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Autore: DarkRose86    31/03/2009    2 recensioni
“ Sai che cosa penso?
Sono sicuro che, prima o poi, verrà il momento in cui non avrai più nulla in cui credere, e dunque tenderai la mano verso di me. ”
“ Stupidaggini. Non sono mica così disperato! ”
2° classificata al Contest "Zombie Tribute", indetto da Saeko no danna
.KakuHi, un po' OOC.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hidan, Kakuzu
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Salve! ^.^
Rieccomi di nuovo con una fanfiction fresca fresca su una delle mie coppie preferite.
La storia che segue si è classificata SECONDA al Contest "Zombie Tribute" , indetto da Saeko no danna sul Forum di EFP. Ok, alla fine siamo rimaste in due, ma va bé. xD sono comunque orgogliosa di me stessa e del giudizio ricevuto. *-*
Ringrazio dunque Saeko ( la mia adorata neechan <3 ) e la prima classificata, NekoRika, per avermi "accompagnata" in questa piccola avventura. ^^
Che altro dire... mi lasciate un commentino? *.*

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“ Sai che cosa penso? Sono sicuro che, prima o poi, verrà il momento in cui non avrai più nulla in cui credere, e dunque tenderai la mano verso di me. ”
“ Stupidaggini. Non sono mica così disperato! ”

I Need You ( Next to Me ) ~

Ricordava perfettamente il giorno in cui gli aveva rivolto quelle parole; era rimasto impresso nella sua memoria, nonostante lo stato di ubriachezza. Hidan, quella sera, aveva avuto la malsana idea di festeggiare la vigilia della loro prima missione veramente importante: la cattura del due code, Nii Yugito. L'uomo si era domandato per quale motivo desiderasse far baldoria prima, e non dopo aver adempiuto ai propri doveri, ma alla fine aveva accettato; se ne vergognava, ma l'entusiasmo del proprio compagno talvolta riusciva a contagiarlo.
In preda all'euforia, all'ebbrezza del momento, aveva pronunciato quella frase, e l'albino l'aveva guardato incredulo, scoppiando poi a ridere; non riusciva a credere che un tipo serio e poco – pochissimo – loquace come Kakuzu potesse essere capace di dire una cosa del genere.
Nient'altro che una stupidaggine.
Una sdolcinatezza che forse ben si adattava a quella pazza serata in cui per la prima volta si erano stretti l'uno all'altro, ma pur sempre una cosa totalmente senza senso.
“ Io ho Jashin-sama, non ho bisogno di niente altro. ”
aveva risposto lui, rivolgendogli uno sguardo sprezzante.
Non sopportava che qualcuno parlasse in certi termini della sua Fede; egli viveva unicamente per ciò in cui credeva, quella religione che il suo compagno non riusciva a concepire.
In verità, egli non aveva mai fatto neppure un tentativo. Hidan non gli stava neanche simpatico; odiava le sue continue lamentele, il linguaggio scurrile che era solito usare, e il suo morboso attaccamento al ciondolo che indossava.
Pero', c'era qualcosa in lui che al contempo lo attraeva. E non era il suo essere immortale, né il sorriso strafottente che spesso e volentieri si disegnava sul suo volto.
Era caldo. Caldo e accogliente. Si muoveva in perfetta sincronia con lui e lo stringeva, tenendo gli occhi d'ametista fissi nei suoi.
E le sue mani erano di fuoco, audaci, morbide. Così tanto che sentiva il bisogno di averle costantemente su di sé; era come se fossero in grado di trasmettergli vita.
Ipotizzò che ciò dipendesse dal fatto che il proprio compagno era immortale, e non volle credere per nessun motivo a quel che avvertiva dentro di sé: qualcosa che non aveva mai provato prima, ma che lo faceva sentire oltremodo strano.
Meri esseri umani osavano definire amore, quella sorta di brivido che gli attraversava tutto il corpo.
Lui, pero', rifiutava di credere in quella semplicissima, corta, insignificante parola.
Perciò si convinse che quel che sentiva non poteva essere altro che attrazione; in fondo, Hidan era proprio così. Attraente. Quello non poteva negarlo.

“ Kakuzu, a che stai pensando? ” domandò, notando lo sguardo assente del compagno.
L'uomo dalla pelle olivastra fu distolto dai suoi pensieri bruscamente, e mandò a quel paese Hidan, che stava camminando avanti e indietro nervosamente.
“ Piantala di fare così, mi irriti. ”
TU mi irriti! Mi piacerebbe sapere che cosa ti passa per la testa! E' da mezz'ora che stiamo qui fermi... e non solo non ti muovi, non parli neanche! ” protestò, gesticolando.
L'altro, quindi, si rimise in marcia, cercando di ignorare le lamentele dell'albino; in effetti, pero', non aveva tutti i torti. Non era da lui perdersi nei propri pensieri in situazioni come quella. Scosse la testa cercando di allontanare l'immagine che gli si era formata in mente: aveva visto il volto contratto dal dolore del suo compagno e lo aveva guardato impietosamente, ma allo stesso tempo aveva stretto la sua mano, che grondava sangue. E allora Hidan gli aveva sorriso.

{ Se proprio ci tieni,
se un giorno mai dovessi aver bisogno di confidare in qualcun altro,
chiederò il tuo aiuto,
Kakuzu.
Ma ti prometto che non lascerò che ciò accada.
Non potrei mai perdonarmi una debolezza simile. }

Sorrise appena, a quel pensiero. Hidan era un tipo testardo, e odiava chiedere man forte ad altre persone; altra cosa che contribuiva a renderlo odioso ai suoi occhi, ma anche dannatamente affascinante.
Il suo compagno poteva essere definito una sensuale contraddizione: sapeva essere amabile e insopportabile allo stesso tempo, e poteva dimostrarsi a tratti letale ed altri, addirittura, quasi innocente. Quando dormiva, ad esempio.
Dannazione... dovrei smetterla di pensare a certe cose, e concentrarmi sui nostri doveri. ” si disse poi, maledicendo l'altro, che gli stava molto, troppo vicino.
“ Bene, ti sei deciso a ripartire, finalmente. Peccato che si stia facendo notte, intendi proseguire lo stesso? ”
“ Che c'è, hai paura del buio? ” lo schernì Kakuzu, alzando gli occhi al cielo che, effettivamente, stava iniziando ad oscurarsi.
“ Non dire cazzate! E' solo che, se ci capitasse di dover combattere, mi darebbe fastidio! ” si difese l'altro, sbuffando.
“ Ok, ok. Ho capito. Fermiamoci per adesso, ripartiremo all'alba. ” si rassegnò, per evitare ulteriori discussioni. Era un tipo calmo, non amava i litigi. Ma almeno, anche se avessero litigato di brutto, era certo che il suo compagno non sarebbe morto.
Si appoggiò ad un albero chiudendo gli occhi, mentre Hidan si sistemava vicino a lui, senza pero' toccarlo; ricordava quel che era accaduto quella notte, e si sentiva strano. Si era concesso a Kakuzu, e per di più di sua volontà. E la cosa peggiore era che non aveva nessuna intenzione di pentirsene, anzi.
“ Uhm... Kakuzu? ”
“ Che vuoi ora? ”
“ Tu sei pentito? ” chiese, stringendosi nella veste che indossava, “ Riguardo quella volta... ”
“ Perché, tu sì? ”
“ Ho chiesto io per primo... ” si lamentò, voltandosi verso di lui.
“ No. Non lo sono. Contento ora? ” rispose l'uomo, sinceramente; non lo era affatto, in effetti. E poi, gli veniva spesso da pensare che avrebbe desiderato farlo ancora una volta. Questo perché era particolarmente piacevole passare del tempo con Hidan senza che questi si lamentasse.
“ Sì... beh, nemmeno io! ” asserì, sorridendo.
L'altro annuì in risposta, e chiuse nuovamente gli occhi.
“ Buonanotte. ”

Hidan si svegliò di soprassalto, spalancando gli occhi; aveva sognato, eppure tutto era stato così maledettamente reale. Un incubo. Kakuzu che l'osservava con sguardo di fuoco, rabbioso; le sue mani che lo schiaffeggiavano, che lo colpivano, senza nessuna pietà. Ossa che si spezzavano, e il sapore ferroso del sangue in bocca; l'albino aveva provato più volte quella sensazione ma mai gli era capitato di sognare una cosa del genere. E poi, perché proprio lui? Non un nemico, ma lui.
“ Che cazzo... ” sbottò, accorgendosi poi che l'altro lo stava guardando fisso, seduto accanto a lui, “ ...ehi, che cosa c'è? ”
“ Hidan... ”
Sarai la mia rovina, se continuiamo così. ”
Non glielo disse, ma lo pensò solamente. Dopodiché estrasse un kunai dalla propria tasca e lo affondò nel suo petto, immobilizzandolo sotto il suo peso.
“ Che fai? Fa male, dannazione! ” gridò il più giovane, cercando disperatamente di scrollarselo di dosso; che gli stava succedendo?
Lo baciò, feroce, le urla morirono quando le loro bocche s'incontrarono e scontrarono, fameliche; la mano libera fu portata al suo collo e lo strinse forte, lasciandolo senza respiro. Kakuzu lo osservò attentamente, senza perdersi neanche la minima sfumatura di quell'immagine. Hidan, il suo Hidan, non poteva morire. Eppure, per qualche oscuro motivo, aveva paura di perderlo.
Liquido cremisi sporcò le sue mani, gli schizzò sul volto, disegnandovi lacrime scarlatte; piangeva silenzioso, mentre uccideva il suo compagno.

All'alba, Hidan non si era ancora risvegliato; pero' respirava, e sembrava tranquillo. Dormiva profondamente, in una pozza di sangue. Il suo corpo era già guarito dalle ferite mortali che gli aveva inferto, solo i suoi vestiti e le braccia erano coperte del suo liquido vitale. Quando si svegliò, la prima cosa che fece fu imprecare contro l'altro, tendendo pero' la mano verso di lui; il ciondolo che rappresentava la sua religione era semi-distrutto, e pendeva dal suo braccio sinistro.
“ Aiuto... brutto bastardo, mi hai fatto male... aiutami, è così buio... resta qui... oh, Jashin-sama... ” lamentò, cercando il suo tocco.
Kakuzu ridacchiò, mostrandogli un'espressione più unica che rara.
“ Che fai, preghi me e allo stesso tempo anche il tuo Dio? ” chiese ironico, enfatizzando l'ultima parola.
“ Mi domando per quale motivo Jashin-sama... non ti fa fuori... ”
“ Ora deliri pure? Avanti, alzati. ”
Prese la mano sporca di sangue, stringendola nella sua; le dita di Hidan erano piccole, lunghe ed affusolate. Avevano afferrato spasmodicamente le sue, e facevano quasi male.
Lui lo sapeva. Sapeva che, prima o poi, sarebbe venuto anche quel momento. L'attimo in cui lo avrebbe supplicato, ancor prima di chiamare il suo Dio; Hidan aveva bisogno di lui, adesso ne era certo.
Dunque sei immortale sul serio... beh, sì, ora ne sono sicuro. Sarai la mia rovina. ” pensò, ma mai glielo avrebbe detto.
“ Si può sapere che cosa ti è preso? Mi hai ammazzato! ”
“ Oh... pensavo di non esserne in grado, domando scusa... ” lo prese in giro, “ ...piuttosto, visto che avevo ragione? Hai teso la mano verso di me. ”
Hidan lo guardò, adirato. Ma, al contempo, felice. Avrebbe dovuto vergognarsi, in quel momento; invece fece un sorriso sornione, senza lasciare la presa. Cosa sarebbe accaduto in futuro, nessuno lo sapeva. Ma vivere il presente, entrambi ne erano certi, non sarebbe stato affatto male.

Se la notte potesse parlare, chissà quante cose avrebbe da dire. Quanti segreti da raccontare.

Come quello di colui che s'abbassò a domandar l'aiuto dell'ultima persona alla quale avrebbe voluto chiederlo: colui che l'aveva ucciso, e consacrato all'amore. Quell'assurdo sentimento.


Fine ~


  
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