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Autore: Feanoriel    26/03/2016    5 recensioni
la prima fan fiction che pubblico, spero sia gradita.
nessuno dei personaggi, delle ambientazioni, dei luoghi o delle situazioni è stato inventato da me, viene tutto dalla geniale penna di J.R.R. Tolkien. la mia fan fiction prende spunto da alcuni avvenimenti del Silmarillion, con particolare attenzione a questa frase "Maglor infatti si impietosì di Elros ed Elrond, e si affezionò loro, e anche in quelli nacque amore per lui, per quanto incredibile possa sembrare, ma il cuore di Maglor era esulcerato e stanco dal peso del terribile giuramento".
le informazioni usate per questa fan fiction vengono perlopiù dal Silmarillion, ma alcune provengono invece dalla HoME (History of Middle Earth), Volume XII, The Peoples of Middle Earth, con particolare attenzione al capitolo "The Shibboleth of Feanor".
[Gen fic per di più, ma con qualche accenno di Maglor/moglie e di Maedhros/Fingon]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Elrond, Elros, Maedhros, Maglor
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Diciotto
But now hear my song

When hours have gone by
I’ll close my eyes
In a world far away
We may meet again
But now hear my song
About the dawn of the night
Let’s sing the bard’s song
[Blind Guardian| The bard’s song]

-Non possiamo più aspettare.

La voce di Maedhros fece sobbalzare Maglor, che tirò indietro le redini del cavallo per guardare in faccia il fratello. Al solito, Maedhros manteneva la sua espressione impenetrabile, le labbra corrucciate, le sopracciglia lievemente inarcate, il profilo simile a quello di una statua. Ma Maglor aveva capito fin troppo bene a cosa si stesse riferendo. E avrebbe preferito di poter aspettare ancora un altro po’.

-Lo so- la voce gli uscì più brusca di quanto avrebbe desiderato.- Lo so.

Contro la sua schiena, sentì Elrond agitarsi nervosamente. Serrò un attimo le labbra, probabilmente quello del ragazzino non era nient’altro che un crampo, ma non poté fare a meno di chiedersi se anche lui provasse la medesima agitazione che lui provava. Era ridicolo, lui e Maedhros  non avevano parlato coi gemelli dei piani che avevano in serbo per loro, non avevano ragione di sospettare nulla.
E questo lo faceva preoccupare ancora di più per il modo in cui avrebbero potuto reagire quando glielo avrebbero comunicato.
Per fortuna, nessuno dei due ragazzini obiettò qualcosa. Quel viaggio li rendeva stanchissimi, troppo per riuscire a discutere o anche solo a interessarsi a qualcosa che non fosse la loro stanchezza.

Ma non c’era più tempo per aspettare, e Maglor lo sapeva, anche senza che Maedhros gli dicesse nulla. Avrebbe dovuto dirglielo molto presto, sapeva che Cìrdan non era distante dal loro esercito, era meglio che si sbrigasse a trovare il momento adatto per dirglielo.
Cavalcarono fino a che il sole non cominciò a calare, solo allora, da lontano, videro la lunga colonna dell’esercito  di Aman iniziare a rallentare, per prepararsi per la notte.
Fu con un certo sollievo che Maglor scese da cavallo, aveva i muscoli delle gambe doloranti. Una volta sceso, tese le braccia per aiutare Elrond a scendere, il ragazzino, stanco morto, per poco non gli cadde addosso. Maglor fu ben attento ad afferrarlo e ad aiutarlo a stare in piedi.
-Non preoccuparti, tra poco potrai riposare- gli disse a bassa voce, mettendogli un braccio attorno alle spalle. Il giovane annuì stancamente, senza più dire niente.
Anche Elros sembrava stanco quanto il fratello, nonostante fosse riuscito a trascinarsi fino a lui. Maglor si era accorto ormai da tempo che i figli di Eärendil non gradivano di stare separati troppo a lungo, e che appena ritornavano assieme, cercavano la vicinanza l’uno dell’altro. Era un gesto  che aveva già  visto fare  ad Amras ed Amrod tempo prima.
Maedhros lo guardò fisso in volto, senza dire una sola parola, ma i suoi occhi verdi lo scrutavano indagatori, come a ricordargli cosa doveva fare. Maglor prese un respiro profondo, facendo un gesto nella sua direzione, nel tentativo di fargli smettere di guardarlo in quel modo, che non faceva che metterlo a disagio.

Dopo, fratello.

Maedhros annuì piano. Dopo un minuto che gli parve lungo quanto un secolo, suo fratello si voltò, andando a prendere la tenda tra i bagagli, per prepararsi per la notte. Maglor sospirò, andando a sua volta a prendere le poche provviste che ancora conservavano, in modo da preparare la cena. I gemelli gli si sedettero accanto, le schiene distese contro i cuscini, ad osservarlo in silenzio mentre cucinava.
La cena si consumò nel silenzio più assoluto, Maglor era tanto nervoso da non riuscire nemmeno a sentire il sapore di ciò che inghiottiva. Maedhros ogni tanto si voltava a guardarlo – come se non fosse già abbastanza agitato per conto suo!—come se volesse essere sicuro che Maglor avrebbe davvero adempito alla sua promessa.
Maglor digrignò i denti, per un attimo. Certo, che lo avrebbe fatto. Col cuore che gli si spezzava, con ogni fibra del suo essere che avrebbe desiderato diversamente, ma lo avrebbe fatto. Ormai non poteva più tirarsi indietro.

Maedhros scostò un lembo della tenda per far entrare Elrond ed Elros, che avevano già le teste ciondolanti per il sonno. Prima di lasciar passare anche lui, gli sussurrò a poca distanza dall’orecchio:- Vi lascio soli, io me ne resto fuori di guardia. Sicuramente, preferiranno parlare con te da soli.

-Già- riuscì solo a dire Maglor. Aveva un groppo che gli serrava la gola, non poté fare a meno di chiedersi come avrebbe potuto parlar loro in quelle condizioni.

Entrò nella tenda. I ragazzi si erano già distesi sui loro sacchi a pelo, pronti ad infilarsi sotto le coperte. Con un sospiro, si sistemò sulla coperta in mezzo a loro, appoggiandosi sui gomiti. Elros gli lanciò un’occhiata incuriosita, Elrond aveva già quasi gli occhi chiusi mentre si sistemava sul cuscino. Maglor, con gentilezza, gli mise la mano sulla spalla e lo scrollò leggermente.

-Non dormire adesso – lo blandì.- Io … Io prima devo dirvi una cosa.

-Cosa?- Elros emise uno sbadiglio. Elrond aprì timidamente un occhio e lo guardò, ancora disteso e con la testa appoggiata al cuscino.

-Una cosa che è troppo tempo che sto rimandando- sospirò nuovamente. Strinse il pugno sinistro. Era ridicolo che si comportasse così, si disse. In fin dei conti lo faceva per il loro bene, non doveva agitarsi tanto. E doveva mettere a tacere una volta per tutte il suo maledetto egoismo.

-Tra non molto, almeno un paio di settimane, o così dovrebbe essere … - prese un altro respiro, e strinse i denti prima di riprendere a parlare.- Dicevo, tra non molto questo esercito avrà un incontro con Cìrdan il Carpentiere. Lo conoscete, no? È un vecchio amico di vostro padre. Lui verrà per portare dei rifornimenti all’esercito e per … per prendere con sé chi non potrà recarsi a Nord.

La luce dell’unica lanterna si rifletteva negli occhi spalancati dei due ragazzi, rendendoli lucidi e scintillanti come specchi. A Maglor tornò in mente la prima volta che aveva parlato con loro, gli parvero confusi e smarriti come in quel momento.

-Come … come chi non potrà andare al Nord?- la voce di Elros era fievole come un sussurro.

-Voi non – Maglor si morse per un attimo il labbro. –Voi non potete venire. Non avete idea di cosa ci sia là in Angband. Io li ho visti, gli eserciti di Morgoth, ho visto quello che sono capaci di fare. Voi, no. Non avreste speranze di sopravvivere, laggiù. No. L’unica cosa che potete fare, è andare con Cìrdan all’est.

I gemelli rimasero entrambi in silenzio. Maglor sentì il cuore martellargli nel petto, tanto forte da fargli male alle costole, e dovette stendersi contro i cuscini, cercando di ignorarlo. Il silenzio divenne tanto pesante da fargli desiderare di sentire un rumore, un qualsiasi rumore, per spezzarlo. Stava per aprire bocca, per dire qualcosa, qualcosa di cui avrebbe potuto pentirsi, forse, ma doveva parlare, non poteva lasciare che quel maledetto silenzio durasse un solo minuto di più—

-No- fu Elros a parlare. Maglor sobbalzò nel sentirlo. Il tono del ragazzino sembrava covare un’ira trattenuta a stento. –Non puoi dire così!

-Cosa?- Maglor incrociò le braccia, il tono reso più duro.- Come, non potrei dire così?

Vide Elros abbassare il viso, la sua rabbia immediatamente spenta di fronte al tono d’acciaio di Maglor. Il Fëanorione vide il ragazzo mordersi il labbro inferiore, a disagio.
Senza sapere più che dire, si voltò verso Elrond. Il giovane aveva gli occhi grigi spalancati, le labbra serrate in una linea sottile. Sembrava aver perso le parole.
D’un tratto, Maglor sentì una stretta al  cuore, l’ennesima in quel periodo. Capiva come dovevano sentirsi, di fronte alla possibilità di venire costretti a lasciare l’unica persona che si fosse presa cura di loro in quegli anni, l’unica che avesse dimostrato loro un po’ di affetto dopo che i loro genitori li avevano lasciati.
Anche lui si sentiva devastato di fronte alla prospettiva di lasciarli. Ma d’altra parte, non aveva scelta.

-Mi … mi dispiace- vedendo che rimanevano in silenzio, decise di prendere la parola, addolcendo il tono. – Davvero, mi dispiace. Nemmeno io vorrei lasciarvi andare, ma non ho scelta. Gli eserciti di Morgoth … voi non avete idea di quello che c’è al Nord. Voi non avete mai visto la potenza di Angand all’opera. Io sì. Credetemi, se vi mando via, da Cìrdan, è solo perché—
D’un tratto, si bloccò. È perché vi voglio bene , avrebbe voluto dire. Solo, non era del tutto sicuro che fosse giusto dire qualcosa del genere, per lui. Anche se sapeva di essere ampiamente ricambiato.

-Perché? – Elros doveva aver nuovamente trovato il coraggio di parlare. I suoi occhi grigi sembravano enormi, alla luce della candela, due immensi specchi dove Maglor poté vedere un minuscolo riflesso del proprio viso.
Il secondogenito di Fëanor si trovò a storcere le labbra in un leggero ghigno. Sembrava che sarebbe stato costretto a dirle, alla fin fine, quelle dannate parole.

-Perché tengo a voi, ecco perché- disse piano .- Perché non voglio che moriate su un maledetto campo di battaglia, per colpa dei servi di Morgoth, o che veniate fatti prigionieri, voglio che viviate il più a lungo possibile, voglio che abbiate l’occasione di crescere e vivere appieno la vostra vita. Cìrdan era amico di vostro padre, farà in modo che stiate bene. Non vi succederà niente di male, ve lo prometto.

Ancora silenzio. Maglor non poté fare a meno di chiedersi quante sue conversazioni fossero fatte di quei lunghi, pesanti silenzi. Non che potesse biasimarli per quello.

-Non vieni con noi?- stavolta fu Elrond a parlare, la voce sottile come il fruscio di una foglia. Maglor sentì le labbra distendersi, il ghigno divenire un leggero sorriso. Lo riempiva di tenerezza quella dichiarazione, per quanto il ragazzo dimostrasse di avere ancora parecchia ingenuità.
Scosse la testa:- Non posso- disse, guardandolo dritto negli occhi.- Sono vincolato al giuramento che feci a mio padre. Io e mio fratello dobbiamo recuperare i Silmarilli, è quello per cui ci prepariamo dal momento in cui siamo arrivati qui in Endor -- è quello per cui abbiamo sacrificato tutto ciò che avevamo, pensò, ma non lo disse. - Non possiamo tirarci indietro, proprio ora che siamo così vicini. Ma non preoccupatevi. Starò bene.
Vide Elros chinare la testa, mordicchiandosi di nuovo il labbro inferiore. Poi parlò, la voce che tremava :- Ci … ci vedremo ancora? Non ci lasci per sempre … vero ? -  sembrava quasi aver paura di guardarlo in faccia.
Maglor sussultò dolorosamente, rendendosi conto di cosa esattamente quel ragazzo gli aveva chiesto. Capiva ciò che i gemelli dovevano provare in quel momento. Anche lui si sentiva dolorante, dolorante e perso, al pensiero di lasciarli andare.
Non gli sarebbe rimasto nessun altro a parte Maedhros, dopo averli lasciati andare.
E anche loro non avrebbero avuto che l’uno per l’altro. Doveva essere tremendo per loro quanto lo era per lui, il pensiero di venire lasciati da colui che avevano imparato ad amare, nonostante tutto quel che era successo, dopo essere già stati lasciati dai loro genitori, così come Maglor non poteva sopportare di abbandonarli, dopo la morte di suo padre e dei suoi fratelli.
E anche lui non poteva fare   a meno di chiedersi se li avrebbe mai più rivisti.

Dipende tutto dal recuperare o meno i Silmarilli , pensò, serrando il pugno. Se riuscirò a portare a compimento il mio giuramento, verrò a cercare Elrond ed Elros, e rimarrò con loro fino a --- qualsiasi sarà il destino che Eru sceglierà per loro, che decida di renderli Eldar od Edain. Lo giuro.

-No, non vi lascio per sempre- sapeva che non avrebbe dovuto promettere così a cuor leggero, non quando c’era la possibilità che lui morisse in battaglia, bruciato vivo dai draghi di Melkor o passato sulle lame dei suoi orchi. Ma se aveva una pur minima possibilità di recuperare i Silmarilli, lui avrebbe fatto qualsiasi cosa, pur di tornare da loro. - Tornerò. Non so come, non so quando, ma lo farò. Ve lo prometto, ci rivedremo.
Nessuno dei due disse nulla. Elrond si limitò ad annuire in silenzio, Elros lo scrutò a lungo, senza accennare più un gesto.
-Ve lo prometto – ripeté un’altra volta, tendendo le mani verso di loro. Forse non avrebbe dovuto lasciarsi andare a promesse tanto avventate, non quando aveva già un giuramento a cui adempiere, ma si rifiutava di lasciar andare i gemelli senza aver potuto almeno dare loro una speranza di rivederlo.
Forse perché   era esattamente ciò che anche lui desiderava.
Si sporse ulteriormente verso di loro  , e strinse la destra di Elrond e la sinistra di Elros tra le proprie mani. Per qualche istante rimasero fermi e rigidi, il calore delle loro mani, ancora giovani e sottili, che scaldava un poco le sue, grandi e gelate, e si ritrovò a chiedersi se non si sarebbero ritratti sotto il suo tocco. Ma fu un pensiero breve, che svanì in fretta quando sentì i gemelli ricambiare la sua stretta, e farsi avanti per abbracciarlo.
Maglor ebbe un attimo di smarrimento. Non era sicuramente la prima volta che li abbracciava, ma non si aspettava una simile reazione, non dopo quello che aveva detto loro.
Si concesse di stringerli più forte a sé, lasciando che seppellissero la testa contro il suo petto. Sentì Elrond soffocare un singhiozzo contro la sua spalla, e sollevò le dita per accarezzargli i capelli, mettendo ordine tra le ciocche arruffate. Per tutta risposta il ragazzo gli si strinse addosso ancora più forte.
Elros non si mosse dal suo petto, fino a che, dopo un tempo che gli parve lunghissimo, non si staccarono da lui.
Maglor li guardò, come se volesse imprimersi per bene i loro visi nella mente. Anche se ormai poteva quasi considerarli figli suoi, era come se temesse di dimenticare quei tratti. Aveva il timore che un giorno non sarebbe più riuscito a visualizzare con chiarezza quegli occhi grigi e limpidi come stagni al crepuscolo, quei capelli neri e folti che si attorcigliavano in ciocche arruffate sulla fronte, quelle guance rosse e accaldate. E lui non voleva che accadesse. Non dopo tutto quello che quei bambini – quei ragazzi – avevano significato per lui.  
E Cìrdan sarebbe arrivato entro poche settimane. Avrebbe dovuto godersi ogni momento passato con loro, assaporarlo lentamente, goccia per goccia, e imprimersi a fondo ogni dettaglio nella memoria.
-Mi dispiace- mormorò. – Avrei voluto fosse andata diversamente … sarebbe dovuta andare diversamente ogni cosa. – s’interruppe di colpo. Quel discorso stava prendendo una piega che avrebbe preferito evitare. – Non lo avrei fatto se non avessi dovuto. Ma non posso fare altrimenti, o voi sareste in pericolo. E io non voglio vedervi in pericolo.
Serrò nuovamente i pugni. I gemelli lo guardarono per un tempo che gli sembrò interminabile, senza dire nulla, di nuovo.
Quando iniziò a chiedersi se non facessero così apposta per farlo impazzire, Elros parlò:- Sì, lo hai detto … mi dispiace, Nolim--- Makalaurë.
Il secondogenito di Fëanor lo scrutò sorpreso. Era raro che i  figli di Elwing lo chiamassero in quel modo. In realtà, ci aveva messo un po’ a rivelare loro il suo amilessë (così come quello di Maedhros, anche se dubitava che il fratello maggiore avrebbe apprezzato il gesto, se lo avesse saputo). E i gemelli non lo avevano chiamato così se non altre due o tre volte, in genere preferivano chiamarlo Nolimo , o semplicemente Kano.
Sentire però quel nome, il nome che gli aveva dato sua madre, sulla bocca di Elros, fu qualcosa che lo fece sussultare per la gioia.
-Non dispiacerti, non è stata colpa tua- ribatté. Si stese di nuovo sulle coperte, in modo da non essere lontano dai loro giacigli. – Lo faccio volentieri, se serve a tenervi al sicuro. E ricordatevi ciò che vi ho detto. Tornerò.
Vide Elrond annuire leggermente, prima di infilarsi nelle coperte accanto al fratello:- Sì, lo sappiamo.- prese un respiro profondo.- Grazie. Anche noi ti vogliamo bene.
Maglor sentì le ginocchia cedergli per l’emozione, e fu felice di essere sdraiato sulle pellicce. Sapeva che i due ragazzi gli volevano bene, ma sentirselo dire ad alta voce, così … Era qualcosa a cui non era preparato, non del tutto.
-Kano?- nuovamente la voce di Elrond.
-Sì?
-Ci suonerai una canzone? Un’ ultima volta … - il tono della voce si smorzò, e Maglor vide che si era morso il labbro inferiore, probabilmente ricordando cosa aveva detto lui l’ultima volta che gli avevano fatto quella proposta.
Maglor però sorrise :- Lo farò. Non ora e non qui, ma lo farò. Ed anche questa è una promessa.
                                                                 ***
Tirava un vento tremendo. Maglor maledisse tra sé e sé per l’ennesima volta  il gelo del Nord che cercava di infilarsi sotto gli spessi strati di pelliccia che lui e suo fratello indossavano.
Si trovavano nel punto dove uno dei rami minori del Sirion si univa al Mithrim, Maglor poteva sentire a distanza le acque del fiume scorrere. Non erano poi distanti dal posto in cui un tempo avevano posto l’accampamento, sulle rive del Mithrim.
Serrò il pugno. Quello non era un bel ricordo, non quando suo padre era appena morto e Maedhros prigioniero di Morgoth.
Scacciò quei pensieri, mentre si voltava verso i gemelli che trotterellavano dietro di lui. Si erano distaccati abbastanza in fretta dall’esercito, in modo da raggiungere Cìrdan il più velocemente possibile. Non volevano essere presenti, quando il Timoniere e il nuovo Re Supremo dei Noldor avrebbero incontrato l’araldo di Manwë, Eönwë. Dubitava li avessero notati, avevano fatto di tutto per non farsi scoprire, anche se negli ultimi mesi il timore che qualcuno avesse finito per sospettare qualcosa si era fatto sempre più forte.
Ma ormai era troppo tardi. Non sarebbero ritornati sui loro passi, non avevano più bisogno di seguire l’esercito dell’ Ovest. Avrebbero potuto varcare il passo di Tol Sirion e le Paludi di Serech da soli.
E sarebbe stato meglio così, infinitamente meglio.
Peccato solo che prima avrebbero dovuto dire addio ai gemelli.
Maglor si morse il labbro inferiore. Il momento era davvero giunto, alla fine. Non poteva più aspettare.  
Lui e suo fratello avevano setacciato palmo a palmo il posto in cui si trovavano, nel poco tempo che avevano potuto stare lì. Avevano trovato, non distante da dove si trovavano ora, una grotta incastonata in uno dei primi rilievi che precedevano gli Ered Wethrin, con una piccola cascata a coprirne l’entrata. Si erano accampati lì, per il momento, in attesa che le schiere di Cìrdan si avvicinassero a quel luogo, e in attesa del da farsi.
Non mancava molto,  come gli aveva detto suo fratello quella mattina, di ritorno dalla sua ultima sortita. Cìrdan e il nuovo re erano a meno di due giorni di cammino da lì, ormai, sarebbe stata solo questione di tempo prima che li raggiungessero.
Non aveva più scelta. Doveva salutarli, e doveva farlo ora.
Maglor si guardò attorno. Suo fratello non c’era, aveva deciso di lasciarli soli in quel momento. Sperava con tutto il cuore che tornasse presto, in modo da avere anche lui tempo per salutare i ragazzi. Non poteva fingere di non essere interessato a loro, non quando troppe volte aveva dimostrato il contrario. Che se ne fosse andato, però, era segno che non era pronto per fare qualcosa del genere.
Si mise in spalla le borse dei bagagli e si voltò verso i ragazzi :- Andiamo! – li  chiamò, facendo loro cenno di avvicinarsi. In un paio di salti, i gemelli gli furono accanto, e Maglor vide che Elrond aveva le labbra serrate in una linea sottile, mentre Elros pareva stranamente imbronciato, con le palpebre pesanti sui grandi occhi grigi.
Maglor li condusse di nuovo alla grotta dove si erano accampati. Non era molto distante, e tese loro la mano mentre passavano in precario equilibrio sulle pietre poste in mezzo al ruscello, di fronte alla grotta. La cascata spruzzò alcune gocce sulle superfici dei loro abiti, ma non era una cascata così potente da riuscire a bagnare del tutto i loro abiti. Maglor, non appena furono di fronte ad essa, sciolse lo scudo che teneva legato sulla schiena, e lo sollevò sopra la testa, creando un varco nella cascata. I ragazzi passarono sotto le sue braccia tese, chinando la testa – erano così cresciuti, ormai! Maglor li seguì in fretta, poggiando lo scudo e i bagagli sul pavimento della grotta quando fu dentro. Prese un sospiro profondo, l’ennesimo.
-Bene- disse, recuperando dai bagagli un fagotto che porse ad Elros, che lo prese sgranando gli occhi. – Qui ci sono i vostri abiti, delle coperte,   del cibo che dovrebbe bastarvi per cinque giorni, e dei fiammiferi nel caso abbiate bisogno di accendere un fuoco. Dovrebbe bastare. Presto comunque arriveranno Cìrdan e il figlio di Orodreth, non dovrete più preoccuparvi –
Le parole gli morirono in gola. Non ce la poteva fare, non poteva pronunciare quelle parole. Tutto gli sembrava stranamente irreale, come se facesse tutto parte di un sogno, perfino gli occhi sgranati dei gemelli, la lieve umidità della grotta che sembrava appiccicargli gli abiti alla pelle, la sensazione della stoffa sotto le dita.
Non si era mai davvero abituato all’idea di lasciarli: ora che questo accadeva, ancora una parte di lui non riusciva completamente ad accettare questo fatto, come se fosse un sogno dal quale non si era ancora risvegliato.
-Grazie- gli disse Elros, afferrando il fagotto che gli porgeva, riportandolo bruscamente alla realtà. Lo guardò coi suoi grandi occhi grigi e Maglor sentì il cuore balzargli in gola. Per quanto avesse vissuto quel momento molte e molte volte nella sua mente, non era davvero pronto a sapere cosa dire.
-Io – iniziò, ma non riuscì più ad andare avanti. Cosa poteva mai dire esattamente? Non fosse stato per il Giuramento, lui e i suoi fratelli non avrebbero mai attaccato l’Arvernien, e non avrebbero mai rapito Elros ed Elrond quando erano ancora bambini, salvo poi decidere di risparmiarli. Era colpa sua, se quei due ragazzi non avevano potuto crescere con i loro genitori, come avrebbe dovuto essere.
Aveva fatto di tutto per rimediare a quella colpa, cominciando ad amarli e ad allevarli come se fossero stati figli suoi. Sperava solo che fosse abbastanza. Sperava che un giorno avrebbero potuto perdonarlo, per quel che aveva fatto, anche se sarebbe stato quasi impossibile da fare.
Non aveva potuto spiegare bene loro le motivazioni che lo avevano portato ad assalire l’Arvernien. Sperava che da quei pochi discorsi che aveva fatto con loro al proposito potesse filtrare qualcosa della gravità del Giuramento che aveva fatto, ma dubitava che avrebbero mai potuto capirlo appieno.
E ormai era troppo tardi. Aveva avuto la sua occasione per rimediare, e l’aveva colta al meglio, ma c’era tanto che era rimasto non detto, troppe parole, troppi discorsi, che non aveva avuto l’occasione di pronunciare ad alta voce.
Sperava che comunque fosse sufficiente.
-Mi dispiace- gli uscì alla fine. – Non sarebbe dovuta andare così. Io non avrei dovuto … Mi dispiace.
Si accorse che stava serrando il pugno, e sentì le lacrime pungergli le palpebre. Avrebbe voluto più tempo. Ne aveva avuto in quantità, durante gli anni che avevano passato nella Foresta tra i Fiumi, ma ora gli sembrava di averlo sprecato, di non aver spiegato loro tutto quel che era necessario spiegare.
-Grazie- disse improvvisamente Elros, e Maglor sussultò. Grazie? Lo stavano ringraziando ? Dopo tutto quel che lui aveva fatto loro?
-Per cosa? – mosse la mano in un gesto vago. – Non dovete ringraziarmi per i bagagli, è il minimo che –
-No- disse Elrond. – Per questo . – mise la mano in tasca, e Maglor lo vide tirar fuori qualcosa che in un primo momento non riuscì a capire cosa fosse. La poté vedere chiaramente solo quando Elrond aprì la mano, mostrando in equilibrio sul palmo l’usignolo di legno che Maglor aveva regalato ai gemelli anni prima.
Maglor sentì il cuore sobbalzargli in gola. Quando  gli era capitato negli  anni passati di pensare al piccolo dono che aveva fatto ai due, aveva scacciato in fretta il pensiero, dicendosi che non era più affar suo pensare a cosa poteva essergli capitato. Era ormai proprietà di Elrond ed Elros, potevano farci quel che volevano. C’era addirittura la possibilità che lo avessero lasciato per sbaglio nella Foresta tra i Fiumi.
E invece scopriva che non era così. Che lo avevano conservato per tutto quel tempo, che avevano capito quanto avesse significato per lui quel piccolo dono.
Per qualche istante, fu tentato dall’idea di riprenderselo. D’altronde, glielo stavano offrendo spontaneamente, ed era pur sempre un ricordo di Nerdanel. La nostalgia per lei era ancora acuta, tanto che lo prese dalla mano di Elrond e lo soppesò nel palmo della mano per qualche istante.
La vernice era ancora più schiarita di quanto ricordasse, e c’erano una serie di crepe sulle ali dell’usignolo che non ricordava ci fossero state in precedenza. Ma era ancora un bell’oggetto, e Maglor non poté fare a meno di sorridere, nel rivederlo.
Parte di lui avrebbe davvero voluto tenerlo. D’altra parte, quante speranze aveva ancora di rivedere sua madre? Tanto più ora che si stava dirigendo verso una guerra che avrebbe finalmente chiamato sul campo anche Morgoth.
Ma sapeva che non era la cosa giusta di fare, tanto più che aveva già rinunciato a qualsiasi pretesa su quell’usignolo di legno molto tempo prima, richiederlo indietro sarebbe stato … beh, sbagliato.
Prese la mano di Elrond, quella mano ancora così giovane, con le dita sottili e le unghie mangiucchiate, e pose nuovamente sul suo palmo la piccola scultura di legno.
-No- disse. – Tenetelo voi. Ormai è vostro, non dovete restituirmelo.
E forse servirà anche a ricordarvi di me, pensò. Ci fu un attimo  di silenzio, poi sentì Elrond farsi avanti, e gettargli le braccia attorno alla vita. Elros corse anche lui ad unirsi al fratello, e Maglor si ritrovò ben presto stretto tra quei due giovani che lo stringevano e che avevano imparato ad amarlo, contro qualsiasi logica.
Li strinse anche lui a sé, affondando le dita in quei capelli setosi per un’ultima volta. Chissà se si sarebbero mai rivisti. Al solo pensiero il cuore gli si strinse.
-C’è qualcos’altro che posso fare per voi? – chiese, a bassa voce, quando si staccarono. Elrond aveva gli occhi lucidi, e una piccola lacrima iniziava a spuntare nell’angolo del suo occhio destro. Anche Elros li aveva lucidi, ma lui fu veloce a passarsi la manica sulle palpebre, quando Maglor lo guardò.
I gemelli si lanciarono un’occhiata d’intesa. Fu poi Elros a parlare :- Beh – iniziò.- Ci avevi promesso che avresti cantato per noi. Lo facevi spesso, prima, poi non ne hai avuto più tempo – lo guardò dritto negli occhi. – Ci canteresti una canzone? Per l’ultima volta. Per favore.
Maglor si sentì quasi nuovamente sul punto di piangere. – Sì- disse, e per poco la voce non gli si ruppe. -Oh, sì!
Prese dalla sua bisaccia l’arpa, sempre avvolta con gran cura, e prese a tendere nuovamente le corde, che aveva allentato nel metterla tra i bagagli. Le arpe alte che si era portato dietro da Valinor erano andate perse assieme alla fortezza dell’ Himring dopo la Nirnaeth Arnoediad, non gli rimaneva che quella piccola arpa. Ma sarebbe bastata.
Li vide sedersi sul pavimento di roccia a gambe incrociate. Maglor si sedette su uno spunzone lì accanto, in modo da poter per bene sistemare l’arpa sulle ginocchia. Anche lui aveva un desiderio smodato di cantare, dal momento che prima non aveva mai potuto farlo per paura di venire scoperti. Ora, però, non c’era questo pericolo: non c’era nessuno lì a parte loro, il suono della cascata avrebbe dovuto coprire in parte il suono dell’arpa, e per quanto Cìrdan e il figlio di Orodreth fossero vicini a quei territori, non erano così vicini da poter sentire il suo canto.
-Che canzone volete ?- domandò. Gliene aveva cantate un’infinità, ma i ragazzi non si erano mai riusciti a mettere d’accordo su quale fosse la loro preferita.
I gemelli si guardarono tra di loro per qualche attimo, come a mettersi tacitamente d’accordo. Elros lo guardò negli occhi :- Quella che ci cantavi sempre una volta … che hai cantato anche la prima sera, quando --- la voce gli calò improvvisamente.
Maglor, che aveva già le mani sull’arpa, a sentire quelle parole rimase come folgorato. La canzone che i gemelli intendevano era quella che poi si era andata a trasformare nel suo poema, il poema che era andato avanti a scrivere durante i cinque anni che avevano passato nella Foresta tra i Fiumi. Il poema che non aveva ancora finito di scrivere, dal momento che l’ultimo atto della storia dei Noldor doveva essere ancora scritto.
Chissà se ne avrebbe mai scritto la fine, un giorno.
Maglor scacciò quel pensiero. Afferrò nuovamente l’arpa e mise in tensione le corde. Vi passò un dito sopra, soddisfatto nel sentirne qualche suono scaturire dalle corde. Li guardò negli occhi:- Va bene.- mormorò. In realtà era un poema troppo lungo da eseguire sul momento, ma sarebbe bastata una piccola parte. – Vi canterò quella.
Non aveva avuto modo di suonare la sua arpa per un lungo tempo, le prime note furono esitanti, quasi goffe, ma non ci gli volle molto prima che le sue dita ricordassero l’antica abilità. Le corde risuonarono sotto il suo tocco, vibrarono sotto quelle note che risuonarono nella grotta e si persero sotto il frastuono della cascata, note di una melodia colma di disperazione, ma anche di speranza. Maglor non pensò più a niente, contavano unicamente le corde dell’arpa sotto le dita, il peso del legno contro le sue ginocchia, gli occhi dei gemelli che lo guardavano estasiati, rapiti dalla melodia. La sua voce si levò alta contro le pareti della grotta, perfino il suono della cascata non riusciva a coprirla del tutto. Cantò e cantò, anche lui rapito in quell’incantesimo, ascoltando le sue stesse parole, come se quelle vicende non gli appartenessero, e stesse ascoltando niente più che un racconto inventato da un altro menestrello.
Non seppe mai per quanto cantò. Ad un certo punto, però, sentì di non poter più andare avanti, e mise giù l’arpa, tentando di scacciare le lacrime che gli erano risalite agli occhi. Appoggiò l’arpa ai propri piedi, e vide che Elros ed Elrond avevano gli occhi pieni di lacrime.
Dimenticata l’arpa per qualche istante, andò vicino a loro e li abbracciò di nuovo. Non parlò più, sapeva che non c’era bisogno che lo facesse.
I gemelli ricambiarono di nuovo l’abbraccio, e Maglor sentì le ginocchia cedergli per qualche istante. Forse quello era l’ultimo abbraccio che avrebbe ricevuto, da lì a molto tempo a venire. Appoggiò la guancia contro la testa di Elros, e lasciò che soffocassero i singhiozzi contro il suo petto.
Si stavano ancora abbracciando, quando Maglor sentì il fratello attraversare la cascata: il suono dei suoi passi era coperto dal rumore dell’acqua, ma sentiva la sua presenza attraverso l’ ósanwë,  e non si stupì quando sentì il suono del piede di Maedhros appoggiare pesantemente contro il pavimento roccioso.
Si voltò a guardarlo. Maedhros aveva la fronte aggrottata, nella sua tipica espressione che tirava fuori quando non era ben sicuro dei sentimenti da mostrare. Lo guardò senza dire nulla, aspettando che facesse qualcosa.
I gemelli si staccarono da lui, a malincuore. Maglor sentì una fitta al cuore, quando si sciolsero dall’abbraccio. Il momento era arrivato, non poteva più rimandare.
Almeno non piangevano più.
-Allora- Maedhros prese un respiro profondo, e fece un passo avanti. - È ora di salutarci.
I gemelli annuirono. Maglor vide il fratello fare un altro passo avanti, con la sua alta statura torreggiava letteralmente sui due ragazzi. Quando fu davanti a loro, si abbassò in ginocchio, fino a che i loro occhi non furono alla stessa altezza.
Maglor fece un passo indietro, sbalordito. Non si era aspettato una reazione del genere dal fratello. Sapeva che anche Maedhros voleva dire addio ai gemelli, ma non si stava comportando come avrebbe immaginato.
Maedhros li guardò bene in viso :- Mi dispiace – disse, a voce bassa. Tese la mano verso di loro. – Io … Non sarebbe dovuta andare così, me ne rendo conto.
Maglor lo guardò, pieno di sorpresa. Suo fratello stava cercando di scusarsi ?  Certo, le sue parole suonavano goffe ed impacciate, e non aveva mai sentito Maedhros esprimersi in quel modo, non lo aveva mai visto tanto a disagio.
Quando aveva avuto modo di stare coi gemelli, era sempre stato sulle sue, poco propenso a parlare con loro se non per il minimo essenziale, e ancora meno a raccontare i suoi fatti personali. Non aveva mai provato a scusarsi.
Ad un certo punto lo vide bloccarsi, come se non riuscisse ad andare più avanti dopo quelle poche, stentate parole. Maedhros alzò lo sguardo verso di lui, gli occhi dilatati, le labbra serrate che esprimevano tutto il suo disagio.
Prima anche solo che Maglor avesse tempo di pensare a cosa fare per aiutare il fratello, Elros si fece avanti e gettò le braccia al collo di Maedhros, e il gemello lo seguì immediatamente. Maedhros, sbigottito – quanto tempo era che nessuno lo abbracciava più?, si chiese Maglor—rimase rigido ed immobile contro i loro corpi che lo stringevano. Anche se  i ragazzi avevano smesso di temerlo già da tempo, non si erano mai permessi di arrivare a un gesto del genere, tanto più che lo stesso Maedhros faceva di tutto per evitare il contatto fisico.
I gemelli però non si fecero intimidire dalla mancanza di reazione di Maedhros, gli rimasero stretti addosso fino a quando non ritrovò il coraggio di circondare con le braccia i due corpi caldi e leggeri dei due ragazzi, e di premerli contro il proprio petto, come aveva fatto tanto tempo prima con Amrod ed Amras.
Maedhros non provò più a parlare, si limitò a tenere stretti a sé i due ragazzi, carezzando piano con l’unica mano i loro capelli corvini. Maglor rimase a guardarli, sentendo un’altra fitta al cuore. Maedhros si era affezionato ai gemelli, malgrado tutto, lo sapeva bene, anche se non si era mai arrischiato ad aprire loro il proprio cuore più di tanto.
Se mai sopravviveremo a questa guerra, lo convincerò a tornare a cercarli assieme a me , pensò, strofinandosi le palpebre. Lo avrebbe fatto, oh se lo avrebbe fatto.
L’abbraccio tra Maedhros e i gemelli sembrò infinito, ma alla fine il primogenito di Fëanor si staccò da loro. I ragazzi avevano nuovamente le guance rigate di lacrime. Maedhros si alzò, e strofinò la mano contro la testa del gemello più vicino.
-Siate forti, e restate uniti, non separatevi mai, per nessuna ragione- sussurrò. – Ce ne sarà bisogno, di questi tempi. So che siete coraggiosi, e saprete affrontare qualsiasi cosa. Prendetevi cura l’uno dell’altro, ve lo chiedo per favore. Sono tempi bui quelli che stanno arrivando, solo uniti avrete la forza di affrontarli.
I ragazzi annuirono piano :- Grazie- disse Elros, strusciando i piedi.- Grazie per tutto.
Maedhros prese un respiro profondo :- Non dovresti ringraziarmi, ragazzo.
Elrond lo guardò bene in faccia :- E invece sì. Tu puoi anche fare finta del contrario, ma tu non sei – esitò per qualche istante. – Non sei un mostro come credi di essere.
Maglor vide il fratello irrigidirsi di colpo. Si voltò a guardare verso Elrond, incapace di credere che il ragazzo avesse realmente pronunciato quelle parole. Per tutta risposta Elrond chinò la testa e si guardò i piedi, come se si fosse già pentito di quel che aveva detto.
-Io non …- Maedhros aprì la bocca per dire qualcosa, ma si interruppe a metà frase, serrando di scatto le labbra. Ci volle qualche secondo prima che tornasse a parlare, dopo che ebbe ripreso il suo usuale autocontrollo, e la sua voce suonò ferma e pacata :- Grazie , Elrond ed Elros Peredhil. Io non posso prevedere il futuro, ma se i Valar riusciranno nel loro intento di sconfiggere Melkor, voi diverrete grandi nel mondo che verrà. Avete la mia benedizione.
I gemelli lo guardarono annuendo piano, finalmente un lieve sorriso sotto le lacrime. Maglor non poté fare a meno di sorridere a sua volta.
Fece un passo avanti e li abbracciò di nuovo:- Forza, ragazzi miei. Ci separiamo nella tristezza, in un’epoca che ci sembra cupa. Ma ricordate sempre che anche dopo  la più cupa delle notti l’alba sorgerà, e che ogni momento di dolore e di amarezza non è mai inutile, voluto unicamente da un destino crudele,  come può sembrare. Ed è grazie a voi che l’ho capito.  Un giorno forse capirete anche voi le mie parole.
I gemelli annuirono piano, senza dire più nulla. E quando Maglor li lasciò, capì che il momento definitivo era giunto. Andò a recuperare la sua arpa e il resto dei bagagli, che giacevano ancora abbandonati sul pavimento.
-Allora noi andiamo – disse Maedhros, alla fine. Li guardò un’ultima volta, e Maglor poté leggere del rimpianto nei suoi occhi. Forse rimpiangeva di non essere stato più caloroso con quei due ragazzi, di non aver voluto aprire a loro il proprio cuore?
Maedhros prese il proprio scudo e lo mise sotto la cascata, per aprire il varco, e passò. Maglor fece lo stesso, senza però mai perdere d’occhio i gemelli. Avanzò verso la cascata, continuando a guardarli: Elrond in fondo alla grotta, seduto a gambe incrociate, Elros in piedi accanto all’ingresso della grotta. Camminò all’indietro un passo dopo l’altro, il più piano possibile, fino a che non dovette ritirare lo scudo e i due gemelli, i figli di Eärendil, quei due ragazzi che erano stati quasi come figli suoi, non scomparvero alla sua vista.
Quella fu l’ultima immagine di loro che si impresse nella sua mente. Compì il tragitto che separava la grotta da dove avevano lasciato i cavalli come se fosse ubriaco, senza quasi vedere ciò che lo circondava. Suo fratello lo attendeva pazientemente, con in mano le redini delle loro cavalcature. Non fece alcuna domanda sul perché fosse stato tanto lento, e Maglor gliene fu grato.
-Andiamo?- si limitò a chiedergli, quando furono in sella.
Maglor, una volta montato a cavallo, con il vento che gli scompigliava  i capelli e che gli schiaffeggiava le guance, si sentì stranamente la mente più schiarita. -Andiamo- rispose semplicemente.
Maedhros non disse più nulla. Si limitò a dare un colpo di talloni al cavallo, e Maglor lo seguì, e ben presto presero entrambi a galoppare nel vento del Nord, sotto il sole che tramontava.
Note:
bene, ed eccomi qui, dopo tutto questo tempo \o/
dunque, un paio di cose:

  • Il punto in cui i gemelli vengono lasciati in una grotta il cui ingresso è coperto da una cascata non è del tutto una mia invenzione, ma viene da un passo di una lettera in cui il Professore rispose a Rhona Beare, in una lettera datata 1958, che qui riporto  (traduzione dall’inglese a cura di Cristina De Grandis): “[…]Elrond ed Elros, figli di Eärendil (amante del mare) e di Elwing (schiuma di stelle) erano chiamati così perché vennero portati via dai figli di Fëanor, nell’ultimo atto della lotta tra le case degli alti elfi tra i principi dei Noldor a causa dei Silmaril; il Silmaril strappato a Morgoth da Beren e Lúthien , e consegnato a  Re Thingol, padre di Lúthien, era stato ereditato da Elwing, figlia di Dior, figlio di Lúthien. I bambini non vennero uccisi, ma lasciati in una cavità con una cascata che chiudeva l’entrata. Lì vennero trovati: Elrond dentro la cavità, ed Elros che sguazzava nell’acqua […]”
Visto che, come si può leggere, non specifica né la posizione geografica, né il periodo in cui vennero trovati, né da chi, mi sono permessa di fare qualche piccola speculazione a proposito, con le timeline e le informazioni a disposizione. Ben lungi dal pretendere che le mie speculazioni siano attendibili e con l’attestato di Canonicità™ , ecco XD (ah, un’altra osservazione: qui si dà una spiegazione dell’origine dei nomi di Elros ed Elrond diversa da quella data nel capitolo 3. Quella da me appena riportata si tratta di una delle prime versioni dell’origine dei nomi di Elros ed Elrond, io invece seguo la versione più tarda, riportata nel Volume XII della HoME, dove Elrond ed Elros sono gli amilessë[nome materno] dei due gemelli, dati da Elwing ai suoi figli. Mi è sempre parsa la versione più verosimile, non fosse altro perché, come venivano chiamati ‘sti poveri bambini fino al ritrovamento, sennò?)  mi spiace davvero tanto averci messo tutto questo tempo a pubblicare, ho già avvisato che ultimamente sono un po' a corto di tempo, spero ugualmente il capitolo sia gradito! buona Pasqua a tutti, Feanoriel
   
 
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