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Autore: Stray_Ashes    23/03/2016    1 recensioni
[Traduzione] - [Priest!Gerard] - [Frerard]
"«Gerard pensa che io abbia delle stigmate*» disse Frank, perché tanto, dannazione, le cose non potevano andare peggio di così. Aveva bisogno di liberarsi di quel peso.
«Oh, beh...» rispose Brian, il viso fra le mani. «Naturalmente» "
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Lavoro originale di Bexless, la mia è una traduzione. Personalmente, ho amato la serie di Unholyverse, quindi davvero, ve la consiglio anche in inglese; io, intanto, mi svago provando ad allenarmi traducendola. La storia ha diversi elementi legati alla religione, ai demoni e l'esorcismo, ma credo che meriti veramente molto comunque.
E poi, Gerard versione prete, ha un fascino tutto suo.
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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7. St. Francis of Assisi





Il mattino dopo, si svegliò sentendosi doppiamente una merda. Riuscì a muoversi nel letto abbastanza da recuperare il cellulare, accendendolo per controllare l'ora, ma prima ancora di poter guardare lo schermo, il telefono vibrò per avvertirlo che aveva un messaggio vocale. 

Frank non aveva bisogno di ascoltarlo per sapere che era Brian. 

Cazzo. Era davvero in ritardo, ma sentiva la testa sul punto di spaccarsi da un momento all'altro, i polsi dolevano e non poteva neppure sbattere le palpebre che la nausea lo assaliva, insieme ai postumi della sbornia. Sarebbe arrivato a lavoro in ritardo, sarebbe stato inutile tutto il giorno, e probabilmente Brian gli avrebbe dato fuoco.

Aveva solo bisogno di una fottuta doccia, ma non riusciva ad aumentare la temperatura senza che gli pizzicassero gli occhi. Sentiva le sue stesse ossa cigolare l'una contro l'altra, come se carne e cartilagine si fossero lacerate, lasciando posto a spigoli taglienti, che si sfregavano, scontravano e premevano su appuntiti, critici punti, mentre scariche di dolore gli attraversavano la pelle. 

Tentò di levarsi i vestiti della notte scorsa, ma dovette invece lasciarsi cadere a terra con la testa fra le mani, perché vedeva la stanza vorticare e ondeggiare pericolosamente, un po' come un ballerino di danza contemporanea... dentro un carosello. In mezzo all'oceano. Durante una tempesta. 

Il caffè avrebbe aiutato, se solo fosse riuscito a raggiungere la cucina. E sinceramente, non ricordava neppure l'ultima volta in cui aveva mangiato qualcosa - eppure, al pensiero del cibo, il suo stomaco si contrasse, poco entusiasta.  

Il telefono squillò, con l'acuta suoneria che rimbombò agonizzante nella sua testa, e Frank aprì un occhio spingendosi in avanti per sbirciare lo schermo.

Brian. Di nuovo. Cazzo. E adesso era in ritardo di due ore dal lavoro, cazzo.

 E fanculo ai suoi polsi. Aveva bisogno di una doccia, o non sarebbe mai uscito da quell'appartamento. Si trascinò in bagno e tentò di aprire l'acqua usando i gomiti e un asciugamano, e si stava abbassando per levare i jeans quando una rossa, liquida goccia gli cadde sulla mano. 

«Cosa?» fece Frank. Si toccò la fronte, osservandosi poi la punta delle dita - le trovò cremisi, e quando si sforzò di guardarsi allo specchio, si accorse che i tagli sulla sua fronte si erano riaperti e il sangue colava, scorrendo veloce sul suo viso.

«Mi si sta aprendo la testa,» disse stupidamente al proprio riflesso. All'improvviso i piedi cedettero sotto il suo peso, e si ritrovò sdraiato contro il pavimento del bagno, le braccia spalancate, lo sguardo perso verso il soffitto.

«Cosa?» chiese di nuovo, a nessuno, e poi sentì qualcosa di appuntito, freddo e tagliente trapassargli di netto i polsi. 

Non urlò. Non urlò perché non poteva neppure respirare, da quanto il dolore era forte, schiacciante, irrefrenabile, del tutto oltre ogni altro tipo di dolore che Frank avesse mai anche solo immaginato in un incubo, e tutto questo gli sottrasse l'uso dei polmoni, o degli occhi, o qualunque cosa, che non fosse lasciarlo lì al suolo, impotente. 

L'avevano inchiodato, l'avevano inchiodato al fottuto pavimento del suo bagno, riusciva a sentire i chiodi spingere ritmicamente più a fondo nella sua carne, avvertiva le ossa schiacciate e spinte dall'intrusione, minacciando di schizzare via da sotto la sua pelle.

Vedeva bagliori bianchi lampeggiare oltre le sue palpebre, e si rese conto di star emettendo irregolari rumori animaleschi, che gli vibravano nel petto, ad ogni metallico rintocco sordo che si abbatteva contro le sue mani. Il suo corpo si era già del tutto arreso; Frank si sentiva arrancare disperatamente dentro la proppia pelle, mentre si chiudeva a riccio su se stesso, lasciando i polsi affogare da soli nel dolore, appena oltre il confine della sua coscienza. Frank si concentrò su di essa, e sul sicuro, solitario posto dentro di sé, dove nessuno poteva aiutarlo né nessuno poteva ferirlo, e ogni rumore si perse e si allontanò, finché Frank non rimase avvolto dal silenzio, dall'oscurità.

Frank già lo sentiva, come sarebbe stato farla finita ora, dire addio al rumore e al dolore. Era pronto, era pronto a perdere, purché tutto questo finisse. Non avrebbe potuto vincere. Sentì l'aria abbandonare lentamente i suoi polmoni, i muscoli rilassarsi e le forze cedere. Era quasi finita, era quasi fatta, era quasi, quasi arrivato. 

Sto per morire, realizzò all'improvviso. L'immagine di sua madre gli balenò nella mente, lontana e sfocata dalle lacrime, e lo travolse un'ondata di dolore, rimpianto e tristezza, così intensa da sembrare quasi dolce. 

Fluttò da solo nel buio totale per un po'. Non sapeva per quanto, ma tanto sarebbe finita presto. 

Poi, oltre all'oscurità, ci fu qualcosa. Del rumore, dei tocchi, qualcosa che si ostinava a tenerlo legato alla realtà, come un filo teneva un palloncino. E Frank desiderò che se ne andasse - non voleva tornare indietro, dove tutto era luminoso e rumoroso, dove ogni cosa lo feriva. Voleva solo seguire quella calma, infita oscurità, ovunque essa l'avrebbe condotto - ma quel qualcosa era ancora lì, a ricordargli come un fastidioso promemoria, come era, essere ancora vivi.  

«Frank,» sentì debolmente, come se la voce provenisse da metri di distanza. «Frank.»

Conosceva quella voce. 

«Frank» disse di nuovo, più forte questa volta, aggiungendo poi altre parole, che Frank fece fatica  a capire. «Frank... muorimi addosso... ti riporto indietro... e ti ammazzo con le mie mani»

Frank ridacchiò, e fu proprio questo a riportarlo indietro, con un improvviso grido mentre l'aria riempiva di nuovo i suoi polmoni, e il dolore ricominciava.

«Okay, Frank» Era Brian, che stringeva la testa di Frank, abbandonata sulle sue gambe. «Frank, rilassati, sono io, sono io»

«Brian,» tentò di dire Frank, ma ne uscì come un umido, incasinato, incomprensibile gracidio. 

«Shhh» gli disse Brian, stringendolo un po' più forte. «Va tutto bene, va tutto bene. L'ambulanza sta arrivando. Solo, tieni duro ancora un po', okay? Ancora qualche minuto. Resta con me.»

Frank abbassò lo sguardo - Brian teneva entrambi i polsi di Frank, avvolti da asciugamani ormai tinti di rosso scuro, stretti nelle proprie mani. «Agh> gemette.

«Non tentare di parlare,» disse Brian fermamente, stringendo di più. Stava premendo sulle ferite, realizzò Frank., un po' come facevano in Tv. «Soltanto - annuisci se riesci a sentirmi»

E Frank annuì, lottando contro sé stesso nel tentativo di voltare la testa e guardare negli occhi Brian.

Brian si accigliò, come faceva sempre quando organizzava turni di personale o negoziazioni sul rinnovamento dell'assicurazione del negozio. La sua bocca era nulla più che una linea e la pelle del suo viso era praticamente bianca, ma la voce  era inflessibile quando parlò. «Starai bene. Ti porteremo all'ospedale, ti guariremo. Starai bene»

Frank non ne era sicuro, e questo Brian lo notò, perché la sua espressione divenne più gentile. 

«Ti aiuteremo» Brian cominciò a srotolare gli asciugamani da intorno i polsi di Frank, forse per controllare l'emoraggia. «Aggiusteremo tutto quanto. Non devi più sentirti in questo modo. Troveremo una soluzione, okay? Ti aiuteranno, medici, psicologi, qualunque cosa tu abbia bisogno»

Oh. «Brian, io non ho-- »

«Non parlare» gli disse di nuovo Brian, con voce calda, ma che non ammetteva repliche. Spostò il corpo di Frank cosicché la sua testa gli posasse sulla spalla, mentre continuava a stringerlo. 

Frank poteva sentire il cuore di Brian battere freneticamente, ascoltare il suo veloce ed irregolare respiro. Rimaserò lì stretti insieme fino all'arrivo dell'ambulanza. 

***

«Non ho tentato di suicidarmi» ripeté Frank per la diciannovesima volta. 

Ma la dottoressa non stava ascoltando. «Vieni a vedere,» continuò infatti a parlare con l'infermiera, che l'aveva aiutata a ricuicire Frank. «Da' un'occhiata: non sta neppure più sanguinando. E ha mancato l'arteria per meno di un centimetro»

L'infermiera annuì, spingendosi in avanti per guardare da più vicino. Dava l'impressione di essere una bella donna sotto quella mascherina bianca, pensò Frank. «E entrambe le ferite sembrano essere della stessa forma e dimensione in entrambi i polsi. Non ho idea di come lui ci sia riuscito.»

«Piantatela di dire "lui"» ringhiò Frank fra i denti. «Ve l'ho detto, non sono stato io» 

«Che cosa fai nella vita, Frank?» gli domandò imperterrita la dottoressa, spingendo con attenzione il piccolo ago curvo attraverso la pelle frastagliata di Frank.
«Sono un body-piercer»

Gli occhi della dottoressa si sollevarono per incontrare i suoi. «Devi saperne parecchio in fatto di anatomia, per fare quel lavoro, giusto? E' per questo che non hai tagliato niente di importante?»

Frank roteò gli occhi, spazientito. «Dov'è il Dottor Durning?»

«Sei sotto molto stress ultimamente, Frank?»

«Non c'è abbastanza stress in tutto il mondo da fare di me un suicida, signora. Lei non mi conosce»

«E allora che cos'è successo?»

Frank non rispose. 

La dottoressa mise fine alla discussione. «Frank, ferite auto-inflitte sono spesso segni di--»

«Non mi sono inflitto niente!» urlò Frank, facendo indietreggiare un poco la dottoressa. «Non posso dirle cosa è accaduto perchè io non lo so, capisce, solo... ricucitemi e basta, così posso andarmene da questo posto.»

«Dovrai restare qui per almeno una notte, sotto osservazione» disse con calma la dottoressa. «E voglio che tu parli con qualche psic--»

«No» la interruppe nuovamente Frank. «Non ho bisogno di un fottuto strizzacervelli, okay? Ho bisogno... ho bisogno di un esorcista, o qualcosa del genere.» 
«I tuoi amici sembrano essere dello stesso parere» disse la dottoressa, alzandosi. 

«Cosa?»

La donna si tolse la mascherina, e così l'infermiera. Erano entrambe piuttosto carine, in realtà. «Sarò di ritorno fra non molto, Frank, quindi non tentare di scappare da qualche parte»

Le due uscirono, e pochi secondi dopo Brian comparve sulla porta, trainandosi dietro Mikey Way. Entrarono nella stanza, subito seguiti da - oh. 

«Avresti dovuto chiamarmi subito» disse Gerard, avvicinandosi al letto e afferrando una sedia. Lanciò uno sguardo a Mikey e Brian dietro di lui. «Potete darci qualche minuto, ragazzi?»

Gli occhi di Brian quasi schizzarono fuori dalle orbite.  Lui era sempre stato quello che sapeva cosa fare e cosa stava succedendo, Frank lo conosceva bene, ma chi poteva dire a un prete di farsi indietro? «Non sono sicuro che--»

«Ho bisogno di parlare con Frank,» insistette Gerard. 

Mikey scambiò una complicata, silenziosa serie di sguardi ed espressioni facciali con Gerard - anche Frank ci riusciva ogni tanto con Mikey, almeno un po', ma questo era proprio un livello Olimpico - per poi tirare una manica a Brian.

«Andiamo,» gli disse. «Chiamiamo il negozio, assicuriamoci che Bob e Toro stiano bene»

«Voglio stare con lui» protestò Brian ostinatamente, facendo un altro passo verso il letto. «Non dovrebbe restare con uno sconosciuto»

Mikey guardò Brian come se fosse pazzo. «Non è uno sconosciuto, è Gerard.»

«Già,» disse Brian. «Ed è meraviglioso che voi due siate telepatici, ma noi non lo conosciamo.»

«Oh» Mikey ci ragionò su. «Huh. Temo sia così»

«E' tutto ok, Brian» intervenne Frank.

Seppur riluttante, Brian seguì Mikey fuori dalla stanza, e Gerard si voltò di nuovo verso Frank. «Stai meglio?»

«Ho dei fottutissimi buchi nei polsi» disse Frank. «Sono stato meglio.»

Gerard finì di impilare le sue sciarpe sulla sedia vuota, insieme alla giacca, e si avvicinò per osservare le ferite di Frank. «Ti spiace?»

Frank scrollò le spalle. «Fai con comodo»

Grazie a qualche miracolo riuscì ad usare un tono noncurante, ma la verità era che gli si arricciavamo le dita nello sforzo di non cedere alla tentazione di rotolare di lato per premere la faccia nella maglia a Gerard. Si sentiva meglio anche solo a stargli vicino, come prima nel suo appartamento, ma il desiderio di toccarlo, di sentire quel delizioso sollievo che il contatto avrebbe causato, era incontrollabile. Le dita di Gerard gli sfioravano la pelle lì dove stava disfando le bende, per sbirciarci sotto, ma non era abbastanza. 

«...è così strano» stava dicendo Gerard. Prese gentilmente la mano di Frank, rigirandola per vederne l'altro lato. «Non l'ho mai visto accadere in questo modo.»

«Visto accadere cosa?» Le dita di Frank si contrassero nella tentazione irresistibile di accarezzare il palmo di Gerard. «Cosa cazzo mi sta capitando?»

Gerard gli lasciò la mano e si girò a frugare in mezzo alle sciarpe, finché non ne tirò fuori una piccola macchina fotografica. «Ti spiace» disse, e non era neppure una domanda, né attese una risposta da Frank prima di cominciare a scattare fotografie. 

«E adesso questo è qualcosa di molto perverso o...»

«Il tuo senso dell'umorismo è rimasto intatto, vedo» Gerard gli spostò i capelli dal viso e scattò qualche altra foto. «Frank, hai mai sentito parlare delle stigmate?»

«Sicuro.» Frank non aveva sfregato il naso contro la mano di Gerard, no no, ma forse aveva solo sollevato un po' il viso verso di essa. Dopotutto, era umano. «Suore pazze che sanguinano dai palmi, giusto? Come...» Oh. Oh, assolutamente no. «Tu mi stai prendendo per il culo, vero?»

Gerard rimase in silenzio, posando la macchina fotografica sulla sedia. 

«Io non credo in Dio.» protestò debolmente Frank. 

«Lo so!» sbottò Gerard, agitando le mani. «E' per questo che è così strano!»

«Giusto, perché invece un uomo invisibile che mi inchioda sul pavimento di un bagno è del tutto normale,» replicò Frank. «Comunque, pensavo che le stigmate fossero mani e piedi, non polsi e fronte.»

Gerard annuì. «Le persone le manifestano in vari modi, in genere secondo a come se lo immaginano mentalmente, sai?»

«Ma io non immagino--»

«Lo so.» Gerard aveva cominciato ad avvicinarsi sempre di più, entrambi i gomiti piantati nel letto. «Gli stigmatici sono senza alcun dubbio persone profondamente devote, Frank. Esse amano davvero Gesù, sentono dolore reale sapendo cosa Egli ha sopportato, e questo dolore si manifesta anche fisicamente nella loro stessa carne - gli atei non possono avere stigamte. Semplicemente, non possono.»

«Quindi non puoi aiutarmi» disse Frank debolmente, chiudendo gli occhi. Li riaprì solo quando sentì la mano di Gerard coprire la sua, portando con sé quel dolce sollievo. 

«C'è una prima volta a tutto, giusto?» Gerard gli regalò un piccolo sorriso.

Frank, nonostante tutto, gli sorrise a sua volta. 

«D'accordo» Gerard tirò fuori una specie di piccolo registratore, piazzandolo sopra le coperte che coprivano le gambe di Frank. «Voglio che tu mi racconti esattamente ciò che è successo. Non tralasciare nulla. Non credo che tu sia pazzo né che tu abbia istinti suicidi, okay?»

«Okay»

«Solo, dammi tutto ciò che riesci a ricordare» Gerard gli strinse un gomito per incoraggiarlo, e quel semplice gesto era l'antidolorifico migliore del mondo, Frank ne era certo. «Prenditi tutto il tempo che vuoi»

E Frank gli raccontò tutto, cominciando dagli strani dolori nei polsi, passando poi per lo spettro con la frusta e la miracolosa guarigione alla Wolverine, fino al bizzarro mezzo-scalpo nel vicolo del pub, e infine gli raccontò dell'esperienza nel suo bagno, quella mattina. 

«La parte peggiore non è il fatto che fa male» disse a Gerard, che si era accigliato e aveva preso a scribacchiare in un quadernino con un unicorno sulla copertina. «E' che...»

Si bloccò, non sapendo come spiegare le emozioni che lo sommergevano ogni volta che quei fenomeni iniziavano. 

Gerard continuò a scribacchiare per un altro secondo, poi sollevò lo sguardo. «Vai avanti,» disse gentilmente. «Qual'è la parte peggiore, Frank?»

Frank prese a guardare il soffitto. «E' la sensazione che tutti mi odino» ammise, chiudendo gli occhi così da non dover vedere qualunque espressione Gerard avrebbe fatto. «E' come - non lo so. Mi fa sentire triste, come se fossi totalmente solo. Non mi ero mai sentito in quel modo. E' orribile. E' come essere abbandonati, senza aiuto. O senza speranza. Entrambe le cose. Non lo so»

Gerard non disse nulla, rimase solo il suono ruvido della matita contro la carta, e l'ovattato trambusto delle persone fuori nel corridoio. Dopo qualche momento, Frank sentì di nuovo la mano di Gerard sulla propria, e aprì gli occhi per trovare il ragazzo intento ad esaminare il tatuaggio dell'angelo. 

«Ti avevo detto che è un serafino, giusto?» disse, tracciando il contorno del viso bianco dell'angelo con la punta delle dita. «E' stato un serafino ad apparire nella visione di San Francesco. Conosci quella storia?»

Frank scosse la testa. «Mi ricorda qualcosa, o almeno credo..?»

«San Francesco d'Assisi» spiegò Gerard. «Fu la prima persona a ricevere le stigmate.»

«Francesco,» ripeté Frank. «E' uno scherzo, vero?»

Gerard rise e scosse la testa. «No. Era un tipo strano all'inizio, uno di quelli da feste lussuose, un vero edonista*, ma quando compì ventitré--»

«Io ne ho ventisei» lo interruppe Frank, prima che Gerard potesse venirgli a dire di essere la reincarnazione di un santo, per l'amor del cielo. 

«--ebbe una crisi di fede, visioni e tutto il resto. Dio lo stava chiamando al suo servizio.»

«Ed è lì che ha visto l'angelo?»

«No, quello successe solo intorno ai suoi quarant'anni, una paio di anni prima che morisse.» Gerard passò il palmo su tutta la dimensione del tatuaggio, e Frank arricciò i piedi sotto le lenzuola per quanto la sensazione fosse piacevole. «Stava digiunando fra le montagne, quando il serafino gli apparve. In realtà, alcuni dicono che fosse un serafino crocifisso.»

«Proprio come questo» disse Frank. 

Gerard annuì. «Proprio come questo. E fu il serafino a donare a San Francesco le ferite di Cristo»

«Gran bel dono del cazzo.»

«San Francesco era piuttosto ossessionato con la sofferenza di Cristo. Era convinto della mortificazione della carne come penitenza, sai, al punto di manifestare quelle ferite fisicamente...» Gerard sollevò lo sguardo su Frank. «Ricevere le pene di Cristo era un enorme benedizione ai suoi occhi, perché l'ha portato più vicino al comprendere cosa Cristo avesse attraversato e subito.»

Frank ci ragionò su. Non aveva niente contro Gesù, ma non aveva alcuna aspettativa di seguire le sue orme, o quella roba lì, assolutamente. «Quindi ricevette ciò che ho io adesso? Del tipo, frustate e tutto il resto?»

«No,» disse Gerard, con aria pensierosa. «Ha solo ricevuto le Cinque Ferite - una per ogni chiodo usato per fissare Cristo alla croce, e una per lo squarcio sul fianco inflitto dalla lancia»

«Una lancia» Frank sollevò gli occhi sul soffitto. «Grandioso.»

Gerard poggiò il quadernino di lato e lanciò a Frank uno strano, timido sguardo. «Vorresti - posso vedere la tua schiena?»

Frank si tirò su a sedere e si girò, così da essere seduto di traverso sul letto, la schiena verso Gerard. Presto sentì le sue dita sciogliere i nodi della stupida veste da ospedale, spostando di lato il tessuto e lasciando esposta la pelle nuda.

«Bei tatuaggi» disse Gerard, sorprendentemente vicino all'orecchio di Frank. Il letto sprofondò un po' di più sotto il suo peso, mentre si spostava in avanti.
«Lo erano,» sorpirò Frank, abbandonandosi al piacere del tocco di Gerard. «Ma sono stati un po' rovinati, come puoi vedere.»

Gerard gli sfiorò la nuca e il collo. «Cosa dice qui - "Keep the Faith?»

«Bon Jovi,» gli disse Frank. «Non la Bibbia.»

Gerard fece schioccare la lingua. «Lo so. Credi davvero  che io mi ascolti inni religiosi in macchina?»

Frank ghignò guardandosi il grembo. «Non è così?»

«No.» La mano di Gerard gli passò sulla linea in mezzo alle scapole. «Ascolto band rock capellone un po' come tutti. Perché la zucca?»

«Sono nato ad Halloween»

«Davvero?» Gerard suonò ridicolmente sorpreso, e quando Frank piegò il collo per guardarlo in viso, stava sorridendo come un pazzo. «Che figata!»

Frank sorrise a sua volta, girandosi di nuovo verso il muro. «Immagino di sì. Comunque, che cosa c'entrano le frustate?»

«La flagellazione» mormorò Gerard, continuando a passare la mano sulla pelle di Frank. Frank, dal suo canto, si morse il labbro e affondò le dita nella sue stesse coscie, lottando disperatamente contro l'istinto di spingersi indietro e andare incontro a quel tocco, o direttamente chiedere a Gerard di avvolgerlo nelle sue braccia e non andare via mai più. «Cristo fu frustato spietatamente prima che le guardie gli mettessero la Corona di Spine. Però non ho mai visto nessuno manifestare questo tipo di ferite, prima.»

«Non ho manifestato proprio niente,» disse Frank. «Non le ho volute io»

«Lo so, non intendevo questo,» s'affrettò a dire Gerard. «Intendevo - beh, come ho detto, in genere le ferite appaiono a seconda della propria immagine di sofferenza di Cristo, o almeno così credo. La flagellazione, nella Passione di Cristo, non è di certo iconica quanto lo è la crocifissione, comunque.»

«Io pensavo che Gesù fosse stato inchiodato per le mani e per i piedi» disse Frank, premendo il mento contro il petto quando le mani di Gerard si mossero ancora sulle sue spalle. «E invece sono i miei polsi ad essere incasinati»

«Questo non è propriamente corretto» rispose Gerard. Lasciò la sua schiena e Frank sentì il rumore della macchina fotografica. «Le mani si sarebbero lacerate sotto il peso del corpo. Infatti gli storici hanno più o meno provato che le persone erano crociffise per i polsi, in mezzo alle ossa.»

Frank abbassò lo sguardo sui suoi, di polsi, e sulle bende bianche e pulite che nascondevano alla vista il sangue e le sottili cicatrici. «Oh.»

«Il punto è: la crocifissione di solito non era una pena di morte,» continuò Gerard. La stanza si illuminava ritmicamente ad ogni foto che scattava, per via del flash. «Era considerata una punizione, come un estremo tipo di tortura, capisci? Quindi, parte del problema era che, appendere qualcuno per i polsi causava una cosa chiamata, uh, asfissia da sospensione. Inchiodare anche i piedi alla croce aiutava a sorreggere il corpo, diminuendo il rischio di una morte accidentale.»

Frank posò gli occhi sul poster di un uomo scuoiato, con solo muscoli e ossa, appeso dall'altra parte della stanza. «Morte accidentale? Pensavo che inchiodare un tizio a una croce fosse un po' come gettare la salute e la sicurezza da una cazzo di finestra.»

«Uhm,» fece Gerard. «Come ho detto, non era una pratica per ucciderle, le persone. A volte venivano inchiodate anche per i genitali, pur di supportare meglio il peso del corpo»

«Cosa?!» Frank si girò di scatto, facendo quasi cadere dalle mani la macchina fotografica a Gerard. «Mi stai dicendo che da un momento all'altro potrei avere un chiodo in mezzo ai gioielli?»

Gerard storse il naso. «E' altamente improbabile. Non mi preoccuperei di questo.»

«Facile dirlo per te, tu non lo usi!» Frank si tirò indietro sul letto, tirandosi su le lenzuola, come se queste potessero proteggerlo da psicopatici invisibili dotati di occhi e martello. 

Gerard sbatté le palpebre un paio di volte. «Non risulta sia mai successo a Gesù, se la cosa ti tranquillizza»

Frank sotterrò il viso fra le ginocchia sollevate e gemette. «Tutto questo è anche peggio di quanto pensassi»

Gerard fece un suono bizzarro, e Frank sollevò lo sguardo per trovare quel figlio di puttana ridere di lui. «Scusa,» balbettò velocemente quando Frank gli lanciò un'occhiata furiosa. «Scusa, è solo che - non pensi che il tuo pene sia l'ultimo dei tuoi problemi?»

«Non posso credere tu sia un prete,» disse Frank nella sua miglior voce omicida. «Perché i preti dovrebbero essere gentili»

Gerard ridacchiò di nuovo - era arrossato in volto, nel tentativo di non scoppiare a ridere più forte davanti alle disgrazie di Frank; il che sarebbe stato seccante se solo il suo viso non fosse stato così - Dio, smettila, si disse Frank furiosamente. Maledetto prete! 

Gerard posò la macchina fotografica e guardò ancora l'angelo sulla mano di Frank. «Hai detto che la tua schiena è guarita subito» disse lentamente. «E hai anche detto di aver fatto il tatuaggio solo un paio di giorni prima che ci incontrassimo, giusto?»

«Già» Frank sollevò la mano, premendosela contro il petto. «Perché?»

«Beh,» Gerard piegò un po' la testa da un lato. «Non sono molto esperto in queste cose, ma in genere un tatuaggio non ci mette un po' di più a guarire?»

Frank annuì. «Credo che tutta questa... strana storia fosse già cominciata, guarendo quindi anche il tatuaggio, insieme al resto»

Gerard arricciò la bocca pensosamente. «E cosa ti ha fatto scegliere questo disegno?»

«Non lo so» Frank abbassò lo sguardo sull'angelo. «Mi piaceva e basta.»

«Hmm» fece Gerard. «Non pensi che--»

Brian e Mikey rientrarono improvvisamente nella stanza, e Brian si fiondò direttamente verso il letto. «Come sta, Padre?»

Per un primo momento Frank non riuscì a capire con chi Brian stesse parlando, ma poi Gerard annuì e posò una mano sulla spalla di Brian. «Sta bene. E' una fortuna che tu l'abbia trovato subito, però; ho parlato prima con i dottori.»

Brian si sfregò le mani a mezz'aria, assumendo un'espressione afflitta. «E dire che stavo per licenziarlo...»

«Gli hai salvato la vita» gli disse Gerard. Brian scosse la testa, guardando per terra. 

«Perché i miei dottori discutono con te, in ogni caso?» chiese Frank, solo per rompere l'imbarazzante silenzio che aleggiava nella stanza, non certo per riavere l'attenzione di Gerard tutta per lui, ovviamente. «Non conta più niente la confidenza dottore-paziente?»

«E' il collare» cinguettò Mikey. «E' meglio di un distintivo dell'FBI, per invogliare la gente a parlare.»

«Non che io ne abusi, ovviamente» disse subito Gerard a Brian. «Ma mi è spesso utile»

Brian strinse la mano a Gerard, scuotendola. «Grazie per essere venuto, Padre. Mi dispiace di essere stato, uhm, lo sa, un po' così, prima. Le cose sono complicate»
«Nessun problema»

«Io sono ancora qui, sapete?» intervenne Frank, spostando lo sguardo da Gerard a Brian, intenti a scambiarsi le loro facce alla "puoi-fidarti-di-me". 

Poi Gerard cominciò a fare su tutte le sue cose. «Farò delle ricerche,» disse a Frank, tornando dall'altro lato del letto. Prese la mano di Frank tra entrambe le sue, stringendola gentilmente. «Mi chiamerai se succede qualcosa, vero?»

«Certo. Grazie» Frank strinse un po' a sua volta, cercando di estorcere dal tocco di Gerard quanto più sollievo potesse accumulare, come se fosse stato in grado di immaganizzarlo poi da qualche parte. 

Gerard gli sorrise, e prese Mikey per un braccio uscendo dalla stanza, avvicinandoselo per poter parlare fitto fitto con lui. Frank li guardò andarsene, sentendosi come se fosse appena stato abbandonato, o un qualcos'altro di ugualmente stupido. Perché aveva così disperatamente bisogno che Gerard gli stesse vicino? Tutto questo non aveva senso. 

«Hey,» gli disse Brian quando la porta si chiuse, stringendogli l'altra mano. «Hey, Frankie»

Se c'era una cosa che davvero non riusciva a sopportare, erano le persone che si sentivano in colpa, per lui, o a causa sua, o quello che era. Il punto è, se non era lui a farli sentire in colpa, facendo gli occhi dolci o inscenando una tosse degna di un polmone d'acciaio, allora neanche ne valeva la pena. «Dimenticalo».

Brian si strinse su sé stesso, evidentemente a disagio. Frank poteva capirlo. «Frank--»

«Mi hai salvato la vita,» gli disse Frank. «Gerard te l'ha già detto. E adesso non stai più per licenziarmi, giusto?»

«Certo che no,» sbottò Brian. «Ma perché non mi hai detto che ti sentivi così male, Frank? Avrei potuto fare qualcosa»

«Brian,» Frank si abbandonò contro i cuscini, improvvisamente esausto. «Per l'ultima volta, non sono stato io»

«Giusto, perché i tuoi polsi sono spontaneamente esplosi da soli, ovviamente» replicò l'altro, incrociando le braccia. Brian usciva sempre di testa quando era preoccupato - Frank tentò di tenerlo a mente, per evitare d tirargli in testa un vaso da notte. 

Invece, prese qualche respiro profondo, e chiese con calma, «Ti sono mai sembrato depresso?»

Brian sembrò scrollare le spalle. «No»

«Ho mai dimostrato una qualunque ragione per cui dovrei uccidere me stesso?»

«No,» ammise Brian. «Ma--»

«Se tutto questo non fosse successo, e qualcuno ti avesse chiesto di fare una lista delle persone che fra tutte non potrebbero mai avere tendenze suicide, non sarebbe stato il mio nome quello in cima alla lista?»

«Frank,» disse Brian animatamente, «Questo non è--»

«Hai per caso visto un'arma?»

Brian sbatté le palpebre. «Cosa?»

Frank sollevò i polsi. «Hai per caso visto qualcosa con cui avrei potuto farmi queste?»

«Beh, no, ma--»

«Quindi?» chiese Frank, impazientemente. «Mi sono bucato entrambi i polsi, mi sono sbarazzato delle prove per poi buttarmi sul pavimento del bagno aspettando di morire?»

«E qual'è l'alternativa, Frank?» Brian aveva alzato il tono della voce, agitando le braccia per aria. «Sono entrato e ti ho trovato  steso per terra a sanguinare, proprio dopo quella sfuriata al negozio, cosa cazzo dovrei pensare?»

«Non lo so!» urlò Frank. «Questo non lo so proprio, Brian, so solo che tutto quanto l'universo ce l'ha con me e il fatto che tu mi creda uno svitato non aiuta!»

Brian lo fissò per un minuto, il viso rosso fuoco, poi sospirò e si prese il viso fra le mani. «Che cosa ne pensa il Padre?»

«Lui pensa che io abbia delle stigmate,» disse Frank, perché tanto, diamine, le cose non avrebbero potuto peggiorare ancora. Aveva bisogno di liberarsi di quel peso.

«Oh, beh...» rispose Brian, da in mezzo le dita. «Naturalmente».




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*Edonista: Da Edonismo, Dottrina morale, secondo la quale fine di ogni azione umana è, e non può non essere, il piacere che essa procura a chi la compie. In senso generale, l'edonismo si contrappone quindi ad ogni teoria che veda nella volontà morale la tendenza 





Angolo traduttrice:.

Uhm, non aggiornavo da un po' ma ehy, sono iniziate le vacanze di Pasqua. E mi sono praticamente slogata una caviglia. Ahh, la sfiga. Cosa farei senza...
In ogni caso, questo capitolo per me è stato infinito da tradurre, per un motivo o per l'altro. Era una scena particolarmente continua. Spero di aver fatto un buon lavoro, in ogni caso c:
Fatemi sapere, ci terrei..

Bye
  
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