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Autore: DianaSpensierata    25/03/2016    1 recensioni
"Mi mancava non sapere che cosa dire, mi mancava essere spiazzata dal suo irresistibile modo di fare, mi mancava il suo sguardo che sapeva e il suo sorriso che non necessitava parole, mi mancava avere qualcuno con cui poter parlare a quel modo. Mi mancava lui, in tutto il suo complicato e affascinante essere, a volte così forte che non riuscivo nemmeno a darmi della stupida."
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jackson Family, Martin Bashir, Michael Jackson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 4. Without love



Sarebbe stato un incubo.
Ero in preda a una crisi isterica, davanti al mio inutile armadio da mamma.
Lo avevo passato in rassegna fin dalle prime luci dell’alba, e adesso che era ora di andare, ancora non avevo trovato un solo capo che non mi sembrasse deprimente. Non avrei certo messo l’abito da sera, però anche non sembrare la barbona di turno non sarebbe stato male… per non parlare dei miei capelli, che raccolti sembravano il nido di uno struzzo, ma sciolti avrebbero dato l’impressione che avessi messo il dito nella presa della corrente…
Pensai a com’era vestito Michael il giorno precedente. Non aveva assolutamente nulla di formale, anche lui indossava un paio di pantaloni della tuta e una camicia non esattamente stirata… ma sfido io, quando sei un tale pezzo di figo, a sfigurare con qualcosa addosso…
E io chi ero? Non proprio la befana del villaggio ma nemmeno Naomi Campbell… con cui tra l’altro il signorino aveva girato uno dei suoi video… e che video…
Non era che quei pensieri mi stessero aiutando molto… esasperata, afferrai un paio di jeans chiari più o meno forse quasi aderenti e una maglia verde bottiglia, semplicissima. Se dovevo farmi venire i complessi per ogni dettaglio di quella giornata che già per principio avevo catalogato come disastrosa, tanto valeva andare nuda.
Ridacchiai all’idea, mi rassegnai all’immagine che lo specchio mi rimandava e raggiunsi mio figlio in bagno. – Pronto, Ron? –
Mi sorrise attraverso la schiuma del dentifricio. – Certo! –
Intenerita lo aiutai a finire di lavarsi, dedicandomi totalmente a lui anche nella speranza di riuscire a calmarmi un po’. Ma dopo dieci minuti eravamo già in strada, e io di nuovo tesa come una corda di violino…  Ronan, neanche a dirlo, se ne accorse. – Tutto bene, mamma? –
Sospirai. Era piccolo, mica stupido… meritava un po’ di verità. – Tu sai chi è il papà di Paris, tesoro? –
Fece una smorfia pensierosa, storcendo la bocca. – Beh, lei mi ha detto che fa il cantante…–
Sorrisi. – E’ vero, è un cantante, ed è anche molto famoso…–
– Sì, mi ha detto che è per quello che gira sempre con quegli  uomini e le fa portare la maschera – annuì lui.
– Esatto…–
– E sei preoccupata per questo? – mi domandò, stringendomi la mano mentre camminavamo.
Gli sorrisi. – Non esattamente. Non sono neanche preoccupata…– riflettei sul modo per farmi capire senza, diciamo, espormi troppo. – Tu sei agitato all’idea di vedere Paris? –
– Sì, ma sono felice…–
– Certo, però senti di essere un po’ nervoso, un po’ insicuro, giusto? –
– Sì…–
– E’ una cosa che succede anche a noi grandi, certe volte. E io mi sento proprio così adesso…–
– Ma perché ti piace Michael? –
Scoppiai a ridere. – Assolutamente no, tesoro! Come ti è venuto in mente? –
Si strinse nelle spalle. – Io mi sento così perché Paris mi piace…– arrossì.
Gli diedi un bacio in fronte. – Io soltanto perché Michael è una persona… particolare, ecco –.
– Perché è famoso? –
Quella conversazione era un vicolo cieco… sentivo che mi stavo ingarbugliando sempre di più, così mi arresi e riuscii a distrarlo, cambiando discorso. Ormai eravamo arrivati al parco.
– Sono già lì! – esclamò Ronan. Non riuscii a trattenerlo dal correre incontro a Paris, ma nemmeno mi sarei mai permessa di farlo, era il ritratto della gioia più pura e spensierata e riuscì a distogliermi completamente, per alcuni secondi, dalla figura di Michael dietro di loro che mi guardava. Purtroppo alla fine mi riscossi, il che mi costò un’insolita tachicardia. Mi feci coraggio e lo raggiunsi nascondendo il mio piccolo terrore dietro un sorriso.
Era lì, con suo figlio Blanket in braccio, e sembrava così… normale, una persona con cui puoi parlare e confrontarti senza sentirti minuscola… forse non sarebbe stato così un disastro, cercai di convincermi che non si aspettava assolutamente niente da me, non ero che la mamma dell’amichetto di sua figlia, non dovevo dimostrargli nulla… – Ciao – lo salutai semplicemente.
– Ciao Claire! – esclamò come se fosse entusiasta di vedermi. Diedi una carezza a Blanket che prese a fissarmi con quegli occhi già scuri come quelli del padre e a tendere le braccine verso di me. – Ehi, gli piaci! – rise Michael. – Prendilo in braccio – mi incoraggiò. Non me lo feci ripetere due volte e lo accolsi tra le braccia, ricordando di quando Ronan aveva la sua età. Sembrava passato così tanto tempo… lo cercai con lo sguardo e lo  trovai a camminare per mano con Paris. Scoppiai a ridere e indicai la scenetta a Michael. Lo vidi mostrare un sorriso splendido, da togliere il fiato. – Sai, Paris di solito è una bambina allegra… ma devo dire che non l’ho mai vista così felice come in questi giorni–.
Mi strinsi nelle spalle sorridendo a mia volta. – Si vede che si sono trovati…–
Mi osservò pensieroso. – Già, è strano come succeda a volte…– lo guardai come a chiedere cosa intendesse, ma lui scosse il capo e tornò a sorridere.
In quel momento mi squillò il telefono. Gli restituii il piccolo Blanket e mi tastai tutte le tasche che avevo alla ricerca di quell’aggeggio - che avevo un insolito talento a rendere introvabile - finchè Michael non mi indicò la borsa. Benedetto udito da musicista… gli sillabai un grazie e risposi.
– Ciao, Claire –
Riconobbi immediatamente la voce del padre di Ronan. – Ehi, Tom, come va? – voltai appena le spalle a Michael e mi allontanai di qualche passo dopo avergli rivolto un sorriso di scuse.
– Non c’è male, un po’ preso per il lavoro ma meglio del mese scorso… voi invece? –
– Noi tutto bene, sono al parco con Ron in questo momento – risposi, cercandolo contemporaneamente di nuovo con lo sguardo. Era seduto a una ventina di metri da noi accanto a Paris… sorrisi per l’ennesima volta.
– Cosa fate di bello? –
– Beh, io lo sto guardando rimorchiare…– scherzai.
– Dici sul serio? E bravo il mio ometto! Tutto suo padre – rise.
Scoppiai a ridere anch’io. – Non c’è dubbio – avvertii una fitta di nostalgia. Ero molto legata a Tom e, anche se sapevo di non amarlo, o meglio di non essere capace di farlo, in certi momenti avrei tanto voluto averlo vicino. Era una bella persona, divertente, intelligente, gentile e matura, e nonostante la distanza riusciva ad essere un ottimo padre. – Prima che ti dica la parte più divertente, volevo chiederti se sei riuscito a farti dare le ferie per Natale…– avevamo in programma di passare una settimana insieme a casa sua, a San Francisco, Ronan era elettrizzato all’idea e in realtà anche io.
– Sì, l’ho saputo ieri, ti chiamavo anche per questo. Mi hanno dato dieci giorni, perciò ho pensato che Ronan potrebbe fare il Capodanno qui…–
– Non c’è problema, sai che non ho problemi di lavoro – ironizzai.
Lo sentii sospirare. – In realtà, Claire… c’è una novità –.
Inarcai un sopracciglio. Aveva un tono insolitamente serio. – Sentiamo! –
– Ho conosciuto una donna, qualche tempo fa…– schiusi le labbra, ammutolita. – Si chiama Alice ed è la sorella di un mio collega, ti ricordi di Max…–
– A-ha…–
– E la novità è che da alcune settimane viviamo insieme…–
– Ma è fantastico, Tom! Sono contenta…–
– Ti ringrazio… è solo che, sai, la storia del Natale…–
Tradussi mentalmente: voleva vedere Ronan, ma non era il caso che ci fossi anch’io. Ne rimasi più delusa del previsto. – Ho capito, non c’è problema. Ne parlerò io con Ron e poi ci organizzeremo. –
– Sei grande, Claire. –
– Sì, certo…– provai il forte desiderio di chiudere quella telefonata. – Adesso devo…–
– Claire…–
– Sì? –
– Scusami se non te l’ho detto prima. –
– Non ti preoccupare Tom. Ci sentiamo presto, ti saluto io Ron –.
– Ciao…–.
Riattaccai subito per poi, appena voltata verso Michael, ricordarmi di non aver detto niente a Tom di quella storia. La mia parte emotiva fu piuttosto svelta nel replicare “beh, potrò sempre dirgli ‘scusami se non te l’ho detto prima’, sembra essere una dinamica che va di moda“ ma poi mi diedi dell’immatura e mi ripromisi di parlargliene l’indomani. Finalmente tornai da Michael.
– Scusami, era il padre di Ronan –.
Schiuse le labbra in un’espressione sorpresa mentre mi faceva cenno di sedermi vicino a lui, che di nuovo aveva avuto il buon gusto di evitare le panchine per sedersi per terra come i bambini. Accolsi l’invito divertita dal suo modo di fare. – Siete ancora in buoni rapporti? –
Scrollai le spalle. – E’ tutto un po’ precario, ma in generale sì. Dopotutto, con il bambino in mezzo, era il minimo che potessimo fare, comportarci da persone civili…– o meglio, lui era la persona civile, io la donnetta suscettibile che al minimo segnale che lui stava finalmente vivendo la sua vita faceva i capricci. Michael mi osservava in modo strano, così continuai a parlare. – Abita a San Francisco, ma facciamo comunque in modo che possa essere presente il più possibile per Ronan… è davvero un bravo padre… a Natale gli lascerò Ronan per qualche giorno e forse…–
– Cosa c’è che non va, Claire? –
Aggrottai la fronte. – Scusa? –
– Non sei contenta da quando hai messo giù il telefono. Sembri triste. –
Non sapevo se mi sorprendesse di più il fatto che lo avesse notato, o il fatto che me lo stesse dicendo così, come niente fosse. – Ma no…– lui di rimando mi squadrò, scettico. Risi, nervosa. – Non è niente di importante…–.
– Se non fosse importante non ti avrebbe fatto perdere il sorriso– replicò tranquillo.
Testardo, lui… – A volte diamo troppa importanza a certe cose…– replicai a mia volta.
– Non esistono cose importanti e cose non importanti… esistono cose importanti e cose non importanti per noi –.
Lo studiai attentamente. – Nonti piace avere torto e non ti piace non sapere le cose, vero? –
– Due su due – scoppiammo a ridere. Era proprio un personaggio!
In quel momento ci interruppero i bambini che correvano verso di noi. – Che succede, ometto? –
– Abbiamo fame – rispose Paris per lui. Tesoro, abituati che sia la donna a rispondere per te, gli comunicai telepaticamente, divertita.
– Beh, allora è ora di andare a casa, che dite? – fece Michael con tono allegro, rivolgendosi ai suoi figli. Poi però si voltò  verso di noi. – Ci fate compagnia? –
Oh signore, non c’era proprio scampo… Michael mi piaceva, mi piaceva da morire eppure mi metteva una certa inquietudine quella sua capacità di capire le cose al volo , per non parlare della sua schiettezza… eppure, punto primo era incredibilmente gentile da parte sua invitarci, punto secondo, ero ancora in debito con Ronan… perciò mi imbarcai in quell’avventura pregando che un qualche dio mi desse la forza di arrivare a fine giornata.
Seguimmo l’eccentrica famigliola all’interno di un’auto che sembrava progettata per attirare l’attenzione e che non doveva essere tanto più piccola del nostro appartamento. Durante il viaggio in realtà non parlai molto con Michael, mi limitai ad osservarlo mentre interagiva con i suoi figli, giungendo all’istintiva ma ferma convinzione che le scioccanti notizie che avevano bombardato il mondo negli ultimi dieci anni non fossero che colossali palle. Non c’era niente di strano, di stonato nel modo in cui si relazionava con i bambini, solo tanto amore. Mi domandai come potesse essere doloroso donare così tanto e ricevere in cambio… beh, ciò che gli era capitato.
Okay, adesso, però, da donna a donne, lasciate che sia completamente sincera. È sì vero che una parte di me formulava questi pensieri, ma si può dire che mi ci stessi aggrappando per fuggirne altri decisamente meno opportuni…
Sì, stavo notando quanto Michael fosse sexy.
Non avevo nessun tipo di problema edipico ed ero perfettamente consapevole di essere una da-poco-donna di ventiquattro anni, e lui un da-parecchio-uomo di quarantasette, ma maledizione, aveva un corpo perfetto, e la chirurgia di quegli anni non era riuscita a oscurare la finezza ed eleganza dei suoi tratti. Per non parlare dello sguardo…
È sempre stata un po’ una mia fissa, quando sono con un uomo mi concentro tantissimo sul suo sguardo, perché, sarà anche banale dirlo, ma da quello si può capire davvero moltissimo di una persona. Non ero mai stata con un uomo dallo sguardo spento, o peggio ancora cattivo, e quest’accortezza mi aveva portato… beh, una sfilza di uomini “quasi” giusti, ma lì ero io il problema.
Ma, tornando a Michael… aveva lo sguardo più intenso che avessi mai visto. Non si trattava però solo dell’intensità, che già da sola sarebbe riuscita a stendermi senza pietà, ma era anche quel tipo di sguardo indecifrabile al punto giusto… sembrava limpido, senza segreti, ma dopo un po’ ti rendevi conto riuscivi a entrare nella sua essenza soltanto finchè lui te lo permetteva, per poi scontrarti contro una sorta di barriera… che però non mi spaventava…
Conoscevo quella barriera, la barriera di quel dolore sordo di cui fingi che non t’importi, quando invece ogni giorno te lo ricordi… la barriera, nel mio caso, di una vita senza amore.




Angolo autrice
Ciao ragazze!
Non ho molto da dirvi, il capitolo come promesso è un po' più lungo e spero anche piacevole... fatemi sapere, ci tengo tantissimo.
Un abbraccio a tutte,
DS



 
   
 
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