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Autore: Fanie33    29/03/2016    3 recensioni
Baci, principalmente.
I paring classici intervallati da Ship di cui tutto si può dire tranne che si trovano spesso.
Dalle sorprese a quello che un po' ci si aspettava, ogni capitolo racconta una storia diversa.
Ogni capitolo, un bacio diverso.
[Wincest-Weecest-Destiel-Sabriel-Debriel-Sastiel-Lubriel-Crobby-Dean/Lisa-Megstiel-Wincestiel-Samifer-Gabriel/Kalì-Calthazar...]
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Incest, Threesome | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Rating: Giallo.
Genere: Romantico, appena malinconico e decisamente introspettivo.
Contesto: Dalla quarta alla nona, e vari spoiler ma non particolarmente articolati.
Note: Sono in ritardo, lo so, ma spero di farmi perdonare. 
È una Destiel.

 

Say my name


Castiel ama il proprio nome.
Sa che gli è stato dato da suo Padre, è un dono inestimabile e per questo lo apprezza, lo rispetta.
Non ha molte occasioni di sentirlo pronunciare, raramente gli altri angeli ne hanno bisogno. Lui è solo un soldato, dopotutto.
Però gli piace il suono che ha, o che avrebbe se qualcuno lo usasse. Ne va molto fiero.

***

Castiel non ha avuto, nella sua vita, molte occasioni di avere a che fare con l'umanità. Non era quello il suo compito.
Gli piaceva osservarli, questo sì, perché li trovava creature infinitamente curiose, ma non li ha mai davvero compresi fino in fondo.
È per questo che, quando si presenta per la prima volta all'umano, a Dean Winchester, non è certo di come sia meglio agire.
In realtà, si aspetta che, una volta pronunciato il proprio nome e mostrategli le ali, il cacciatore cada in ginocchio ai suoi piedi. I suoi fratelli gli hanno raccontato che è quello che succedeva in passato.
Resta assai deluso, quindi, quando l'uomo reagisce pugnalandolo al petto, senza nessun timore o rispetto.
Che sciocco umano.
Davvero, Castiel non capisce cosa suo Padre ci veda in lui, non è niente di speciale, solo un'altra creatura ottusa e priva di Fede.
Ma c'è un particolare. Una sola, piccola stilla di insicurezza che si insinua in lui, a minare la sua certezza che Dean Winchester non sia niente, in realtà.
Il modo in cui il cacciatore pronuncia il suo nome.
È basso, roco, appena esitante, calca sulla s in modo netto, pulito, e sulla e un po' ruvidamente.
Nessuno è mai riuscito prima di allora a far suonare il suo nome così bene.

***
Castiel non avrebbe mai pensato che gli umani fossero così complessi.
È difficile riuscire a capirli, e lui sembra molto lontano dal riuscirci.
In assoluto, la cosa che fino ad ora lo ha più sorpreso è la loro capacità di far trasparire i sentimenti che provano, sentimenti che gli angeli non hanno nemmeno mai potuto immaginare.
Cose come la gioia, la paura, la diffidenza, la speranza, la rabbia sono sconosciute a Castiel, che non solo non sa cosa significhino, ma nemmeno come si manifestino.
È per questo che si sorprende quando Dean riesce a riempire il suo nome di sottintesi.
La notte in cui gli compare in sogno, nella cucina di casa Singer, il cacciatore gli mostra per la prima volta qualcosa di diverso dalla corazza di sfrontatezza e distacco che lo ha sempre caratterizzato. Pezzo dopo pezzo, l'angelo lo vede disfarsi di fronte a sé, fino a spezzarsi nel momento in cui pronuncia il suo nome, masticandolo a fatica e con orgoglio, ma riempiendolo di qualcosa che Castiel non è pronto a comprendere.
Rabbia per non sapere cosa li attenderà in futuro, paura di non essere all'altezza, rassegnazione ad un compito che non vuole, diffidenza per una creatura in cui non crede, angoscia perchè sa che non meritava di essere salvato, dolore perchè tutto potrebbe finire, di nuovo.
L'angelo non sa, non capisce.
È ancora troppo presto.

***

Castiel ama il proprio nome, ed è per questo che non capisce cosa Dean stia cercando di fare con quello sciocco diminutivo.
Non ha nessuno diritto, il cacciatore, di prendersi gioco di lui chiamandolo “Cas”.
E il modo in cui suo fratello Samuel sorride, poi, quella piccola smorfia di tenerezza e affetto che cerca di nascondere ogni volta che il maggiore si rivolge a Castiel in quel modo, è offensiva. Come se pretendesse di sapere qualcosa più di lui, come se il fatto di avere un soprannome, come lo chiamano loro, avesse un significato, o dovesse averne uno.
Come se il fatto di essere Cas come Samuel è Sam implicasse un legame, tra loro. Un legame con Dean.
Assurdo.
Castiel fatica a comprendere le dinamiche umane, è davvero troppo poco tempo che è sceso sulla Terra tra i mortali per poter anche solo sperare di capire quelle bizzarre creature. Eppure, con un po' di attenzione e qualche spiegazione esasperata di Dean, ha capito che, in fondo, non dovrebbe prendersela tanto per il fatto di essere chiamato Cas. Il maggiore dei Winchester gli ha detto che è normale, che il suo nome è troppo lungo, e che è tutta questione di comodità.
Samuel -che insiste sul farsi chiamare Sam- dice che ci si abituerà, che suo fratello ha un modo strano di ammettere le persone nella propria vita, e che i diminutivi pare ne facciano parte.
Castiel, comunque, continua a preferire il proprio nome intero.

***

Si ricrede non molto tempo dopo. In un vicolo, alla periferia di una città come tante altre, alla vigilia dell'Apocalisse e con il mondo che sta andando a puttane -Dean ha avuto una pessima influenza su di lui, se è arrivato perfino al turpiloquio.
La luce del lampione sfarfalla, sopra di lui, quando l'angelo afferra il cacciatore per la gola e lo sbatte al muro, con violenza. Il volto del Winchester è contuso, i suoi occhi stanchi e appannati. Castiel -Cas, ormai- sa che non dovrebbero essere così.
Per questo lo colpisce ancora più forte, alla ricerca di risposte, o di speranza.
Fede in un uomo, in una creatura mortale.
È quando stringe le dita sulla sua pelle fino a spezzargli il fiato, quando i piedi di Dean si staccano da terra e lui si aggrappa al suo polso cercando un appiglio, in un tentativo disperato di non soffocare sotto alla sua furia, che lo sente.
Un flebile, appena percettibile ansito, un sospiro spezzato.
Il cacciatore mormora il suo nome -Castiel- affettandone le sillabe in quel suo modo perfetto e caricandole di un sentimento che non dovrebbe mai avvolgere il nome di un angelo. La resa.
Lo sussurra una volta sola, come se potesse spiegare tutto con quelle poche lettere, come se vi risiedessero la sconfitta e la redenzione, come se l'unico perdono che Dean va cercando sia quello di Castiel, anche se non hanno ancora perso e non ha nulla di cui scusarsi.
Vuole che l'angelo gli perdoni di essersi arreso.
Come se, dopo quello che ha sacrificato -che entrambi hanno sacrificato- ne avesse ancora il diritto.
Sanno entrambi che non ce l'ha, per questo uno lo compisce e l'altro lo lascia fare. Stanno combattendo la stessa battaglia, ed entrambi parteggiando per entrambe le fazioni.
Come siano arrivati lì, Castiel non lo sa. Sa solo che non permetterà mai più a Dean di chiamarlo in quel modo, di far suonare il suo nome così sconfitto.

***

Succede una cosa curiosa durante l'anno in cui i due Winchester conducono vite separate, uno a fingere di poter avere una famiglia normale e l'altro a caccia con il proprio nonno redivivo.
Castiel non ha più avuto contatti con Sam, dopo averlo tirato fuori dalla Gabbia, ha preferito lasciarlo vivere la propria vita come meglio crede. Ogni tanto si assicura che non sia morto, più per scrupolo personale -per un debito mai saldato con suo fratello- che non perché tema possa avere bisogno d'aiuto. I Winchester hanno la pelle dura, lo ha imparato stando al loro fianco.
Dean, invece, è stato impossibile da ignorare -da lasciare andare. Ha passato giornate intere ad osservarlo dire addio alla propria vecchia vita, a costruirsi un futuro normale e a piangere sulla tomba mai scavata di suo fratello. Non è riuscito a lasciarlo da solo, anche se lui non lo ha mai chiamato.
O meglio, non lo ha mai fatto ad alta voce.
Eppure, in un modo molto difficile da spiegare, e da comprendere, Castiel si è sentito invocare comunque. Come se Dean desiderasse averlo accanto a sé ma non osasse chiederlo, per orgoglio o per codardia.
Non è stato un nome o un soprannome a costringerlo ad andare da lui, ma il semplice dolore nei suoi pensieri, il suo bisogno di averlo vicino.
Ogni tanto, l'angelo si chiede se lui riesca a percepirlo, le notti in cui veglia sul suo sonno o le ore che trascorre a guardarlo raccogliere le foglie in giardino.

***

Dean ha sviluppato, in un modo che a Castiel è passato fastidiosamente inosservato, una spaventosa capacità di scherzare su ogni genere di argomento e in ogni genere di situazione.
Non che prima non lo facesse, ma sembra che questa storia del Purgatorio ne abbia accentuato la predisposizione.
È seduto in un bar con i Winchester e Bobby, alla ricerca di Eva. Ed è frustrante dover ammettere di non avere poteri utili, così vicino alla Madre di tutti i mostri. Dean, per tutta risposta, sbotta infastidito che senza le sue ali è solo un moccioso in trench.
In genere, quello che si infastidisce per queste cose è Sam. E Sam, beh, normalmente viene anche tranquillamente ignorato da Dean.
Quindi, Castiel si stupisce non poco quando, ad una sua smorfia perplessa e scocciata, il maggiore dei Winchester mormora qualche parola smozzicata, avanzando la stanchezza come scusa.
«Non volevo offenderti, Cas, mi dispiace»
Sam e Bobby si guardano, lui arrossisce e abbassa il capo, tormentando la sua fetta di crostata con le dita. L'angelo non ha capito perché improvvisamente stiano tutti zitti, ma non gli importa. Sorride, guardando fuori.

Più tardi, quando Eva è morta e Sam tira un sospiro di sollievo, Dean si avvicina a Castiel.
«Bel lavoro, moccioso»
L'angelo non sa come rispondere alla pacca sulla spalla e al sorriso rassicurante, così resta lì, inebetito. Non ha capito se il modo in cui il cacciatore lo ha appena chiamato sia un insulto o un rimprovero, però gli è piaciuto il tono morbido che gli ha rivolto. Si farà bastare quella conclusione.

«Moccioso, eh?»
«Zitto, Sam»

***

Un giorno, Castiel scopre cos'è la paura.
Non che non l'avesse mai vista prima, o non l'avesse perfino provata lui stesso, solo che, per la prima volta, capisce cosa significa venirne sopraffatto davvero.
E lo scopre nel modo in cui ha scoperto le cose più importanti della vita mortale: attraverso Dean.
La vede nei suoi occhi, mentre gli ordina di inginocchiarsi di fronte a lui -al nuovo Dio- davanti alla porta spalancata del Purgatorio. Per un momento, mentre il potere di tutte le anime gli si agita dentro, si ferma sul suo viso, e osserva la paura deformarne i tratti in un modo che non avrebbe mai creduto possibile, non su di lui, non dopo tutte le cose che gli ha visto affrontare con quella faccia da schiaffi addosso.
Si guardano, per un momento, e poi gli occhi di Dean si piegano verso il basso contro la sua volontà, ed è troppo nel momento in cui chiama il suo nome -Castiel.
C'è paura nella sua voce (nel modo in cui lo chiama), paura per Sam, per Bobby, per il mondo intero, e anche un po' per il suo angelo, per la cosa in cui si sta trasformando senza nemmeno saperlo -ha paura di perderlo, ma sono entrambi troppo ottusi per capirlo.
Non per se stesso. Dean non è mai spaventato per se stesso, perché ancora convinto di essere sacrificabile. Ed è di questo che Castiel ha paura.

***

In Purgatorio, scopre la redenzione.
E non, come ci si aspetterebbe, nella sofferenza e nella punizione, ma tra le braccia di un uomo.
Quando Dean lo trova, sulle rive di quel ruscello, sporco e coperto di peccato, non esita un solo istante ad abbracciarlo -nonostante il muro di Sam, i Leviatani, Bobby, loro due prigionieri in quel posto. Lo stringe a sé con forza, come se avesse passato tutta la vita a fare quello, a desiderarlo.
Castiel chiude gli occhi, perché sa di non meritarselo.
Ed è lì che lo sente.
Un Cas smozzicato al suo orecchio, una sillaba soltanto, che è tutto per lui, è perdono e famiglia e casa in un modo che non credeva più possibile. Dean lo vuole ancora, e l'angelo riesce finalmente a perdonarsi.

***

È nel Bunker che Castiel sente per la prima volta il proprio nome impregnato di desiderio.
Non sapeva nemmeno che cosa significasse veramente, prima di quel momento, e quando sente Dean chiamarlo in quel modo, con le mani sui suoi fianchi e il viso seppellito nel suo collo, capisce che nessuno è mai riuscito a dire così tanto solo chiamandolo per nome. Il maggiore dei Winchester è sempre stato l'unico capace di far suonare così bene quelle poche sillabe.
È stata una lunga giornata, dopo settimane intere che avevano perso le tracce l'uno dell'altro, dopo il casino di Metatron e gli angeli. Si sono rivisti dopo quella che è persa un'eternità, sono sopravvissuti per miracolo, e adesso che sono di nuovo a casa, a Dean non va più di fingere che vada tutto bene. Per questo lo ha spinto contro uno dei tavoli della biblioteca e lo ha caricato sopra di peso, spingendosi su di lui e affondandogli in bocca come -Castiel se ne rende conto solo adesso- hanno sempre desiderato entrambi.
Sono stanchi, stremati da tutto quello che è successo e ancora sta succedendo, e troppo devastati per pensare di fermarsi, di andarci piano, di essere delicati. Non è il momento giusto.
E l'angelo -o ciò che resta di lui- non riesce a parlare, mentre il cacciatore è ovunque intorno a lui, lo stringe e lo scopre, lo strattona, lo morde e lo bacia e lo chiama, lo chiama in quel modo rauco e disperato di chi ne ha bisogno, di chi non può vivere altrimenti.
Ed è un po' sbagliato che Castiel non riesca a fare altrettanto, che lui non riesca a mormorare il nome di Dean allo stesso modo, perché non ha voce e coraggio per dirgli che nemmeno lui può vivere altrimenti.
Ma il cacciatore non ne ha bisogno, non adesso, e lo bacia forte ogni volta che l'angelo apre bocca.
L'unica cosa che risuona in tutta la stanza è quel nome -Castiel- che non è mai stato così bello.

***

Sono da qualche parte al confine con il Messico, quando succede ancora.
O meglio, succede per la prima volta.

Non c'è più stato niente dopo quella sera al bunker, dopo che Dean ha premuto forte la fronte contro la sua, ha chiuso gli occhi e se ne è andato. Credeva di non essere abbastanza, lo stupido umano, ha creduto che Castiel meritasse di meglio.
Si sono evitati per giorni, e il cacciatore non ha opposto resistenza quando l'angelo ha deciso di raggiungere gli altri angeli, per essere la loro guida. È stata la scelta più difficile che abbia mai fatto, persino più di Cadere -quella era una strada obbligata, ora lo capisce: non sarebbe mai potuto esistere lontano da Dean, o contro di lui.
Quando, settimane dopo, si rincontrano, Sam non sa più dove posare lo sguardo. Castiel sa che c'è qualcosa di sbagliato nel modo in cui il maggiore dei Winchester lo sta fissando, ma non riesce a capire perché suo fratello sia così imbarazzato.
Lo scopre pochi minuti dopo, quando finalmente il più giovane riesce a trovare una scusa per dileguarsi e lui e Dean restano soli al Motel.
Il cacciatore è irrequieto, imbarazzato eppure deciso, nel momento in cui si avvicina a lui e gli posa una mano sulla guancia.
L'angelo sa che dovrebbe essere furioso con lui, arrabbiato per essere stato lasciato indietro, ignorato, rifiutato, ma ogni cosa muore quando Dean lo chiama per nome e gli dice che gli dispiace.
«Credevo di poterne fare a meno, di poter stare senza di te. Era una cazzata» mormora, e Castiel non sa cosa dire.
«Sam ha ragione, Metatron potrebbe ucciderci tutti da un momento all'altro, e io non voglio morire di nuovo con questo rimpianto»
L'angelo aggrotta le sopracciglia, e il cacciatore sembra sul punto di ritrarsi. Ma non lo fa.
«Cas?» chiede, è c'è così tanto amore in quella sillaba, così tanta appartenenza e così tanta speranza che lui non può che annuire.
Il bacio è lento, morbido, permissivo. Le mani di Dean sono sulle guance di Castiel, e le sue sui fianchi del cacciatore.
Sono in piedi in mezzo alla stanza come due idioti, e va bene, va bene così.
Dean continua a chiamarlo tra un bacio e l'altro, tanti piccoli Cas sulla sua bocca e nel suo respiro, e Castiel non ha mai amato tanto il proprio nome.
Singhiozza, quando il cacciatore se lo carica addosso, e lui sorride contro i suoi denti senza nemmeno smettere di baciarlo.
«Tutto bene, angioletto?» chiede, sdraiandolo sul materasso.
E lui ama anche i soprannomi.






















NdA
Ciao a tutti, e scusate il ritardo.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, perchè io lo amo un sacco.
Non sto qua a dilungarmi tanto, devo fare un annuncio importante.

Ho intenzione di chiudere la raccolta.
Ovviamente con largo preavviso, ovvero arriverò al capitolo 81 (tanto per non lasciarvi con una het).
Il piano originale non era questo, ma per cause di forza maggiore sono costretta a chiudere prima del previsto.
Mi scuso con tutti quelli a cui avevo promesso un capitolo particolare o un paring particolare, ma proprio non posso più portare avanti questa raccolta.
Può darsi che, un giorno, io ricominci a scrivere e aggiunga altri capitoli, ma non è qualcosa che avverrà nell'immediato futuro. Non sparirò, promesso.

In ogni caso abbiamo ancora sei capitoli prima di salutarci, quindi buon proseguimento, e ci vediamo lunedì prossimo:)
Fanie

 

   
 
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