Rieccomi di nuovo con una fanfiction fresca fresca su una delle mie coppie preferite.
La storia che segue si è classificata SECONDA al Contest "Zombie Tribute" , indetto da Saeko no danna sul Forum di EFP. Ok, alla fine siamo rimaste in due, ma va bé. xD sono comunque orgogliosa di me stessa e del giudizio ricevuto. *-*
Ringrazio dunque Saeko ( la mia adorata neechan <3 ) e la prima classificata, NekoRika, per avermi "accompagnata" in questa piccola avventura. ^^
Che altro dire... mi lasciate un commentino? *.*
“
Sai che cosa penso?
Sono sicuro che, prima o poi, verrà il momento in cui non
avrai più nulla in cui credere, e dunque tenderai la mano
verso di me. ”
“ Stupidaggini. Non
sono mica così
disperato! ”
I Need You ( Next to Me ) ~
Ricordava
perfettamente il giorno in cui gli aveva rivolto quelle parole; era
rimasto impresso nella sua memoria, nonostante lo stato di
ubriachezza. Hidan, quella sera, aveva avuto la malsana idea di
festeggiare la vigilia della loro prima missione veramente
importante: la cattura del due code, Nii Yugito. L'uomo si era
domandato per quale motivo desiderasse far baldoria prima, e non dopo
aver adempiuto ai propri doveri, ma alla fine aveva accettato; se ne
vergognava, ma l'entusiasmo del proprio compagno talvolta riusciva a
contagiarlo.
In preda
all'euforia, all'ebbrezza del momento, aveva pronunciato quella
frase, e l'albino l'aveva guardato incredulo, scoppiando poi a
ridere; non riusciva a credere che un tipo serio e poco –
pochissimo – loquace come Kakuzu potesse essere capace di
dire una
cosa del genere.
Nient'altro
che una stupidaggine.
Una
sdolcinatezza che forse ben si adattava a quella pazza serata in cui
per la prima volta si erano stretti l'uno all'altro, ma pur sempre
una cosa totalmente senza senso.
“ Io ho
Jashin-sama, non ho bisogno di niente altro. ”
aveva
risposto lui, rivolgendogli uno sguardo sprezzante.
Non
sopportava che qualcuno parlasse in certi termini della sua Fede;
egli viveva unicamente per ciò in cui credeva, quella
religione che il suo compagno non riusciva a concepire.
In verità,
egli non aveva mai fatto neppure un tentativo. Hidan non gli stava
neanche simpatico; odiava le sue continue lamentele, il linguaggio
scurrile che era solito usare, e il suo morboso attaccamento al
ciondolo che indossava.
Pero', c'era
qualcosa in lui che al contempo lo attraeva. E non era il suo essere
immortale, né il sorriso strafottente che spesso e
volentieri
si disegnava sul suo volto.
Era caldo.
Caldo e accogliente. Si muoveva in perfetta sincronia con lui e lo
stringeva, tenendo gli occhi d'ametista fissi nei suoi.
E le sue
mani erano di fuoco, audaci, morbide. Così tanto che sentiva
il bisogno di averle costantemente su di sé; era come se
fossero in grado di trasmettergli vita.
Ipotizzò
che ciò dipendesse dal fatto che il proprio compagno era
immortale, e non volle credere per nessun motivo a quel che avvertiva
dentro di sé: qualcosa che non aveva mai provato prima, ma
che
lo faceva sentire oltremodo strano.
Meri esseri
umani osavano definire amore, quella sorta di
brivido che gli
attraversava tutto il corpo.
Lui, pero',
rifiutava di credere in quella semplicissima, corta, insignificante
parola.
Perciò
si convinse che quel che sentiva non poteva essere altro che
attrazione; in fondo, Hidan era proprio
così.
Attraente. Quello non poteva negarlo.
“
Kakuzu,
a che stai pensando? ” domandò, notando lo sguardo
assente
del compagno.
L'uomo dalla
pelle olivastra fu distolto dai suoi pensieri bruscamente, e
mandò
a quel paese Hidan, che stava camminando avanti e indietro
nervosamente.
“ Piantala
di fare così, mi irriti. ”
“ TU
mi irriti! Mi piacerebbe sapere che cosa ti passa per la testa! E' da
mezz'ora che stiamo qui fermi... e non solo non ti muovi, non parli
neanche! ” protestò, gesticolando.
L'altro,
quindi, si rimise in marcia, cercando di ignorare le lamentele
dell'albino; in effetti, pero', non aveva tutti i torti. Non era da
lui perdersi nei propri pensieri in situazioni come quella. Scosse la
testa cercando di allontanare l'immagine che gli si era formata in
mente: aveva visto il volto contratto dal dolore del suo compagno e
lo aveva guardato impietosamente, ma allo stesso tempo aveva stretto
la sua mano, che grondava sangue. E allora Hidan gli aveva sorriso.
{ Se
proprio ci tieni,
se un
giorno mai dovessi aver bisogno di confidare in qualcun altro,
chiederò
il tuo aiuto,
Kakuzu.
Ma ti
prometto che non lascerò che ciò accada.
Non potrei
mai perdonarmi una debolezza simile. }
Sorrise
appena, a quel pensiero. Hidan era un tipo testardo, e odiava
chiedere man forte ad altre persone; altra cosa che contribuiva a
renderlo odioso ai suoi occhi, ma anche dannatamente affascinante.
Il suo
compagno poteva essere definito una sensuale contraddizione:
sapeva essere amabile e insopportabile allo stesso tempo, e poteva
dimostrarsi a tratti letale ed altri, addirittura, quasi innocente.
Quando dormiva, ad esempio.
“
Dannazione... dovrei smetterla di pensare a certe cose, e
concentrarmi sui nostri doveri. ” si disse poi,
maledicendo
l'altro, che gli stava molto, troppo vicino.
“ Bene, ti
sei deciso a ripartire, finalmente. Peccato che si stia facendo
notte, intendi proseguire lo stesso? ”
“ Che c'è,
hai paura del buio? ” lo schernì Kakuzu, alzando
gli occhi
al cielo che, effettivamente, stava iniziando ad oscurarsi.
“ Non dire
cazzate! E' solo che, se ci capitasse di dover combattere, mi darebbe
fastidio! ” si difese l'altro, sbuffando.
“ Ok, ok.
Ho capito. Fermiamoci per adesso, ripartiremo all'alba. ” si
rassegnò, per evitare ulteriori discussioni. Era un tipo
calmo, non amava i litigi. Ma almeno, anche se avessero litigato di
brutto, era certo che il suo compagno non sarebbe morto.
Si appoggiò
ad un albero chiudendo gli occhi, mentre Hidan si sistemava vicino a
lui, senza pero' toccarlo; ricordava quel che era accaduto quella
notte, e si sentiva strano. Si era concesso a Kakuzu, e per di
più
di sua volontà. E la cosa peggiore era che non aveva nessuna
intenzione di pentirsene, anzi.
“ Uhm...
Kakuzu? ”
“ Che vuoi
ora? ”
“ Tu sei
pentito? ” chiese, stringendosi nella veste che indossava,
“
Riguardo quella volta... ”
“ Perché,
tu sì? ”
“ Ho
chiesto io per primo... ” si lamentò, voltandosi
verso di
lui.
“ No. Non
lo sono. Contento ora? ” rispose l'uomo, sinceramente; non lo
era
affatto, in effetti. E poi, gli veniva spesso da pensare che avrebbe
desiderato farlo ancora una volta. Questo perché era
particolarmente piacevole passare del tempo con Hidan senza che
questi si lamentasse.
“ Sì...
beh, nemmeno io! ” asserì, sorridendo.
L'altro
annuì in risposta, e chiuse nuovamente gli occhi.
“
Buonanotte. ”
Hidan si
svegliò di soprassalto, spalancando gli occhi; aveva
sognato,
eppure tutto era stato così maledettamente reale. Un incubo.
Kakuzu che l'osservava con sguardo di fuoco, rabbioso; le sue mani
che lo schiaffeggiavano, che lo colpivano, senza nessuna
pietà.
Ossa che si spezzavano, e il sapore ferroso del sangue in bocca;
l'albino aveva provato più volte quella sensazione ma mai
gli
era capitato di sognare una cosa del genere. E poi, perché
proprio lui? Non un nemico, ma lui.
“ Che
cazzo... ” sbottò, accorgendosi poi che l'altro lo
stava
guardando fisso, seduto accanto a lui, “ ...ehi, che cosa
c'è?
”
“ Hidan...
”
“ Sarai
la mia rovina, se continuiamo così. ”
Non glielo
disse, ma lo pensò solamente. Dopodiché estrasse
un
kunai dalla propria tasca e lo affondò nel suo petto,
immobilizzandolo sotto il suo peso.
“ Che fai?
Fa male, dannazione! ” gridò il più
giovane, cercando
disperatamente di scrollarselo di dosso; che gli stava succedendo?
Lo baciò,
feroce, le urla morirono quando le loro bocche s'incontrarono e
scontrarono, fameliche; la mano libera fu portata al suo collo e lo
strinse forte, lasciandolo senza respiro. Kakuzu lo osservò
attentamente, senza perdersi neanche la minima sfumatura di
quell'immagine. Hidan, il suo Hidan, non poteva
morire.
Eppure, per qualche oscuro motivo, aveva paura di perderlo.
Liquido
cremisi sporcò le sue mani, gli schizzò sul
volto,
disegnandovi lacrime scarlatte; piangeva silenzioso, mentre uccideva
il suo compagno.
All'alba,
Hidan non si era ancora risvegliato; pero' respirava, e sembrava
tranquillo. Dormiva profondamente, in una pozza di sangue. Il suo
corpo era già guarito dalle ferite mortali che gli aveva
inferto, solo i suoi vestiti e le braccia erano coperte del suo
liquido vitale. Quando si svegliò, la prima cosa che fece fu
imprecare contro l'altro, tendendo pero' la mano verso di lui; il
ciondolo che rappresentava la sua religione era semi-distrutto, e
pendeva dal suo braccio sinistro.
“ Aiuto...
brutto bastardo, mi hai fatto male... aiutami, è
così
buio... resta qui... oh, Jashin-sama... ” lamentò,
cercando
il suo tocco.
Kakuzu
ridacchiò, mostrandogli un'espressione più unica
che
rara.
“ Che fai,
preghi me e allo stesso tempo anche il tuo Dio?
” chiese
ironico, enfatizzando l'ultima parola.
“ Mi
domando per quale motivo Jashin-sama... non ti fa fuori... ”
“ Ora
deliri pure? Avanti, alzati. ”
Prese la
mano sporca di sangue, stringendola nella sua; le dita di Hidan erano
piccole, lunghe ed affusolate. Avevano afferrato spasmodicamente le
sue, e facevano quasi male.
Lui lo
sapeva. Sapeva che, prima o poi, sarebbe venuto anche quel momento.
L'attimo in cui lo avrebbe supplicato, ancor prima di chiamare il suo
Dio; Hidan aveva bisogno di lui, adesso ne era certo.
“ Dunque
sei immortale sul serio... beh, sì, ora ne sono sicuro.
Sarai
la mia rovina. ” pensò, ma mai glielo
avrebbe detto.
“ Si può
sapere che cosa ti è preso? Mi hai ammazzato! ”
“ Oh...
pensavo di non esserne in grado, domando scusa... ” lo prese
in
giro, “ ...piuttosto, visto che avevo ragione? Hai teso la
mano
verso di me. ”
Hidan lo
guardò, adirato. Ma, al contempo, felice. Avrebbe dovuto
vergognarsi, in quel momento; invece fece un sorriso sornione, senza
lasciare la presa. Cosa sarebbe accaduto in futuro, nessuno lo
sapeva. Ma vivere il presente, entrambi ne erano certi, non sarebbe
stato affatto male.
Se la notte potesse parlare, chissà quante cose avrebbe da dire. Quanti segreti da raccontare.
Come quello di colui che s'abbassò a domandar l'aiuto dell'ultima persona alla quale avrebbe voluto chiederlo: colui che l'aveva ucciso, e consacrato all'amore. Quell'assurdo sentimento.
Fine ~