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Autore: Francine    28/03/2016    4 recensioni
Ha deciso. Oggi si chiamerà Athanasios. Colui che non muore. Gli è sembrato un nome appropriato, anche se il soggetto che ha scelto non è l’uomo più puro al mondo. Anzi.
Suo fratello avrà qualcosa da ridire, su quella e su molte altre delle sue scelte, ma pazienza. I fratelli maggiori brontolano per contratto. E quel corpo deve piacere a lui, deve calzargli come un
exomis di buona fattura che non costringa i movimenti, ma li esalti.
E deve piacere a lei; quel tanto che basta per farsi ascoltare, si capisce. E decidere che, forse, il gioco vale la candela.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hades, Poseidon Julian Solo, Saori Kido
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quando piovono le stelle'
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3.
 
 

«Bel posto», commenta Athanasios, mentre i chicchi di caffè si tostano nella caffettiera di rame. «Lo hai scovato tu?»
Julian, così si fa chiamare adesso, replica: «No. Me l’hanno fatto conoscere».
«Lei?»
Julian annuisce.
«Immaginavo…»
 
Trovare suo fratello non è stato difficile. Poseidone dorme della grossa nell’anfora sacra, ma una parte del dio – una scaglia minuscola– riposa sul fondo dell’anima di Julian Solo. Julian Solo che ha fatto un lungo viaggio, oltre il Mediterraneo, in cerca di persone da aiutare. Le stesse che ha messo in mezzo ad una strada qualche anno fa, dopo aver scatenato il diluvio universale parte seconda, ma questi sono dettagli.
Conoscono Poseidone, laggiù. Usano il suo nome per chiamarci i cavalli, le scatolette di tonno, i circoli nautici e le barchette che filano veloci sulle acque azzurre trasportando ricchissime signore ingioiellate e marinai della domenica; ma chi lo venera?
Chi sussurra il suo nome durante le tempeste ed i terremoti?
Chi porta nel sangue la contezza di quello che lui potrebbe fare, se solo decidesse di destarsi dal suo sonno e scuotere il suo tridente per liberarlo dalle ragnatele?

Così Julian è tornato in Grecia, al termine di un personalissimo nostos di circa dieci anni. La Sorte sa essere beffarda, e il Mare è sempre stato molto suscettibile riguardo a certe faccende. Perché gli brucia ancora che la Fanciulla si sia schierata contro di lui, per far tornare il suo prediletto a quell’isola dallo spirito aspro. Brucia, sì. Come sale su una ferita aperta.
Julian gli scocca un’occhiata indecifrabile, all’ombra del pergolato di limoni ai piedi dell’Acropoli.
Era proprio necessario?, gli sta gridando il suo sguardo. Non ha gradito trovarsi di fronte alla copia dello scellerato basileus che ha suscitato l’interesse della Fanciulla colla sua astuzia troppo sviluppata, ma poco importa. È a Lei che deve piacere, no?

«Lo so», gli dice. «Ma il mio corpo è ancora convalescente. Il Citaredo ha fatto un lavoro magistrale, con ago e filo, ma i suoi punti necessitano di molto, molto tempo perché la ferita sia suturata», e la smetta di farmi un male infernale.  
«Che vuoi?»
Athanasios sorride, una smorfia stanca sulle labbra provate dalla salsedine.
«Ho un favore da chiederti, fratellone…»

Julian inarca un sopracciglio.
«Attento. Questo è un posto sicuro, ma sai come si dice, no?»
«No. Come si dice?»
«Anche i muri hanno orecchie», dice, facendo un gesto con l’indice.
«Hai paura che il ricco Julian Solo si ritrovi un fratello illegittimo?» Julian annuisce. «In effetti, quest’uomo dovrebbe aver diritto ad una ricompensa per i servigi che ci sta offrendo…»
«Che ti sta offrendo», lo rimbecca il Mare, gli occhi che scintillano come quando il sole accarezza le onde. «Veniamo al sodo, vuoi?»
«Ho bisogno di parlare con lei.»
«Con lei, chi
«Alle volte sei ottuso come dicono, sai?»
«Come dice, chi
«La Fanciulla.»
«È lei che va a dire in giro che io sarei ottuso?»
Athanasios sbuffa. «No! Quella linguaccia di Discordia. Chi altri?»
«Solo lei? Sicuro?»
«Sicurissimo», ribatte. «Adesso, vuoi starmi ad ascoltare, oppure no?»
«No.»
«Come sarebbe a dire, no
«Sarebbe a dire», ribatte la voce di Julian Solo, più bassa di un paio di ottave e profonda come l’eco delle onde, «che non mi sembra saggio farvi incontrare.».
«Ok. Ammetto che tra noi non corre buon sangue…»
«A voler usare un eufemismo…»
«… ma io ho bisogno di parlare con lei!»
Julian Solo incrocia le braccia. «E io cosa c’entro?»
«Organizza un incontro.»
«Per chi mi hai preso? Un’Agenzia d’appuntamenti?»

Lo Sconosciuto non ha la più pallida idea di cosa stia parlando il Mare. Un campanellino tintinna nella sua mente – la mente di Athanasios – a quella combriccola di parole. Indagherò, si ripromette.
«Oh, suvvia. E fammelo, questo piacere! Mi basta poco. Cinque minuti appena.»
«Senti, frat… Senti.» Le dita del mare tamburellano lente sul legno sbeccato del tavolino. «Le regole erano semplici. Al primo sangue avreste smesso. Il Padre è stato chiaro.»

Un sospiro, Athanasios versa il caffè per avere le mani occupate e non stringerle attorno al collo di Julian.
«La Terra mi sta facendo vedere i sorci verdi…»
Un’alzata di spalle. Come a dire, problemi tuoi. «Hai voluto la bicicletta? Adesso pedala!»
Athanasios aggrotta la fronte, e un ricordo di prati in fiore e ginocchia sbucciate si affaccia nella sua mente.
«Prego?»

Julian afferra la propria tazzina.
«È un modo di dire. Io ti avevo avvisato. Sposare mia figlia significava metterti in casa anche sua madre.»
«Ah. Adesso è tua figlia! E come mai mi hai rifilato a nostro fratello quando ti ho chiesto la sua mano?!»
«Non sapevo a quale figlia ti stessi riferendo...»
«Di sicuro, non a Desp…»
«Taci!», e Julian sputa a terra. «Siamo maschi. Non possiamo pronunciare quel nome, ricordi?»
«E tu ricordi di essertene lavato le mani?»
Il Mare si stringe nelle spalle.
«Abbiamo avuto una giovinezza… irrequieta. Vall’a capire di chi fosse figlia, quella benedetta ragazza…»
«E intanto io mi ritrovo quel mostro di suocera!»
«Io ti ho avvisato. Mi hai dato retta? Nossignore. Hai fatto di testa tua e le avete forzato la mano…»
«Era l’unico modo», protesta la voce di Athanasios. «E poi Persefone era consenziente!»
Un lampo malvagio attraversa lo sguardo azzurro del Mare.
«Ma sua madre, no. Mai e poi mai. Privarla della sua bambina? Ma tu vuoi ucciderla!»

Magari, pensa lo Sconosciuto.
Mamma non la prenderà bene.
Lo diceva sgusciando via dalle lenzuola e rivestendosi in fretta, i capelli sciolti e le guance ancora rosse d’amore. E no, mamma non l’ha presa bene, neppure dopo due millenni – quasi tre. Lei è e sempre sarà la sua bambina, con buona pace di sua sorella. La vera Kore.

«Sai perché me ne sono andato di casa?», si sente chiedere lo Sconosciuto.
«Per colpa della Fanciulla, così dice lei…»
«Che idiozie!», replica Julian – il Mare – in un tintinnio di tazzine. «E i miei quattro figli, allora?»
«Dice che Anfitrite è un ripiego.»
«Fesserie! No, dai retta a me, ché la Terra ha ancora il dente avvelenato. Io me ne sono andato di casa per colpa sua. Dopo il parto, la ragazza spensierata è sparita e mi sono ritrovato una madre isterica ed iperprotettiva nel letto!»

Athanasios non fatica a crederlo. Lo Sconosciuto lo sente annuire, dentro di sé.
«Le donne cambiano. Da compagne stuzzicanti si tramutano in arpie dopo le nozze e in madri oppressive dopo il parto. Le donne esistono davvero, o sono solo una fantasia, il frutto di una qualche chimera dispettosa?»
«D’accordo. Ma adesso me la ritrovo in casa io. Sei mesi all’anno. Sei mesi in cui tenta di trasformare l’Ade nel giardino delle Esperidi, facendo ammattire Ascalafo. E nei restanti sei, mia moglie se ne sta quassù, con sua madre che la ingozza come un tacchino…»
«Qualche chiletto su una donna non guasta mai. Vuoi stringere qualcosa
«… e le sussurra chissà quante cose sgradevoli sul mio conto. Vuole farci divorziare! Capisci? Mi sto giocando il matrimonio, io.»
«Noi non divorziamo.»
«No. Ma i tempi cambiano. E la Terra è sempre stata molto persuasiva...»
«Che sciocchezze!»
«Dici così perché non è il tuo matrimonio ad essere in pericolo.»
«Io non capisco perché ti sei fissato che…»
«Perché io amo tua figlia, ecco perché!»
«Davvero? E quella Menta, allora?»
«Una scappatella. Una sola. In quanti secoli di matrimonio?», domanda Athanasios. «E poi lei s’è presa Adone. Siamo pari, mi sembra.»
«Pari? E dimmi, Macaria? È uscita fuori da una melagrana?»

«Macaria è tua nipote», e gli occhi di Julian si allargano tanto che lo Sconosciuto pensa che cadranno giù e rotoleranno a valle come delle biglie extra-large.
«Stai… scherzando?» La testa di Athanasios va da destra e sinistra un paio di volte. «Lei… lo sa
«Figuriamoci! Sarebbe capace di evirarmi a morsi!»
«Ma allora?…»
«Ci ha pensato il Sonno. L’ha fatta addormentare», e noi abbiamo avuto un po’ di pace.
«Questa è bella!», e lo sguardo di Julian scintilla. Sorride, reclina all’indietro la testa e libera una risata di pancia, cuore e anima, fin quasi alle lacrime. «Ragazzi… Avrei voluto esserci, per gustarmi la sua faccia!»
«È stato un inverno molto, molto lungo…», e un ghigno si dipinge sul viso di Athanasios. «Non come quelli di adesso. Lo sta facendo apposta!»

Julian scuote la testa. «Stai esagerando, ok?»
«Senti, paparino…», e se gli sguardi potessero uccidere, Athanasios sarebbe affogato almeno una mezza dozzina di volte, «posso essere sincero fino in fondo?».
Julian annuisce.
«Se ho iniziato tutta questa farsa con la Fanciulla, è colpa di tua moglie
«Non è mia moglie…»
«È stata lei a fare una testa così a tua figlia. E tu sai quanto sappiano essere stressanti e logoranti le mogli, quando ci si mettono…»
«Piano. Stai parlando di mia figlia.»
«Che è mia moglie. E io sono tuo fratello.» Pausa. «Che famiglia complicata…»
«Tutte le famiglie sono complicate», chiosa il Mare.
«Ma la nostra è fuori scala.» Athanasios sorseggia il suo caffè. Un po’ forte ed un po’ troppo bruciato. Però, non è poi così male…
 
«Vuoi un consiglio? Lascia che ci pensi la Terra. Falle recitare la parte della cattiva, una volta tanto.»
«Oh. Ma lei non è mai la cattiva. Lei nutre. Dona. Porta la primavera, le messi, i raccolti... No, come cattiva non reggerebbe.»
«Ma ti sei guardato attorno?», gli domanda il Mare. «I mortali trattano questo pianeta come se fosse una discarica. Non sai la roba che giace sul fondo dell’Oceano. Hanno bucato il cielo. Non si fermeranno neppure quando l’inquinamento avrà reso l’acqua imbevibile e l’aria irrespirabile. E secondo me, non manca poi molto …»
«Una svolta ecologista?»
Il Mare annuisce.
«I ghiacci si stanno sciogliendo, ma gli umani se ne fregano. Forse, se iniziasse a morire il bestiame e i raccolti andassero alle ortiche…»
«In effetti, lei borbottava qualcosa circa le sue Api. Ma siamo seri. Ammesso e non concesso. Tu credi davvero che una manciata di ninfette ecologiste riuscirebbe a tenere testa a quella manica di indemoniati?»
Il Mare tace. Gli occhi di Julian assumono una sfumatura cupa – cupissima – poi gli sente pronunciare un: «No.», senza appello alcuno. La lama che cade sul collo del condannato.

«Ma in tutto ciò, ancora non mi hai spiegato perché dovrei farti incontrare la Fanciulla», commenta Julian, giocherellando col proprio cucchiaino.
«Devo farle una proposta che metterà tutti d’accordo. Io, te e lei.» E salverà il mio matrimonio.
«Te l’ho detto. Nostro fratello non gradirà…»
«A lui, penso io. E fidati, dopo che gli avrò spiegato che razza di», Athanasios gli suggerisce l’espressione dito nel culo. Lui concorda, ma preferisce glissare. Quando Ennosigeo perde le staffe, e le perde con sin troppa facilità, è complicato farlo calmare, «spina nel fianco sa essere la nostra sorellina, vedrai che mi darà ragione…».
«Credimi. Lo sa molto, molto bene…», ribatte Julian, fissando il suo interlocutore come a sondargli l’anima.
 
Sa immergersi, il Mare, nelle profondità più impensabili – le stesse che l’uomo vuole conoscere, ma il cui pensiero gli fa tremare le vene dei polsi – e adesso sta scandagliando il cuore della morte stessa. Che batte, come il suo, come quello di tutti gli innamorati. E questo lo sorprende un po’.
«Tu sei sicuro che la Fanciulla non ci spaccherà questo tavolo sulla testa, fratellino?», chiede, picchiettando con un dito sul legno azzurro carico.
«Sicuro…»
«Non è che la faccenda mi si rivolgerà contro?»
«Stai tranquillo…»
«Tranquillo è morto inculato», ribatte il Mare. Eppure i suoi occhi profondi scintillano dalla voglia che ha di prendere in mano il telefono e chiamare la Fanciulla anche solo per sentire il suono della sua voce.
Athanasios si stringe nelle spalle.
«Allora. Vuoi aiutarmi, sì o no?»

Julian non batte ciglio. Sorseggia il proprio caffè, con studiata lentezza, gli occhi socchiusi. Athanasios gli lascia tutto il tempo di questo mondo e dell’altro. Le sente, le rotelle del suo cervellino fatto di alghe e coralli, girare piano piano. La sente, la curiosità solleticargli lingua e palato, assieme al caffè. Perché l’esca è ghiotta, anche per lui. E la Fanciulla potrebbe essere riconoscente al Mare, per aver fatto da mediatore col suo più acerrimo nemico. E forse, la Fanciulla potrebbe cedere, una volta tanto, e…

«Ti ascolto», dice Julian.
Sogna, fratellone, sogna, pensa lo Sconosciuto, mentre un venticello leggero leggero scosta con dolcezza le foglie dei limoni.
 

 


Saint Seiya, ® Masami Kurumada, Toei Animation, 1986. Grafica ® Francine.




Note:
Note, note note, ché stavolta sono un sacco!
Innanzitutto, Buona Pasquetta. Considerate questo aggiornamento come la sorpresa all’interno dell’uovo di Pasqua.
 
Sono sicura che alcuni tra di voi avranno riconosciuto il pergolato di limoni ai piedi dell’Acropoli. Per chi fosse digiuno (in tutti i sensi) potete fare un salto al Kallistê. Lo gestiscono la nonna e lo zio di Milo. Lo trovate qui, qui, qui e qui. Dite che vi mando io.
 
Non ha bisogno di presentazioni il basileus che se n’è andato a zonzo per il Mediterraneo (quando non c’era il TomTom, signò...). Ai tempi di Omero, però, il greco antico conosceva due termini per re; uno è basileus, l’altro è anax. Mentre anax indica il sovrano assoluto (o un dio), un basileus era poco più che il membro di un’oligarchia. Alcinoo, infatti, deve riunire gli altri basileoi di Schera per decidere se fornire le navi ad Odisseo per tornare a casa.
 
Poseidone/Ennosigeo (=colui che scuote la terra) è inizialmente il compagno della dea Demetra. Soltanto con le invasioni doriche Poseidone acquista il suo ruolo di divinità marina (gli indoeuropei non avevano il concetto di mare), ma mantiene la prerogativa di scatenare i terremoti solo toccando la terra col suo tridente.
Quando Demetra e Poseidone entrano nel novero degli Olimpi, Zeus, padre di tutti gli dei, si sovrappone al fratello. Così, da figlia di Demetra e Poseidone, Persefone diventa figlia di Zeus e Demetra. A Poseidone viene assegnata un’altra figlia, Despoina, concepita con Demetra mentre questa vagava per la terra alla ricerca della scomparsa Persefone.
Il rapporto che lega Demetra, Persefone e Despoina – il cui nome lo potevano pronunciare solo gli iniziati ai Misteri Eleusini – è ben più complesso e strutturato, e si presume sottintendesse ad un precedente rito di passaggio della donna, che da fanciulla (Kore/Despoina) diventa Sposa (Persefone) e quindi Madre (Demetra).
Despoina era ritratta sempre col viso coperto da un velo, e accanto a lei e alla madre Demetra era onorata anche Artemide, dea delle partorienti.

Sputare è un gesto apotropaico che i greci ritengono capace di allontanare il malocchio. Non è inusuale che qualcuno sputi a terra (per tre volte) dopo aver ricevuto un complimento, dopo aver incontrato una persona con gli occhi azzurri e dopo aver incrociato un pope.
 
Macaria è la dea della morte misericordiosa (quella che coglie nel sonno). Il mito la vede come sola figlia di Ade; resta la domanda chi l’abbia tenuta in grembo, e io mi sono permessa di giocherellare un pochino ai danni di Demetra. D’altro canto, avere la divinità del sonno nelle proprie schiere dovrà rivelarsi utile, no?
 
Menta, invece, era una ninfa con cui Ade ebbe una relazione extraconiugale. La cosa sarebbe finita lì se questa sciamannata non si fosse vantata della cosa con Persefone; la quale, non gradendo gli insulti, la trasformò in una pianta. E Demetra, tanto per stare sicura, la rese incapace di avere dei frutti.
Adone se lo litigarono Afrodite e Persefone, ma la faccenda finì male. Per Adone, s’intende, che un bel giorno incontrò il giavellotto di Ares su soffiata di Persefone...
 
Mi sono permessa di assegnare ad Ade un lessico infarcito di sfumature partenopee (o almeno, ci ho provato) perché il lago d’Averno, nel comune di Napoli, era una delle entrate per il regno dei morti.
Poseidone, invece, ha delle inflessioni più romanesche a causa della graziosissima città di Nettuno, l’ultima sul litorale laziale all’interno della provincia di Roma.
 
E se siete arrivati sin qui, complimenti vivissimi. Vi siete meritati un caffè con tutti i crismi!
   
 
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