Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Marilia__88    23/03/2016    4 recensioni
Seguito di "Ti brucerò il cuore" (Johnlock)
Dal primo capitolo:
... Non passava giorno, infatti, che Sherlock non ripensasse al discorso che il medico gli aveva fatto al cimitero, davanti alla sua lapide vuota. Sapeva benissimo che, probabilmente, parte di quelle parole, erano dettate dalla paura del momento ed erano prettamente mirate a dissuaderlo, dal compiere quel gesto avventato, ma, nonostante tutto, non riusciva a togliersele dalla testa:
“…io ho bisogno di te, quanto tu ne hai di me!... Devi lottare, Sherlock…devi farlo per me…! …la tua presenza…e tutto quello che abbiamo passato, mi hanno ridato la gioia di vivere!” Queste frasi echeggiavano tra le pareti del suo palazzo mentale e, la cosa strana, è che riuscivano a trasmettergli un senso di calore e di benessere, che mai aveva provato in vita sua.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heart'
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                Ti scalderò il cuore








                                               Mossa pericolosa




… 
Il medico annuì, sorridendo a sua volta e abbandonandosi al confortante abbraccio del consulente investigativo. Sherlock aveva ragione: erano a casa, nient'altro aveva importanza. 







Erano passati alcuni giorni da quella notte ad Addlestone. Greg stava molto meglio: avrebbe dovuto soltanto portare un tutore per la spalla per qualche altro giorno. Sherlock, invece, era completamente guarito, ma il suo umore non sembrava dei migliori.
Una mattina John lo trovò pensieroso, seduto sulla sua poltrona, con il violino in mano: aveva lo sguardo fisso nel vuoto e con una mano pizzicava delicatamente le corde.
“Buongiorno!” disse il medico, avvicinandosi e dandogli un bacio, interrompendo i suoi pensieri.
“Buongiorno…” rispose il detective, mantenendo quell’espressione tirata.
“Sherlock stai bene? È da ieri che sei strano! C’è qualcosa che ti preoccupa?” chiese apprensivo John, sedendosi sulla poltrona di fronte a lui.
“Non ho niente John, non preoccuparti! Non ho dormito molto bene, tutto qui!” rispose Sherlock con un finto sorriso sul volto.
“Dannazione, Sherlock! Non mentirmi! Si vede lontano un miglio che sei preoccupato per qualcosa!” esclamò irritato il dottore.
“John, ti ho detto che non ho niente! Non insistere!” disse il detective, alzandosi di scatto e dirigendosi in camera da letto.
Il medico affondò sconfitto nella sua poltrona, sospirando, preoccupato dallo strano comportamento del consulente investigativo. Qualcosa lo turbava, ne era sicuro e non capiva come mai non volesse parlarne con lui.
Sherlock, appena entrato in camera, si buttò esausto sul letto. Non gli piaceva mentire a John, ma non poteva parlare con lui dei pensieri che aleggiavano nella sua mente in quei giorni. Era giunto ad una conclusione: doveva affrontare Moran e batterlo una volta per tutte. Era stanco di vivere nella paura che potesse colpire John, Sherlyn o chiunque gli stesse vicino. Aveva un piano, ma questa volta doveva attuarlo da solo.
Si alzò di scatto dal letto ed afferrò il suo portatile. Si ricordò che molti anni prima, quando aveva subìto il gioco del dinamitardo, quindi di Moriarty, aveva comunicato con lui tramite il suo sito web. Non gli sembrava una mossa molto geniale, ma doveva tentare. Entrò, così, nel suo sito e scrisse un aggiornamento nella home page: Sono stanco di giocare! Affrontami da uomo a uomo, se ne hai il coraggio!
Poi si rilassò, sedendosi sul letto, in attesa di una risposta. Purtroppo, però, nessuno rispose a quel messaggio. Sherlock, allora, deluso e avvilito, chiuse il portatile e lo buttò sgraziatamente sul letto.
“Che mossa stupida!” disse a sé stesso.
Dopo alcuni minuti il suo cellulare squillò, annunciando l’arrivo di un messaggio: Alla piscina. A mezzanotte. Il detective rimase sorpreso da ciò che lesse. Si ricordò che era stato lui, anni fa, ad invitare Moriarty in quel luogo e a quell’ora. Si stava divertendo a prenderlo in giro, non c’erano dubbi, ma gli avrebbe fatto passare la voglia di scherzare una volta per tutte. L’unica cosa che gli restava da fare, era di evitare che John si insospettisse e che rovinasse il suo piano. E sapeva già come riuscirci. Uscì dalla camera da letto con una finta aria rilassata, cercando di mentire con la sua spiccata abilità. John, intanto, stava preparando del tè in cucina.
“John, perdonami per poco fa. Non volevo risponderti male” disse, avvicinandosi alle spalle del medico, abbracciandolo e baciandolo sul collo.
“Va bene, sei perdonato. Ma vorrei soltanto sapere cosa c’è che ti turba! Non capisco perché non vuoi parlarmene!” rispose il dottore, girandosi e guardandolo negli occhi.
“Non volevo farti preoccupare! Gli incubi sono ritornati e non riesco a dormire bene in questi giorni” rispose Sherlock, abbassando lo sguardo, fingendosi triste.
“Lo avevo immaginato, ma lo sai che puoi parlarmi di qualsiasi cosa! Vedrai che passeranno da soli, come l’ultima volta…” disse John, sorridendogli. Poi lo afferrò dalla vestaglia e lo attirò a sé per baciarlo.
“Si, finirà tutto presto, ne sono sicuro!” rispose il detective, staccandosi da lui e sorridendo a sua volta.





Erano le 23:20. Sherlock era sdraiato sul divano, John era seduto sulla sua poltrona con il portatile sulle gambe e Sherlyn giaceva addormentata nel passeggino.
“John, faresti un po' di tè?” chiese il detective, girandosi sul lato per guardare meglio il medico.
“Certo, vado subito…” rispose dolcemente il dottore, alzandosi e andando in cucina.
Dopo qualche minuto tornò nel soggiorno con un vassoio in mano, che poggiò sul tavolino.
“John, ho freddo! Mi prenderesti la coperta che è in camera?” domandò Sherlock, rannicchiandosi su sé stesso.
“Hai freddo? Questo sì che è strano…” esclamò John, avvicinandosi al consulente investigativo e mettendogli una mano sulla fronte per controllarne la temperatura “…non ti starai mica ammalando?” aggiunse, dirigendosi nell’altra stanza.
“Spero di no! Ammalarsi è così noioso!” rispose il detective, alzando il tono di voce per farsi sentire dal medico. Poi con uno scatto repentino si alzò dal divano, mise alcune gocce nella tazza di John e ritornò velocemente nella stessa posizione di prima.
“Ecco qui…” disse il dottore, ritornando e mettendogli la coperta addosso.
“Grazie…” rispose Sherlock con un sorriso.
Il medico passò la tazza al detective e prese la sua, andandosi a sedere di nuovo sulla poltrona. Poi posizionò il portatile sulle gambe, tenendo la tazza ferma sul bracciolo, ma senza bere. Il consulente investigativo lo guardava con ansia, sperando che si sbrigasse.
“Sono entrato per caso sul tuo sito. Si può sapere cosa significa quel messaggio che hai lasciato nella home page? Spero che tu non stia cercando di attirare Moran in qualche trappola delle tue!” esclamò improvvisamente John, alzando il tono di voce e minacciandolo con lo sguardo.
Dopo quelle parole il cuore di Sherlock perse un battito. Doveva cercare di mantenere la calma o rischiava di essere scoperto.
“Era un tentativo per farlo uscire allo scoperto, ma da come puoi notare, è stato inutile!” rispose con un finto tono deluso.
“La prossima volta avvisami! Non mi piace quando fai queste cose di nascosto!” disse il medico, rimproverandolo con lo sguardo. Poi prese la tazza ed iniziò a bere il suo tè.
“Va bene. La prossima volta lo farò, promesso” rispose lentamente il detective.
Dopo alcuni sorsi, John iniziò a sentirsi strano. Si voltò velocemente verso Sherlock, lanciandogli uno sguardo sospettoso e provando ad alzarsi, ma crollò addormentato sul pavimento.
Il consulente investigativo scattò in piedi, raccolse il computer e la tazza, adagiò il medico delicatamente sul divano, coprendolo con la coperta e si inginocchiò a guardarlo.
“Mi dispiace, John…” gli disse, accarezzandogli i capelli e dandogli un bacio sulle labbra “…porrò fine a tutto quanto e tornerò da te, te lo prometto…” aggiunse. Poi si allacciò la sciarpa, indossò il cappotto e si voltò verso Sherlyn, avvicinandosi e dandole un bacio sulla fronte. Prese la pistola di John, fece un profondo sospiro ed uscì velocemente dall’appartamento.


Era mezzanotte in punto e Sherlock fece il suo ingresso nella piscina. Entrare lì, di nuovo, lo fece leggermente rabbrividire. Aveva il cuore che gli batteva all’impazzata. Impugnava saldamente la pistola carica con la mano destra, pronto a sparare al primo movimento sospetto.
“Io sono qui! Che aspetti? Esci allo scoperto e affrontami!” esclamò, guardandosi intorno con attenzione e fingendo un tono calmo.
“Bene, bene. Ecco il grande Sherlock Holmes! Che onore averti qui stasera!” esclamò Moran, uscendo dalla stessa porta da cui uscì Moriarty anni prima “…Spero che tu abbia gradito la scelta del luogo! Mi sembrava carino ricordare i vecchi tempi, anche se allora mi divertivo a tenere sotto tiro il tuo caro dottore!” aggiunse, avvicinandosi e puntando la pistola verso il detective.
Sherlock alzò prontamente il braccio, puntando anche lui l’arma verso il nemico. Rimasero a fissarsi per qualche secondo, immobili in quella posizione.
“Beh, come vuoi procedere?” chiese il consulente investigativo in tono di sfida.
“Arrivati a questo punto, propongo semplicemente di sparare. Che vinca il migliore!” rispose, sorridendo e caricando la pistola.
Dopo qualche secondo, da entrambe le armi partì un colpo. I due finirono a terra quasi nello stesso momento.



Il pianto insistente di Sherlyn fece svegliare John di colpo. Aveva un tremendo mal di testa e si sentiva decisamente confuso. Per un momento fece fatica a capire cosa gli fosse successo. Si mise seduto sul divano e si alzò, andando a prendere la bambina per farla calmare. Guardò l’orologio e vide che era appena scoccata la mezzanotte. In quel momento sgranò gli occhi. Ricordava tutto: il messaggio sul sito, lo strano comportamento di Sherlock e il tè. Capì subito che il detective doveva essere andato ad un appuntamento con Moran, così, cercando di non farsi prendere dal panico chiamò Mycroft e Greg. Poi scese dalla signora Hudson, scusandosi per l’ora e chiedendole con urgenza di tenere Sherlyn.
Il politico e l’ispettore, colpiti dal tono spaventato di John, arrivarono dopo alcuni minuti a Baker Street.
“Cos’è successo?” esclamarono quasi all’unisono, entrando allarmati nel soggiorno.
“Sherlock mi ha messo qualcosa nel tè per farmi addormentare ed è andato ad affrontare Moran, ne sono certo! Ma non so dove sia!” rispose disperato il medico, mostrando ai due il messaggio che il detective aveva lasciato sul suo sito web.
“È sempre il solito stupido!” urlò preoccupato Mycroft “…faccio subito una telefonata. Speriamo soltanto che sia stato ripreso da qualche telecamera!” aggiunse, prendendo il cellulare.
Dopo alcuni minuti, per fortuna, avevano le informazioni che cercavano.
Il cuore di John perse un battito quando sentì il politico nominare la piscina, quella maledetta piscina. Perché doveva sempre comportarsi da incosciente? Si chiedeva il medico tra sé e sé. Avrebbe dovuto immaginare da quello strano comportamento che stava architettando qualcosa e si maledisse per essere stato così ingenuo.
Uscirono tutti e tre di corsa, dirigendosi preoccupati verso il luogo dell’incontro. Non avevano tempo da perdere. Dovevano arrivare lì, prima che fosse troppo tardi.












Angolo dell'autrice:
Salve! Eccovi l'undicesimo capitolo! Beh, nella storia ritorna un pò d'azione e di suspense!
Il comportamento di Sherlock, in questo capitolo, è proprio da lui...è sempre il solito avventato che vuole risolvere la situazione a modo suo! John, come al solito, ci è cascato in pieno, anche se stavolta stava per intuire qualcosa prima di crollare addormentato.
Sia Moran che Sherlock hanno sparato un colpo...chi avrà fatto centro? Tutti e due? O uno soltanto? Beh, Sherlock è bravo a sparare, ma non dimentichiamoci che Moran è un cecchino e credo che difficilmente manchi il bersaglio! Mah...Lo saprete nel prossimo capitolo!
Intanto John, Mycroft e Greg stanno correndo in suo soccorso...chissà cosa troveranno al loro arrivo!
Grazie come sempre a chi segue la storia e a chi lascia sempre un commento...!!! Alla prossima ;)

 
   
 
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