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Autore: Chupacabra19    23/03/2016    1 recensioni
Kendra, una semplice ragazza, vittima anch'essa del nuovo mondo infetto. In queste pagine virtuali leggerete la sua storia, il suo passato, i suoi incontri, ciò che il destino le ha riservato dopo l'epidemia. Questa è la mia prima ff dedicata alla serie twd e segue parte della trama originaria, partendo dalla drammatica situazione della terza stagione.
[Dal capitolo 5] : Mentre Rick, ancora in preda al terrore, poggiava il viso fra i capelli del ragazzo, questo aveva gli occhi fissi su di me. Tornai in piedi lentamente, sperando che quella commovente scena terminasse. D'un tratto, bruciore. Una terribile fitta mi travolse. Un dolore acuto, straziante. D'impulso, mi irrigidii. La lima precipitò al suolo. Abbassai lo sguardo, per capire da dove provenisse tale sofferenza. Un dardo. Un dardo dalle alette verdi conficcato nel fianco. D'improvviso, mi sentii fiacca, debole. La vista mi abbandonò e tutto si fece scuro.
Genere: Avventura, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daryl Dixon, Il Governatore, Nuovo personaggio, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 35 : A nudo


Rovistavo nella cesta di vestiti che ci era stata data, sperando di trovare qualcosa di semplice che potesse sia piacermi che coprire le ferite e gli ematomi. Pescai un jeans nero, simile ai miei amati pantaloni, e una camicia verde militare. Il taglio era maschile, ma non mi importava. Anzi, avrebbe nascosto la magrezza. C'erano persino mutande e reggiseni nuovi. Non potete capire la gioia che si può provare alla vista di un intimo profumato e pulito. L'indolenzimento generale era svanito con l'effetto rigenerante della doccia temprata e i miei capelli se ne erano usciti di una morbidezza tale che erano quasi irriconoscibili. I riccioli erano definiti, affatto crespi, e scendevano leggeri lungo la schiena. Oramai arrivavano quasi al fondo schiena, forse avrei dovuto dargli una spuntatina. Passai in bagno a raccogliere gli asciugamani che avevo utilizzato per metterli in una camera a caso, la camera che forse sarebbe diventata la mia. Suonava strano, stentavo a crederci. Non appena presi l'asciugamano grande, liberando lo specchio, mi trovai nuovamente a confronto con la mia immagine, ma stavolta l'effetto era diverso, piacevole. La camicia nascondeva ogni difetto del mio corpo, facendomi sentire più a mio agio. Il polso slogato era ancora un poco dolorante, ma oramai il fastidio era quasi impercettibile. Non avevo più bisogno di una fascia. Mi sentivo libera, leggera, nuova, quasi fossi rinata. Scesi giù per le scale ed incrociai in cucina Michonne alle prese con la credenza. Anch'ella indossava abiti nuovi, era bello vederla allegra. Sebbene fossimo arrivati da poche ore, già si sentiva a casa. Era più tranquilla, meno sospettosa. Doveva aver già parlato con Deanna. Sorrisi al sentire che canticchiava fra sé e sé, controllando ogni tipo di alimento che avevamo a disposizione. Non appena si accorse della mia presenza, mi accolse con un sorriso raggiante.

-Ehi, ma come siamo belle!

Arrossii presa alla sprovvista. Ella arricciò il naso, divertita della mia reazione, e afferrò una pesca, mettendosi poi a sedere sul piano isola della cucina.

-Ma ci pensi? – domandò fra un boccone e l'altro – È casa nostra.

Stentavo a crederci.

-Pare impossibile da elaborare. – risposi, allargando le braccia come per indicare l'intera struttura.

Mi fece cenno di sedermi al suo fianco, allungandomi pure una pesca.

-Non ci credo che tu non abbia fame. – sbiascicò – Su mangia questa.

Non feci complimenti e la presi volentieri, affiancandola. Addentai quella succosa polpa dolce, fintanto da inebriarmi di quel sapore.

-Molto meglio dei vermi dell'ultima volta. – dissi ridacchiando.

Michonne sospirò, ricadendo nei ricordi dell'esterno. Per un attimo il volto si rabbuiò, ma poi il suo sguardo tornò più luminoso di prima, sebbene le sue iridi fossero di un nero profondo.

-Quello è il passato. Farò di tutto per mantenere questa comunità al sicuro.

Masticavo un grosso boccone di quel frutto, gustandone la dolcezza e il senso di appagamento che mi giungeva dallo stomaco ormai intorpidito dal tempo.

-Questo è il nostro miracolo. – dissi, guardandola negli occhi – E tutti noi lotteremo per mantenerlo vivo.

Annuì sorridendomi, felice di sentire ciò. Si leccò le dita, non volendo sprecare una goccia di quel succo paragonabile all'ambrosia per noi, e scese dal ripiano per raggiungere il lavandino dove sciacquarsi le mani. Anche quel semplice gesto, era come un lusso.

-Sai. – parlò – Sei una ragazza in gamba, Kendra. Rick fece proprio bene ad accoglierti quel giorno alla prigione.

Mi voltai di scatto, incredula di udire tali parole.

-Lo pensi sul serio? – chiesi timida – O lo dici soltanto per farmi sentire accettata?

Mi guardò confusa, forse non immaginava quante paranoie mi facessi notte e giorno.


-Scherzi spero. – rispose sincera – Credo senza dubbio che tu sia un qualificato membro del gruppo. Mi sei sempre piaciuta fin dall'inizio. Ti ricordi la nostra prima spedizione?


E come dimenticarla. Lottavo con me stessa, cercavo di non cedere al desiderio di ucciderla. Eravamo sole nel bosco, poi nuovamente sole in quella cittadina. Sarebbe stato il momento perfetto.

-Non ero molto loquace, lo ammetto. – continuò – Ero più impegnata a studiarti, ma mi sono divertita. In quella farmacia poi, mi hai fatto schiantare con i due tizi.

Finsi un sorriso, ma in realtà fui investita da una fitta al cuore. Uno di quegli uomini era Drake.

-È vero, fu una spedizione molto silenziosa, ma divertente. – ammisi – Ma ti devo confessare una cosa.

Inarcò le sopracciglia, capendo che si trattasse di qualcosa di serio.

-All'inizio, non riuscivo a starti vicino. – confessai – Ti odiavo. Quando parlavi, ridevi o facevi qualcosa, non riuscivo a fare altro che immaginarti uccidere Penny, la figlia di Philip.

Storse la bocca di lato in una smorfia accondiscendente. Capiva benissimo la mia posizione.

-Beh, effettivamente posso immaginare come sia stata dura stare in mezzo a noi se schierata dalla parte del Governatore.

Lì mi resi conto che ero l'unica che continuasse a chiamarlo per nome. Per me Philip restava un grande stronzo, ma non riuscivo a chiamarlo con l'appellativo di Governatore, come se ciò potesse convergere solo i suoi lati ed azioni negativi, tralasciando i gesti e le premure che comunque aveva mostrato e dato a molte persone, me per prima.. sebbene poi avesse tentato di uccidermi.

-Ma adesso, sono felice di aver scelto voi. – affermai.

Buttai il nocciolo del frutto nel cestino e abbracciai samurai, quella donna che si era sempre mostrata rigida nei miei confronti, la stessa donna che avrei dovuto uccidere a sangue freddo, la donna che ora come ora rappresentava il mio cambiamento. Ella mi guardò sorpresa, non si aspettava tale improvvisa confidenza, ma ricambiò comunque il gesto. La ringraziai tralasciando la motivazione ed uscii in strada, sospirando come se mi fossi tolta un peso allo stomaco. Mi guardai intorno e vidi una donna bionda di spalle allontanarsi dal nostro vialetto, la quale salutava timidamente qualcuno nella casa accanto. Scorsi Rick appoggiato alla porta contraccambiare il saluto. Non riuscivo a guardarlo in faccia poiché anch'egli mi dava la schiena, ma non potetti fare a meno di notare come lo sceriffo restasse imbambolato ad osservare quella figura femminile farsi sempre più distante. Mi sorprese, facendomi restare di stucco. Egli poi si voltò per chiudere la porta e incrociò il mio sguardo. Fu allora che mi accorsi che non era più il Rick che avevo conosciuto. Scrollò le spalle, come per dirmi in silenzio che non poteva farci niente, come se oramai fosse troppo tardi. Ed aveva ragione. Lo raggiunsi a grandi falcate, curiosa di scrutare il suo volto da vicino. Non appena gli fui di fronte, egli mi sorrise quasi imbarazzato, senza però distogliere lo sguardo dai miei occhi verdi muschio. Posai entrambe le mani sull'incavo fra collo e mento, accarezzandolo leggermente con i pollici. La barba era scomparsa, lasciando il posto ad un volto pulito, delicato e sereno. Il celeste dei suoi occhi spiccava ancora di più, ora che era privato da quell'ammasso grigio che distoglieva l'attenzione. Anche i capelli erano stati accorciati, sistemati. Era una nuova persona. Quella trasformazione inaspettata, mi riempì il cuore di gioia.

-Wow. – esclamai, come una bimba davanti a un negozio di dolci.

-Wow? – ripeté sorridendo.

Portai immediatamente le mani sui fianchi, lasciando libera la sua mascella scolpita e morbida. Si accarezzò incredulo il mento, constatando sempre più quanto la barba fosse effettivamente svanita.

-Beh, non so cosa dire. Sei.. sei diverso.

In quel momento nei suoi occhi scorgevo solamente imbarazzo, felicità e sollievo. Non credo che avesse già accettato il luogo, ma probabilmente stava evitando di pensarci.

-Spero un diverso positivo. – ridacchiò.

Non ne capivo il motivo, ma sembravamo più collegiali infatuati che adulti occupati in un sano dialogo.

-Sai, non ti avevo mai visto così. Capelli corti, zero barba. – gesticolai – Ma stai davvero bene.

Mi sorrise, mettendo in risalto gli zigomi.

-Anche tu sei..

-Kendra! – chiamò Aaron, lasciando in sospeso la frase dello sceriffo – Ti stavo cercando.

Mi voltai dispiaciuta.

-Dimmi..

Rimase ai piedi dei due scalini, lasciando quella giusta distanza fra noi quasi volesse sottolineare l'intenzione di non voler invadere i nostri spazi. Le sue labbra raggiunsero la massima estensione in un sorriso stupito.

-Siete una favola così ripuliti. – esclamò di getto, prima di ricomporsi – Deanna ha quasi finito, ti va di andare?

Fui felice di sentire di essere, non dico bella, ma frizzante, piacevole alla vista. Dopotutto ero una donna e ogni tanto qualche complimento era ben accetto, anche se gran parte del suo stupore era stato infiammato dalla trasformazione di Rick. Al tempo stesso, però, ero nervosa di dover fare la conoscenza di questa tanto rinomata donna.

-Ma certo, non è un problema. – mentii.

Mentre scendevo gli scalini, lasciandomi alle spalle lo sceriffo, Aaron disse di voler parlare con egli, ma non appena fui in strada, mi resi conto di non sapere dove andare.

-Aaron, scusami, ma non ho la più pallida idea di dove stia Deanna.

Si tirò una pacca leggera sulla fronte, ridendo della sua stessa dimenticanza. Aveva dato per scontato che conoscessi la sua ubicazione. Fece per voltarsi e raggiungermi, quasi volesse accompagnarmi fino a destinazione invece di rifilarmi una semplice indicazione, ma Rick lo precedette.

-Ti porto io. – sostenne – Tu Aaron aspettami pure qui, ci metto un attimo e dopo parliamo. Okay?

Il rosso annuì squadrandoci e si lasciò cadere sulla panchina, fingendo indifferenza. Effettivamente, anch'io non mi aspettavo di essere scortata fino alla casa del leader di Alexandria, soprattutto da Rick, ma a quanto pare le cose avevano preso questa piega. Non che fosse qualcosa di strano e fuori dal comune, ma stare sul portico era già stato abbastanza imbarazzante. Non mi aveva mai dato fastidio restare accanto a Rick, ma mentre percorrevamo quella strada curata, mi resi conto di quanto la sua sola presenza mi mettesse a disagio. Mi avvolgevo di quel silenzio orticante, cercando comunque di apprezzare ogni millimetro di mondo che avevo attorno in quel momento. Alexandria sarebbe diventata la mia nuova zona sicura. In lontananza apparve una figura farsi sempre più distinta, data la velocità con cui essa si muoveva. Non appena mi fu possibile scorgere il volto di Daryl, abbozzai un sorriso, ma egli ci superò ignorandoci con un ghigno, tirandomi pure una spallata. Rick restò impassibile, come se la presenza dell'arciere non lo avesse turbato affatto, quasi non fosse nemmeno esistito. Mi sorprese tutta quella indifferenza, ma non fiatai. Lo sceriffo si fermò, indicandomi la casa al nostro fianco. Dalla porta di questa spuntò una donna bassa, dall'aria autoritaria e dal volto segnato dagli anni. Percepivo una strana energia diffondersi da quella donna tanto minuta quanto attenta. I suoi occhi limpidi come l'acqua più vergine mi scrutavano, scavando dentro il mio essere. Per una frazione di secondi, mi parve di essere in presenza di un dissenatore, ma al contrario di questo, ero sicura che ella fosse una creatura benevola. I due leader si scambiarono un'occhiata e Deanna mi invitò ad entrare. La casa era come immaginavo ognuna delle presenti in questa comunità: viva. Quelle mura parlavano di lei, della sua famiglia, emanavano calore e serenità. Controllavo smaniosamente e fugacemente ogni dettaglio. Percorremmo un corridoio fino ad accomodarci in un salotto ampio e ben arredato.

-Spero non ti dia fastidio. – parlò, accarezzando una videocamera.

Feci cenno di no e mi accomodai sul divanetto posizionato di fronte alla poltrona a lei destinata.

-Allora, Kendra.. – bene, già conosceva il mio nome - .. diciamo che di te so già abbastanza, o almeno le cose più importanti..credo.

La fissavo negli occhi cercando di captare le possibili informazioni in suo possesso.

-Beh, considerando quanto Rick sia un chiacchierone, direi di sì.

Sorrise, affermando il mio sospetto.

-Sai, sono stata felicemente sorpresa quando ho saputo da Aaron che ti sei fidata subito ed hai bevuto l'acqua.

Feci spallucce.

-Il mio gruppo ha reagito diversamente.

-Perché? – domandò, con voce profonda.

-Perché poteva essere una trappola, perché..

-No. – interruppe la mia sfilzata di motivazioni – Perché l'hai bevuta?

-Perché avevo sete. – risposi secca.

Deanna rimase in silenzio a fissarmi. Quella risposta non le bastava, sapeva chiaramente che era una menzogna. Odiavo quel suo atteggiamento rilassato, quella dannata videocamere accesa.


-Cosa sei, una psicologa od è solo un hobby?

Accavallò le gambe.


-Diciamo che mi sarebbe piaciuto esserlo, credo di esserci portata.

Imbronciai le labbra, come per farle capire che non ero molto d'accordo. In realtà, stavo cercando di infastidirla, volevo sapere e conoscere più di lei, del suo carattere, della sua posizione. Mi guardai attorno, aspettando di udire qualsiasi suo discorso. Le tende che incorniciavano l'ampia finestra alle mie spalle non erano del tutto immacolate. Una strisciata breve di un rosso marrone spiccava su un lembo. Si trattava sicuramente di una traccia di Daryl. Aveva il vizio di scrutare al di là di qualsiasi vetro. Davo pure per scontato che non si fosse nemmeno seduto durante il colloquio. Quello stronzo non si era neppure lavato.

-Comincia ad essermi tutto più chiaro. – rise.

La guardai torva. Odiavo questa situazione, mi ricordava troppo tutte quelle sedute obbligatorie con lo psicologo della squadra speciale.

-Adesso inizierai a fare una serie di considerazioni che, una qualsiasi persona spiccata potrebbe facilmente captare, un po' come fanno le medium per strada. – la sfottei.

Abbozzò un sorriso, come per accettare la sfida. Sapevo che era diversa, ma volevo vedere fino a che punto si sarebbe spinta.

-Sei sulla difensiva, Kendra. – parlò unendo le mani – Credo tu faccia piccoli gesti di cui nemmeno ti accorgi.

-Ad esempio?

-Ti stai toccando il polso. E' da quando sei entrata che lo stai maneggiando. Penso sia un movimento che attivi solo quando ti senti alle strette.

Mi bloccai immediatamente, ritrovandomi a fissare il polso decorato da quella rossa fascia. Aveva ragione, quella donna aveva fottutamente ragione. Quando ero sul punto di ribattere, ella tornò all'attacco.

-Hai un problema alla gamba. Una ferita mal guarita, suppongo. Ti fa male, parecchio male, ma lo nascondi. Simili una camminata naturale, non ti piace essere al centro dell'attenzione, non vuoi sembrare debole, non vuoi che qualcuno si preoccupi per te, per la tua salute.

Rimasi zitta a bocca socchiusa, quasi volessi controbattere ma non ne avessi la forza.

-Hai percorso con gli occhi tutti i movimenti che ha fatto Daryl qualche minuto fa. Significa che lo conosci bene, che come me sai osservare tutto e tutti, eppure hai difficoltà a relazionarti con alcuni del tuo gruppo. Perché?

-Perché non hanno fiducia in me, perché mi sento in più. Perché sono una maledetta cogliona che non riesce a fare niente di buono, per quanto mi sforzi e finga di essere ottimista, mi ritrovo fra le mani solo merda. E puzza questa merda, capisci? Pesa pure. – sputai, rimanendo senza fiato.

Rilassò i muscoli, a differenza mia, felice di essere arrivata al mio cuore, quasi fosse la noce di un frutto, l'interno più profondo.

-Forse, provi tutto questo solo perché ti sforzi di essere ciò che non sei. Loro ti accetteranno, ma permettigli di conoscere la vera Kendra.

Inspirai, cercando di calmarmi. Deanna mi aveva praticamente eviscerato.

-E per quanto riguarda la coscia, abbiamo un chirurgo.

Sarebbe come ammettere il problema, pensai, ma l'idea di evitarmi altro atroce dolore gratuito mi solleticava la coscienza. Incrociai le braccia.

-Sei bella tosta, Deanna. – dissi, sebbene mi irritasse.

-Siamo simili Kendra. – sentenziò col sorriso – Per questo ti sto già sulle scatole.

Aveva pienamente ragione, sebbene ella fosse probabilmente più matura su alcuni aspetti, io sapevo cacciar, sparare, ma soprattutto sopravvivere. Ero in vantaggio.

-Cosa ti preoccupa? – parlò, indicando le mie sopracciglia aggrottate.

Mi sporsi, come per avvicinarmi alla sua figura.

-So cos'è questo posto, cosa rappresenta. Desidero solo che nessuno di noi faccia qualcosa di sbagliato. Basta un'azione istintiva per distruggere tutto.

Parlavo di Rick, di Daryl, Abraham, Sasha.. bastava un loro attimo di follia per spezzare la fiducia appena donataci, ed io non avevo intenzione di muovermi da questo angolo di paradiso.

-Molto probabilmente accadrà, ma l'ho già messo in conto. – rispose, fingendosi tranquilla.

Sospirai. Parlammo poi della mia famiglia, di come erano andati gli eventi fino ad oggi, volendo conoscere il mio punto di vista su tutto. Poi, ad un certo punto ella si alzò, dirigendosi alla videocamera. La luce rossa fissa scomparve. Bene, avevamo finito la bellissima seduta, anche se continuavo ad arrovellarmi il cervello, chiedendomi per quale motivo ella non avesse voluto domandare nulla riguardo a Woodbury, al fatto che avrei dovuto ucciderli ecc. . Possibile che Rick avesse trascurato questo dettaglio?

Mi alzai, strusciando le mani sui pantaloni per privarmi dell'umidità dovuta al sudore dettato dall'ansia.

-Ah, non so se ti hanno accennato della festa.

-Sì. – la interruppi, desiderosa di uscire da quella casa – Me ne ha parlato Spencer.

Sorrise e ci incamminammo verso la porta.

-Oh, bene. – esclamò – Hai già fatto amicizia.

Mi pareva di essere considerata come una bambina.

-Sembra un tipo a posto.

Posò la mano sulla maniglia.

-Comunque. – continuò – Programmavo di farla qua. Non tutti mi sono sembrati felici all'idea, ma gradirei la presenza di voi tutti.

-E' giusto. – risposi secca – Dobbiamo fare buona figura. Vedrò di insistere.

Mi guardò senza aggiungere altro, aprendomi la porta con espressione seria. Varcai la soglia, percependo l'animo farsi più leggero. Odiavo essere esaminata così a fondo, ma il mio essere non era ancora del tutto libero.

-Kendra. – sussurrò, appoggiata alla porta. – Non so bene quale tipo di relazione leghi te, Rick e Daryl, ma credo tu debba sapere cos'ha detto quest'ultimo.

Rimasi immobile a fissarla, interdetta e angosciata allo stesso tempo. Le era bastata un'occhiata, uno sguardo fugace al mio arrivo con Rick, alla spallata di Daryl, alle frecciatine scambiate, ed alla aveva già intuito qualcosa di più profondo.

-Non voglio saperlo. – sbottai, entrando in strada.

Non voglio saperlo, ripetei a me stessa.

 

               *


 

Il pomeriggio era passato in fretta, fra girate nella comunità, riflessioni e considerazioni varie su tutto e tutti. I discorsi di Deanna mi avevano disturbato, mettendomi in subbuglio perfino lo stomaco, tanto da avermi messo in uno stato di solitudine. Rientrai in casa, beccandomi Carol alla prese con dei biscotti e Maggie e Sasha con della pasta al forno. L'odore era inebriante. Tutti gli altri erano in sala, stravaccati su divani e sedie in attesa spasimante della cena. Li salutai con un cenno e salii al piano superiore, sbuffando. Non avevo voglia di compagnia, ma la pancia brontolava rumorosamente. Mi gettai sul letto della camera dove avevo lasciato le mie cose, godendo di quel materasso confortevole, morbido e comodo. Una nuvola. Abbracciai il cuscino, chiudendo gli occhi per qualche istante. Ero felice di aver una stanza tutta mia, dove potermi rifugiare o sfogare. Cominciava ad essere pesante la convivenza forzata, soprattutto con alcuni membri del gruppo.
La porta che avevo lasciato socchiusa si aprì delicatamente, quasi la persona all'altro lato non volesse essere troppo di disturbo. Sebbene lo fosse eccome.

-Posso? – udii una voce rauca.

Stessa voce che mi rivelò la persona alle mie spalle. Annuii, osservando l'ombra di Rick farsi più vicina. Mise le mani sui fianchi e si guardò attorno, prima di sedersi sul letto, dandomi leggermente la schiena.

-Sarà la tua stanza? – chiese, come per intavolare un discorso.

-Boh, è la prima che ho visto e la prima in cui ho buttato la mia roba.

Imbronciò le labbra.

-Vuoi sapere com'è andata con Deanna, non è vero? – sospirai, affondando la faccia nel cuscino.

Ridacchiò, essendo stato scoperto.

-Da dopo l'incontro con Deanna, sei sparita.

-Quella donna è leggermente inquietante.

Sorrise, dandomi ragione. Lasciai il cuscino, avvicinandomi a Rick, in modo tale da poter vedere pienamente il suo volto.

-Non le hai detto tutto, vero?

Mi guardò inarcando le sopracciglia.

-Non tutto.

-Perché? – avevo bisogno di sapere.

-Perché non c'era bisogno di rivelarle tutto sul tuo passato.

-Si tratta di questo e basta? – insistetti.

-Kendra, io mi fido di te, e non rimpiango il giorno di averti permesso di varcare quella recinzione.

Temevo..temevo che non ne avesse parlato con Deanna per paura che lei e la sua gente avessero avuto occhi di riguardo nei nostri, ma soprattutto nei miei confronti.

-Cosa stai cercando di dirmi?

-Che per me hai sempre fatto parte del nostro gruppo, anche se ti abbiamo incontrata più tardi, anche se eri teoricamente nostra nemica. Ho soltanto omesso qualche particolare al racconto.

Lo abbracciai d'istinto, dopo qualche manciata di secondi passati completamente nel silenzio. Non m'importava cosa avesse potuto dire Daryl al suo colloquio, era questo ciò di cui avevo bisogno. Mi avvolse con quelle braccia muscolose e calde, facendo sciogliere l'apatia che mi ingabbiava. Posò una mano sulla mia testa riccioluta, stringendomi ancora di più a sé. Restammo in quella posizione per un minuto buono, un minuto che parve interminabile. Ci slegammo poi da quel contatto affettivo, guardandoci senza dire nulla, ma le nostre mani rimasero vicine sul materasso, tanto che lo nostre dita si intrecciarono.

-Ti va di scendere? – chiese, inclinando la testa.

Mi alzai sorridendo, separando le mani a mio dispiacere. Rick ne fu felice e raggiungemmo gli altri, sedendoci in due punti opposti del salotto. Daryl era seduto a terra sul tappeto, con la schiena poggiata al divano. Giocherellava con un coltello, quasi sentisse la mancanza del proprio. Sasha poggiò la teglia fumante sul tavolo da caffè al centro della stanza e Maggie servì i piatti. In un battito di ciglia il silenzio verbale piombò in quelle mura, tanto eravamo occupati col cibo. Gli unici suoni udibili erano dati dalle forchette che raschiavano il fondo delle scodelle. Mangiavo un fusillo alla volta, cercando di far durare più a lungo quella bontà. Quella pasta era la cosa più buona che avessi messo sotto i denti da anni. Sapeva di casa.
 

Angolo autrice
Buona sera walkers! So che mi odiate per le luuuunghissime attese che vi tocca sorbire ad ogni capitolo, ma giuro che non è mia intenzione, fosse per me sarei sempre a scrivere e pubblicare storie di ogni qual genere. Sono felice di aver visto che non siete spariti del tutto, anzi, qualche lettore si è aggiunto. Vi ringrazio tantissimo. Chiedo perdono per la mia assenza, ma come sapete l'università prosciuga l'anima. Ci tenevo a dirvi che mi sono da poco, più precisamente da ieri, aggiunta al mondo di Wattpad, anche se per ora ci capisco poco e nulla.

  
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