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Autore: Stella cadente    29/03/2016    4 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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XXXIX.
Hic et nunc
 
 
Mi distruggerai, e ti maledirò finché avrò vita e fiato.
 
 
 
Claudie
 
 
 
 
Fissai gli arazzi rappresentanti scene sacre appesi alle pareti dell’ambiente che mi circondava per prendere tempo e per non mostrare la mia agitazione. Di fronte a me, Pietro II chiudeva la porta di quella stanza sontuosa, piena di decorazioni raffinate e di stoffe pregiate. Era lo studio del Re; tutt’intorno vi erano sedie in legno massiccio con cuscini persiani, armi e vari strumenti di conoscenza dei quali il sovrano si serviva. Seduta su un divano in stoffa simile a quella dei cuscini delle sedie, stava semisdraiata la Regina, somigliante ad una dea greca. Un’ampia vetrata dava su tutta la Città, attraverso la quale si poteva vedere, in lontananza, del fumo salire al cielo.
Doveva esserci una rivolta in corso.
Un’altra.
Mi sentii male al solo pensiero ed iniziai a torcermi le mani, nervosa.
«Ministro Frollo» esordì Pietro. «Sembra che voi ci abbiate riportato una versione dei fatti ben diversa da quella reale.»
«Vostra Altezza» dissi, per smentire le mie accuse. Il Re non si fidava completamente di me, si vedeva. «Io non vi ho detto nient’altro che la verità. Non siete forse al corrente di quanto è successo con Grenonat, o del mio periodo alla Corte dei Miracoli? Vi posso garantire, Maestà, che quello zingaro è uno stregone e mi ha fatto smarrire la retta via...»
«Ma che alternative avevate? Pensateci: quel ragazzo vi ha soltanto aiutata.»
Osservai lo sguardo del Re: deciso, magnanimo, buono. Con un groppo in gola mi accorsi che mi ricordava terribilmente quello di Eymeric.
Eymeric...
Adesso era in prigione, e chissà se avrebbe anche solo passato la notte, dopo quello che gli avevo fatto. Per un attimo provai il forte desiderio di aiutarlo, ma mi rimproverai subito dopo quel momento di debolezza: non dovevo cedere. Mi aveva fatto cadere nel peccato, e non potevo permettermelo.
Strinsi i pugni, poi dissi, con decisione:
«Altezza, voi sapete meglio di me che gli zingari sono malvagi e corrotti. Sono pagani, Sire. Non riconoscono religione alcuna, e le loro barbare usanze rendono gli inerti altamente fuorviati. Questo nessuno può negarlo.»
Pietro sospirò.
«Certamente, Ministro. Ma come ho già detto, hic et nunc vi sono questioni di natura più importante e più urgente. Luigi d'Orléans sta dando non pochi problemi alla Francia, e soprattutto al mio neogoverno dopo anni di reggenza» disse, con tono vagamente inquieto.
«E dunque» prese parola Anna, che ora si era avvicinata. «Come intendete risolvere la faccenda? Ma soprattutto: partiamo dal principio. Questo ragazzo vi ha davvero aiutata nella ripresa del potere?»
Restai per un secondo in silenzio.
«Rispondete» mi intimò Anna.
«Sì, è così» dissi io. «Ma nel frattempo mi ha portata sulla via della perdizione, Altezza.»
Lo sguardo chiaro di Anna si assottigliò.
«Che intendete dire? Siate più esplicita, per favore.»
Deglutii. Come facevo ad essere più esplicita? La Regina non capiva che quelli sarebbero stati ricordi quasi dolorosi da riportare alla luce? Non capiva quanto mi sarebbe costato raccontare quello che nemmeno una vita impiegata nell’eliminare quell’ignobile razza sarebbe bastata a purificare?
«Lo stregone mi ha attirata nella sua rete di piaceri carnali ed effimeri» dissi, distogliendo lo sguardo. «Mi ha corrotta. Ma il suo incantesimo si era già propagato fin troppo bene anche prima, sin da quando lo avevo visto per la prima volta. Lui sapeva di essere qualcosa di profano e di proibito per me, e tuttavia continuava a tentarmi – e lo fa tuttora. Tutto è cominciato da qui. Da quando ci siamo persi l’uno nell’altra e per me è cominciato il declino.»
Avevo incespicato un po’ tra le parole, costretta a confessare la mia debolezza come un reo in Tribunale. Ma ormai mi avevano messa alle strette: mentire ancora non avrebbe avuto senso.
Guarda fin dove mi hai portata, gitano. Guarda che cosa mi hai fatto.
«Per questo intendevo distruggerlo: è colpevole di stregoneria e paganesimo. Sappiamo quanto siano dannose le eresie, Altezza» continuai. «Portano nelle tenebre i più deboli, il volgo. Si rischia che molti stiano dalla parte di questo popolo infernale.»
«Ne sono consapevole, Ministro Frollo» fece Anna. «Tuttavia, ciò non toglie che quello zingaro vi abbia, anche se in minima parte, aiutata.»
«È mio dovere ucciderlo, Regina» dissi, seria.
«Lo so» la Regina alzò una mano in un gesto solenne, come per fermarmi. «Difatti, siamo d’accordo con voi per quanto riguarda la pena di morte.»
Pietro si voltò a guardarla.
«Ciononostante» si inserì poi il sovrano, rivolgendosi a me. «Riteniamo che sia giusto mostrare un po’ di magnanimità per le imprese da egli compiute, e che debba soffrire meno. Non merita di morire da eretico, né da criminale. Almeno, non del tutto. Ma proprio perché è pericoloso deve essere ucciso, in fretta, agendo con decisione. E un rogo non è decisamente la strategia migliore.»
Anna mi guardò con i suoi occhi azzurri, gelidi, simili ad acquemarine. Per un istante, con quell’espressione in volto, mi ricordò me da giovane.
«Quello zingaro deve sparire, Ministro. Lo vedete anche voi che non fa bene al vostro governo e alla vostra serenità» disse, con tono grave. «E mi sembra di capire che su questo siamo d’accordo.»
«Senz’altro, Maestà» assentii.
«Che cosa farete, dunque?» chiese poi Pietro.
Mi schiarii la voce e dissi:
«Mi recherò nottetempo nelle segrete del Palazzo di Giustizia, e sorprenderò i due prigionieri nel sonno. Il colpo sarà immediato e non ci sarà alcuna lotta. La morte dei due verrà fatta passare per stenti e fame. Ed il tutto verrà dimenticato in silenzio» dissi, neutra.
Ma una terribile consapevolezza aveva già cominciato a farsi strada dentro di me.
Non sarei mai riuscita ad uccidere Eymeric.
Dovevo architettare qualcosa, ed in fretta.
 
 
****
 

La notte avvolgeva Parigi, ammantandola di nero. Nell’aria si respirava un vago sentore di primavera ed il freddo era decisamente calato.
Avevo deciso di non uccidere i prigionieri, ma non potevo neanche far sì che si sapesse che erano rimasti vivi. Le parole dei sovrani erano molto chiare: Eymeric doveva essere eliminato.
Quello zingaro deve sparire, Ministro. Lo vedete anche voi che non fa bene al vostro governo e alla vostra serenità.
Sentivo il mio cuore tremare: con quale forza lo avrei ucciso? Come avevo potuto pensare di farlo? Non ci ero riuscita quando lo avevo rinchiuso nei miei appartamenti, non ci ero riuscita quella sera e non ci sarei riuscita neanche adesso. Tutti i miei tentativi di distruggerlo per sempre erano stati vani, e adesso dovevo arrendermi a quella terribile verità.
Il maleficio è compiuto.
Sei tu ad aver distrutto me.
Sospirai – un sospiro angosciato, tremante – mi sciolsi i capelli per divenire irriconoscibile e mi calai sulla testa il cappuccio del mantello che mi ero messa sulle spalle. Era buio lungo le stradine che si diramavano come i fili di una fitta ragnatela, ma ero determinata ad adempiere al mio compito. La Città mi guardava con i suoi occhi silenziosi, come un essere vivente che respirava e che era partecipe di ciò che stavo provando.
I sovrani mi avevano dato un cavallo, ed avevo raggiunto in breve tempo il Palazzo di Giustizia per il mio scopo. Sapevo che potevo introdurmi da un passaggio segreto lì vicino nelle prigioni; non mi serviva recarmi all’interno del Palazzo, per farlo. Tra l’altro, pareva che la rivolta fosse ancora in corso: da dietro l’edificio proveniva un filo di fumo, segno che c’era ancora qualcuno.
Mi chinai lentamente e sollevai  con fatica la botola che mi avrebbe condotta al di sotto, nelle segrete. Da lui.
In un gesto deciso, mi calai, pronta ad affrontare quegli occhi smeraldo che, lo sapevo, mi avrebbero stregata anche quella volta.
 
 
 
 
Non fu difficile trovare la segreta dove erano rinchiusi Eymeric e Olympe: era la stessa in cui Grenonat aveva segregato me prima della mia esecuzione, quella in fondo al corridoio, più isolata rispetto alle altre. Mentre camminavo, ascoltando i miei passi lenti riecheggiare sul pavimento del sotterraneo, il cuore mi sembrava come un rimbombo; per un attimo temetti che si potesse sentire l’eco anche di quel pulsare furioso, di quella passione malata che da troppo tempo mi aveva afferrata con le sue mani tentatrici e trascinata con sé bruscamente.
Deglutii impercettibilmente quando arrivai di fronte alle inferriate di quella cella. Per un attimo mi passò in mente l’immagine di Eymeric nella mia sala dei ricevimenti, in piedi con le braccia incrociate, bello e spavaldo com’era sempre stato.
Ora la visione che avevo davanti mi agghiacciava: lo zingaro era sdraiato miseramente per terra, il volto trasfigurato dal dolore – un dolore fisico e mentale – un pallido spettro di quello che era stato una volta. Inorridii, anche se mi sforzai di non darlo a vedere.
Perché è così doloroso eliminarti?
Mentre avevo ancora lo sguardo puntato su di lui, una voce mi aggredì.
«Voi» la voce di Olympe de Chateaupers, che arrivò dura e fredda alle mie orecchie. «Siete soddisfatta adesso, adesso che gli avete fatto questo?»
Era un fioco urlo quello che era uscito dalla sua bocca; se la voce fosse stata meno rovinata, meno scheggiata dalla sofferenza, probabilmente sarebbe risultata una protesta decisa.
Fu allora che Eymeric aprì gli occhi. Occhi stanchi, immersi nella tristezza, lontani. Mi fece male vederli, vedere com’erano diversi rispetto a quelli furbi, brillanti e vivaci che avevo visto alla Festa dei Folli; mi venne spontaneo indietreggiare, ma mi sforzai di non muovermi.
Il ragazzo si alzò in piedi – non seppi con quale forza – e mi guardò con un astio indicibile.
«Come avete potuto?» ringhiò. «Con quale coraggio vi presentate qui, dopo quello che avete fatto?»
Eccolo di nuovo, il gitano che conosco.
Dovevo aspettarmelo.
«Siete qui per uccidermi? Fatelo pure, se volete, non mi importa!» fece, alzando leggermente la voce.
Sei bellissimo...
Era bello anche così, immerso nella rabbia e nel buio. Era bello sempre, in realtà, con quegli occhi scintillanti e maledetti che contrastavano con la pelle scura.
«Mi è stato dato l’ordine di uccidere sia te che voi, signorina de Chateaupers» dissi ai due, atona.
«Bene, che state aspettando?» si intromise Olympe, furiosa.
«Non interrompetemi» indurii il tono, autoritaria. «Ho deciso di essere magnanima e di risparmiarvi.»
«Certo, per usarci per i vostri meschini scopi immagino» fece Eymeric, pungente.
«Silenzio!» proruppi io, esattamente come facevo in Tribunale. La mia voce riecheggiò minacciosa lungo i corridoi delle segrete e i due si ammutolirono.
Mi schiarii la voce in modo solenne, come per evidenziare ancor di più la mia autorità, poi proseguii.
«Come dicevo, mi è stato dato l’ordine dai Nostri Sovrani, Pietro II di Borbone e Anna di Beaujeau, di uccidervi. Soprattutto tu» spostai lo sguardo su Eymeric.
Ci fu un attimo di silenzio, in cui lo guardai con intensità.
«Il Re e la Regina ritengono che gli elementi dannosi per la società vadano eliminati, tuttavia» feci una piccola pausa «ho deciso di rischiare ancora una volta.»
Adesso lo zingaro mi guardava con aria interrogativa, ed Olympe, anche se era più sospettosa, sembrava in qualche modo stupita da ciò che avevo appena detto.
«Vi farò fuggire da qui» rivelai poi, neutra. «Dovrete sparire entro domani; dirò che siete morti durante la notte per mano mia e che ho già provveduto a bruciare i vostri cadaveri, che adesso non sono che cenere dispersa nel vento» conclusi.
«Chi ci dice che possiamo fidarci?» fece Eymeric, ostile.
«Qua fuori ho predisposto un mio servo che vi aiuterà» ripresi, ignorandolo. «Viaggerete sul carro utilizzato per trasportare i cadaveri, cosicché il tutto venga meglio celato. Vi recherete a Colmar, che è a tre giorni da Parigi. In poche parole,» ghignai, rivolta ad Olympe «vi sto condannando all’esilio. Non vi sembra un modo giusto per risolvere la situazione?»
La ragazza serrò la mascella ed i suoi occhi blu lampeggiarono dalla rabbia, ma non disse nulla.
«Molto bene» dissi, vedendo che nemmeno Eymeric aveva proferito parola. «Allora, questo è quanto.»
Aprii la porta della cella e feci loro cenno di uscire.
«Andate» dissi solo, dileguandomi subito dopo.

 
 


Ho scritto questo capitolo con “Mi distruggerai” a palla nelle orecchie, ed è stato bellissimo. Prima di parlare del capitolo, però, voglio un attimo perdermi in un paio delle mie noiosissime – ma necessarie – note storiche al testo.
 
  • Luigi d'Orléans sta dando non pochi problemi alla Francia, e soprattutto al mio neogoverno dopo anni di reggenza”: Pietro II e Anna di Beaujeau furono reggenti di Francia, e dal 1483 al 1491 mantennero l’autorità reale contro le ingerenze di Luigi d'Orléans (che nel 1498 salirà al trono come Luigi XII di Francia). Ecco perché ce l’ho messo. Qui siamo nel 1482 in realtà, però dai... è pur sempre una FF senza pretese, dopotutto – nonostante mi girino parecchio le scatole sapendo che non ho azzeccato le date.
 
 
  • “La Città mi guardava con i suoi occhi silenziosi, come un essere vivente che respirava e che era partecipe di ciò che stavo provando.”: questa frase non è casuale, perché per quanto mi sia sembrata oggettivamente suggestiva da scrivere, in realtà ha uno scopo ben preciso. Nel Medioevo le Città – soprattutto quelle grandi, come Parigi – erano viste quasi come esseri che vedono tutto e sentono tutto, animati di vita propria. Era un’idea diffusa soprattutto tra i soldati, ma in linea di massima era un immaginario comune un po’ a tutti.
 
 
Per il resto spero di aver reso bene le ambientazioni, i dialoghi e un po’ tutto il contesto.
Dunque, detto questo, sono veramente angosciata, perché questo è l’ultimo capitolo dal punto di vista di Frollo e sto divenendo consapevole soltanto adesso che Paris sta per finire. E veramente, sto male.
Le cose adesso sono cambiate, Eymeric è di nuovo ostile e Claudie è di nuovo quella dell’inizio della storia, anche se non proprio. Spero che comunque la mia scelta non sia sembrata scontata e che il capitolo vi abbia appassionati.
Grazie mille per le vostre gentilissime opinioni, al prossimo capitolo,
 
 
Stella cadente

 
  
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