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Autore: Bellatrixdulac    23/03/2016    1 recensioni
"L’ultimo figlio della morte bisognerà allora trovare
Colui che il Caos nel mondo è destinato a riportare"
Cassandra e Alexander sono due normali ragazzi nati e cresciuti in famiglie comuni. Durante una crociera, però, uno strano uomo si presenterà da Alexander raccontando di un mondo di cui lui sembra essere solo una piccola parte. Questo è solo il preludio, per i due ragazzi, all'evento che cambierà per sempre le loro vite e che li trascinerà in una realtà di dei e mostri, poteri e, soprattutto, pericoli, pericoli che non arrivano dai nemici ma dagli alleati in teoria più fidati...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hazel Levesque, Luke Castellan, Nico di Angelo, Nuova generazione di Semidei, Percy Jackson
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cassandra & Alexander e gli dei dell'Olimpo'
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Cassandra si stese sul lettino vicino alla piscina.
Chiuse gli occhi ascoltando il rilassante rumore delle onde, le risate dei bambini che si tuffavano dai trampolini, i richiami dei gabbiani.
Era felice che i suoi avessero accettato.
Di norma non le facevano fare viaggi, vacanze o molto altro.
In realtà l’ unica che viaggiava era sua madre, per motivi di lavoro.
Ma quello era il premio più bello che le avessero mai dato: una crociera. Sulla Est Cost.
Aveva portato a termine un meraviglioso anno scolastico. Era brava a scuola, una delle migliori del suo istituto.
Era ancora alle medie, ma era sicura sulla strada da intraprendere: medicina.
Aveva un talento naturale per discipline del genere e in più entrambi i suoi genitori erano nel settore, era cresciuta letteralmente tra le siringhe e le garze.
In più quell’ anno aveva vinto tre premi letterari, un record nella scuola per una ragazza del primo anno.
L’ insegnate di Inglese la riteneva un genio, forse perché non è da tutti essere dislessici ed essere considerati i migliori scrittori della loro età.
Ma la scuola non era la sua vera passione, anche se i genitori ritenevano che la cosa che più amava al mondo non fosse un mestiere sicuro da intraprendere.
In ogni caso non voleva preoccuparsi in quel momento. Voleva solo rilassarsi, e avrebbe aspettato che sua madre iniziasse il turno per sgattaiolare nella zona sport dove si sarebbe allenata.
Doveva solo aspettare un’ ora e certamente non nel posto peggiore dove godersi una vacanza.
Se avesse potuto avrebbe passato la vita su quel lettino da quanto era rilassante.
-Cassandra! Cassandra!- era la voce di suo padre.
La ragazza sprofondò ancora di più nel lettino sperando che, calandosi il cappello sul volto, sarebbe passata inosservata.
Chiunque ma non suo padre. Sperava che sarebbe andato a dare una mano a sua madre, ma a quando pareva aveva scelto di darle il tormento.
-Eccoti, ti ho trovata- annunciò alzando il cappello.
Addio mattinata nella zona sport. Poteva immaginarlo.
-Stavo dormendo…- biasciò.
-Scusa, ma tua madre vuole fare delle foto ricordo per la nostra crociera tutti insieme…forza- le prese il braccio e la sollevò dal lettino, premendole il cappello in testa.
Cassandra aggiustò il copricapo e guardò torva il padre.
Era un uomo sui trentacinque anni dai capelli neri e gli occhi marroni.
Faceva l’infermiere all’ospedale dove, fino a qualche anno prima, lavorava sua madre.
Cassandra non gli assomigliava per niente.
Aveva gli occhi marroni chiari di una strana sfumatura che finiva spesso per sembrare dello stesso colore dei capelli: biondo dorato.
Alla fine fu costretta a seguire l’uomo.
-Ti stai annoiando?- chiese –Voglio dire, avevo suggerito alla mamma di iscriverti ad un centro ricreativo per ragazzi, ma lei ha detto che probabilmente non avresti gradito….-
-No!- mugolò Cassandra –lo sai quanti anni ho?-
Aveva dodici anni, ma a settembre, dopo due mesi, ne avrebbe compiuti tredici.
-Va bene, va bene. Ma non si è mai troppo grandi per ruba bandiera…-
Cassandra emise un suono abbastanza simile ad un ringhio –Dove stiamo andando?- aggiunse.
-Natalie dice che il salone da pranzo principale è meraviglioso, vuole fare delle foto lì. Ah, tra venti minuti passeremo d’avanti alla Statua della Libertà, dovremo fare degli scatti con il monumento come sfondo-
Finalmente una buona notizia.
Cassandra adorava la Statua della Libertà, il suo sogno era visitarla.
-Bene- disse, sforzandosi di sorridere.
Cassandra capì presto che sgattaiolare fino alla zona sport non sarebbe stato facile. Vagarono per un gran numero di corridoi e ponti, dove suo padre si perse un paio di volte prima di giungere a destinazione.
Entrati videro la madre che parlava con un ragazzo bruno per dargli informazioni.
La mamma, Natalie Williams, lavorava sulle navi da crociera come medico di bordo, ragion per cui conosceva abbastanza bene la nave.
Natalie assomigliava molto alla figlia. Stessi occhi, stessi capelli e anche stesso carattere.
-Eccovi! Lo sapevo che dovevo venire io, tu ti saresti perso…- li salutò.
-Non è vero! Non mi sono perso…tanto-
-Comunque muoviamoci, voglio fare le foto a New York-
Natalie chiese ad un cameriere di scattare quelle che a Cassandra parvero un centinaio di foto, una volta finito le facevano male le guance a furia di sorridere.
-Credo che dovremo salire sul ponte ora…-disse la ragazza.
Grazie alla guida della madre riuscirono a raggiungere la piscina in poco tempo.
Cassandra rimase impressionata dalle dimensioni della statua e pensò che fosse molto più bella dal vivo che sui libri.
Fecero qualche migliaio di foto anche lì e, finalmente, sua madre la liberò.
Lei tornò di corsa alla piscina e aspettò seduta sul lettino fino a quando non vide i genitori passarle d’ avanti per andare all’ infermeria.
Ottimo.
Si alzò nuovamente e si diresse in coperta, seguendo le indicazioni appese alle pareti.
Quella nave era peggio di un labirinto, ma alla fine raggiunse la destinazione con successo.
La sua più grande passione: il tiro con l’arco.
Lo aveva scoperto a sette anni, in una giornata sportiva a scuola. Aveva chiesto più volte ai genitori di mandarla a imparare, ma loro dicevano che era troppo pericoloso.
Cosa poteva succederle, che si infilzasse da sola con una freccia?
Lei era brava, un talento naturale.
A volte pensava che i due si divertissero a precluderle le strade che più amava.
Il tiro con l’ arco? Pericoloso.
Diventare un scrittrice? Non era una carriera sicura.
Lei amava scrivere quasi quanto amava il tiro con l’ arco, ma i suoi non ne erano entusiasti.
Certo, fino a quando si trattava di vincere premi letterari andava bene, ma non accettavano che diventasse la sua professione.
Tutte le volte che ne parlava, se pur come materia scolastica, loro storcevano il naso e dicevano “certo, se fossero storie…ma tu vuoi scrivere poesie. A scuola può funzionare, ma nessuno legge le poesie nel mondo reale…”.
Sembrava che odiassero la poesia e l’arco a prescindere.
Fortunatamente la medicina era anche la loro passione e a Cassandra non dispiaceva.
Aveva imparato il nome di tutte le parti del corpo a sei anni, ma non parti del corpo come piede, mano…lei sapeva la collocazione di ogni arteria, il nome di ogni osso, la funzione di ogni organo…
Chiese un arco e una faretra e prenotò un poligono.
Dopo dieci minuti annunciarono che era il suo turno.
Nessuno le aveva insegnato a tirare, era una cosa che il suo corpo sapeva fare e basta.
La postura, la respirazione, l’ clinazione delle braccia.
Lanciò due frecce e fece due centri perfetti.
Incoccò la terza.
Chiuse gli occhi e fece due respiri profondi.
Immaginò di avere di fronte a sé il mostro e lo colpì in bocca.
Aprì gli occhi e vide che anche la terza freccia si era conficcata accanto alle prime due.
Il mostro…
Era orribile.
Bianco, dalla pelle lattiginosa e pallida, come se fosse sempre vissuto nelle profondità marine.
Aveva qualche centinaio di occhi scuri e luccicanti, e migliaia di tentacoli, alcuni più grandi, altri sottili come capelli.
Era alto due volte la Statua della Libertà e grande cinque o sei volte la Principessa Andromeda II.
Cassandra rabbrividì, non era un nome di buon auspicio.
La prima nave di quella compagnia con quel nome, oltretutto, era scomparsa per mesi con tutti i passeggeri e l’equipaggio per essere trovata dopo qualche anno affondata sul fondale marino.
E poi il mostro che Cassandra sognava quasi tutte le notti aveva tutto l’aspetto di essere un Kraken.
La vera principessa Andromeda, a quanto ne sapeva Cassandra, era stata offerta in sacrificio ad un mostro simile.
Si disse che erano solo sogni e che non ci poteva essere niente di vero in essi.
Erano solo immagini che il suo cervello metteva insieme mentre dormiva, cose del tutto inventate e senza alcun fondamento logico e scientifico.
Incoccò un’altra freccia e iniziò a lanciarle a ripetizione ad occhi chiusi.
Un’ altro mostro marino che moriva.
Sua madre che si rifiutava di mandarla ad un corso di tiro con l’arco.
Suo padre che non le voleva spiegare perché portava il cognome di sua madre.
Già, lei si chiamava Cassandra Williams, ma suo padre era Tobias Smith.
Da quando era piccola che le dicevano che quello della madre era più originale, e le avevano dato quello.
Sciocchezze.
Un’ altra freccia andò a segno con un urlo, sgretolandone un’altra.
Era arrabbiata con i suoi genitori e con i loro segreti.
Cosa ci trovavano realmente di male nell’ arco e nella poesia?
Perché bugie sul suo cognome?
Ed era spaventata dai suoi sogni.
Gettò a terra l’arco.
Se neanche quello riusciva a calmarla era veramente fuori di sé.
Probabilmente era passato mezzogiorno, ma i suoi non sarebbero venuti a mangiare con lei.
Natalie stava lavorando, ma suo padre?
L’unica cosa che a loro importava era il loro lavoro, non certo di lei.
Aveva visto sulla cartina che McDonalds’ aveva aperto una zona ristoro sulla nave, sarebbe andata lì.
Entrò e si sedette da sola.
Poco più avanti c’era il ragazzino castano che aveva chiesto informazioni alla madre, poteva avere la sua età.
Lui stava mangiando con un uomo moro e una donna mora.
Non si assomigliavano molto ed era certa che l’uomo non era il padre, invece la donna poteva essere parente del ragazzo, la madre forse, da come si guardavano.
Sentì un formicolio alla testa e, per qualche morivo, quelle persone le riportarono alla mente il Kraken.
Smise di guardare i tre e si concentrò sulle patatine.
Ormai erano fredde.
Le gettò nella pattumiera e se ne andò.
Le parve che l’uomo la stesse guardando, cosa che la fece correre fuori dal ristorante.
L’uomo le dava i brividi.
Arrivò, dopo vari tentativi, alla sua cabina e si stese sul letto. Afferrò il quaderno e la matita e provò a comporre dei versi.
Mentre scriveva si trovò a pensare al mostro, ai genitori, all’uomo moro.
Lanciò il quaderno a terra.
Il cuore le batteva a mille.
Cosa aveva scritto?
Non aveva senso, eppure lo aveva scritto lei.
Si avvicinò cautamente e lo raccolse.
La pagina era piena di frasi lasciate a metà, scritte con la sua calligrafia illeggibile e parole cancellate perché scritte male a causa della sua dislessia.
Ma in fondo alla pagine c’erano due versi scritti con chiarezza, anche se evidentemente frutto della sua mano.
L’ ultimo figlio della morte bisognerà allora trovare
Colui che il Caos nel mondo è destinato a riportare
 
Non era nel suo stile e non aveva pensato a questi versi prima d’allora, ma sapeva una cosa: la spaventavano.
Ebbe la tentazione di strappare la pagina e gettarla in mare per non doverla più vedere, ma qualcosa le disse che era più saggio tenerla.
Strappò la parte finale del foglio, lo piegò e lo infilò in tasca.
Voleva tornare al poligono, non era troppo distante dalla cabina.
Era appena arrivata alla porta quando la nave si capovolse.
 
   
 
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