It's not a dream

Misty sbatté le palpebre, frastornata. A momenti non riusciva nemmeno a parlare. Davanti a lei c'era Ash. Completamente fradicio dalla testa ai piedi e con il fiatone, molto più alto di quanto lo ricordasse, le faceva un sorriso sghembo davanti alla porta di casa sua.

«Ciao, Misty» le disse soltanto, con una nota di dolcezza.

«Sei… Sei davvero tu?» La rossa si avvicinò a lui, lentamente. Una parte di lei voleva stringerlo talmente forte da soffocarlo, mentre un'altra voleva picchiarlo a sangue. Vinse la seconda.

«Ahia! Ma si può sapere che ti prende? Bel modo di accogliermi!»

In risposta a quell'infantile lamentela gli arrivò un altro pugno sulla nuca. «Dopo tre anni che non ti sei fatto sentire, hai pure il coraggio di pretendere che non sia arrabbiata con te?!» La visuale di Misty, prima che potesse proseguire la sua ramanzina, venne schermata da un bouquet di mimose. Stette immobile, stupita, lasciando che quell'intenso profumo le invadesse le narici.

«Beh, almeno non sono venuto a mani vuote… Auguri!» disse lui, in sua difesa, massaggiandosi il punto dove era stato colpito poco prima.

La rabbia della rossa vacillò subito. Si fiondò su Ash per abbracciarlo forte, perché non voleva che se ne andasse ancora via, lasciandola sola, sparendo di nuovo dalla sua vita così, all'improvviso. A lui caddero le mimose di mano e si ritrovò ad abbassare lo sguardo su una Misty che, trattenendo le lacrime, borbottava stringendo in modo quasi compulsivo il colletto della sua giacca: «Mi sei mancato, stupido» sotto il tintinnio soave della pioggia battente.