde, tanto che Daniel tentò di ignorare alcuni commenti di un paio di ragazzine che lo fecero ridere. John era la fotocopia del padre, stesso viso, stesso temperamento, semplicemente Bran da ragazzo. Erano una bella coppia quei due, Dan lo sapeva bene e avrebbe fatto di tutto per assicurare la loro copertura.
– Non ho iniziato a bere di certo da solo. – sorrise, mentre John annuiva, ripensando ai vecchi tempi. Erano un trio segreto, al centro d'addestramento. SI ritrovavano di notte, tutti e tre insieme e si addestravano, scherzavano, spettegolavano. Daniel, John e Vincent, il trio delle meraviglie. Di notte amici, di giorno completi estranei. Dicevano che era meglio tenere nascosta la loro amicizia, perchè un giorno, in futuro, quando uno si sarebbe messo nei guai ci sarebbe stato un altro di loro ad accorrere senza spargere la voce. Dopotutto non c'erano andati così lontani: John ormai era ricercato dai Sephiroth, Vincent viveva da solo in Scozia, seppur ancora in servizio attivo e Daniel aveva una missione solitaria di caccia al mostro, cooperando con gente più o meno simpatica alla sua organizzazione. 
– Tutto iniziò dall'operazione RR. – rispose John, con un sorriso malinconico disegnato sulle labbra. Mentre pronunciava quelle parole, giocherellava con uno dei bicchierini, attirando lo sguardo dell'amico, che ripensò a quel momento, a quell'operazione in particolare.
– RR... Rescue Rum. – dicendolo, una piccola nota di malinconia pervase anche lui... i vecchi tempi mancavano ad entrambi, ma le cose cambiavano, sempre. 
– Comunque, ho saputo che vai anche da lui. Portagli i miei saluti... e smettila di inseguire un fantasma.
Dan abbassò lo sguardo, fissando ormai il bicchiere quasi vuoto. A volte anche lui era certo di star inseguendo qualcosa che non esisteva, qualcosa che non c'era più, ma non poteva mollare fin quando non lo vedeva con i suoi occhi. Erano passati dieci anni, dieci anni senza avere una traccia di Karen o di quel Wendigo. Non si sarebbe arreso, anche se probabilmente doveva farlo per il suo bene e per quello degli altri.
– Se è un fantasma che inseguo, un fantasma troverò. Ma lo troverò, non importa in che forma o come o cosa, troverò qualcosa che mi dirà "basta".
– Lo so, ti conosco fin troppo bene. 
Daniel gli sorrise, fino a quando non arrivò la bistecca che aveva ordinato, seguita da un'altra. 
Daniel e John pranzarono insieme, aggiornandosi su tutto quello che c'era da sapere, parlando anche del perchè Daniel non si fosse ancora soffermato sull'idea di farsi Lexi. Il ragazzo spiegò che le era troppo legato, non voleva metterla in pericolo con una storia d'amore, perchè a detta sua, chiunque lo amava finiva per morire.


I due si erano salutati ormai da tempo, il ragazzo non poteva restare molto al Foodhallen per non far saltare la copertura dei due amici, tuttavia sapevano che era soltanto un arrivederci: "Non è mai un addio" si ripetevano i tre sin da piccolini, motto che Dan aveva assunto come propria filosofia di vita, dedicando quella stessa alla ricerca di Karen. Era ormai sul volo verso Edimburgo, seduto accanto ad un'anziana signora che si era appisolata. Alla sua sinistra invece non c'era nessuno, così decise di passare sul sedile vicino al corridoio. Odiava avere la postazione centrale, preferiva di gran lunga il finestrino e osservare fuori: il momento della partenza, il salire di quota, vedere la città illuminata dall'alto, con le strade che sembrano tante piccole arterie che danno linfa all'intero sistema, per poi svanire nel nulla, quasi come se quella stessa linfa fosse svanita nel nulla, lasciando posto solo all'oscurità dell'eternità. In quel momento si ritrovò a pensare a Lexi, chiedendosi cose stesse combinando. Probabilmente stava pranzando con i suoi, o chissà che altro. La famiglia della ragazza era molto affezionata a lui, tanto che lo trattavano come un figlio, cucinavano per lui, lavavano i vestiti, si interessavano alla sua vita e ai suoi problemi... quasi come dei genitori. A Dan non dispiaceva affatto, ma non voleva approfittarne troppo e a dire il vero, a volte non si sentiva troppo a suo agio a ricevere tutte quelle attenzioni. Le uniche attenzioni che voleva ricevere il ragazzo, erano quelle dovute a qualche suo gesto eroico, ma attenzioni che dovevano comunque arrivare da persone precise. Era strano, si. Amava l'elogio, ma lo disprezzava al tempo stesso. Una continua lotta di emozioni e carattere, che l'avevano trasformato in quel che era: amico di pochi, distaccato con il resto del mondo. Deciso nelle sue azioni, freddo e calcolatore ma contemporaneamente scherzoso e solare. Non si accorse di essere talmento rilassato da iniziare a sentire tutto distorto, fino ad appisolarsi, destato soltanto dal pilota che annunciava l'atterraggio.


Daniel si ritrovò fuori dall'aeroporto di Edimburgo, con il gelo che gli investiva il viso. Amava quella sensazione, l'aria scozzese era fresca, pungente ma davvero piacevole. Intorno a lui la gente si ammassava vicino alle fermate del bus, con l'aria che formava la classica nuvola di condensa a pochi centimentri del loro volti. Sorrise, tutto quello lo faceva sentire in una seconda casa. Svoltò a sinistra, dirigendosi verso la fermata del tram. Si fermò di fronte la macchinetta dei ticket, digitò la destinazione, cliccando su Princes Street e pagò £1.50, salendo sul tram arrivato pochi minuti dopo. La puntualità era un tocco di classe in quel di Edimburgo, i servizi pubblici erano fin troppo efficienti, molto differente dalla realtà italiana. L'Italia era un bellissimo paese e Daniel lo aveva visitato diverse volte, vuoi perchè la sede Tiferet era situata a Roma, vuoi perchè stando con Lexi, si divertiva molto a vagare, assaggiando di tutto.
Si adagiò sul sedile del tram, esibendo il biglietto al controllore, che lo salutò con un enorme sorriso. Quei ragazzi erano davvero felici di lavorare, dopotutto in quella città tutti ti regalavano dei grandi sorrisi ed era una cosa bellissima. L'altoparlante annunciò che la prossima fermata sarebbe stata Princes Street, l'arteria principale della città nonchè meta del ragazzo. Le porte del tram si aprirono e Daniel si ritrovò nel marciapiede che divideva le due corsie. Si guardò intorno, sorridendo: di fronte a lui si stagliava in lontananza ma impetuoso il Castello, monumento principale della città e una delle attrazioni principali. Ricordò quando lo esplorò in una ricognizione, passando attraverso i meravigliosi passaggi di quel luogo, successivamente trovò un Wendigo che si aggirava vicino al Mons Meg, il cannone situato all'esterno della St. Margaret's Chapel. La creatura non appena vide il ragazzo, gli scattò addosso ma un colpo di pistola si piantò nel cranio dell'essere, che si accasciò al suolo. Dan pensò che fu un colpo da maestro, peccato che non fu lui a sparare, bensì Lexi che si stupì di aver centrato il bersaglio così bene. Sorrise, esultando, ma il Wendigo si rialzò e saltò addosso alla ragazza, ma un fendente della spada di Daniel gli staccò di netto un braccio, costringendo il Wendigo ad indietreggiare e a cacciare un urlo enorme. Prima che l'essere potesse nuovamente reagire, Lexi gli piantò il pugnale alle spalle, per poi estrarre il cuore da portare alla base. 
Quella sua visita Scozzese però era ben diversa da quella che stava affrontando adesso, poi a dire il vero era un puro caso che Lexi e Dan furono inviati lì, non erano gli agenti più vicini in genere, ma quella volta furono fortunati ad essere gli unici non in operazione, così ne approfittarono per farsi un giro e innamorarsi di quel luogo. Adesso Dan era in visita di piacere, prima però doveva far altro. iniziò a camminare, schivando le tante persone che camminavano in fretta e parlavano fra di loro. Molti tenevano in mano bicchieri di Costa o Starbucks, per riscaldarsi da quel freddo che lui trovava così piacevole, mentre altri erano semplicemente coperti, anche se non era complicato trovare ragazzi a maniche corte o pantaloncini che correvano, con la pelle divenuta rossa per il freddo. Passò accanto ad un gruppo di ragazzi che suonava in strada, lanciando una moneta nel cappello che avevano poggiato a terra, con i quattro che gli fecero un sorriso cordiale. Apprezzava quelle piccole cose, che per i cittadini dovevano essere abbastanza normali. SI fermò davanti Primark, riflettendo. Avrebbe trovato quello che cercava? Ne dubitò fortemente e riprese a camminare, attraversando la strada e dirigendosi verso il Princes Mall, il centro commerciale situato vicino alla stazione ferroviaria di Waverly. Entrò e si diresse nell'unico negozio che amava a tal punto che ci avrebbe anche vissuto dentro: Pulp!
Salutò il commesso e osservò diverse magliette: A Day To Remember, Bullet For My Valentine, Fall Out Boy, Linkin Park, My Chemical Romance e chi più ne ha più ne metta. Continuò ad osservare interessato tutto quello che il negozio offriva: t-shirts, jeans, felpe e accessori. Lexi si lamentava sempre che la sua cintura era ormai logora, quindi Dan aveva deciso che quello doveva essere il regalo di Natale perfetto. Optò per una cintura decorata con qualche teschio, dopotutto la ragazza aveva i suoi stessi gusti. "Non potevo avere partner migliore" pensò, sorridendo. Trascorse là dentro una buona mezz'ora, per poi uscirne vincitore con qualche sacchetto. Pranzò velocemente al Mc Donald's poco distante e riprese il tram, direzione Gyle Centre.
Il viaggio, tranquillo come sempre, non durò molto, giusto una decina di minuti o poco più. Sceso dal tram attraversò l'esterno del Gyle Shopping Centre, deviò su una stradina secondaria alberata (per così dire, alberi spogli per essere precisi) e arrivò nel centro abitato. La fortuna volle che una volta arrivato a destinazione, la porta fosse socchiusa. Entrò, salì le scale, si tolse le scarpe e bussò alla porta.
Pochi attimi dopo un ragazzo si trovava davanti a lui: occhi azzurri, capelli biondo tendenti al castano e un fisico scolpito, degno di un Nezakh. Indossava un paio di pantaloncini e una maglietta azzurra e non appena vide Dan lo insultò, per poi abbracciarlo.
– Vincent – disse lui, in tono serioso.
– Daniel – rispose lui, imitandolo.
I due non si parlarono nemmeno dopo aver detto i nomi, entrarono in casa senza fiatare, come se fosse la cosa più naturale del mondo.


Daniel e Vincent avevano finito di bere un the, ci voleva davvero. Si erano aggiornati sulle ultime vicende, con Vincent che finalmente chiese se aveva svaligiato Pulp.
– Si, cioè, no. Dovevo comprare una cintura a Lexi, per Natale. Ne sono uscito con cinque magliette a testa, più qualcosina per te. 
– Mi auguro di non accompagnarti mai a comprare solo un auto. – rispose Vincent, con un sorrisino ironico sul viso, per poi alzarsi e dirigersi verso la camera. Dan aspettò, ritrovandosi successivamente l'amico in tenuta da combattimento, con una spada dei Nezakh interamente bianca. – Ho un incarico. Vieni?
– Vorrei riposare.
Vincent fece una smorfia. – Sei troppo pigro. Dovresti sfogarti un po' con Lexi, mi chiedo perchè non hai ancora notato che ha una cotta per te.
– Com'è che tutti dite la stessa cosa, nonostante non abbiate avuto nessun tipo di contatto con lei? E poi è la mia migliore amica, andiamo.
Vincent corse da Daniel, scuotendolo.
– NON PUOI FRIENDZONARLA! 
– Veramente...
– No. – rispose Vincent voltandosi con fare offeso. – Tra noi è finita. – e dicendolo, uscì dalla casa, lasciando l'amico a scuotere la testa con un sorriso.
Andò anche lui in camera, mettendosi comodo, ma qualcosa attirò la sua attenzione. Non erano il mucchio di vestiti nell'armadio che sembravano star per prendere il controllo della stanza da un momento all'altro, ma si diresse verso i fascicoli dei Sephiroth sul comodino. Ne erano presenti tre: due conclusi e uno no, probabilmente quello appena accettato. Due rango B e uno A, Daniel stentava a credere che Vincent fosse così tranquillo ad affrontare i più forti di Loro, ma alla fine, lui era fatto così: semplicemente il migliore, in tutto. Stava per allontanarsi ma trovò una foglio con su scritto qualcosa, sembravano degli appunti, solo dopo si rese conto che era una richiesta d'aiuto da parte di un parroco.


 
VINCENT, TI PREGO, DEVI DARMI UNA MANO.
QUEL BIMBO È POSSEDUTO DAL DEMONIO, NE SONO CERTO.
TUTTI GLI ESORCISMI SONO STATI INUTILI, ADESSO È PAZZO, SEMPLICEMENTE PAZZO.
DEVI INDAGARE... TI PREGO. NON POSSO DARE QUESTA NOTIZIA ALLA FAMIGLIA.
SUA MADRE È UNA DONNA COSÌ DEVOTA... SEI L'UNICO CHE PUÒ SALVARLO. 
DOPOTUTTO TU COMBATTI QUELLE COSE... QUEGLI ESSERI FIGLI DEL MALE.
LIBERA IL POVERO BIMBO DALL'UOMO GLACIALE. CONTINUA A NOMINARLO...
COLUI CON LE MANI DI GHIACCIO, COLUI CHE ARRIVA CON LA NEVE.
WESTERN GENERAL HOSPITAL, VINCENT... REPARTO PSICHIATRIA.

 

Daniel stava per posare tutto a metà lettura, ma quel particolare... le mani di ghiaccio... non poteva essere. Quel bambino forse conosceva quell'entità che tormentava anche lui? Quello stesso tocco glaciale che gli sussurrò "Debole" a Roma? Non poteva essere una coincidenza, no, doveva saperne di più.


Un paio di ore dopo Dan era arrivato. Nascondeva un pugnale nella cintura, giusto per precauzione, recuperato a casa dell'amico dato che lui aveva dimenticato le sue armi al Foodhallen. Non gli ci volle molto per trovare la stanza del piccolo che veniva dominato pazzo, entrò, mostrando un distintivo generico dei Sephiroth, ovviamente senza logo, ma che comunque era abbastanza per lasciarlo passare nei luoghi pubblici spacciandolo per uno che lavorava lì. Intorno a lui l'atmosfera era cupa. Una donna osservava con viso spento il figlio di otto anni disteso sul letto. Pallido, magrissimo, tanto che si poteva contare ogni singolo osso e, cosa peggiore, pieno di tagli, lividi ed escoriazioni. Fissava il soffitto, con un sorriso inquietante, sorriso che diventava una vera e propria risata alle volte, rendendo il tutto peggiore. I medici l'avevano avvertito che era ormai terminale per qualche ragione che non capivano. Tutte le cure avevano avuto esito disastroso e il bimbo non accennava a riprendersi, nominava soltanto un uomo di ghiaccio. Gli avevano somministrato qualcosa per renderlo più attivo, ma il risultato era quello che Daniel stava osservando. 
– Come va, signora? – chiese, con tono solenne. Non riusciva a immaginare come potesse sentirsi quella donna, a dire il vero, non voleva neanche capirlo. Non lo avrebbe augurato nemmeno al suo peggior nemico di vivere quella situazione così triste, surreale.
– Tu sei Daniel – esclamò il bimbo, fissando il ragazzo. Una strana sensazione si fece strade tra le viscere di Dan, che non si aspettava quell'esclamazione. Come poteva conoscere il suo nome? Beh, doveva continuare quella farsa per scoprirlo.
– Si, sono io. Come ti chiami piccolo? – disse, mentre si sedeva sul bordo del letto, guardandolo con uno sguardo dolce, ma che nascondeva un velo di tristezza, così come quello della madre, che incredula, non si rese conto di star piangendo.
Il bimbo non parve sentire la domanda, così continuò: – Lui mi parla spesso di te. Dice che potremmo essere due bei figli. Ma io ho così paura...
– Lui chi? – chiese Daniel, ancora più confuso di prima.
– L'uomo di ghiaccio! Non è qui per ora... non voglio che arrivi... è così freddo e fa male.
– Carl... – sussurrò la donna, prendendolo per mano, ma il bimbo si voltò sorridendo nuovamente verso Daniel, chiamandolo adesso "Doc"
– Sto morendo doc? 
– Ma no – si apprestò a dire il ragazzo, rassicurando il piccolo malconcio. – Starai benissimo, davvero.
– No... lui è venuto a prendermi... non sono forte abbastanza... – iniziò a singhiozzare, gli occhi divvennero il color del sangue e la pelle iniziò a scottare. – E' qui... mi sta trascinando nei monti di neve...
Carl iniziò ad urlare, tese la mano contro la madre e le strinse il polso così forte che la donna iniziò a fare una smorfia di dolore. Pochi attimi dopo tutto era così confuso: Carl si scagliò contro la madre, mordendola al collo e staccando quello che incontrava. Dan indietreggiò, finendo per battere la schiena alla parete dietro di lui. Un gruppo di dottori entrò nella camera, ma Carl si scagliò contro di loro, con le mani che divennero artigli, uccidendo sul corpo i due e nutrendosi della loro carne, successivamente si voltò verso Daniel, osservandolo con occhi privi di pupille e la pelle cadente.
Un Wendigo.
– Non può essere... 
Ma prima che Daniel finiva la frase, quello che un tempo era Carl gli si scagliò addosso, ma Daniel lo finì con l'arma recuperata a casa di Vincent. Il Wendigo si accasciò sul pavimento e Daniel, tremante per lo shock, estrasse il cuore del bimbo. Una parte era congelata, come succedeva a diversi rango A, la prova che si era davvero trasformato in quella creatura. Ma come poteva essere? I Sephiroth, lo stesso Re dei Sephiroth, erano convinti che i Wendigo fossero creature diverse... non umani divenuti Wendigo... ma come poteva succedere? Perchè?
Sentì la testa scoppiare e, ancora scosso, abbandonò la struttura isolata del reparto psichiatrico. Era ormai notte inoltrata quando si ritrovò in strada, ma i problemi erano appena iniziati. 
Un ragazzo, che sembrava sbucato dal nulla, gli puntò una pistola alla nuca. – Complimenti signor Walker, ha appena scoperto la vera natura dei Wendigo.

   
 
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