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Autore: ValeriaLupin    24/03/2016    1 recensioni
Dopo la tragica conclusione del Torneo Tremaghi, il mondo della magia chiude gli occhi a quella verità terrificante che è il ritorno del Signore Oscuro.
Soprattutto il Ministro che, dopo l'accaduto, si rifugia nel suo ufficio in cerca di calma e serenità; ma forse sarà difficile scovarli con quello strano odore che pervade l'aria...
NdA: Ho scritto una drabble con questa trama e poi l'ispirazione è venuta quindi ecco qui la OS che ne è uscita.
Sesta classificata al contest "Secondario a chi?" indetto da Ray Wings sul forum di EFP.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cornelius Caramell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Note dell'Autrice: Questa piccola OS descrive il momento immediatamente successivo alla fine del Torneo Tremaghi dove Silente, appoggiato anche dai suoi colleghi e dagli alunni (presenti in infermieria), cerca di convincerlo ad accettare la notizia e di prendere provvedimenti immediati possibilmente. Spero vi piaccia e faccia passare tutta la codardia di questo personaggio che in questa storia breve è colto da un attacco di panico (o simile).
Fatemi sapere se vi è piaciuta e bacioni,
Fangirl23


“Bisogna sempre chiamare le cose con il loro nome. La paura del nome non fa che incrementare la paura della cosa stessa.”
-Albus Silente-  

Odore di pioggia
821 parole
L’omuncolo si accostò alla poltrona e, lasciandovi scorrere una mano, sorseggiò la bevanda calda che aveva preparato per calmare i nervi. Era in momenti come quelli che nutriva il profondo desiderio di riversare i pensieri fuori dalla mente; avrebbe voluto rigettarli e esiliarli per sempre così da non consentire loro mai più di tornare a tormentarlo.
Portava ancora il mantello col bavero alzato sul collo per ripararsi dal vento gelido che soffiava fuori e la consueta bombetta schiacciata sul capo. Non se la sentiva di liberarsene perché sapeva che se l’avesse fatto avrebbe avvertito di essere troppo esposto, troppo debole. Chiuse gli occhi, in cerca di una serenità che aveva perso ormai da ore, ma fu allora che il ricordo gli si ripresentò vividamente: l’uomo che aveva sempre ammirato e rispettato, a cui si era sempre affidato nei momenti critici del suo incarico. La solita lunga e curata barba bianca e gli occhi cordiali che lo guardavano attraverso gli occhiali a mezzaluna che aveva l’abitudine di spingere per il ponte sul naso adunco appena prima di proferire un ricco discorso.
Non aveva mai posseduto quella particolare attitudine alla dialettica né mai aveva ottenuto l’adulazione dell’intero mondo magico, nonostante fosse lui a governarlo. Si tolse la bombetta verde acido e se la rigirò in mano, infine la lasciò cadere sulla scrivania in legno lucido cosparsa da scartoffie ben ordinate. Tutto il muro alla sua sinistra era occupato da una grande libreria fornita e, affissi alle pareti immacolate, numerosi erano i ritratti dei precedenti Ministri. Quell’ufficio era solo una blanda imitazione dell’ufficio del Preside; niente ricreava quella particolare atmosfera e nulla, se non essere al cospetto di Silente, riusciva a dare la sensazione di essere vicini a una fonte fiera e inesauribile di saggezza e potere.
Riportò alla memoria le parole concise del Preside, la sua fermezza, la linea severa delle sue labbra, il modo in cui i pozzi gelidi dei suoi occhi lo avevano studiato, in attesa che lui ammettesse nuovamente di essere nel torto, in attesa di essere ancora una volta glorificato per nulla.
Non questa volta.
Non avrebbe finto di condividere le baggianate che diffondeva nel tentativo di mettere in crisi la comunità e il suo operato, nell’infame tentativo di metterlo alle strette e costringerlo alle dimissioni.
Le spalle gli dolevano per la forte rigidità e d’improvviso scoprì che la bevanda aveva perso i propri effetti benefici da tempo, decidendo quindi di abbandonarla su un treppiedi nero che era piazzato proprio di fronte alla poltrona foderata di sgargiante tessuto turchese.
In fondo, Cornelius lo aveva sempre saputo: Silente aveva rifiutato riluttante l’incarico di Ministro poiché lui desiderava il suo potere. Lo dimostrava il fatto che avesse sempre continuato a immischiarsi negli affari del Ministero, che fosse stato sempre più che ben disposto a dispensare consigli e critiche, ritenendosi al di sopra del potere di chiunque altro.
Lo dimostravano con straordinaria chiarezza gli inutili tentativi di imporsi a lui, ordinandogli persino come reagire alla presunta resurrezione del Signore Oscuro, come agire per vincere quella guerra mai iniziata. Guerra, ah.
Che assurdità.
Che pretesto assurdo, sciocco e improponibile per indebolirlo e sopraffarlo con l’appoggio di colleghi e alunni accecati dalla sua aurea di pseudo valore, occupando poi il suo posto al Ministero. Avevano orchestrato quell’intricato complotto perché lui cedesse al peso di quella bugia: «Voldemort è tornato».
Ogni volta che riportava alla memoria quelle parole, lo coglieva un brivido. Fu difficile calmare il tremito che aveva preso a scuoterlo da qualche minuto.
“La rabbia e il nervosismo accumulati” si disse il Ministro, avvicinando le dita rigide al davanzale e spalancando la finestra.
Una folata d’aria fredda entrò nella stanza di prepotenza, facendo urtare la finestra al muro con un colpo sordo e riempiendo l’ufficio di odore di pioggia. Il Ministro si passò fiaccamente una mano sul viso e cercò di reprimere i brividi e i conati, riempiendosi i polmoni e svuotandoli di getto.
“Brividi di freddo” si disse il Ministro e chiuse la finestra, aggiustandosi il mantello sulle spalle. Ma i tremiti continuarono a percorrerlo come potenti incantesimi di Disillusione che riuscivano a penetrargli la pelle e a raggiungere i punti più profondi, le scosse continuarono a farlo tremare, a mozzargli il respiro, a far martellare i suoi denti.
E l’odore di pioggia infiammava i suoi polmoni, innescava la morsa che li aveva sottratti al loro naturale funzionamento, proprio lì, nel petto, straordinariamente vicina al cuore. Aveva i denti serrati e la mandibola contratta, udiva i suoi denti stridere per la forza del contatto.
Doveva solo dirlo a tutti.
Doveva solo avvertirli che erano bugiardi, quel ragazzino afflitto da brutte allucinazioni e quel vecchio pazzo. Tutti gli avrebbero creduto: dopotutto lui era il Ministro.
Doveva solo dirlo a tutti e, presto, anche l’odore di pioggia avrebbe smesso di fare quell’effetto.

 
   
 
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