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Autore: Lady Lara    26/03/2016    6 recensioni
"Anno domini MDCCXXVI XV giorno del V Mese . Diario di bordo .."
L'Irlanda e la Scozia subiscono il dominio dell'Inghilterra e le angherie di RE Guglielmo III. L'eroico pirata Captain Hook combatte la sua guerra personale. Qualcuno gli ha insegnato che si combatte per onore, per giustizia o per amore. Lui sceglierà quale uomo essere.
Chi è Lady Barbra, che lo assolda per una missione in incognito? E la donna che tutti chiamano "La Salvatrice"? Killian Jones è troppo scaltro per non capire che c'è altro oltre le apparenze.
Due anime che sanno leggersi l'un l'altra. Che succederà quando intenti e passione si incontreranno?
"Preferisco non averti che averti una sola volta e perderti per sempre .." Il dolore vissuto che rende oscuri e una nuova luce che permetterà loro di trovarsi ed amarsi anche se sembrava impossibile. Ciò che hanno fatto nella loro vita e ciò che faranno sarà per amore. Solo per amore.
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Baelfire, Emma Swan, Henry Mills, Killian Jones/Capitan Uncino, Neal Cassidy, Neal Cassidy/Baelfire
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
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XXIV Un sogno da realizzare

Cap XXIV

 

Un sogno da realizzare

Come è possibile che l’amore sbocci? Da quale seme può germinare questo dolce, vincolante arbusto che, come l’edera, si avvinghia al cuore di chi lo vive? Un sentimento così totalitario, da provocare la febbre nel cervello, obnubilare la mente, togliere l’appetito, far accelerare i battiti cardiaci, aumentare la pressione sanguigna, dare il tormento e dare la pace, sconvolgere e acquietare, avendo un unico pensiero che domina su tutti gli altri, Lui o Lei … e … per quel pensiero … desiderare di essere migliori.

 Come inizia tutto? Quando si arriva al momento, a quella linea di demarcazione, passata la quale, dalle labbra sgorga, come un soave canto, la frase: “Io ti amo”?

 L’amore può essere molto lento, impiegare anni, affinché due anime si riconoscano; nasce in quel caso dall’amicizia, dall’affetto che ne consegue, dalla stima e può diventare una scelta per la vita, stabilendo un sodalizio che, se da vantaggi ad ambedue, durerà negli anni. Altre volte l’amore è improvviso, non voluto, non cercato, scoppia come il fulmine del temporale estivo. Ci si trova vicini e sconosciuti con gli sguardi volti altrove, poi all’improvviso si sente un richiamo nell’anima, ci si volta contemporaneamente, gli sguardi si incontrano, gli occhi si parlano e i corpi, come calamite, si attraggono, desiderando quell’unione che esisteva già dal momento in cui ambedue erano stati creati. Anime gemelle …

 

Emma era sveglia, distesa sul letto a pancia in sotto. I gomiti appoggiati sul materasso e le mani a far da supporto al viso. Pensava, la giovane donna, al mistero dell’amore e ai due uomini che aveva amato in vita sua. Il primo lo aveva sentito così vicino! Pur senza averne visto il volto, era entrato, apparentemente senza far rumore, ma in realtà con la risonanza del tuono, nella sua anima e vi era rimasto infine per anni, tornando come un uragano dopo dodici anni. L’altro era diventato un amico che, piano piano, aveva conquistato il suo cuore, fino a diventare suo marito. Eppure, ciò che era nato piano l’aveva profondamente colpita e estremamente delusa, mentre il fulmine a ciel sereno, che era stato il suo primo giovane amore, si era ripresentato più imperioso di prima e l’aveva stupita piacevolmente, per la sua bellezza e per il suo modo di essere. Aveva visto, finalmente, il suo viso e i suoi occhi e quel fulmine era tornato a colpirla e a stordirla, completamente. Sapeva che per lui era successo lo stesso. Ricordava le parole di Frate Benny, sui campi magnetici personali, ma secondo lei c’era qualcosa che andava oltre. Da quando gli aveva mostrato la spada e anche Killian l’aveva toccata, aveva iniziato a fare strani sogni su loro due … no, non voleva pensarci, quei sogni la turbavano, la rattristavano, anche quando nel sogno si amavano con la stessa passione e consapevolezza che usavano nella realtà. Quando l’amore era diventato passione? Forse lo era … da sempre …

Si rivolgeva domande alle quali non avrebbe mai trovato una risposta e intanto guardava l’uomo che dormiva sereno, disteso accanto a lei, abbandonato nel sonno ristoratore, conseguenza di un amplesso passionale durato buona parte della notte. Il lenzuolo lo copriva fino ai fianchi, lasciando che mostrasse l’addome villoso dai muscoli scolpiti. La catena con i due ciondoli, che portava al collo, pendeva di lato, verso Emma. Quando aveva scelto di indossare quell’ornamento da pirata? Cosa significavano per lui il teschio ed il pugnale? Forse glielo avrebbe chiesto …

Guardò il suo viso, sentì una grande tenerezza pervaderle il cuore. Non era la prima volta che guardandolo dormire le succedeva. Lo aveva osservato tanto, quando aveva avuto l’infezione e la febbre alta e la tenerezza provata era simile a quella materna, che provava  guardando il suo piccolo Hanry. I suoi lineamenti erano gentili, regolari, armoniosi. Era veramente bello! Gli zigomi alti, quella lieve cicatrice sul destro … chissà come se l’era procurata? La barba, ora meno curata, dopo la sistemata che il valletto gli aveva riservato nel Maine, la sera del ballo, gli donava come a pochi uomini. Immaginò che se fosse stato senza quell’ornamento del mento, sarebbe apparso molto più giovane della sua vera età. Il duro pirata che mostrava di essere con la ciurma e con il nemico, sapeva essere un uomo dolcissimo, un poeta capace di dirle frasi che potevano farla arrossire, accelerarle i battiti cardiaci e scatenarle il desiderio più passionale che mai avrebbe immaginato di poter provare. Sapeva essere un artista anche nell’amore, con il suo tocco leggero e sensuale …

Lo pensò così, mentre al solo pensiero il suo ventre iniziò a sentire nuovamente il calore dell’eccitazione.

- Sei diventato indispensabile per me Killian, non posso più pensare di vivere senza il tuo calore vicino e … dentro di me. Ti amo … ti amo tanto!

Lo pensò soltanto, ma lo pensò così intensamente che forse giunse dritto all’anima di lui. Vide il tremolio delle sue palpebre, attese di vedere il cielo e il mare che celavano. Killian aprì gli occhi, ancora un po’ assonnato e capì che da un pezzo lei lo stava osservando. Nel guardare quei suoi meravigliosi occhi, ad Emma sembrò di perdere un battito del cuore.

 – Contempli il panorama Swan! È di tuo gradimento?

 – Si, è un panorama che mi piace molto e ho voglia di baciarti ancora!

– Il mio maledetto fascino! Mi dicono tutte così!

– Coosa?! Be allora ti scordi che ora io ti baci! Anzi me ne vado nella mia stanza e trovatene un’altra tra quelle “tutte” che ti dicono così!

Tra quello che sembrava uno scherzo e la gelosia, Emma si era urtata veramente e si stava alzando per andarsene. Killian rise divertito e la riafferrò da dietro, prendendola per la vita e facendosela cadere sul petto.

 – La mia piccola, permalosa e gelosa principessa!

La teneva stretta con la schiena al suo torace, mentre le depose una scia di baci dalla spalla sinistra lungo il collo. Cercò con la mano il suo seno destro e lo carezzò con la solita delicatezza.

– Lo sai benissimo tesoro che non ho mai sentito per nessuna quello che provo per te! Non lasciare che una sciocca mia frase spezzi la tua fiducia in me.

Emma si voltò tra le sue braccia per guardarlo in viso.

– Hai avuto molte donne Killian, io non ho una grande esperienza in merito e non so se ti basta! Hai amato Milha e sono gelosa delle possibili differenze in suo favore …

Killian si irrigidì un attimo a sentire quel nome, Emma lo percepì perfettamente.

 – Emma stai dicendo sciocchezze! Ho avuto molte donne è vero! Avventure da bettola, durate poche ore, donne incontrate e dimenticate… di Milha ti ho raccontato tutto … ci ha unito la sofferenza e la voglia di uscirne … era bella, attraente … l’ho amata e le sono stato fedele, sai come è andata. Era lei ad essere gelosa di te … hai visto il disegno che lei aveva chiuso a chiave … quella frase l’aveva molto colpita e ne aveva tutte le ragioni! Quello che ho provato per te allora è stato qualcosa che è andato oltre l’umano, è stato come se ti avessi cercata per mille anni, ti aspettavo e ti avrei aspettata altri mille anni, se fosse stato necessario. Ti ho ritrovata … sarà stato un caso? Sarà stato il destino? Se ti ho ritrovata è a causa di Milha … lo sai perché ero venuto a Storybrook! Tu sei perfetta! Per me nessuna è come te … neanche Milha! Nella parte più profonda della mia anima è come se tu ci fossi sempre stata! Ti guardo e sei l’immagine che ho dentro da sempre! Non so spiegarti come nasce l’amore e perché … ma io so che ti amo, ti amo più della mia vita e il mio sogno più grande è di sposarti, unire le nostre vite al cospetto di Dio! Ti ho già detto che sei la mia casa e con Hanry vorrei che foste la mia famiglia ... andremo via, da qualche parte, in qualche colonia americana, per ricominciare. Se lo vuoi anche tu, sarà possibile! Ora che navighiamo verso Neverland, sono in preda alla gioia ed al terrore! Voglio mostrarti il mio rifugio e quella terra lussureggiante ma, contemporaneamente, sono terrorizzato all’idea che per te possa essere fatale …

Emma non riuscì a parlare, i suoi occhi verdi brillavano, lucidi per la commozione, le sue parole … sapevano emozionarla nel profondo e lei sapeva solo reagire ed agire. Unì le labbra alle sue, portandogli la mano sul viso e poi carezzandogli la testa bruna. Lo accosto di più verso di sé, fu uno dei loro baci più appassionati.

 – Emma! Ti sei resa conto che è l’alba e non abbiamo toccato la cena di Paul?

 – Non fa nulla, la useremo come colazione … tra un pochino … ora … ancora ho voglia di te …

Killian rise felice, la teneva ancora tra le braccia e la portò su di sé, poi lasciò che lei prendesse il piacere che voleva, non glielo avrebbe negato di sicuro! Era ciò che voleva anche lui … sentire il suo intimo calore avvolgente e il piacere espandersi in tutte le fibre del corpo, ancora, ancora e ancora …

 

Eddy aveva pulito il ponte, pulito la gabbia dei piccioni, fatto esercizio con addominali e scalata su per le cime. Ora camminava lungo il ponte imbronciato.

 - Che gli é passato per la mente a Killian di cambiare rotta e tornare a Neverland?!

 

Erano passati dodici giorni, dal cambio della rotta e presto avrebbero avvistato la nebbia celestina che avvolgeva l’isola. Sbuffò infastidito. Non c’era nulla per lui su quella, pur bellissima, isola! O meglio non c’era Anny!

Prese la spada che Killian gli aveva regalato, la spada da Tenente della marina. Quando il Capitano “si fosse degnato” di uscire dalla sua cabina o … da quella di Emma … avrebbero ripreso l’allenamento. Era fiero di sé stesso, stava diventando abile e anche il suo maestro si era complimentato con lui in quegli ultimi giorni. Complimentato con lui?! Non ci poteva credere! Il Capitano Killian Jones che lo trattava sempre con durezza, ora gli riconosceva dei meriti?! Eddy si chiese quanto merito avesse invece Emma nel cambiamento di Killian. Lo aveva fatto uscire dal suo guscio duro e nero. Eddy lo aveva conosciuto così, ma in quel periodo Killian soffriva sia per il lutto di Milha sia per l’amputazione della mano. Poteva non essersi incupito?

Li vide arrivare. Emma con indosso i suoi pantaloni per tirare di scherma, lui in maniche di camicia, pantaloni fascianti in pelle nera e senza il panciotto, faceva troppo caldo! Portavano le loro spade al fianco, pronti come tutte le mattine a battersi.

Eddy aveva osservato attentamente i cambiamenti nel rapporto tra i due. Anche la distanza fisica si era accorciata, proporzionalmente al tempo dalla partenza per il Maine e, da quando erano risaliti sulla nave, vedeva in loro altro. Eddy sapeva ormai di cosa si trattasse … amore, passione, appartenenza. Tutti a bordo avevano capito che si amavano, lo avevano capito prima di loro stessi. Lo avevano avvertito dalle scariche elettriche che avevano emanato, invisibilmente, dal primo momento che Killian aveva afferrato il braccio di Lady Barbra, per non farla cadere dalla passerella malferma della Jolly Roger. Non avevano scommesso più su di loro, avevano preferito rispettare i loro sentimenti e le loro azioni. Killian aveva sofferto troppo e per tutti gli uomini della ciurma, suoi fratelli, vederlo tornare il ragazzo di un tempo, la persona solare che era, allegro e di compagnia, era una grande gioia. Ora camminava affiancato ad Emma, si vedeva bene che non poteva starle lontano, non poteva non toccarla, approfittare del vento che le scompigliava i capelli per passarvi la mano e risistemarglieli dietro l’orecchio, lasciandole una carezza sul viso o approfittare del movimento delle onde per abbracciarla e stringerla a sé, baciandola sul collo … Lei … lei era come lui, lo voleva tanto quanto lui la voleva. Eddy aveva scoperto, guardandoli, non solo cosa l’amore facesse a due cuori innamorati, aveva scoperto che cos’era l’invidia. Si, pur volendo bene ad entrambe, li invidiava per quello che loro avevano e per quello che a lui mancava … sospirò.

– Oh! Anny, tornerò da te e se mi vorrai io non andrò più via! Voglio quello che hanno Emma e Killian, credo che sia bellissimo …

 

 

-         Terraaa! Terraaa!

Spugna gridava a squarciagola dalla vedetta. Neverland si stagliava davanti alla prua della nave. A parte Eddy, tutti erano euforici per l’avvistamento. Per alcuni significava ricongiungersi con la propria sposa e con i figli avuti. Jefferson era uno di questi, si aggrappò ad una delle cime, mentre, incantato e sorridente, guardava quella nebbiolina azzurrina che celava l’isola. Tra breve avrebbe riabbracciato la donna che gli aveva rubato il cuore e che lo aveva reso padre di una splendida bimba. Si chiamava Giglio Tigrato ed era la figlia del Capo del villaggio. Aveva dovuto superare delle prove di lotta ed abilità, per poter ottenere la sua mano dal Grande Capo. Era la squaw più bella del villaggio, l’aveva portata via a diversi giovani guerrieri ma, superando quelle prove, si era conquistata anche la loro stima. Al villaggio tutti lo chiamavano “Volpe bianca”, un riconoscimento alla sua furbizia ed al colore della sua pelle. Per il Grande Capo era diventato un figlio, il figlio maschio che non aveva mai avuto, visto che sua moglie gli aveva regalato solo due figlie; la seconda si chiamava Ala Grigia, bella quasi quanto Giglio Tigrato, ma più silenziosa e di carattere chiuso, apparentemente meno selvaggia della primogenita, una giovane incognita per Jefferson che, nonostante la sua grande intelligenza, ancora non era riuscito a capire a fondo di che pasta fosse fatta sua cognata. Giglio Tigrato era una donna volitiva, abituata al comando, a dirigere tutto e tutti, conosceva le erbe dell’isola e spesso aiutava lo sciamano del villaggio, suo zio, fratello della sua defunta madre, nei riti religiosi e nella cura della sua gente. Mentre la pensava venne spontaneo a Jeff paragonarla ad Emma. Quelle due avevano molto in comune! Si sarebbero piaciute, ne era certo!

 

Killian ed Emma erano corsi sul ponte di poppa al grido di avvistamento. Sorridevano, guardando ora verso l’isola ed ora nei reciproci occhi. Lui avrebbe mostrato il suo rifugio all’unica donna che aveva mai portato su quell’isola incantevole, l’unica che aveva voluto portarvi. Iniziò a descriverle la costa:

 – In due punti la costa ci offre due porti naturali, due baie profonde; sul lato nord troviamo una costa di ghiaia, invece a sud la spiaggia è fatta di una sabbia bianca e finissima. In un punto la spiaggia si divide con delle rocce naturali, quella più raccolta è la mia spiaggia. Risalendo da lì si giunge al mio rifugio, al laghetto di acqua dolce e alla cascata del fiumiciattolo che lo crea. Sulle rocce vicine, grazie all’aiuto dei miei uomini e ai giovani del villaggio, ho costruito la casa dove vivo e dove mi riunisco con la ciurma, quando dobbiamo discutere dei nostri piani. Mentre saremo qui, durante le ricerche dell’arbusto, sarò onorato di condividere la casa con te, voglio che tu  senta di esserne la regina …

Strinse a sé Emma, mentre le diceva queste ultime parole, lei non rispose, un nodo in gola la bloccava come al solito. Rispose come le riusciva meglio, baciandolo appassionatamente, carezzandogli i capelli ribelli e scompigliati dalla brezza marina. Killian schiuse a sua volta le labbra lasciando che le loro lingue si assaporassero lentamente, danzando la loro danza sensuale, trasmettendosi ciò che le parole non sapevano dire.

Così intimi, incapaci ormai di nascondere ciò che provavano, completamente noncuranti di chi li circondava, non si accorgevano degli sguardi ammiccanti e dei sorrisi che gli uomini della ciurma si scambiavano, benevoli, nei loro confronti. Si sciolsero da quell’abbraccio e ancora con gli sguardi languidi, rimandando mentalmente ad un vicinissimo “dopo”, quel momento da … approfondire in privato, Killian si rimpadronì del suo ruolo autoritario e lanciò gli ordini d’uopo ai suoi uomini.

Si stavano avvicinando velocemente, l’abbrivio era ottimo, ma era il caso di iniziare a lascare le rande a turno, per rallentare la velocità. Inoltre era necessario evitare gli appuntiti scogli che, poco visibili, davano il “ben venuto” alla prima delle due baie che Killian aveva descritto ad Emma. Era la “Baia delle sirene”, nominata dallo stesso Capitano così, proprio a causa di ciò che potevano provocare quegli scogli, affondamenti e morte, come le leggendarie sirene di cui parlavano i racconti dei marinai, bellissime e crudeli creature, per metà donne e per l’altra metà pesce che, con il loro melodioso canto, ammaliavano i malcapitati e li portavano a schiantarsi sulle rocce o a vivere con loro in fondo al mare.

 Killian si diresse al timone, preferiva affrontare di persona il pericolo, non lasciare in mano a nessuno il proprio destino, se non a sé stesso. Emma lo seguì, ma vedendolo così concentrato, non gli chiese ciò che avrebbe voluto, ossia guidare ancora la nave con lui. Si rese conto, una volta di più, di quanto abile fosse l’uomo che amava e di quanto impegno e passione metteva in ogni cosa che facesse. In quel momento tra le sue mani c’era la vita dei suoi uomini e non solo.

La responsabilità, su di loro e sulla Principessa, gli conferiva in quel momento un cipiglio cupo. I muscoli della sua guancia sinistra avevano un guizzo ogni volta che induriva la mascella, sia per lo sforzo che per la concentrazione. Riuscì a far passare la sua nave tra gli scogli, sfiorando il pericolo e si insinuò nella baia dove, in quegli anni di pirateria, aveva costruito con i suoi uomini, un attracco adeguato. Emma vide i moli di legno e delle baracche che, sicuramente, fungevano da rimesse. La vegetazione che si apprezzava per la parete scoscesa, pendente verso il piccolo porto, aveva la tonalità dello smeraldo. Tra quella vegetazione si snodava, nascosta, una via, poco più che una mulattiera, che univa il porto alla zona abitata dagli indigeni. Un punto di roccia spiccava alto al di sopra del porto e, in quel momento, qualcuno stava osservando la nave che attraccava.

 

Due giovani occhi, leggermente a mandorla, dall’iride scura come l’ossidiana, mentre guardavano la nave che giungeva, brillavano di gioia, Lui era tornato! Il cuore nel petto ebbe un sussulto. Era stato via tanto, ma lei sapeva che sarebbe tornato! Pregava per lui il Grande Manitù tutti i giorni, chiedendogli di proteggere Occhio di Cielo.

 Erano passate molte lune dalla prima volta che lo aveva visto. Aveva dieci anni e lui era arrivato sull’isola con quella stessa nave e con un vestito molto diverso da quello che indossava ora, aveva scoperto che quegli indumenti erano chiamati “divisa”, tutti gli uomini della nave vestivano in quel modo, ma Occhio di Cielo e Aquila Rossa portavano sulle spalle dei segni dorati che li distinguevano dagli altri. Le avevano spiegato che erano segni di comando. Aquila Rossa era più robusto e grande di età, rispetto a Occhio di Cielo, era suo fratello ed era il “grande capo”, per i suoi capelli rossicci era stato chiamato in quel modo. Il più giovane era come un vice capo e lei ricordò che, quando l’aveva visto arrivare al villaggio e i loro sguardi si erano incrociati, le era sembrato che tutto intorno sparisse, per lasciare spazio agli occhi azzurri di quel giovane, che lei aveva trovato bellissimo. Per quegli occhi azzurri, il suo nome sull’isola divenne Occhio di Cielo. I due fratelli avevano cercato di parlare con il capo del villaggio. Portavano un’ immagine, con loro, di una pianta che cresceva sull’isola, una pianta che suo zio usava per preparare pozioni, una pianta molto velenosa. Volevano trovarla, non si sapeva perché. Lo zio cercò di spiegar loro che era pericolosa, bisognava saperla maneggiare, ma loro non capirono il linguaggio e si avventurarono a cercare.

I bambini del villaggio erano affascinati dagli stranieri ed erano la loro ombra, specialmente per Occhio di Cielo, lo ammiravano per la sua simpatia, per la giovinezza, quel sorriso smagliante e accattivante. Spesso giocava con i bambini e si divertiva a parlare con loro. In due settimane Occhio di Cielo era diventato bravo a capire quello che dicevano e lui stesso a parlare nella loro lingua. Lei faceva sempre in modo di restare nei paraggi dove si trovava quel bel giovane. Era una dei bambini e giocava  con loro con la speranza di attirare la sua attenzione, ma lui, pur avendola notata, la considerava per quello che era, una bambina. Era arrabbiata per questo, avrebbe voluto avere le forme sviluppate di sua sorella. Era andata al laghetto della cascata e si era spogliata per guardarsi nell’acqua. Non c’era nulla da fare! Era piatta come un maschietto, niente seno, Occhio di Cielo non l’avrebbe mai considerata! Continuava ad essere per lui una simpatica e buffa ragazzina. Un giorno, però, le si accostò facendole delle domande riguardo ai tatuaggi che aveva su entrambe le braccia, disegnati come due bracciali. Lei fu felice di quel momento e rispose aiutandosi anche con la gestualità. Gli spiegò che quei tatuaggi li aveva fatti suo zio, lo sciamano, erano dei segni per scacciare gli spiriti del buio, suo zio era fissato che il buio potesse riempire il suo cuore! Occhio di Cielo andò a trovare lo sciamano Aquila Bianca e, qualche giorno dopo, lo vide a dorso nudo, con suo fratello che rideva, mentre lo sciamano gli tatuava sulla spalla sinistra degli strani segni. Incuriosita e avendo preso un po’ di confidenza con lui, con la scusa delle informazioni che gli aveva chiesto i giorni precedenti, si permise di chiedergli cosa significassero quei segni e lui indicando il cielo aveva risposto che erano stelle e che nella terra da dove veniva si chiamavano Piccola Orsa e la stella più grande era Polaris. Per lui era il talismano che lo avrebbe aiutato a trovare quello che cercava, gli avrebbe sempre indicato la strada giusta. Cercava tanto quella pianta! Infine la trovò, però suo fratello Aquila Rossa non era stato abbastanza bravo nel prenderla e si graffiò, morendo a causa del suo veleno. Occhio di Cielo era disperato per aver perso suo fratello e lo seppellì sulla montagna Calva. Poi ripartì e torno dopo 24 lune. Lei le aveva contate una per una. Al suo ritorno vestiva con abiti neri, in pelle e il panciotto rosso, aveva più barba e le sembrò più bello dell’ultima volta che lo aveva visto. L’aveva riconosciuta e le disse che era cresciuta, ma per lui ancora era solo una bambina. Occhio di Cielo era diventato il “grande capo” della sua nave e tutti gli obbedivano. Partiva con loro e tornava dopo tante, tante, tante lune. Quando lo rivide, al posto della mano sinistra aveva un uncino e i suoi occhi sembravano il cielo di notte, non era felice, soffriva. Avrebbe voluto consolarlo. Lei aveva conosciuto la sua prima luna rossa e, finalmente, sapeva che Occhio di Cielo non avrebbe visto più la bambina, ma la giovane e procace ragazza che stava diventando, avrebbe regalato a lui il suo corpo e il suo fiore virginale ... In effetti quando l’aveva rivista era rimasto sorpreso e le aveva detto che era diventata molto bella. Era arrossita come il tramonto e sua sorella Giglio Tigrato l’aveva schernita, mentre il suo futuro marito le diceva di lasciarla stare che era solo una bambina. Era scappata a piangere e Occhio di Cielo l’aveva seguita e riconsolata. Le aveva detto che sicuramente avrebbe avuto più pretendenti di sua sorella, per quanto stava diventando carina e di essere felice, perché, presto, avrebbe sposato il guerriero più coraggioso del villaggio. Pianse più di prima, non le importava nulla del guerriero più coraggioso del villaggio, lei voleva solo l’uomo che amava, ma quell’uomo vedeva ancora la piccola che era stata, voleva Occhio di Cielo ma lui non voleva lei. Ora stava tornando, l’avrebbe trovata sicuramente molto più attraente, era vero, la maggior parte dei giovani guerrieri del villaggio la corteggiavano e aveva sperimentato con due, tre di loro le sue arti seduttive, aveva imparato a dar loro piacere e a riceverne, non si era fatta problemi a concedersi, nelle loro usanze era ammissibile. Se una donna voleva essere di un uomo e appartenergli come moglie, bastava che entrasse nel suo tepee, se avevano una buona intesa potevano celebrarsi le nozze o, altrimenti, la squaw poteva entrare in altri tepee fino a capire a chi volesse appartenere veramente. Lei lo sapeva perfettamente a chi voleva appartenere e quella sera sarebbe andata da Occhio di Cielo. Lui non aveva un tepee. Aveva costruito con i suoi uomini e i giovani del posto un grande tepee di legno che chiamava casa. Sarebbe andata lì.

 

Il Capitano Jones distribuì gli ordini tra i suoi uomini. Non potevano scendere tutti a terra, era sempre necessario che qualcuno restasse sulla nave per custodirla. Sarebbero scesi gli ammogliati per primi, era giusto che rivedessero le loro famiglie, gli altri avrebbero fatto i turni per la custodia del vascello, potendo così scendere a loro volta e riabituarsi alla terra ferma. Riguardo a sé e ad Emma, Killian aveva un’altra intenzione, l’avrebbe portata prima a conoscere il capo degli indiani, Grande Aquila, quindi, visto che Jeff era suo genero, sarebbero andati insieme al villaggio principale, dove si trovava il tepee di Jefferson e Giglio Tigrato.

Attraccarono al molo e chi doveva scendere lo fece. Caricarono di granaglie un carretto, che tenevano in una delle rimesse, era un omaggio al Grande Capo e avrebbe sfamato più gente di quella che realmente viveva nel villaggio.

Si incamminarono per il pendio, il carro era molto pesante e la fatica di quegli uomini non era poca. Bardo faceva parte del gruppo, insieme a Jeff, Jambon e Moscerino. In un punto meno agevole della strada, il carretto sbandò e si inclinò verso il lato dove spingeva Bardo. Nel tentativo di mantenere l’equilibrio del carretto, il musico si sforzò sulle gambe e la schiena, mettendo male un piede e sentendo un dolore lancinante alla gamba. Il movimento di rotazione della tibia e del perone, in modo repentino, comportò la loro netta frattura. L’uomo lanciò un urlo da accapponare la pelle.

Emma si rese conto subito delle condizioni di Bardo e facendosi aiutare dagli altri uomini, gli scoprì la gamba, notando gli spuntoni delle due ossa che forzavano verso il tessuto muscolare. Era una frattura di tipo scomposto, Frate Benedictus avrebbe detto probabilmente  che bisognava agire con un intervento chirurgico se non si fosse riusciti a metterlo in linea con il tiraggio. La Principessa espresse le sue riflessioni e Killian suggerì di provare con la manipolazione.

– Proverò in questo modo Bardo, devo riallineare le ossa, sarà molto doloroso … abbi coraggio, non ho antidolorifici ora con me e, se non procedo subito, rischi che gli spuntoni di osso fuoriescano dal tessuto muscolare provocandoti una grave emorragia.

Il povero Bardo oltre che dolorante era anche terrorizzato da quanto Emma gli aveva esposto ma, consapevole del peggio che poteva capitargli e preoccupato per lo spavento che sua moglie ne avrebbe subito, acconsentì alla manipolazione. Emma lo fece distendere e chiese agli altri di bloccarlo alle spalle e alla gamba sana. Gli uomini, consci che la Principessa sapeva il fatto suo, obbedirono immediatamente. La giovane iniziò a sfiorare la gamba di bardo con i polpastrelli, individuando i punti della frattura. Con i pollici affiancati partì dalla parte frontale della gamba, all’altezza della caviglia e scorse prima con leggerezza e poi con forza, per scavallare le due ossa. Bardo urlava per il dolore e Killian preferì togliergli la cintura di cuoio per piegarla ed offrirgliela da mordere. Andò meglio ed Emma continuò la sua opera. Lentamente, le parti inferiori delle ossa fratturate si riposizionarono. Bardo sudava freddo e gemeva soffocatamente a causa della cintura stretta tra i denti. Emma si spostò verso il ginocchio del ferito, doveva procedere ora in senso opposto e riallineare la parte superiore delle due ossa. Quando pian piano sparirono i due bozzi degli spuntoni, si considerò soddisfatta. Non poteva sapere se le due ossa si fossero scheggiate, sperò di no o altrimenti sarebbe stato necessario un intervento chirurgico. Si augurò che non comparisse febbre alta o sarebbe stato il segno di infezione dovuta a quelle schegge. Killian intanto aveva provveduto di sua iniziativa a procurare dei pezzi di legno per bloccare la gamba. Lui ed Emma formarono una specie di gabbia intorno alla gamba del povero Bardo, tenendo il legno stretto con due cinture, in modo tale che fosse bloccato anche il ginocchio. L’uomo venne deposto sul carro, ovviamente non poteva poggiare il piede a terra.

 – Se volevi affrancarti la fatica e avere un passaggio sul carretto, ci sei riuscito Bardo! Peccato che ora siamo uno in meno e il carro pesa di più di prima!

Jefferson scherzò per tirargli su il morale, ma il dolore era ancora troppo forte e l’uomo non ebbe modo di ridere a quella battuta.

 

Ala Grigia correva per la discesa, non vedeva l’ora di dare la notizia al villaggio dell’arrivo di Occhio di Cielo. Sua sorella sarebbe stata felice quanto lei, sulla nave c’era anche suo marito Volpe Bianca.

Al villaggio la vita scorreva nella sua quotidianità. Molte delle donne erano impegnate a macinare il mais ed il grano, altre cucivano i pellami per realizzare gli indumenti che indossavano. Giglio tigrato stava realizzando un paio di piccoli mocassini per sua figlia Grace, un nome che, nella lingua del suo amato marito, significava “Grazia”. Il nome della bambina le si addiceva, era graziosa e aggraziata nei movimenti, aveva ereditato i capelli lisci e neri della madre, mentre il colorito dell’incarnato e gli occhi erano quelli di suo padre. La piccina aveva quattro anni, suo padre non la vedeva da due, ma Giglio Tigrato sentiva che presto il suo Jeff sarebbe tornato. I suoi compagni lo chiamavano Jefferson e Fox, sull’isola era Volpe Bianca, per lei, nel suo cuore e nei momenti di intimità familiare era solo Jeff. Un rumore di passi di corsa e il ruzzolare della pentola vicina al suo tepee, annunciarono l’arrivo ansimante, per il fiatone, di sua sorella minore  Ala Grigia.

 – È tornato … è tornato!

A Giglio tigrato caddero di mano i due piccoli mocassini, mentre si alzava di scatto e afferrava sua sorella per le spalle.

 – Jeff?! Hai visto la nave?!

 – Si sorella tra poco risaliranno, avvertiamo nostro padre, sicuramente Occhio di Cielo avrà portato doni, prepariamo una bella accoglienza, vado ad avvisare Oca Selvaggia, Piuma e Luna Calante. Saranno felici di rivedere i loro uomini, sono passate tante lune dalla loro partenza, sapranno come accoglierli.

Pensando che le donne avrebbero accolto in modo molto passionale i mariti, Ala Grigia scappò da loro ridendo. Quella sera anche lei avrebbe avuto tra le braccia l’uomo che amava, sarebbe stata la prima volta con lui, si era preparata per quel momento e l’esperienza accumulata in quel periodo della sua assenza, sarebbe servita per soddisfarlo e renderlo felice …

 

Fu necessario più tempo di quanto avevano calcolato per giungere al villaggio. Dopo due anni di assenza era giusto che i doni fossero abbondanti e di conseguenza pesanti. Gli uomini avevano le braccia indolenzite ma, sicuramente, chi stava peggio era Bardo. Ad un certo punto era svenuto e Killian aveva detto ad Emma che con qualche erba medicinale dello sciamano Aquila Bianca, il musico si sarebbe rimesso presto. Emma era in realtà molto preoccupata per Bardo, ma vista la fiducia di Killian nello sciamano, cercò di essere ottimista.

Quando iniziarono a percepire il suono dei tamburi, con il loro cadenzato tam-tam, fu chiaro ad Emma che erano giunti. Gli abitanti del villaggio erano tutti riuniti, per il saluto agli amici appena tornati. L’euforia si spense appena si accorsero di Bardo svenuto sul carro. Oca Selvaggia, sua moglie, si portò le mani alla bocca e, con le lacrime agli occhi, corse verso il carro, temendo che il suo uomo fosse morto. Killian la fermò e parlandole nella sua lingua la tranquillizzò. Emma vide il cambiamento di espressione sul volto della donna paffuta, capì chi era e la prese per mano accompagnandola dal marito. Nessun suono si sentiva più per il villaggio e non dipendeva dalla condizione di Bardo, tutti erano esterrefatti per due motivi. Occhio di Cielo non aveva più al braccio sinistro il suo uncino di ferro, per il quale i guerrieri lo chiamavano “Artiglio d’Aquila”, aveva una nuova mano e cosa ancora più strabiliante, al suo fianco c’era una donna bianca come il latte e con capelli mai visti. Killian si rese conto che Emma era per quel popolo una visione rara, per altri motivi lo era anche per lui. Tenendola per mano la condusse davanti a Grande Aquila che sedeva a gambe incrociate all’ombra di una tenda di pelle, insieme allo sciamano, suo cognato Aquila Bianca. Le espressioni dei due anziani pellerossa erano imperscrutabili. Killian presentò Emma come principessa del suo popolo e donna di medicina. Fu la seconda caratteristica di Emma a suscitare la loro attenzione, tanto che lo sciamano si alzò, le prese le mani, le voltò per osservarne i palmi attentamente. Passò il dito indice sulle linee della sua mano sinistra, la guardò negli occhi e poi guardò allo stesso modo Killian e parlò con tono deciso

 – Artiglio di Aquila ha perso una occasione e  mano di cuore, Capelli di Sole ha cuore per tutti e due e porta sole nella tua anima Occhio di Cielo! Il Cigno è acceso su voi, tra tre soli io unirò voi una cosa sola! Aquila Bianca ha parlato!

Lasciando Killian ed Emma a bocca aperta per la sorpresa, lo sciamano fece un inchino, con le braccia incrociate, sia a loro che al cognato Grande Aquila, poi, senza dar possibilità a Killian di replicare, voltandosi si allontanò, tornando verso il suo tepee. Il Capo del villaggio si alzò a sua volta.

– Aquila Bianca ha parlato, tre soli e festeggeremo vostra unione, Capelli di Sole è ben venuta tra noi! Ora vediamo cosa porti Occhio di Cielo!

Camminando verso il carro, il Capo del villaggio lasciò i due giovani alle sue spalle, ancora stupiti e increduli per ciò che avevano sentito. Per la verità Emma pensava di aver capito male. Non era possibile! In un secondo lo sciamano aveva deciso che lei e Killian si sarebbero sposati tra tre soli … tre giorni?! Ma come poteva decidere lui per gli altri? Che strane usanze avevano quelle genti?! Guardò Killian per avere spiegazioni, non si aspettava di vederlo così imbarazzato, era arrossito e si stava grattando la testa. Si, Emma aveva capito perfettamente ma quelle erano cose private e non le piaceva affatto che qualcun altro decidesse della sua vita. Il suo sguardo verso Killian da sorpreso diventò arrabbiato. Killian non sapeva più dove guardare.

- Ti chiedo scusa per loro Emma, non mi aspettavo una cosa del genere! Da che conosco questa gente non è mai capitato che lo sciamano abbia decretato un matrimonio. Di solito sono i giovani che decidono con chi stare e in modo molto libero. Chiederemo a Giglio Tigrato che intendesse lo zio, sicuramente abbiamo frainteso noi, anche se … Emma … lo sai … io … sarei l’uomo più felice del mondo se questo fosse vero ...

Emma non rispose, restando accigliata e lasciando Killian con un velo di delusione sul volto. Vide quella delusione, le si strinse il cuore. Anche lei desiderava sposarlo, ma il posto ed il momento avrebbe voluto deciderlo con lui, non essere obbligata dal volere di un estraneo!

Seguirono il Capo del villaggio e quando arrivarono al carro, videro che si era creato un crocchio tra bambini ed adulti che guardavano i doni portati da Artiglio D’Aquila. Una delle ragazze, voltata di spalle, appena il capo le disse qualcosa all’orecchio, si voltò velocemente, con un sorriso smagliante sulle labbra. Il sorriso di Ala Grigia si spense, quando vide affianco a Occhio di Cielo una giovane donna dai capelli come il sole. Lui le cingeva la vita con il braccio, erano troppo vicini. Il cuore di Ala Grigia sembrò smettere di battere. Con le lacrime che stavano per imperlarle le lunghe ciglia nere, scappò via velocemente per rintanarsi dove nessuno avrebbe potuto vederla piangere. Killian era molto preso dall’umore mutato di Emma, non sapeva che dirle e notò con la coda dell’occhio il movimento di una squaw molto bella, alta e flessuosa, si chiese per un secondo chi fosse, non l’aveva riconosciuta, ma in un secondo la dimenticò, i suoi occhi e i suoi pensieri erano rivolti solo alla donna che amava con tutto il cuore.

Emma cercò di smettere di pensare a quanto era stato detto dallo sciamano e riportò i suoi pensieri a Bardo e a sua moglie. L’uomo era stato trasportato al suo tepee e Killian accompagnò la principessa da lui.

Quando entrarono nel tepee vi trovarono Giglio Tigrato e Jeff. Oca Selvaggia era inginocchiata con la figlia del Capo villaggio affianco a Bardo. L’una teneva sollevato il busto del marito, l’altra stava cercando di fargli bere una tisana puzzolente. L’uomo disgustato mandò giù quell’intruglio infernale. Jeff lo prendeva in giro per l’espressione facciale che gli vedeva, consapevole che quella brodaglia, preparata dalla sua donna, aveva un puzzo veramente disgustoso!

– Sei proprio sfortunato Bardo, se ti fosse venuto il raffreddore almeno non avresti sentito l’odore!

Il malato lo guardò con rabbia, ci mancava solo Fox ad aumentare il fastidio del dolore e  della “medicina”!

– Non hai qualcosa da fare Fox? Ami più me che tua figlia? Non sapevo che avessi cambiato gusti questi ultimi due anni! Preferirei restare con queste due belle donne e che tu te ne andassi a farti un giro! Che ne dici Jeff! 

Fox aveva capito che il dolore che l’amico sentiva era veramente forte, di solito ci stava alle sue battute. Fece un sorriso, misto a preoccupazione e si preparò ad andare da sua figlia che Giglio Tigrato aveva lasciato in custodia a Luna Calante, la moglie di Jambon. Prima di uscire dal tepee volle presentare Emma alla sua donna e lo fece in inglese, la donna lo capiva perfettamente e lo parlava piuttosto fluentemente.

– Nel mio paese Emma è una principessa, come te qui. Mi sono reso conto che vi somigliate in alcune cose, anche lei come te conosce le erbe, è una donna di medicina e come te è una guerriera.

Giglio Tigrato era rimasta sorpresa come tutti a vedere Emma, ma le rivolse un sorriso smagliante e sincero. Era felice di incontrare un’altra donna con i suoi stessi interessi, sull’isola non ve ne erano altre e spesso non riusciva a comunicare i suoi pensieri alle sue amiche perché troppo elevati per loro. Era una donna molto intelligente e scaltra, oltre che generosa e giusta, caratteristiche che anche Killian riconosceva in ambedue le donne. Tra Emma e Giglio Tigrato fu simpatia a prima vista, Jeff non si era sbagliato.

Le due neo-amiche iniziarono a parlare di erbe e soluzioni per meglio trattare Bardo. Jeff e Killian si guardarono in viso e, con un cenno del capo, si diedero reciprocamente l’ordine di uscire, se le conoscevano bene, lì per loro due non c’era posto! Jeff andò da sua figlia e Killian andò da Jambon, sicuramente ad Emma sarebbe servito il baule dei medicinali e voleva chiedere al cuoco di tornare alla nave per trasferire i bagagli di Emma nella sua casa sul laghetto.

 

Quando ebbero finito di prestare cure a Bardo, le due “Pricipesse” salutarono la coppia e uscirono, continuando a parlare tra loro come se si conoscessero da sempre. Tra una curiosità e l’altra Emma volle chiedere informazioni a Giglio Tigrato riguardo al Rubeus Noctis.

 – Sai Killian ha voluto tornare prima sulla vostra isola a causa mia …

- Ho visto come siete vicini e come vi guardate, voi vi appartenete … sono poche le persone che hanno la stessa anima e lo stesso cuore sotto questo cielo!

– Grazie per le tue belle parole amica mia, amo Killian e so che lui prova lo stesso, ma la vita è più complicata di quanto vorremmo e ci sono tante cose che non ci fanno ancora essere uniti come vorremmo. Siamo venuti sull’isola perché io sono alla ricerca di una pianta velenosissima che può curare invece, usandola bene, tanti mali, è un arbusto spinoso dalle foglie allungate e frastagliate, coperte da una specie di peluria. All’inizio Killian non voleva portarmi perché temeva che potessi uccidermi con quella pianta velenosa. A causa di quell’arbusto mi ha raccontato che morì il fratello.

– Si, fu una grave perdita per il Killy, Jeff lo chiama sempre così. Conosco perfettamente la pianta che dici, mio zio la usa per preparare le sue medicine, cura tanti mali veramente. Noi la chiamiamo “Sogna ombra”, può effettivamente essere mortale. I nostri guerrieri ne usano la resina per avvelenare le punte delle frecce, quando devono cacciare grossi animali. Quando Occhio di Cielo e suo fratello Aquila Rossa arrivarono, i guerrieri li attaccarono pensando che fossero nemici. Morirono tanti uomini della nave quel giorno e qualche settimana dopo, quando ormai avevamo capito che erano amici, Aquila Rossa trovò la pianta e il resto lo sai.

– Conosci il punto dell’isola dove si trova?

– Si, molto bene, da piccola era una delle mete che preferivo. Si trova alla base della sorgente che porta l’acqua alla cascata e al laghetto dove Killian abita. Se vuoi, domani stesso ti posso accompagnare, ci portiamo dei viveri e se vorranno venire anche i nostri uomini, potrà essere una piacevole escursione!

Emma non poteva credere di essere così vicina a trovare l’arbusto di Frate Benny e l’idea che avrebbero fatto una specie di gita per arrivarvi, con i “loro” uomini, rendeva la cosa allettante. Sorrideva tra sé e sé e, senza rendersene conto, per poco non andò a battere contro Killian che, velocemente e improvvisamente, era svoltato da dietro un tepee.

– Amore stavo tornando da te a prenderti, sono stato al tepee di Jambon e sua moglie Luna Calante per chiedergli di farti portare il baule dei medicinali …

- Grazie Killian hai fatto benissimo! Potrò dare un antidolorifico e un antinfiammatorio a Bardo. Spero solo che non abbia scaglie d’osso infilate nei muscoli, ma ci vorrà qualche giorno per capirlo.

 – Per ora qui non puoi fare niente in più di quanto ha fatto Giglio Tigrato. A proposito, mi sembra che siate entrate subito in sintonia voi due!

Le due donne risero e Giglio Tigrato rispose anche per Emma.

– Abbiamo trovato che ci accomunano gli stessi interessi e le stesse passioni, oltre al fatto che ci piacciono gli irlandesi mori e con gli occhi di cielo …

Emma arrossì, ma non era un segreto per Killian quanto detto dalla moglie di Jeff. Ambedue, lui e Jeff, potevano essere scambiati per fratelli, da ragazzini era capitato spesso!

 – Killian ascolta, Giglio Tigrato mi ha detto che già domani ci può accompagnare dove si trova il Rubeus Noctis, vieni anche tu vero? Verrà anche Jefferson e porteremo dei viveri …

A Killian passò un brivido per la schiena al sentire nuovamente il nome di quella malefica pianta. Ovviamente sarebbe andato con loro, doveva proteggere Emma, non voleva perderla e pur fidandosi di lei, non le avrebbe tolto gli occhi di dosso. Se aveva intenzione di prendere una pianta, lui doveva provvedere al modo di trasportarla evitando le spine, erano quelle che contenevano il liquido velenoso.

– Certo che ci saremo anche io e Jeff! dobbiamo procurarci una stola di pelle per avvolgere la pianta, lo sapete entrambe che ci dobbiamo difendere dalle spine dell’arbusto!

– Non ti preoccupare Killian, a quello penserò io. Ora andate, devi ancora far vedere ad Emma la tua casa …

Disse le ultime parole con sguardo furbo e ammiccante, Emma riprese il colorito rosato e Killian la riafferrò per la vita, attirandola più vicina al suo fianco. Salutarono Giglio Tigrato e si allontanarono insieme dal villaggio. Emma si lasciò guidare da Killian, lei non conosceva minimamente il posto e ancora non  riusciva ad orientarsi. Si infilarono tra la fitta vegetazione, lungo un viottolo scavato dal tempo.

– Emma ti voglio sorprendere, tra poco arriveremo, adesso ti benderò gli occhi e quando ti toglierò la benda vedrai che meraviglia il posto! Stai tranquilla, ti sono vicino e ti tengo io …

Con titubanza Emma accettò, anche se le sorprese ad occhi chiusi non le erano mai piaciute. Killian prese dalla tasca dei pantaloni una striscia di stoffa nera, spesso la usava al collo e la bendò, poi tenendola per i fianchi, davanti a sé e godendo di quel contatto, non poté fare a meno di baciarla di nuovo lungo il collo, sfiorandola con la punta umida della lingua. Quel suo modo di fare, specie quando era improvviso, riusciva sempre ad eccitare Emma, che si girò tra le sue braccia, pur non vedendolo a causa della benda e gli offri le labbra che lui prese tra le sue e poi, liberandole, le fece schiudere, incoraggiandole con piccoli movimenti, languidi e sensuali, della lingua. Emma catturò con le labbra la sua lingua, succhiandola e lui la strinse più strettamente a sé, intensificando quel bacio, in preda al desiderio di averla. Si succhiarono avidi a vicenda, amavano il loro sapore, non avrebbero smesso  e se la razionalità non fosse prevalsa sull’istinto, si sarebbero appartenuti lì, nel sottobosco ombroso, anche alla piena luce del giorno.

– Tesoro mio, purtroppo dobbiamo aspettare ancora un po’ per continuare, vieni con me, tra breve saremo arrivati ...

Killian mantenne la promessa, nel giro di pochi minuti si fermarono di nuovo, la strinse ancora tra le braccia, tenendola appoggiata con la schiena al suo torace, poi con la mano le sciolse la benda.

Sentì Emma smettere di respirare per la meraviglia. Un pappagallo variopinto si stava alzando in volo davanti a loro, con i suoi meravigliosi colori, dall’azzurro al giallo intenso. Tra le rocce, coperte di vegetazione florida e verdeggiante, Emma vide, dopo averla sentita, la meravigliosa acqua spumeggiante della cascata che si buttava nel laghetto. Nel momento in cui l’acqua della cascata cadeva, si creava, con il riflesso della luce del sole, un meraviglioso effetto ad arcobaleno e sulle rocce laterali a quella stupenda visione, una casa di legno con una torretta, piuttosto grande nel suo complesso, troneggiava immersa nella luce. Dalla roccia dove si trovavano Killian ed Emma, attraverso un pontile di legno, si arrivava a quella dimora. Emma era incantata, sorpresa, come lui sperava e affascinata da quel luogo quasi mistico, avvolto da un’aura di serenità che le riempì il cuore. Era nel posto giusto in quel momento e con la persona giusta, per essere felice.

– Oh! Killian … avevi ragione è un incanto e la tua casa sembra un castello in miniatura, una casa delle favole …

 - Dammi la mano allora, sarai la mia Regina ed io sarò il tuo Re!

Emma gli offrì la mano, lui vi depose un bacio galante inginocchiandosi. Rendeva omaggio alla Regina di quel luogo magico. Emma gli carezzo la guancia, i suoi occhi azzurri penetranti non si staccarono dai suoi verdi, si rialzò e con un sorriso la tirò dietro di sé precedendola sulle rocce, mentre scendevano incontro al pontile.

Trovarono la porta aperta e le chiavi, che Killian aveva dato a Max e Spugna, inserite dietro di essa. I suoi uomini avevano portato il bagaglio di Emma, avrebbero portato in seguito anche il baulotto dei medicinali, Jambon era andato a chiederlo. Fecero un giro del primo piano, dalla veranda si accedeva all’ingresso, dove una scala portava al piano superiore; dall’ingresso si apriva una porta che con un breve corridoio immetteva in una sala ampia, arredata con delle librerie, un tavolo rotondo, sedie a braccioli con un divano e due poltroncine in stile francese. Un camino di pietra era incastonato tra le due librerie che occupavano la parete più grande. La cucina si trovava lungo il corridoio, i fornelli, realizzati in muratura, avevano al di sotto la fornace per accendere il fuoco. Diverse pentole di rame, di varie dimensioni, erano appese alla parete e una credenza in legno grezzo, sul lato opposto, conteneva una serie di piatti in stile inglese. Mentre nella sala erano state messe lenzuola sul mobilio per evitare la polvere, in cucina la polvere aveva avuto il tempo di annidarsi, nel periodo di lunga assenza di Killian,  non lo considerarono un problema, avrebbero pulito.

 Non mancava nulla in quella casa per renderla comoda e piacevole. Una stanza era adibita a sala da bagno, su un lato una specie di sedia era in realtà posta per i bisogni fisiologici e una vasca di ceramica, con i piedini da leone, campeggiava di fronte, accompagnata da una vaschetta con brocca, per l’igiene personale. Uno specchio dalla cornice argentata, piuttosto grande, era posto al di sopra della vaschetta. Salirono le scale e trovarono due camere da letto affiancate, ambedue con letto a baldacchino, uno di tipo matrimoniale. Emma era curiosa di salire sulla torretta, Killian la accontento. Sulla torretta c’era una sola stanza circolare e l’ unico arredamento era una scrivania con sedia e un cannocchiale puntato verso il mare, quello era il rifugio di Killian, un piccolo spazio dove meditare, progettare e rilassarsi. Sulla scrivania Emma notò numerosi disegni di barche, velieri e il progetto di quella casa. Killian aveva progettato tutto.

 – Emma questa casa è in piccolo la copia della mia casa di Drogheda, vorrei portarti anche là un giorno …

Lei era di spalle, non si voltava.

 – Tesoro non dici nulla?

Non poteva, lacrime di gioia le stavano rigando il viso. La prese tra le braccia e la fece voltare.

– Amore che c’è ho detto qualcosa che ti ha ferita, non volevo … Emma?!

In risposta lei gli buttò le braccia al collo, quasi facendogli perdere l’equilibrio e lo baciò, poi con le lacrime sulle guance e sussurrandogli sulle labbra gli disse:

– Killian, tu mi rendi felice, non lo ero mai stata così come con te …

Si ritrovarono fronte contro fronte, le palpebre abbassate sugli occhi, ad assaporare quel momento di affetto profondo, di bene e amore.

Si sentirono delle voci al piano sottostante, erano arrivati gli uomini di Killian con il baulotto dei medicinali, si distaccò da Emma e scese per salutarli e congedarli. Andati via gli uomini salì nuovamente da lei.

 - Jambon ha provveduto al pranzo e alla cena per oggi, da domani ce la caveremo con la caccia e la pesca. Sai cucinare Emma? Io me la cavo abbastanza.

– Ho imparato dalla mia cuoca Betty, spesso cucino per Hanry.

– Ne sono felice almeno non ci intossicheremo!

– Killian!

Lui rise divertito, tentando la fuga, appena la vide sul piede di guerra.

 – Stai fuggendo da me Capitano? Hai capito che posso batterti?

 – No! In verità ho voglia di fare una nuotata nel lago, se mi ami mi segui tesoro!

Corse per le scale inseguito da Emma, la quale non si perdeva d’animo ad accettare una sfida. Erano soli sulle rocce, Killian aveva preso un lenzuolo nell’armadio della camera da letto e lo posò sulla roccia. Si spogliarono velocemente e si tuffarono in acqua. Il lago era purissimo, si vedeva il fondale popolato da pesciolini variopinti. Killian era un ottimo nuotatore, nonostante la mano mancante, quella di legno l’aveva tolta prima di tuffarsi, era molto più veloce di Emma, in fin dei conti era allenato a nuotare in mare, in quel laghetto era fin troppo facile per lui. Ovviamente fu il primo a riuscire a tornare alle rocce di partenza e quando risalì avvolgendosi il lenzuolo ai fianchi la prese in giro ridendo e scherzando sulla sua mancanza di allenamento e pigrizia. Smise di ridere, restando incantato a guardarla nel momento in cui Emma uscì lentamente dall’acqua, con i lunghi capelli biondi che le scendevano sgocciolanti sul seno candido. Mille gocce d’acqua le percorrevano in rigagnoli la pelle.

– Una dea, una vera dea celtica!

Questo pensò Killian e improvvisamente gli sembrò di essere sulle sponde di un altro lago e vedere la stessa immagine … dove? … Quando? Non riuscì a rispondere ma ebbe la sensazione che fosse già avvenuto quell’episodio nella sua vita. Un altro tempo … un altro luogo … un’altra vita … Scosse la testa riprendendosi dall’emozione provata. Emma lo emozionava sempre,h nel profondo del cuore e delle viscere. Aprì il lenzuolo e lo avvolse anche intorno a lei, restando abbracciati fronte contro fronte, scaldandosi al sole e asciugandosi.

- Amore mio, sei uscita dall’acqua come una dea che nasce, ti voglio venerare, mia dea, in tutti i modi che conosco!

La sua voce era un sospiro, arrochito dal desiderio e dalla passione. Emma al suono della sua voce si sentì vibrare nel ventre e nel cuore, anche in lei bruciava la stessa passione, era sempre così, era più forte di lei, rispondere immediatamente al suo richiamo. Lasciarono i loro indumenti sulle rocce. Killian la prese in braccio, avvolta nel lenzuolo e camminando scalzo sulle rocce la portò in casa. Lei chiuse la porta a chiave dall’interno, ancora in braccio a Killian. Egli salì le scale fino alla camera da letto. Tolsero la coperta lasciando il lenzuolo sottostante, pulito. Con movimenti lenti, Killian la liberò da quello con cui l’aveva avvolta e l’ammirò nella sua nudità, anche lui era svestito. Si inginocchiò davanti a lei e le cinse i fianchi, affondando il viso nel suo ventre e baciandola.

 – Ti adoro mia Dea!

Emma aveva il cuore che le scoppiava per quanto batteva velocemente, gli accarezzò il bel viso, occhi negli occhi. Prese le braccia che lui teneva intorno alla sua vita e lo tirò in piedi, camminò all’indietro portandolo con sé. Sentì il letto a baldacchino dietro i polpacci, si allungò su di esso e così, completamente esposta si offrì a lui. A Killian sembrava di sentire il tam-tam dei tamburi che li avevano accolti, nel petto. Era meravigliosa, semplicemente meravigliosa, così rilassata, fiduciosa e aperta a lui. Le accarezzò lentamente l’interno delle cosce, scendendo piano verso il suo centro pulsante, la vide socchiudere gli occhi, presa dal piacere di quella semplice carezza, sulla pelle rinfrescata dall’acqua. Le depose un bacio sulla sommità dei riccioli dorati e scese dove sapeva che le avrebbe fatto sentire molto di più. La sfiorò e l’ accarezzò con la punta della lingua e ricominciò fino a sentire i suoi gemiti, le mani di lei tra i suoi capelli scuri e il suo nome sospirato, uscire dalle labbra della sua amata, che lo chiamava per raggiungere la completezza del loro essere una sola anima. Non la fece aspettare troppo a lungo, le diede il giusto tempo di arrivare all’apice e poi trovò la strada per giungere da lei, navigando verso il suo porto riparato da ogni intemperie e da ogni male. Lento finché lei volle e accelerando quando i movimenti in sincronia di lei lo chiedevano. La sua dea celtica sapeva portarlo nei giardini del walhalla e, in quei giardini, lui sapeva coprirla di profumati petali di fiori. L’amore era inebriante, stordiva, dava pace e serenità. Poi, nell’acme finale, andarono oltre l’alto del cielo e ricaddero liberi, come uccelli nell’aria, ritrovandosi su quel letto l’una nelle braccia dell’altro.

 

Ala Grigia poteva immaginare cosa fosse successo dopo che avevano chiuso la porta dietro di loro. Con i suoi occhi di ossidiana, li aveva spiati tra le foglie sopra le rocce. Era ben nascosta e non l’avevano vista. Ma presi come erano l’uno dell’altra, non l’avrebbero vista neppure se fosse stata ad un metro di distanza. Se i suoi occhi avessero potuto cambiare colore, sarebbero passati dall’ossidiana al verde bile. Doveva essere lei a giacere con Occhio di Cielo, non quella donna dai capelli di sole. Era bella, l’aveva vista bene! Gli piaceva per i capelli d’oro? Le avrebbe fatto lo scalpo e lo avrebbe indossato come trofeo! Cosa avevano che non andavano i suoi di capelli? Non era più una bambina, non le mancavano le attrattive di una donna, giovane, snella, flessuosa e desiderabile. I giovani guerrieri che l’avevano avuta non si erano lamentati, anzi, avevano voluto che tornasse e lei era tornata da tutti e tre i giovani con i quali aveva giaciuto e le era piaciuto. Capelli di sole doveva pagargliela, non poteva portarle via Occhio di Cielo, lei lo amava da anni, aveva aspettato di diventare donna per poter stare con lui, se fosse riuscita ad averlo non l’avrebbe lasciata, ne era certa. Capelli di Sole doveva sparire per sempre dalla vita di Occhio di Cielo. Guardò un’ultima volta verso la casa. Un sorriso malvagio distese le sue labbra. Sapeva cosa fare, non sarebbe stato difficile …

 Aquila Bianca aveva ragione, il cuore di Ala Grigia poteva diventare buio facilmente e i tatuaggi non sarebbero bastati a bloccare lo spirito diabolico che dimorava in lei.

 

   

Angolo dell’autrice

Un saluto a tutti coloro che leggono e a chi ha il piacere e il desiderio di recensire. Io ho il piacere di leggere le vostre recensioni e sono sempre curiosa dei vostri commenti. Ho interrotto qui il capitolo per postarlo come regalino di Pasqua, era lungo il doppio! Se ho tempo la seconda parte mi farebbe piacere regalarvela per Pasquetta … vedremo. Allora! Vi è piaciuto? Spero di si, fatemi sapere cosa ne pensate. Per il prossimo Ala Grigia non promette nulla di buono  e vi annuncio il titolo … “Amore e morte” è tutto un programma no? Spero di non deludervi. Intanto a proposito di morte e resurrezione, vi auguro una Buona Pasqua, la serenità in famiglia e nel cuore. Un pensiero speciale a tutte le amiche di penna che recensiscono abitualmente, spero che il gruppo si possa allargare, anche se i commenti fossero negativi.

Un abbraccio a tutti dalla vostra Lara

   
 
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