IL SAPERE IN FIAMME
Osservando l’intero Edificio in fiamme, così come anche la
chiesa dell’abbazia, mi venne da chinarmi e da pregare nostro Signore poiché
compisse il miracolo di salvare almeno qualcosa del complesso di costruzioni.
Ma a quel punto mi ero convinto che ciò non sarebbe accaduto, poiché
all’interno di quelle sante e sacre mura si erano compiuti dei gravi peccati di
presunzione e di alterigia, tutti collegati alla biblioteca.
Una biblioteca che, per secoli, aveva nascosto parte del
sapere, invece di condividerlo.
Una biblioteca in cui il cieco Jorge da Burgos aveva lasciato
andare il suo perfido intelletto, e dove aveva avvelenato l’unica copia del
secondo libro della Poetica di Aristotele, oramai finito irrimediabilmente tra
le fiamme e andato perduto.
Poiché in principio era il Verbo e il Verbo era Dio, nei suoi
ultimi giorni di vita l’abbazia si era voluta tramutare in Verbo con superbia
ed arroganza, un Verbo terrestre, che stava venendo spazzato via dal Signore,
offeso dagli affronti lanciatagli.
Ed io, un giovane novizio di nome Adso e proveniente dalla
lontana città di Melk, in Germania, non potevo fare nulla se non pregare per
anime di quelle persone che in quel momento stavano morendo avvolte da quelle
fiamme indomabili, che come una piaga lanciata da Dio contro il Faraone stavano
divorando tutto, per non lasciare più nulla.
La tragedia pareva immensa, anzi lo era, poiché un venticello
lieve continuava ad alimentare le fiamme e a trasportare piccole scintille di fuoco,
pronte ad attecchire su tutto ciò su cui riuscivano a posarsi. E così presero a
bruciare anche le stalle e i dormitori. Tutto bruciava, ormai.
Il mio maestro Guglielmo continuava a strattonarmi per un
braccio, in modo da allontanarmi del disordine totale nel quale imperversava
tutto quanto, e pareva che nostro Signore avesse fatto in modo di ripristinare il
caos iniziale, pur di punire i monaci.
Il Verbo tra quelle mura era diventato carne e poi sogni e
desideri, così come anch’io a mio tempo mi ero lasciato andare con quella
ragazza di cui non saprò mai il nome, ma che era bella come una rosa appena
sbocciata.
Tra quei sacri arredi e tra quelle sante reliquie si erano
intessute trame diaboliche, storie colme di lussuria ed intrighi per il sapere
e per la conquista del potere sulla biblioteca. Ed in quel momento tutto era in
fiamme, così come ogni sogno umano rimasto, che finiva per diventare cenere
assieme alle migliaia di pergamene e di antichi volumi.
Così, anche il mio buon maestro, ormai uomo adulto da molto
tempo, si stava lasciando andare ad un breve pianto, mentre le greggi di pecore
impaurite scorrazzavano ovunque, inseguite dai famigli e dai pastori.
Nello stesso momento, gli stallieri stavano cercando di
recuperare i cavalli fuggiti dalle stalle in fiamme, anche se non avrebbero di
certo mai più ritrovato il bellissimo Brunello, il cavallo dell’Abate, che
avevo visto fuggire poco prima con la criniera e il pelo in fiamme.
La sagoma del vecchio ed infermo Alinardo era ancora lì,
distesa al suolo e immobile, ma noi due non pensammo neppure per un attimo di
fermarci. Stavamo fuggendo da quell’inferno di fiamme indomabili, che ormai
stavano voracemente divorando secoli di sapere umano.
Avevo mille domande che mi frullavano per la testa, eppure
non le porsi al mio disperato maestro, che per una volta dimostrava tutti i
suoi sentimenti. Se non avevo mai capito quando celiava, in quel momento stavo
comprendendo come reagiva la sua grande personalità di fronte alla più estrema delle
delusioni.
Solo quando divenni anziano compresi che in quei sette giorni
di permanenza nell’abbazia avevo imparato tantissimo da Guglielmo da
Baskerville, il mio umilissimo ed acutissimo maestro, un francescano minorita
che senza presunzione mi aveva sempre invitato ad aprire gli occhi, ragionando
con attenzione. Eppure, ho sempre avuto la sensazione di non essere mai
riuscito a capire fino in fondo ciò che lui voleva insegnarmi e trasmettermi.
Ci allontanammo ancora un po’, ma il frastuono provocato da
centinaia di persone e di animali terrorizzati era ancora assordante. Allora ci
sedemmo, guardando da una certa distanza quell’infinità di sapere e di cultura
mentre bruciava e collassava su sé stessa.
Restammo seduti lì, in silenzio, fino al mattino successivo.
Non dissi e non chiesi nulla al mio maestro, neppure lo
guardai per timore di scorgerlo ancora così disperato, e ritenni ciò come un
atteggiamento educato.
Ora che mi trovo in questo freddo scriptorium, e il pollice
mi duole senza tregua alcuna, mentre la mia età m’impedisce molte cose e per
leggere e scrivere sono costretto ad utilizzare quelle lenti che mi ha lasciato
il mio maestro, costruite da Nicola da Morimondo proprio in quella stessa abbazia
andata in fiamme, mi chiedo se a quel tempo avessi sbagliato. Perché il tempo è
passato in fretta, e altrettanto in fretta fui costretto ad allontanarmi dal
mio maestro, una volta ritornati in Germania.
Eppure, in quel momento nei nostri cuori viveva solo il
dolore per tutti quei libri andati in fiamme, per il sapere perduto e per le disgrazie
di cui era rimasta vittima l’intera abbazia. Anche se credo che il mio maestro
stesse pensando più ardentemente all’Aristotele che ad altro.
Ora sospiro di fronte a quei pensieri, e mi limito a
scriverli e a ricordarli, mentre la stanchezza del mio povero corpo incanutito m’impedisce
di sapere con certezza se essi sono giusti da condividere con te, caro lettore,
oppure no, e mi accingo a lasciare questa scrittura e questa vita…
NOTA DELL’AUTORE
Ciao a tutti, e grazie per essere giunti fin qui e per avere
letto questa OS.
Che emozione essermi messo nei panni di Adso per un po’ di
tempo! So che non ho scritto un testo stupendo come quello dell’autore del
libro, ma spero che comunque sia stato di vostro gradimento.
Ovviamente, per ancora maggiore correttezza, ci tengo a
sottolineare che i personaggi e il mondo in cui si muovono non sono miei, ma di
proprietà del grandissimo scrittore Umberto Eco, e che questa piccola opera è
stata scritta senza alcun scopo di lucro o altro. Mi piacerebbe pensare che
questo scritto venga inteso come un piccolo tributo ad uno scrittore geniale,
purtroppo venuto a mancare di recente.
Grazie ancora per aver letto questo piccolo scritto.