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Autore: Cat in a box    31/03/2009    7 recensioni
[…] Ma in seno all’odio si sviluppa l’Amore, e il cupo e il denso dell’animo si stempra nei sentimenti più teneri. Quest’uomo odia molto perché ha amato molto. L’odio è infinito, perché infinito è l’amore, e il dolore è disperato, perché non c’è vendetta uguale all’offesa. Tutto questo trovi mescolato e fuso nel suo mesto racconto, non sai se più terribile o più pietoso. Accanto alla lacrima sta l’imprecazione; e spesso in una stessa frase c’è odio e c’è amore, c’è rabbia e c’è tenerezza; come l’ultimo suono delle sue parole […]. | Attualmente sto correggendo e 'ristrutturando' i capitoli già scritti [ultimo in data 26/08/13].
Genere: Fantasy, Fluff, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Il trio protagonista, Severus Piton, Voldemort | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Salve salvino a tutti i lettori ^o^ e benvenuti nella mia fan-fiction! Userò questo spazio per lasciarvi qualche informazione che non troverete nella descrizione della storia, nelle risposte ai commenti o nelle note dell’autrice in fondo a ogni pagina… questa è una storia che ho iniziato a scrivere quasi 6 anni fa e che, al momento, ho deciso di ‘ristrutturare’. Ho deciso di aggiungere dei capitoli mancanti, di arricchire con qualche dettaglio e non voglio fare promesse che potrei non mantenere, ma vorrei mandare avanti la storia e possibilmente concluderla fra il 25’esimo e il 30’esimo capitolo. Ora, veniamo al discorso delicato dei pairing: non ci saranno yuri/yaoi o velatamente yuri/yaoi, non prevedo di descrivere scene lemon e per il momento, lascio come avvertimento coppie “het”. Quali coppie? Non diverse da quelle dei libri e forse, ma dico forse, se ho voglia, dipende da come mi gira e da tanti altri fattori, potrei pensare di coinvolgere Severus Piton in qualche avventura romantica/fluffy. Se avete altre domande, scrivete nei commenti e vi risponderò appena mi sarà possibile. ;) In quanto al genere della storia, rimango sulla stessa pista che seguivo 6 anni fa e cioè di scrivere un fantasy goticheggiante (o un gotico fantasieggiante O.o ?). In più, avevo deciso di inventarmi qualcosa di sana pianta che non portasse il marchio Rowling e così ho introdotto i Demoni nella mia fic. Le descrizioni e tutto quello che concerne la loro natura e il loro mondo è di pura inventiva. Se avete intenzione di copiare qualcosa per le vostre fiction, vi lascio il permesso a patto che me lo chiediate prima per messaggio ^o^ (premetto che la cosa mi farebbe anche piacere, perché vorrebbe dire che qualcuno ha gradito il mio lavoro). Dopo questa lunga e tediante premessa vi annunciò che…
 
“Giuro solennemente di non avere
buone intenzioni con questa fan-fiction!”
 
BUONA LETTURA!
 
Capitolo 1. Il patto
 
Ricordo ancora mestamente il giorno della mia morte.
 
Era una calda serata di fine settembre e un vento tiepido soffiava indisturbato nelle deserte strade del quartiere babbano di West Pottergate, a Norwich. Le luci della città si erano addormentate e il frenetico trambusto si era assopito, nonostante fossero appena le nove di sera. Era alquanto normale nei giorni lavorativi.
Abitavo in una tranquilla casa in fondo a Wellington Road, insieme a mia madre. Quella sera le luci erano rimaste accese fino a tardi, perché non riuscivo ad addormentarmi e mia madre, una persona molto premurosa e paziente, era venuta a leggermi le favole dei Fratelli Grimm. Ma come capitava di solito in quei momenti, ne approfittavo sempre per tempestarla di domande e raccontarle di quanto fosse ingiusto il fatto che non avessi nessuno, a parte lei, con cui parlare del mondo magico e delle creature che lo popolavano; perché nessun babbano avrebbe mai creduto a simili stramberie.
 
“Oggi a scuola la maestra ha detto che i maghi e le streghe non esistono…” piagnucolai, mentre mia mamma mi rimboccava le coperte “…ha detto che sono tutte sciocchezze!”.
“Ma certo che esistono!” rispose lei con naturalezza, come se quella terribile affermazione non la toccasse minimamente. Al contrario, io ero quasi diventata viola di rabbia!
“Le ho detto che io sono una strega e che io esisto!” dissi, sicura di me. Mia madre si inginocchiò vicino al capezzale del letto e mi disse, dolcemente, ma con voce seria “Non devi dire a scuola che sei una strega, altrimenti diranno che sei una bugiarda.” Si raccomandò.
“Ma io non sono una bugiarda!” ribattei subito “Io sono una strega!” affermai, battendo un colpo sul petto con la mano chiusa in un pugno, per intendere che ero orgogliosa di esserlo.
Mia madre alzò gli occhi al cielo e poi, ritornò a fissarmi. Mi passò una mano sui capelli e mi schioccò un bacio. “La tua maestra non è pronta ad accettare la nostra esistenza e così, molti altri. Per questo, per vivere in mezzo ai babbani, ci comportiamo come loro.” Mi schioccò un altro bacio e accese la lampada notturna a forma di luna che si trovava sospesa sopra le nostre teste.
 
“Mamma!” la chiamai, prima che uscisse dalla mia stanza. Lei si fermò e si voltò verso di me. “Lo so che te l’ho già chiesto…” arrossii leggermente “…ma a quanti anni si va a studiare in una scuola di magia?” chiesi trepidante dall’emozione.
“A undici anni.” Disse sorridendomi. Socchiuse leggermente la porta, lasciando appena uno spiraglio perché vi potesse passare la luce del corridoio. “Buona notte, tesoro.”
“Buona notte mamma!” e mi rannicchiai sotto le coperte, fantasticando sulla scuola di magia che avrei frequentato, su quanti amici avrei trovato e che bizzarre materie avrei studiato al posto della matematica, della storia e della geografia!
 
Era una notte come tante altre e mai, mi sarei aspettata che proprio quella notte, sarebbe stata l’ultima della mia vita. 
 
La luce della luna inondava la stanza e una fioca luce gialla, emanata dalla lampada notturna, illuminava il capezzale del letto. Fuori dalla finestra, sembrava regnare un’insolita calma. Non si udivano i soliti cani che abbaiavano o il vento che soffiava sopra i tetti delle case. Era tutto, fin troppo tranquillo.
Penso, che fu in quel momento che iniziai ad avere come la sensazione che qualcosa di insolito stava per accadere di lì a poco. Mi sentii irrequieta e mi rigirai più volte nel letto nel tentativo di prendere sonno, ma non ci fu nulla da fare.
Quando lanciai un’occhiata in direzione della finestra, mi sembrò di vedere un’ombra scura fluttuare nell’aria e non cercai di razionalizzare, pensando che potesse trattarsi dell’albero che cresceva nel giardino sul retro di casa. Quell’ombra mi spaventò al punto che mi nascosi sotto le coperte e iniziai a tremare.
Qualche attimo dopo, si udii un forte frusciare di foglie e il vento soffiare bruscamente contro la casa, tanto da far vibrare le finestre. Io mi feci più stretta sotto le coperte, poi, un forte rumore mi fece sobbalzare per lo spavento.
 
–SLAAAAAM!- sembrava che un fulmine avesse appena colpito la casa! Anche se, un momento dopo, pensai che fosse stato più probabile il rumore di una porta che viene spalancata con violenza. Abbassai le coperte fino al mento e lanciai una rapida occhiata alla finestra, ma tutto quello che vidi, fu un cielo sereno e una luna piena. L’ombra, che prima avevo visto fluttuare nell’aria, non c’era più. Si udirono altri rumori provenire dal piano di sotto e la cosa, non mi mise certo a mio agio.
 
“Mamma!” uscii dal letto e mi avvicinai alla porta “Mamma?!” gridai, senza ricevere alcuna risposta.
 
D’un tratto, la porta si spalancò da sola e un’aria gelida inondò tutta la camera e una nera figura incappucciata vi scivolò dentro. Ai suoi piedi, giaceva il corpo senza vita di mia madre. Gli occhi erano aperti e dalla bocca, un rivolo di sangue scendeva fino a colare sul pavimento, per poi formare una pozza scura.
 
Le parole mi si congelarono in gola. Non volevo credere che fosse vero, che potesse succedere una cosa del genere, a noi.
 
La scura ombra mi sovrastava minacciosa e quando sollevai lo sguardo, notai in quel momento una fila di denti lunghi e acuminati come punte di coltelli. Non vidi il suo volto, ma pareva essere tutto fuorché umano. Ero terrorizzata e tutto quello che mi riuscii di fare in quel momento, fu piangere e gridare, sperando che i vicini di casa potessero sentirmi e magari, venire in mio soccorso.
 
“Sudicia mezzosangue!” disse con voce fredda e sprezzante l’orrendo mostro. “Non lo sai che devi stare con la bocca chiusa?”
Andai a finire per stringermi in un angolo della stanza.
“Ti sei messa in trappola da sola!” sogghignò il mostro, avanzando verso di me.
 
Quando mi accorsi che non avevo vie di scampo, ero talmente spaventata che la voce mi rimase intrappolata tra le corde vocali. Anche se avessi continuato a urlare, nessuno sarebbe accorso in mio aiuto ormai. I passi si avvicinavano lentamente a me e in quella lenta agonia, capii che per me era arrivata la fine.
“Ti concederò una morte rapida e indolore.” Sentenziò l’assassino.
Strizzai gli occhi e spirai il mio ultimo respiro.
La mia fine era arrivata.
 
“AVADA KEDAVRA!”
 
Una luce smeraldina trapassò il mio corpo.
 
***
 
Non so quanto tempo dopo mi svegliai e guardandomi attorno, il mondo mi sembrava spento. Le mie mani e i piedi iniziarono a formicolare, li sentivo incredibilmente freddi. Ero supina sul pavimento, ma le quattro pareti che mi circondavano e la finestra da cui entrava una pallida luce lunare, non mi erano familiari. Non c’erano mobili, non c’era il letto e nemmeno la porta della mia stanza.
Quando realizzai cosa era successo prima che mi ‘addormentassi’, un groppo si fermò alla gola e faticosamente riuscii a deglutirlo. Ero morta? Doveva essere questo l’al di là? Perché era tutto così buio? Dov’era la mamma?
Potevo muovere i polpastrelli e con uno sforzo quasi immane, mi alzai a sedere. Notai una bruciatura sul pigiama, all’altezza del mio petto e ci posai sopra il palmo della mano e sentii il cuore battere. Ero viva.
 
In quel momento, sentii sbuffare un soffio gelido sul collo e mi voltai indietro, terrorizzata. Alle mie spalle, infatti, vidi che c’era qualcosa. Era come una enorme ombra, ma non quella di una persona. Era l’ombra di una creatura alata, possente e dall’aspetto quasi regale; ma era comunque, tutto fuorché umana. Ero come catturata, all’inizio, dalla sua presenza, che non mi accorsi quando questa iniziò ad avvicinarsi a me. Sentii un brivido percorrere tutta la spina dorsale, quando due gelide mani ossute si posarono sulle mie guance. Non conoscevo le intenzioni di quella creatura, ma in cuor mio, non avevo paura di morire una seconda volta.
“Adelia…” la creatura bisbigliò il mio nome “…piccola Adelia…” la sua voce sembrava un lamento. Mi sentii passare una mano tra i capelli e ricacciai indietro alcune lacrime, perché quel gesto mi ricordò subito mia madre. Sentii gli occhi della creatura che mi analizzavano e non capivo ancora, che cosa mi avrebbe fatto. Avevo paura che fosse un mostro venuto a mangiarmi. Il terrore mi assalii e mi lasciai sfuggire un piccolo gemito.
 
“Non avere paura, non sono qui per farti del male.” Disse la creatura, chinandosi in ginocchio davanti a me e mostrandosi in volto, sotto i raggi della luna. Poteva sembrare umana, se non fosse stato per un paio di orecchie puntute e le possenti ali nere piumate che sbucavano dalla schiena. Aveva lunghi capelli rossi, che scendevano in una cascata di ricci sulle spalle larghe; mentre il suo viso, sottile e affilato, era pallidissimo. La bocca era altrettanto strana, perché composta da due sottili labbra nere. Avrei voluto chiedergli che cosa fosse, ma non mi sembrò molto garbato e così gli domandai solamente chi fosse.
 
“Il mio nome è Samael…” rispose la creatura “…e sono un demone dell’antico inferno.”
Non sapevo cosa fosse di preciso un ‘demone’, ma avevo sentito parlare dell’inferno e non mi sembrò che provenisse da un bel posto.
“E perché sei qui?” gli domandai. Ci fu una pausa, prima che il demone rispondesse alla mia domanda. Notai in quel momento, i suoi occhi neri simili a due pezzi di carbone. Guardavano bassi e stranamente, sembravano evitare il mio sguardo.
“Perché ti ho riportato in vita…” disse, con voce baritonale “…dovevi essere morta, ma la tua anima lottava per restare legata al tuo corpo.”
 
Il suoi occhi si posarono sul mio braccio e quasi allo stesso tempo, avvertii una fitta che mi costrinse a dirigere la mia attenzione sul punto che mi doleva. Sollevai la manica del pigiama fino al gomito e scorsi una macchia nera sul mio braccio.
“Che cos’è?” chiesi in un singulto “Che mi hai fatto?”
“Quello che vedi si chiama Stigmata Diaboli ed è il prezzo che hai pagato per essere riportata in vita.”  Spiegò, come se fossi stata io stessa a chiederlo. “È un marchio che ti porterai dietro finché non avrai vendicato la tua morte…da questo momento, tu sei dannata.”
 
“I-io…” balbettai “…non voglio tutto questo…” bofonchiai, trattenendomi dal piangere “…per favore, fammi ritornare com’ero!” lo implorai, ma lui mi fissò con uno sguardo severo e penetrante. I suoi occhi, diventarono del colore di due tizzoni ardenti. 
“È questo il tuo modo di ringraziarmi per averti riportato in vita e dato l’opportunità di vendicare la tua morte e quella di tua madre!?” bastò che mi lanciasse un’occhiata gelida e rimasi pietrificata dalla paura. Capii che volevo sbarazzarmi a tutti i costi di quel demone e del marchio, perciò decisi che sarebbe stato saggio fare ciò che aveva detto. Avevo solo un ultimo dubbio.
“Io, però… non so come fare ad uccidere qualcuno.” ammisi, e di tutta risposta il demone mi sorrise con un ghigno sadico. Gli occhi, tornarono ad essere due pezzi di carbone.
“Il marchio ti conferirà poteri che nessun mago o strega potrà mai avere e sarà con essi, che tu annienterai colui che ti ha uccisa. Non fare mai parola a nessuno dei tuoi poteri o del marchio, perché tanti nemici dell’Oscuro Signore sono spie e si spacciano per maghi onesti. Fidati soltanto di te stessa, Adelia.”
 
Il demone si alzò in piedi e spiegò le enormi ali. Pensai che volesse andarsene, per cui mi affrettai ad alzarmi e lo afferrai per la nera veste che indossava.
“Samael!” lo implorai “Io… non ho nessuno… per adesso non posso farcela da sola…” ammisi. Ora che mia madre era morta, nessuno si sarebbe occupato di me. Non avevo mai avuto un padre e non avevamo parenti o amici da cui potessi stare. I miei vicini di casa erano troppo vecchi per prendersi cura di me e io, avevo bisogno di qualcuno su cui potermi appoggiare. Ancora, non potevo farcela da sola.
Samael si fermò, squadrandomi per l’ultima volta e disse: “Ti stanno venendo a prendere, Adelia. Il Ministero della Magia sa già tutto e ti troveranno una famiglia che si prenderà cura di te.” A quel punto, una alta fiamma nera si levò in alto dal pavimento e lo inghiottì completamente. Lui scomparve tra quelle fiamme, non lasciando alcuna traccia sul pavimento del suo passaggio e quella, fu l’ultima volta che lo vidi.
Istantaneamente, come lo vidi sparire, notai tutto ritornare com’era prima. Comparvero il letto, il pavimento, le pareti e tutte le mensole coi giocattoli. Infine, lanciai uno sguardo alla porta, che si trovava ancora spalancata e il corpo di mia madre, giaceva ancora là.
 
Il demone fu di parola, perché qualche attimo dopo arrivarono gli auror del ministero della magia e mi trovarono, rannicchiata accanto a mia madre. La prima persona a trovarmi, fu una donna dalla chioma cinerina e corpulenta: si chiamava Verna Bloodmire. Fu lei ad accogliermi in casa propria e a lei, fu affidata la mia custodia dal ministero. Nessuno venne mai a sapere del mio patto e nessuno, poteva vedere la macchia nera che avevo sul braccio. Non spiegandosi il fatto che fossi riuscita a sopravvivere, si pensò che mia madre avesse sacrificato la sua stessa vita per proteggermi.
 

 
[capitolo modificato il 23/08/13]
   
 
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