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Autore: SamuelRoth93    31/03/2016    1 recensioni
In un universo parallelo, precisamente nella piccola cittadina di Rosewood, ci sono quattro giovani e affascinanti bugiardi che lottano ogni giorno per nascondere i loro segreti. Perseguitati dalla misteriosa figura di A e dall'oscuro mistero che si cela alle sue spalle, riusciranno a mantenerli? Ma, soprattutto, riusciranno a sopravvivere?
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SEI

“House of CArds”

 

PREVIOUSLY ON BLACK HOOD:

A inizia a tormentare Sam, minacciando di non lasciarlo in pace se non confessa il suo amore per Nathaniel; il suo scopo è quello di portarlo al limite e costringerlo a rivelare di essere complice di Anthony in un crimine ancora ignoto ai ragazzi. Un crimine di cui solo A è a conoscenza.

La Signora Dimitri e suo figlio Clarke, intanto, entrano nel ristorante del padre di Nathaniel e quest’ultimo ha una strana conversazione proprio con Clarke, che insinua di sapere molte cose su suo fratello, parlandone negativamente. Nathaniel inizia a pensare che sappia qualcosa sul misterioso file Rosewood-riservato.

Rider ed Eric, nel frattempo, fanno un salto al mercatino dei libri usati per cercare un libro ad Alexis, ma la loro passeggiata di piacere prende una piega diversa quando incontrano Violet e Colton, i loro sospettati; Anthony, quando era vivo, prendeva continuamente Colton in giro per la sua pelle e lo chiamava Albume.

Subito dopo, i due trovano un messaggio di A dentro uno dei libri del mercatino. In seguito ad una telefonata con Nathaniel, i tre parlano del file Rosewood-riservato e del fatto che Clarke potrebbe saperne qualcosa, ma ecco che un ennesimo messaggio di A vieta loro di indagare su quel file finchè non sarà lui stesso a renderlo noto.

Dopo che Sam ed Eric l’avevano ipotizzato, anche Rider si convince che il gruppo sia spiato da microfoni e propone a tutti di andare a trovare una Professoressa di ingegneria informatica a Brokehaven per scoprire come rilevare la presenza di un microfono e disattivarlo.

Chloe, intanto, viene fermata da Lindsay in centro. Subito,quella, ringrazia Chloe per non aver detto a nessuno di averla vista con Albert, nell’ultima notte in cui era a Rosewood. Rivela di aver rubato il video di insulti girato da Anthony, assieme ad Albert, subito dopo che lui e i suoi amici avevano lasciato la classe e di aver pianificato di voler ricattare il ragazzo ed essere lasciati in pace, altrimenti avrebbero mostrato il video a tutti. L’incontro in macchina, di quella notte, spiega Lindsay, sarebbe avvenuto solo per accertarsi che Albert avesse portato a termine ciò che avevano pianificato per essere liberi da Anthony. Infine, rivela di non aver detto alla polizia di essere stata l’ultima persona ad aver visto Albert per non avere problemi e tutelare se stessa e la persona che guidava l’auto. Infine confida di pensare che Albert si nasconda a Rosewood e che abbia ucciso lui Anthony, per averlo visto instabile, quella notte.

I ragazzi arrivano al dipartimenti (Sam messaggia loro che non parteciperà alla piccola gita) e si dividono per cercare la Professoressa. Eric e Rider sono i primi a trovarla e Rider si finge un podcaster con l’intento di divulgare informazioni sullo stalking e come proteggersi da questo fenome. La donna rivela di essersi licenziata e di essere in partenza, ma concede ugualmente ai due un’intervista.

Nathaniel, intanto, si intrufola in un laboratorio del dipartimento, attirato da una casa dei topi monitorata con dei chip attaccati ai piccoli roditori. Viene raggiunto da Rider ed Eric e in quello stesso laboratorio, grazie alla riproduzione di un metal detector, scoprono di avere dei microfoni installati nei loro telefoni. Nathaniel, subito dopo, ha un piano: monitorare i loro sospettati con i chip. Prima di lasciare il dipartimento, rubano quelli dei topi.

Sam, intanto, si accorge di non essere più solo in casa, ma quando tenta di scappare, sviene, dopo aver bevuto un sorso d’acqua. A lo porta in camera sua e lo sistema nel suo letto, mentre l’altro e semi-cosciente.

Quando i ragazzi tornano a Rosewood, trovano Sam in casa sua con la bocca sanguinante: A gliel’ha chiusa con la colla. Rider suggerisce di portarlo a casa sua.

 

AND NOW…

 

~

 

La mattina seguente all’aggressione a Sam, Rider stava preparando il caffè nella sua cucina. Eric entrò dalla porta sul retro, affannato e sudato in fronte.

“Scusa il ritardo… - esordì – Ma sfido chiunque a fare sette isolati in bicicletta con due ore di sonno!”

“Tieni, - gli passò un bicchiere d’acqua – bevi e andiamo da Sam!”

Poco prima di bere, però, ebbe delle perplessità da estirpare: “Sicuro che i tuoi genitori non si siano accorti che dorme nel vostro capanno?”

“Sicuro! – confermò, mentre riempiva un thermos di caffè – La camera dei miei genitori è dalla parte opposta al capanno e anche la camera di Lindsay. Solo la mia si affaccia sul cortile… - lo fissò, facendogli segno di alzarsi dallo sgabello – Forza, sbrigati!”

“Ok, - aggiunse, dopo aver bevuto in fretta, anticipando un’espressione seria – so che adesso dobbiamo pensare a Sam, ma fermiamoci un secondo a pensare a quello che sta per accadere… – si mostrò nervoso – Lo sai che noi due saremo i prossimi, vero? Insomma, finito il turno di Sam, si passa al successivo e i-io – balbettò, preso dall’ansia - non posso permettermi un attacco da parte di A. Ho già fin troppi problemi!”

“E cosa vuoi che ti dica, Eric? – lo fulminò con lo sguardo; quello di chi non aveva una risposta al problema - Di comprarti una museruola così che A non ti possa chiudere la bocca con una striscia di colla a fissaggio rapido? – fece una pausa, mentre l’altro deglutiva – Ho paura anch’io, ma non posso vivere con la paura addosso tutto il tempo. Devo occuparmi di quello che mi si presenta davanti e non di quello che ancora non si è presentato, ok?...E in questo momento, nel mio capanno, c’è Sam, che ha bisogno di me. Di NOI! Perciò andrò da Sam, cercando di fingere che sopra di me non ci sia l’ascia di un boia pronta a tagliarmi la testa.”

Eric scosse la testa, non molto d’accordo su come stava affrontando la situazione: “E’ proprio del boia che dovresti preoccuparti e non di Sam. Se uccidi il boia, starai bene tu, starà bene Sam e staremo bene tutti quanti!”

“Abbiamo un piano, ok? – replicò, oppresso - Non stiamo brancolando nel buio, Eric.”

In quell’esatto istante, in cucina, entrò Ellen, sua madre, con la solita ventiquattrore in mano, pronta ad uscire.

“Un piano per cosa, tesoro?”

Eric si voltò, assiame allo sguardo di Rider, che tacque immediatamente.

“Buongiorno, Signora Stuart!”

Quella rallentò, avvicinandosi al frigorifero, poggiando la ventiquattrore sul tavolo, fissando il ragazzo.

“Ehm, salve a te… - cercò di ricordare il suo nome – Ehm…”

“Eric!” esclamò quello.

“Eric! Esatto! – finse di conoscerlo, mentre si versava del succo – Il club dei sospesi, eh?”

“Già! – Rider finse un sorriso – Comunque parlavamo di un piano di studio, in modo da recuperare i giorni d’assenza. Ci vedremo tutti insieme per studiare. Probabilmente useremo il capanno ogni tanto.”

Eric fissò Rider, stranito, chiedendosi perché avesse citato il capanno, visto che ci nascondeva dentro Sam.

“Bene, mi sembra una buona idea. – sospirò - Ora, però, devo andare… - si avvicinò alla porta, dopo aver messo il bicchiere vuoto nel lavandino – Ah, dimenticavo, - si fermò ancora, rivolgendosi nuovamente al figlio – porta tu a spasso il cane dopo cena. Toby si sta riprendendo velocemente dalla slogatura e ogni volta che Lindsay lo porta fuori diventa praticamente lei il cane. Ieri ha tirato talmente forte il guinzaglio che tua sorella è finita a quattro zampe sul marciapiedi. – sospirò di nuovo, squotendo la testa – Mai mandare una donna a fare il lavoro di un uomo!”

“D’accordo, scriverò “Portare a spasso Toby” su un post-it e lo attaccherò sulla fronte. Buonagiornata, Mamma!”

“Buonagiornata, Signora Stuart!” la salutò anche Eric, mentre quella usciva.

Rider si voltò verso l’amico.

“Adesso andiamo da Sam!” alzando lo zaino dal pavimento, che teneva nascosto vicino ai piedi. Dentro ci mise il thermos di caffè.

“Che c’è nello zaino?” domandò Eric, curioso.

“Mi prendi in giro? – gli lanciò un’occhiataccia – E’ la roba che abbiamo rubato a Rattoville!”

“Ah, già…Oggi è il grande giorno allora!”

Insieme uscirono dalla porta sul retro, diretti verso il capanno.

“Ehi, perché hai detto a tua madre che studieremo nel tuo capanno, dove, tecnicamente, nascondi Sam?”

“Gli ho creato un alibi, in caso lo becchino lì dentro. Sai, mia madre ha finto di ricordarsi di te perché gli Stuart amano ignorare l’elefante in salotto. Ignorare qualcuno che vive, mangia e dorme nel tuo capanno, però, è ben diverso. In quel caso chiamerebbero la polizia per elefanti!”

Ad Eric girava la testa: “Ti prego, basta metafore!”

Finalmente entrarono nel capanno. Sam era seduto sulla poltrona del piccolo salottino allestito lì dentro, la copertina che lo copriva fino al busto, il tecomando in mano, gli occhi fissi sulla televisione.

“Ehi, Sam, ciao!” esordì Eric, la voce piccola.

Quello non si voltò, continuò a fissare la televisione, come assente.

“Ehm, - rise Rider, brevemente – che guardi di bello?”

Sam pronunciò qualcosa, dopo qualche secondo: “Hanno arrestato Jasper Laughlin. – raccontò, serio, senza guardare gli amici negli occhi – Lo hanno trovato al confine con un auto noleggiata e una busta di contanti. Molti contanti.

Eric e Rider si guardarono, spiazzati, sedendosi sui divanetti.

“Ma tutto questo non ha senso. - pensò Rider – L’auto, la fuga, i soldi…E’ come ammettere di essere l’assassino!”

“Ma non lo è! – ribadì Eric – Quindi come mai un uomo innocente si ritrova a dover noleggiare un auto, fuggire e portare con sé dei contanti?”

Fu Sam a rispondere, privo di vitalità, lo sguardo spento e basso, le labbra ancora ferite: “E’ stato incastrato. A l’ha incastrato! E non venitemi a dire che dietro a tutto questo c’è la Signora Dimitri, solo perché ha fatto una dichiarazione contro di lui. E’ solamente una donna piena di rancore e rabbia che ha preso la palla al balzo. – una lacrima gli scese dal volto – Jasper ha avuto la sfortuna di quadrare perfettamente con tutte le coincidenze che ci sono su questo omicidio.”

“Sam, -intervenì Rider -  noi è dalla casa sul lago che non sospettiamo più che A siano la Signora Dimitri e Clarke, bensì Violet e suo fratello. Mi sembra ormai evidente che A abbia dato quei soldi a Jasper, in modo che, una volta trovato dalla polizia, collegassero quei soldi a quelli rubati da casa di Anthony.”

“Dio mio, - Eric scosse la testa, incredulo – come ha fatto A a progettare tutto nei minimi dettagli?”

Sam finalmente si voltò verso di loro, fortemente provato: “Fa paura, vero? Pensare a quanto stia diventando dannatamente reale la follia di questa persona. Quello che dovete capire è che più la cosa andrà avanti e più diventerà violento, credetemi.”

“Okey, Sam, ma… - Rider lo fissò a lungo, profondamento turbato – che stai cercando di dirci?”

“Vi prego, - le lacrime iniziarono a scorrere a fiumi, la sofferenza evidente nello sguardo – andiamo alla polizia e raccontiamo tutto. Raccontiamo che è stato un’incidente, che eravamo spaventati e che Anthony è uscito fuori di testa, quella notte. I-io non posso continuare così, non ho chiuso occhio per tutto il tempo, da ieri sera.”

Rider si avvicinò a lui, disperato, inginocchiandosi, prendendo le sue mani: “Ti prego, Sam, non lo fare. Forse tu non ti rendi conto di quello che ci faranno, perché non ne usciremo puliti da questa storia, te lo garantisco. Il primo reato di cui ci accuseranno è quello di complicità, perché aver investito Albert e non aver detto nulla è omissione di soccorso, ok? Abbiamo poi trascinato il suo corpo a casa di Anthony e gli abbiamo dato fuoco assieme al corpo del padre: omicidio plurimo di primo grado, d’accordo? – scosse la testa, secco – E’ troppo tardi, Sam. Per non parlare del fatto che A troverebbe un modo per incastrarci ancora di più, non contento del fatto che ci siamo rivolti alla polizia.”

Sam si mise le mani davanti al viso, impotente, devastato, urlando: “Allora cosa facciamo? Ce ne stiamo qui a giocare alla ruota della tortura con A? Dovrei smettere di dormire, bere e mangiare per paura di essere drogato nuovamente, forse? Eh?”

Rider tirò fuori una lettera dalla giacca, mettendogliela tra le mani e tornando a sedere.

“Che cos’è?” domandò quello, fissando i compagni.

“E’ il nostro piano. – spiegò Rider – Leggi il foglio e poi brucialo.”

Sam lo lesse, sollevando nuovamente lo sguardo.

“E avete scelto su chi…??”

“Sì, ma… - replicò Rider – Se vuoi aggiungere qualcun altro…”

“Non ne ho la minima idea, francamente. Scegliete voi, mi sembra che abbiate già le idee chiare.”

Il silenzio avvolse la stanza, subito dopo. Nessuno aveva altro da aggiungere. Ognuno fissava punti diversi della stanza, Sam torturava il foglio che aveva appena letto, accartocciandolo.

Dopo averlo fissato a lungo, attirato dal rumore della carta, Eric volle sapere cos’era accaduto esattamente, la notte prima: “Non sei riuscito proprio a vederlo? – conquistò la sua attenzione, un’espressione di marmo da parte di Sam - A, dico.”

“No, Eric…Non ci sono riuscito. Ero drogato e a malapena ricordo ciò che è successo. – si voltò, continuando, straziato dalle immagini che li tornavano alla mente – Ricordo soltato di essere stato tra le sue braccia, mentre mi portava al piano di sopra. Non credo fosse una ragazza. Era un lui e mi ha toccato con il suo corpo; riuscivo a sentirlo.”

“Ragazzi è Colton, - concluse Eric, risoluto - non c’è dubbio. Probabilmente sua sorella era al piano di sotto che si specchiava dentro la lama di un coltello, prima di lasciare quell’inquietantissima scritta in bagno con il rossetto rosso: perché quella scritta è stata fatta con un rossetto, no?”

Rider lo fissò, statico, per poi voltarsi verso Sam.

“A proposito della scritta in bagno…E’ per quella che ieri sera mi hai sussurrato all’orecchio di non chiamare Nathaniel, oggi?”

Quello annuì, a disagio.

“Sam, puoi parlare con noi, ok? – lo rassicurò Eric - La sera che hai recuperato il flacone di medicine, c’era un biglietto di A, dentro. Alludeva ad una cotta che hai per lui, per Nathaniel.”

Sam non poteva più nasconderlo, a quel punto: “Sì, è la verità. Provo qualcosa per lui, ma lui non lo sa. A ha giocato su questo con me e per tutto il giorno non ha fatto che tormentarmi: o raccontavo a Nathaniel ciò che provavo o confessavo la mia complicità nell’altro crimine che non conosciamo… - assunse un espressione sbalordita  e terrorizzata allo stesso tempo – Riusciva a mandare messaggi al posto mio, aveva il pieno controllo del display, della tastiera. – i ragazzi lo ascoltavano, assorti - Controllava anche il mio computer, ha persino acceso la webcam di Nathaniel, mentre era in camera sua, che si stava spogliando per fare la doccia…”

Rider intervenì, in merito all’ultima parte, curioso: “E l’hai…visto…???”

“NO! – Sam esclamò energicamente, imbarazzato – Insomma, ha chiuso prima che potessi…Insomma, non che io volessi… - si stava aggrovigliando - Senti, cambiamo discorso, per favore?”

Rider sollevò le sopracciglia, guardando altrove.

Mentre i due erano ancora imbarazzati per lo scambio di battute, chiaramente riferito al nudo integrale di Nathaniel, Eric riflettè su quanto detto, al quanto stupito.

“Quindi A può accedere alle webcam dei nostri computer, ascoltare le nostre conversazioni e comporre messaggi? Ma che razza di tecnologia è mai questa?”

“E come può permettersela, aggiungerei! – esclamò Rider – Credo che A abbia un bel po’ di soldi, ma… - era confuso, ora – questo toglierebbe di mezzo la teoria dello studente, perché fino a prova contraria siamo minorenni e i minorenni non hanno tutti questi soldi.”

“I soldi che ha preso Anthony dalla cassaforte? – suggerì Sam, pensandoci – A ha ucciso Anthony, no? E i soldi erano nel borsone di Anthony, quindi i soldi se li è tenuti A!”

“Già! – si trovò d’accordo Eric, spostando lo sguardo tra i due – E questo ci riporta nuovamente a sospettare di Violet e Colton senza incongruenze.”

Rider, però, non si convinse così facilmente: “Sì, ma quanti soldi potranno esserci stati in quella cassaforte? Nessuno di noi sa quanti soldi c’erano dentro o quanti ne abbia presi Anthony per fuggire da Rosewood.”

“Conoscendolo, - ribattè Sam - avrà preso tutti quelli che c’erano.”

“In ogni caso, - Rider si alzò in piedi – Violet e Colton hanno fatto un pessimo investimento, perché i telefoni gli abbiamo distrutti. – prese il telefono di Sam da sopra il tavolino, notandolo subito dopo quanto aveva detto – Ora tocca al tuo!”

Sam si alzò di scatto, stappandoglielo dalla mano: “NO, tu non distruggi proprio niente!”

“Sam, - ribattè l’altro, allibito dalla sua reazione - non so se ci sei ancora con la testa, ma ti ricordo che i nostri telefoni sono praticamente telecomandati per telecomandare!”

“Possono anche farsi spuntare due ali e volare, ma non distruggo il mio telefono per giocare il doppio turno con A!”

Eric intervenì, alzandosi in piedi anche lui: “Ma Sam, è così che lui ci ascolta e ci controlla!”

“Bene! – urlò – State lontani da me allora. Dubito che A caverà un ragno dal buco sul nostro piano, ascoltandomi guardare South park in televisione!”

“Ascoltandomi guardare?” si soffermò Rider in una smorfia esagerata.

“Dai, hai capito!”

A quel punto, Eric tirò Rider: “Forza, seguiamo il suggerimento di Sam. Andiamo!”

Quello indietreggiò, pronto ad uscire con l’amico. Sam, improvvisamente teso, li fermò.

“Ehi, aspettate! – guardò Rider – Sicuro che non verrà nessuno qui?”

“Sicuro! Mia madre è allo studio fino a stasera, mio padre è in casa che discute con il suo agente letterario e Lindsay è a scuola; dopo di che, passerà probabilmente l’intera giornata assieme al nostro professore di Matematica. Per quanto riguarda A, questo capanno è peggio di Alcatraz e poi con mio padre a qualche metro da qui, non si azzarderà a farti visita…Più tranquillo?”

Sam si sentì meglio: “D’accordo…Fate del vostro meglio, mi raccomando.”

“Ce la faremo!” ribadì Eric, mentre uscivano. Un sorriso di conforto, prima che la porta si chiudesse.

L’altro si risedette sul divano, fissando il suo telefono, lo schermo spento, poggiato sul tavolino. Sospirò, cercando di non pensare ad A.

 

*

 

In una grande e sontuosa villa, quella mattina, Nathaniel stava nuotando all’interno di un’enorme piscina privata al chiuso, circondata interamente da pareti in vetro, attraverso il quale si poteva ammirare il giardino circostante e Rosewood, dall’alto della collina. Accanto al bordo piscina, una serie di lettini, dove sua zia Courtney era seduta di fianco ad un uomo, vestito tutto di bianco, sportivo, il capello rivolto al contrario, sulla trentina passata. Con in mano il timer, egli si alzò in piedi, fermando il tempo, mentre Nathaniel riemergeva.

“65 vasche in 14 minuti e 23 secondi. Chi diavolo sei, - urlò, sbalordito - amico?”

Courtney, battendo le mani come una ragazzina, prese l’accappatoio e corse ad avvolgere suo nipote, che sorrideva all’uomo, lusingato.

“Potevo fare meglio!”

“Oh, taci! – lo incalzò lei, trovandolo sciocco – Sei stato bravissimo!”

L’uomo si avvicinò, davvero impressionato.

“Davvero, hai talento!”

“Merito di questa favolosa piscina!” ne fece una panoramica con lo sguardo, mentre si strofinava con l’accappatoio addosso.

“Devi sapere che Pete è il coach di una squadra dell’Oklahoma city!” spiegò Courtney, il sorriso spigliato, mentre glielo raccontava.

“Oh mio Dio, - azzardò il ragazzo – gli Oklahoma Dolphine?”

Pete annuì.

“Abbiamo gareggiato contro di loro, due anni fa. Sono davvero bravi, ma non mi ricordo di lei come loro coach.”

“Sono il loro coach da un anno, gli ho davvero messi sotto!”

Courtney rise e anche Pete a sua volta, mentre Nathaniel si limitava a guardarli inebetito, dato che la loro era una risata molto rumorosa e infantile.

“Quindi… - cercò di infilarsi nuovamente nel discorso – Posso venire qui ogni volta che voglio?”

“Ma certo! – gli diede una forte pacca sulla spalla, quasi lo faceva cadere – L’importante è che porti anche la sua simpatica zietta Courtney! – rise ancora, assieme a lei – Le mie porte sono sempre aperte!”

“Bene! – Courtney sfumò la sua risata – Adesso andiamo, ci vediamo Sabato Pete. - gli fece un’occhiolino – Ok?”

Quello ricambiò l’occhiolino. I due si guardarono a lungo, silenziosi, sorridendo e mordendosi le labbra in maniera seducente. Nathaniel spostava lo sguardo tra i due, leggermente disgustato.

“Ehm… - tentò un colpo di tosse per interromperli – Zia Courtney?”

“Sì! – scattò – Eccomi! – gridò – Ciao Pete!” lo salutò con la manina, muovendosi come un robot per l’imbarazzo.

E si voltò, allontanandosi con il nipote.

“A Sabato!” gridò l’altro.

Usciti, giunsero all’auto. Nathaniel si era già cambiato.

Perplesso, aprì la portiera, entrando dentro: “Ma dove diavolo l’hai trovato questo?”

“Intendi Pete?”

“No, intendo Kermit la rana… - fu sarcastico – Sì, Pete!”

L’altra si stava mettendo la cintura: “Beh, su un sito di incontri…”

“Perché? – non capì – Non è nemmeno il tuo tipo. IO sono il tuo tipo!”

Courtney lo fissò, una smorfia disgustata: “Detta così è al quanto inquietante!”

“Beh, è la verità, Zia Courtney.Tu esci con tipi che somigliano a me e non con i tipi come Pete: con la risata da pappone, la pancetta e la collana da rapper!”

“Ok, hai ragione, non è il mio tipo. Il mio tipo è alto, con un bel fisico, moro… - lo indicò, arrendendosi - Beh, uno come te, sì, ma con dieci anni in più ovviamente…Ho semplicemente scoperto che possiede questa gigantesca villa e una piscina privata e…allora ho pensato che magari potevo sfruttare la cosa. Per te.”

“Cioè?”

“Non puoi utilizzare la piscina della scuola per due settimane per via della sospensione e ti lamenti sempre di quanto sia affollata la piscina pubblica. So quanto ci tieni ad allenarti e volevo solo dare una mano al mio nipote preferito. Tutto qui.”

“Oh! – esclamò, colpito – Grazie, ma…non c’è bisogno che ti sacrifichi.”

“Non mi sto sacrificando, Nathaniel. Non sono una prostituta!”

“Lo spero! – sorrise, scherzoso - Mamma non ne sarebbe tanto felice.”

“Sta zitto! – gli diede un colpo sulla spalla, lasciandosi scappare una risata– Tu pensa a cavalcare l’onda, non badare a me. E poi, Pete non è male. Mi fa ridere.”

“Sul serio? Stamattina ha fatto quella battuta sul gatto senza coda della sua vicina d’infanzia e ha riso per dieci minuti perché non aveva una coda. Non mi ha fatto ridere, pensavo che la battuta non fosse completa e invece era quella: il gatto senza coda!”

“Beh, a me ha fatto ridere; proprio perché non fa ridere. – sospirò – Ascolta, Nat…le mie relazioni con i tipi come te non sono andate molto bene. C’era chi faceva battute migliori di Pete, ma che era pessimo in altri campi. I tipi come te, molte volte deludono. Pete non sembra come loro, perciò…perché non dargli una chance?”

Nat si intenerì, sorridendo: “Allora d’accordo. Diamo a Pete e alla sua magnifica piscina una chance!”

E i due risero, per poi partire.

 

 

*

 

Rider aveva appena parcheggiato davanti alla scuola. Eric scese per primo, notando del fermento vicino all’entrata.

“C’è qualcuno che distribuisce spille e volantini, hai visto?”

“E’ la settimana delle elezioni, credo.” commentò Rider, chiudendo la macchina.

“Ok, ma se ci vede Ackett? Moltiplicherà i nostri giorni di sospensione per duecento.”

“Rilassati, - ribattè, mentre si avvicinavano -  Ackett è sempre nel suo ufficio. Probabilmente la sedia della sua scrivania avrà fatto il calco del suo sedere…”

“Allora… - Eric iniziò a riflettere sul da farsi – su chi mettiamo il chip per primo? E come, per di più?”

“Beh, con Lisa Nelson sarà facile. Una volta che le avrai rivolto la parola, puoi praticamente ordinarle di metterselo addosso!”

“Dai, non scherzare. – gli lanciò una lunga occhiata – Sul serio, come facciamo ad avvicinarci a queste persone?”

“Ci inventeremo qualcosa. – erano sulle gradinate – Non sarà poi così difficile!”

La ragazza che distribuiva spille e volantini, intanto, si era avvicinata ad un altro gruppo di studenti, rivolgendosi a loro con gran voce.

“Votate anche voi per Violet Rhimes, candidata a presidente del comitato scolastico… - allungò loro le spille – Un voto per Violet, un voto per l’unità!”

“Cosa?” sobbalzò Rider, scambiandosi una rapida occhiata con Eric, sconvolto. Si avvicinarono immediatamente alla ragazza.

“Violet Rhimes si è candidata a presidente del comitato scolastico? – domandò Eric – E contro chi concorre?”

Quella rise: “Mi stai prendendo in giro? – indicò Rider, diretta - Contro il tuo amico!”

“Eh? – reagì Rider, confuso – Ma di che diavolo stai parlando?”

“UAO, - sbigottì, sgranando gli occhi – siete davvero strani!” e si allontanò, continuando la pubblicità con gli altri studenti.

Eric si voltò verso l’amico, incredulo: “Ti sei candidato?”

“NO! – esclamò energicamente – Dev’essere uno scherzo, oppure… - riflettè, per poi posare nuovamente lo sguardo su quella ragazza e rincorrerla – Ehi, TU! – quella si voltò – Dammi un paio di quelle spille!”

La ragazza stranì, con lo sguardo: “Sei ubriaco, forse?”

“DAMMELE!” urlò.

“Okeey, - lo fissò spiazzata, mentre ne prendeva alcune dalla scatola che aveva in mano – Tieni, ma calmati un pò!”

Rider le prese con foga: “Grazie! – si voltò verso l’amico, continuando la salita dei gradini, a passo rapido – Mi è venuta un’idea!”

“Bene. Per fortuna. Pensavo fossi impazzito!”

Si fermarono nel corridoio davanti l’ingresso, Rider guardò a destra e sinistra, per poi tirare Eric per un braccio, portandolo all’interno di un’aula.

Dopo aver chiuso la porta, Eric lo fissò, intontito. Rider aprì il suo zaino sopra un banco, tirando fuori i chip, il tablet e poggiando anche le spille.

“Rider, - seguì i suoi movimenti - quella ha detto che sei ubriaco e inizio a pensarlo anch’io!”

L’altro ignorò le sue parole, allungando il braccio e aprendo il palmo della sua mano: “Sputa la gomma!”

“Eh?”

“Sputala, ho detto!”

“Rider, mi stai facendo paura!”

“Dovrebbe farti paura il fatto che A mi abbia candidato a questo scempio. Anzi, volevo dire “Violet”, che è A e che sicuramente mi ha inserito tra i candidati per umiliarmi ancora di più e avere una vittoria assicurata, dal momento che tutti ci odiano – lo fissò, isterico – Sputa la gomma, Eric!”

Quello eseguì, togliendosela dalla bocca e mettendola sulla sua mano. Rider si voltò nuovamente davanti al banco, intento a fare qualcosa.

“Ma com’è possibile che Violet sia riuscita a farti candidare? Insomma, non ci vuole il tuo consenso o, perlomeno, la tua presenza?”

“E’ A, Eric. Dopo essere quasi finito sotto ad un treno, non mi chiedo più come faccia a fare certe cose. Le fa è basta!”

“E tu che stai facendo?” domandò, osservandolo.

“Attacco i chip dietro le spille e una la restituirò al mittente con una specie di scenata!”

“Rider, fa attenzione. Se Violet è davvero A, lei e suo fratello sono molto pericolosi.”

Dopo aver attaccato tutti i chip, Rider mise le spille nelle mani dell’amico, dandogli delle istruzioni.

“Trova Lisa Nelson e fai in modo che si tenga la spilla. Poi vai negli spogliatoi della squadra di nuoto e metti la spilla nel borsone di Morgan. La combinazione del suo armadietto è 4354324, me l’ha detta Nathaniel. Io mi occuperò di Violet, poi ce la filiamo.”

“E Colton?”

“Basterà la sorella, tanto vanno sempre in giro insieme come quei vecchietti che vedi al parco sopra i tandem!”

“Ok, ma dove sarà lei adesso?”

Rider prese il tablet, collegandosi a Facebook.

“E’ in biblioteca. – lesse uno stato sulla pagina della scuola, una foto di Violet e un’altra ragazza – Si sta facendo aiutare da Brianna Santoni. Ha messo l’hashtag #WorkInProgressWithBrianna. Probabilmente si riferisce alla preparazione del discorso!”

“E tu ce l’hai un discorso?”

L’altro mise via il tablet, rispondendo con una sonora negazione: “NO!...Se pensa che mi presterò a questa buffonata, sta sognando ad occhi aperti!”

“Ok, sbrighiamoci. – controllò l’orologio – Ci vediamo tra venti minuti!”

E i due lasciarono l’aula, dividendosi.

 

*

 

Sam, ancora all’interno del capanno degli Stuart, era appena uscito dalla doccia, indossando l’accappatoio.

Il telefono squillò, nell’altra stanza. Si apprestò ad andare a rispondere.

“Pronto?” rispose.

“Ehi, Sam, dove sei? – era suo padre - Sono appena rientrato a casa e non ti ho trovato.”

“Ehm, sono da un amico.”


“Pensavi di evitare la ramanzina sulla sospensione?”

“No no…assolutamente no. E che… - mentì – non sei tornato ieri sera e non mi andava di stare da solo…Comunque come mai hai fatto così tardi?”

“Jasper Laughlin, l’assassino del tuo amico, è stato arrestato questa notte. Era al confine dello stato e, dal momento che Laughlin è residente a Rosewood, è sotto la nostra giurisdizione.”

“Sei andato a prenderlo tu?”

“Io e altri cinque agenti. L’abbiamo riportato a Rosewood, gli abbiamo fatto diverse domande e non ha risposto. Ha preteso un avvocato, ma per il momento è stato trasferito al penitenziario Chester’s Mill a Philadelphia. Ci sarà un processo.”

Sam aveva lo sguardo perso nel vuoto, turbato: “Mio Dio…”

“L’importante è che quel mostro non sia più in libertà. Possiamo tirare tutti un sospiro di sollievo.”

“Ehm, sì si, certo. Ascolta, io sarò fuori tutto il giorno, probabilmente resto a dormire dal mio amico anche stasera.”

“Cosa?” borbottò il padre.

“Devo andare!”

“Sam, no! Aspetta!”

Quello chiuse la chiamata, tremando, per aver fatto una cosa del genere. Riprese fiato e si rivestì.

Uscito dal capanno, Sam provò a fare una telefonata, continuando a guardarsi alle spalle, nel cortile, per paura di essere scoperto dal padre di Rider. Arrivato al cancello, si affacciò alla strada, richiudendolo.

Improvvisamente, mentre attendeva una risposta, le macchine parcheggiate lungo il vialetto riempirono l’aria con il loro suono d’allarme. Tutte. Contemporaneamente. Sam sobbalzò, colto di sorpresa, terrorizzato; tant’è che fece cadere il telefono a terra, osservando le auto.

Il minuto seguente, le auto smisero di suonare e Sam, ancora impietrito, si chinò a raccogliere il telefono. Arrivò un messaggio.

 

“Visto, Sam? Non serve un telefono per farmi sentire. Riferisci ai tuoi amici.”

-A

 

E dopo essersi guardato attorno a lungo, iniziò a correre via.

 

 

*

 

Rider irruppè nella biblioteca della scuola, guardandosi attorno, in cerca di Violet. Quando la trovò con lo sguardo, si diresse impacciato verso di lei, seduta ad un tavolo assieme a Brianna Santoni e numerosi fogli davanti.

“Ciao, Violet!” esordì, un sorrisino cinico.

La ragazza, assieme a Brianna, lo fissarono.

“Ehm, - lo fece a lungo, Violet - che cosa vuoi?”

Rider volse lo sguardo su Brianna: “Puoi lasciarci un attimo da soli, per favore?”

Quella si stava già alzando: “Vado a… - si rivolse all’amica – prendere qualcosa al distributore.”

L’altra annuì, per poi guardarla allontanarsi. Finalmente si girò verso di lui, con aria di sufficienza.

“Allora? Che vuoi?”

“Puoi smetterla con la messa in scena, Violet. So chi sei e cosa stai cercando di fare!”

“Non so a cosa tu ti riferisca.”

“Ah no? Quindi io mi sarei candidato di mia spontanea volontà?”

“Senti, - fece una smorfia, perplessa, mentre tornava a fare le sue cose – non ho tempo da perdere e dici cose senza senso!”

Rider si avvicinò con la faccia, mettendo le mani sul tavolo, furioso: “So che sei stata tu a candidarmi a queste elezioni. Non so come hai fatto, ma sei stata tu. Vuoi vincere, ma vuoi farlo in grande stile. Umiliandoci, ad esempio.”

“Umiliandovi? – rise – Vi siete umiliati da soli, io non ho fatto proprio nulla. L’unica cosa che sto facendo è creare un ambiente scolastico più sicuro e che sia in grado di tutelare gli studenti e, soprattutto, i più deboli.”

“Oh, sono commosso. – finse una tenera smorfia – Buffo come Violet Rhimes sia uscita tutta in una volta, ora che Anthony non c’è più. Prima eri solo un fantasma!”

“Pff, non sapevo nemmeno che suono avesse la tua voce, quando Anthony era vivo. Ora, però, sembri averla tirata fuori.”

“Già, Violet. – la fulminò con lo sguardo – E stai pur certa che mi farò sentire forte e chiaro. Sei solo un castello di carte, mia cara. Basterà cercare la carta meno rigida per farti crollare.

“Il castello di carte siete voi, non io. – puntò il dito contro di lui, minacciosa – Avete scelto di essere amici di Anthony e ora avete la vostra reputazione. – si lasciò scappare l’ennesima risata – Non so davvero con che coraggio hai deciso di candidarti, ma quando l’hai fatto, ho deciso di farlo anch’io, perché la scuola non finirà nelle vostre mani di nuovo.”

Rider scosse la testa, basito: “Te lo ripeto per l’ultima volta: io non mi sono candidato!”

“Devi avere qualche rotella fuori posto… - prese il suo telefono dalla borsa, agitandolo davanti a lui – Se non sei stato tu a candidarti, allora chi mi ha mandato questo messaggio vocale, appena dopo la vostra sospensione?”

E fece partire la registrazione.

“Ti sei messa contro le persone sbagliate, Violet, parlandoci in quel modo, davanti a tutti gli studenti. Ho appena fatto  sapere ad Ackett che mi candiderò per le prossime elezioni del comitato studentesco. Hai sporcato la nostra immagine, ma noi recupereremo e tu sarai di nuovo un grido nel vento. Non riuscirai a mettere la scuola contro di noi. Tornerà tutto come prima.”

La voce della registrazione era quella di Rider e lui stesso rimase impietrito nell’ascoltarsi, perché non era lui a parlare.

“Se mi sono candidata è perché non ho paura delle tue minacce. Non ho mai avuto paura di voi quattro. E non lascerò la scuola in mano a voi quattro. Ti consiglio di preparare un buon discorso, perché ho praticamente vinto.”

“Come hai fatto?” le domandò, riprendendosi dallo shock.

“Fatto cosa?”

Ora fu Rider a farsi sfuggire una risata, tanto non avrebbe ammesso nulla: “Niente, Violet. Sono solo venuto a dirti che la vittoria è tua e che non farò alcun discorso. Hai ragione, hai vinto. – prese la spilla che aveva in tasca e la attaccò alla giacca di Violet – Ecco, ora sei perfetta. Spero vivamente di vederti alla Casa bianca, un giorno.”

Quella era sempre più confusa: “Tu non sei normale, lo sai?”

“La normalità è sopravvalutata, Violet. Goditi la vittoria!” e si congedò con un finto sorriso.

Intanto, Eric, era appena uscito dagli spogliatoi della squadra di nuoto, dove aveva messo il chip nel borsone di Morgan Patterson.

Lungo il corridoio, vide in lontananza una ragazza che beveva dalla fontanella. Man mano che si avvicinava, gli sembrò di riconoscerla e la cosa lo scioccò a tal punto da pronunciare il suo nome, quando fu proprio a due passi da lei.

“Lisa?”

Quella si voltò verso di lui. Era proprio lei, era diversa: più bella, con abiti nuovi,e, soprattutto, senza le trecce.

“Oh, ciao. – lo salutò, seria – Strano che tu sia qui, non eri stato sospeso?”

“Ehm, sì. – era ancora disorientato dal suo aspetto – Sono solo tornato perché-perché Rider ha bisogno di una cosa, di un libro che ha lasciato qui. L’ho accompagnato e…Dove sono le tue trecce? – cambiò immediatamente discorso - Insomma, sei-sei… - cercò di trovare le parole – sei… ”

“Diversa?” suggerì lei.

Eric ne era incantato: “In realtà stavo per dire…bellissima!”

L’altra sorrise, mentre poco lontani da loro, due ragazzi, vicino agli armadietti, stavano avendo una discussione.

Lisa si voltò a guardarli per un attimo ed Eric approfittò del suo momento di distrazione per gettare la spilla, con attaccato il chip, dentro la sua borsa, poggiata a terra, accanto alla fontanella.

“Ehm, grazie del complimento – si girò nuovamente, raccogliendo la borsa – Ora, però, devo andare a lezione, sta per suonare la campanella.”

“Oh, certo… - annuì - Allora ciao!”

“Ciao!” ricambiò, voltandosi rapidamente, i capelli che ondeggiavano, lucenti e perfetti.

Alle sue spalle, arrivò Rider, frettoloso.

“Non ci crederai mai!”

“Ehi, hai visto Lisa Nelson? – Eric non gli diede retta, indicandogli la ragazza – E’ praticamente nuova di zecca!”

Rider non ne era meravigliato, mentre la scrutava distrattamente: “Beh, sì, preparati, perché al nostro ritorno a scuola ci saranno parecchi studenti 2.0! Violet non ha praticamente rivali e anche se tentassi di competere, non saprei nemmeno cosa scrivere per il discorso, la gente mi odia.”

“Cos’altro deve succedere ancora? – non se ne capacitò – Il nostro mondo si sta davvero capovolgendo!”

L’amico, però, aveva ancora una sorpresa per lui: “E questo è niente, reggiti forte! – si guardò in giro, parlando sotto voce – Quando ho chiesto a Violet se c’entrasse qualcosa con la mia candidatura, mi ha guardato come se fossi matto e mi ha fatto ascoltare una registrazione in cui la minaccio.”

“La minacci? – sussultò - Perché l’hai minacciata?”


“Non sono stato io, è stata la mia voce!”

Quello scosse la testa, intontito: “Ehm, ok, adesso non ti seguo…”

“Ho fatto sapere a Violet che mi sono candidato e di conseguenza si è candidata anche lei! – sospirò, scocciato - La mia voce deve aver parlato anche con Ackett!”

“Rider, - lo prese per le spalle, sempre più confuso – di che cavolo stai parlando?”

“Violet ha copiato la mia voce al computer e la sta usando per cose malvagie, ok? Ti è più chiaro ora?”

“Era proprio la tua voce? Identica?”

“Sì ed è stato inquietante; come quando parli da solo allo specchio e la tua voce rimbomba in tutta la stanza.”

“Ma come… - era sbigottito – come fa a fare queste cose?”

“Dev’essere un androide, non c’è altra spiegazione!”

“Comunque ho messo il chip nella borsa di Lisa e l’altro nel borsone di Patterson.”

“E io ho messo il chip a Violet!”

“Bene. Ora non ci resta che aspettare che uno di loro ci porti al covo, così potremo recuperare i nostri video e finire questa cosa una volta per tutte.”

Rider si guardò ancora una volta intorno, teso: “Meglio filare via da qui, prima che qualcuno mi riconosca ed inizi a gettarmi pomodori addosso.”

“Si, andiamo.”

 

*

 

Sam era seduto sulle gradinate del portico della casa di Nathaniel, che lo aspettava da quasi un’ora. Improvvisamente, sentì un rumore di portiere che si chiudevano e delle voci, così si alzò, sperando fosse lui, le mani nelle tasche del giaccione.

Erano lui e sua zia, che ridacchiavano e avanzavano con degli acquisti.

“E’ possibile che quella commessa mi abbia detto che quel vestito mi stava male perché se lo voleva accaparrare lei con lo sconto dipendenti?”

“Probabile, perché quando lo ha rimesso a posto, l’ha tipo accarezzato.”

“E’ sempre bello fare shopping con mio nipote. – gli sorrise per poi ripensare a quella commessa con cinismo nello sguado - La prossima volta assisterai al licenziamento di quella brutta Cài cân dùng cho vàng và bąc!”

“EH?” non capì.

“Significa Troia in Vietnamita!”

Quello rise assieme a lei, fermandosi dal camminare e sorridere non appena poggiò lo sguardo sull’amico.

“Sam!”

“Ehi!” ricambiò, mentre Courtney spostava lo sguardo tra i due.

“Oh, un amichetto di Nathaniel un pò secco!”

“Zia Courtney!” la richiamò.

“Scusami, - rise lei, rivolgendosi a Sam, gesticolando con le buste che ciondolavano dai polsi – e che sono abituata ai ragazzi palestrati amici di Nathaniel! Credo di avere una sorta di memoria addominografica o qualcosa del genere.”

Quello le lanciò un’occhiataccia, mentre Sam sorrideva, imbarazzato.

“Oookay, vado dentro a provarmi le cose che ho comprato e che mi renderanno più giovane di due anni. – scappò via, passando di fianco a Sam – Piacere di averti conosciuto!”

“Anche a me!”

Poi Nathaniel si avvicinò a lui.

“Tutto bene? Che ci fai qui?”

“Amici palestrati?” ignorò la domanda.

“Si riferisce ai miei amici della squadra; magicamente scomparsi dopo l’uscita del nostro video scandalo!”

“Beh, - gli sorrise – hai sempre me, Rider ed Eric, no?”

“Già… - ricambiò il sorriso – E comunque le tue labbra sembrano migliorate.”

“Ehm, - se le toccò – insomma, sono ancora ruvide e spaccate. Ci vorranno dei giorni affinchè tornino come prima, se mai torneranno come prima.”

“Comunque non hai risposto alla mia domanda: che ci fai qui?”

“Jasper è stato arrestato ieri sera. Aveva molti contanti con sé e anche un auto noleggiata.”

“Mio Dio…”

“Già, sembra che A l’abbia incastrato per bene e io sono preoccupato per noi quattro. Che accadrà quando si sarà stancato di giocare con noi? Molto probabilmente proverà ad incastrarci come ha fatto con Jasper.”

“Ascolta, Sam, ci stiamo già lavorando. Rider e ed Eric ti hanno messo al corrente del piano, no?”

“Sì, ma siamo sicuri che A non ne sappia nulla? Insomma, pensavate di essere andati a Brokehaven di nascosto e invece A lo sapeva.”

Il dubbio si insinuò in Nathaniel: “Beh, non saprei, ci siamo liberati dei telefoni, perciò…”

“Perciò nulla, Nat. Non puoi saperlo. Potrebbe esserci un microfono persino nella cassetta della posta, stiamo solo facendo arrabbiare A.”

“E cosa dovremmo fare? – alzò la voce - Arrenderci?...Ora più che mai dobbiamo ricorrere a qualunque mezzo per fermare questo mostro. Dopo quello che ti ha fatto, lo avrei ucciso con le mie stesse mani se fosse stato davanti a me. E’ un codardo, chiunque sia.”

Sam deglutì, le sue parole lo emozionarono, anche se cercò di non darlo a vedere: “Ehm, sì, è senz’altro un codardo…”

“Quindi sei venuto qui solo per dirmi di Jasper?”

“In verità, no. Ho parlato con mio padre questa mattina e mi ha detto che è stato trasferito al penitenziario di Chester’s mill, a Philadelphia. Ci sarà un processo, ma resterà rinchiuso lì…Dubito che qualcuno pagherà la sua cauzione, non ha nessuno che possa aiutarlo.”

“Ok, ma… - sentì che c’era qualcos’altro – Perché ti sei informato su dove si trova?”

“Voglio andare a parlare con lui!”

“COSA?” lo trovò assurdo.

“Pensaci: Jasper non ha un soldo ed è stato ritrovato a scappare con una mazzetta di contanti e una macchina. E se A fosse venuto a contatto con lui? Insomma, come poteva, Jasper, da solo, sapere che c’era un mandato d’arresto per lui? E’ stato avvertito e aiutato a fuggire con l’inganno.”

“Quindi credi che Jasper conosca il viso di A?”

“Forse. Vale la pena seguire questa pista, perché francamente credo che con la storia dei chip faremo…”

Nathaniel gli tappò la bocca di getto, ritirando subito le mani, mortificato.

“Oh, scusa, non volevo… - temeva che fossero ascoltati - E’ che stai parlando del nostro piano e…”

“No no, rilassati. Ho nascosto il mio telefono in un posto, prima di venire qui.”

“Ah, ok… - tirò un sospiro di sollievo – Dicevi?”

“Dicevo che non ho molta fiducia in questo piano. Da quando A mi ha toccato…ho come la sensazione di riuscire a percepire quando siamo sulla strada sbagliata.”

“Pensi che Violet e Colton non siano A?”

“Francamente? Non tanto.”

“Senti, va bene. – lo appoggiò – Probabilmente A ci sta precedendo come al solito, ma non può stare dietro a due gruppi. Andiamo a Philadelphia, mentre è impegnato a tenere d’occhio Eric e Rider.”

Nathaniel iniziò a muoversi, diretto verso l’auto. Sam era ancora fermo.

“Ehi, Nathaniel!”

“Che fai? – si voltò – Non vieni?”

“Grazie…. – gli sorrise – Sei l’unico che riesce a capirmi davvero.”

“Muoviti, - rise, scherzandoci sopra – prima che sembri una cosa gay!”

Anche Sam rise. Meno, quando Nathaniel si voltò. Lo amava, ma lui non lo sospettava minimamente.

Entrambi salirono in auto, diretti a Philadelphia.

 

*

 

Eric e Rider, nel frattempo, erano appena entrati al Brew. Alexis li salutò come sempre.

“Ciao, ragazzi!”

“Ehm, - Eric prese le chiavi del suo appartamente dalla tasca e le diede all’amico, fissando Alexis – inizia a dare un’occhiata a quella cosa, io ti raggiungo subito.”

Rider spostò lo sguardo fra i due: “Ook!” e se ne andò.

Alexis percepì qualcosa di strano.

“Devi dirmi qualcosa per caso? – sorrise – Avevo piacere a scambiare due chiacchiere anche con Rider, dato che mi avevate promesso un libro.”

“In verità, sì. – divenne serio – Come mai non hai risposto ai miei messaggi?”

“Mi hai mandato dei messaggi? – se ne sorprese, ammiccando - E che mi hai scritto di bello?”

“Davvero non gli hai ricevuti?”

“Evidentemente hai stalkerato la ragazza sbagliata, perché non ho ricevuto nulla… - riflettè, poi – Aspetta, e poi come avresti trovato il mio numero?”

“L’ho trovato su facebook, a dire il vero.”

L’altra rise: “Fingerò che questa cosa dell’avermi cercata su Facebook sia una cosa normale e non da Psyco. E comunque, quello è il mio vecchio numero. L’ho cambiato.”

“Ah, ok. – rise, sentendosi stupido – Pensavo non volessi rispondermi e ci ero rimasto male.”

“Ah, sì? – si appoggiò al bancone, curiosa – E cosa c’era scritto su questi messaggi?”

“Vuoi uscire con me?” fu diretto.

“Oh! – esclamò, sorpresa, buttandosi indietro – Davvero?”

“Sì, davvero. Perché non dovrebbe essere per davvero?”

“Perché alla gente piace più scherzare che fare sul serio.”

“Beh, io non sono la gente. – sussurrò, poi - Io faccio sul serio!”

Quella sorrise, felice: “Bene! Alla grande! Finisco per le 21.30, ci sarai?”

“Hai intenzione di uscire con me con il grembiule addosso? – rise - Non torni a cambiarti a casa come fanno tutte le ragazze del mondo?”

“Beh, io non sono tutte le ragazze... – ribattè, un lungo sguardo – Cenerentola non era sicura di sè stessa ed è per questo che si è fatta bella per andare al ballo. Quello che non sapeva, però, era che il suo principe l’avrebbe notata anche con degli stracci addosso.”

“Farsi belli non è insicurezza. E’ svegliarsi la mattina e dire: Oggi mi faccio bello perché mi fa stare bene.”

Alexis lo fissò a lungo prima di replicare, secca: “Appunto, è insicurezza quella! Io non ho paura di uscire con un grembiule sotto al cappotto. So che il mio principe mi riconoscerà ugualmente. Che riconoscerà la vera me: Questo mi fa stare bene!”

Eric sorrise ancora, continuamente sorpreso dalla sua personalità: “Beh, il tuo principe ti ha notata!”

“Ah, sì? – giocò, fingendo di cercarlo - E dov’è?”

I due risero, finchè non si presentò qualcuno al bancone. Un ragazzo.

“Scusa, puoi passarmi dei tovaglioli, per favore? Ho rovesciato la tazza accanto al mio portatile!”

Si trattava di Clarke Dimitri. Eric lo fissò, indietreggiando di un passo, sorpreso di vederlo.

“Ehm… - Alexis guardò ovunque – Vado a prenderli dietro, pare che qui non ce ne siano più. Torno subito!” e corse via.

Rider, intanto, era sceso, fermandosi di colpo, appoggiandosi allo scorrimano delle scale, quando notò Clarke vicino ad Eric. Quello, aspettando i suoi tovaglioli, si voltò finalmente verso Eric, scrutandolo per qualche secondo prima di parlare.

“Nathaniel Blake, giusto?”

“Come, scusa?” tentennò, Eric.

“Dico, sei amico di Nathaniel? L’ho conosciuto al ristorante di suo padre e ti ho visto con lui ai funerali di mio fratello, in chiesa. Eri amico di Anthony anche tu?”

“Ehm, - annuì – sì, lo ero.”

Clarke annuì, un sorriso gentile. Eric, in quel momento di stacco, si girò verso le scale, incontrando lo sguardo di Rider. A quel punto, Eric costrinse l’amico a voltarsi verso uno dei tavoli, in fondo a Brew, dove erano poggiate le cose di Clarke. Rider capì cosa dovette fare.

Per distrarlo dall’amico, Eric riprendette il discorso.

“Ti fermi ancora per molto a Rosewood?”

“Ehm, io no, ho un volo tra un’ora, ma mia madre sì. Tornerò in vista del processo a Laughlin, che è stato arrestato ieri.”


“Sì, - annuì, cercando trattenerlo con lo sguardo - ho sentito al notiziario.”

Rider, intanto, si era avvicinato al tavolo e buttando una rapida occhiata verso il bancone, mise uno dei chip dentro la borsa del ragazzo, poggiata sulla sedia. Subito, poi, si allontanò.

Alexis tornò con i tovaglioli, interrompendo la conversazione.

“Ecco, tieni!” glieli passò, gentile.

“Grazie! – esclamò, voltandosi verso Eric – E’ stato un piacere. Ciao.”

“Anche per me!” ribattè, mentre quello tornava a sedere.

“Ma conosci tutti quelli che entrano qui dentro? – lo incalzò Alexis - Prima quella Lisa, ora questo ragazzo.”

“Rosewood è più piccola di quanto pensi! – rise, cercando di non attirare altre domande – Ora è meglio che vada da Rider. – si girò a guardarlo, sulle scale, mentre quella seguiva il suo sguardo – Come vedi, è tornato giù. Non è molto paziente!”

“Ok! – sorrise - Allora a stasera!”

Lui le fece un’occhiolino: “A stasera!” e si allontanò dal bancone.

Raggiunte le scale, salì con Rider al piano di sopra.

“Fortuna che sei sceso!”

“Ho dovuto! – marcò con gran voce – La chiave si è spezzata nella serratura!”

“Cosa? – si indignò – Rider!”

“Che c’è? – si sentì attaccato ingiustamente - E’ una serratura strana! E poi guarda il lato positivo, non sarei mai sceso per mettere il chip anche a Clarke; che dai racconti di Nathaniel sembra sapere qualcosa su Rosewood-riservato.”

L’altro lo guardava ancora male, raggiunto il pianerottolo. Si chinò davanti alla serratura, scocciato.

“Rider, l’hai spezzata davvero!”

Quello, nel frattempo, aveva tirato fuori il tablet, che stava osservando.

“Pensavi che scherzassi? – replicò, disinteressato – Comunque Violet si è spostata di soli due metri…”

Eric lo fulminò con lo sguardo, nuovamente.

“Che c’è? – borbottò Rider – Non è colpa mia se i nostri topi non si muovono di molto!”

Arrabbiato, Eric tornò sui gradini: “Mia madre ha lasciato un doppione delle chiavi, giù al Brew. Vado a prenderle e poi cerco di togliere il pezzo incastrato nella serratura.”

“Ok, io guardo i topi!” esclamò, mentre l’amico scendeva.

 

*

 

Qualche ora dopo, a Philadelphia, Nathaniel e Sam, vennero perquisiti, prima di accedere alla stanza più grande del penitenziario, quella delle visite ai carcerati.

“Pensavano di trovare un tesoro nelle mie mutande? – si lamentò Nathaniel, mentre camminavano - Mi hanno palpato il pacco quattro volte!”

“E’ un carcere di massima sicurezza, Nat. Ti aspettavi una stretta di mano, forse?”

“No, ma… - lasciò perdere – Chi se ne frega, troviamo Jasper!”

“C’è parecchia gente… – cercò di scrutare tra i tavoli sparsi – E’ enorme questo posto, sembra di essere al centro commerciale, ma senza negozi e scale mobili.”

“Oh mio Dio! – esclamò Nathaniel, con lo sguardo fissò in un punto, fermandosi – Credo di averlo visto.”

Sam seguì il suo sguardo.

“Cavoli, è lui. – sbiancò, teso – Oh mio dio, che facciamo? Ho tanta voglia di tornare indietro  adesso.”

Nathaniel prese l’iniziativa e avanzò, sotto gli occhi sorpresi dell’amico, rimasto fermo a titubare.

“Ehi, aspettami!” lo rincorse.

Quando furono più vicini al tavolo, Jasper si accorse della loro presenza. Solo quando si sedettero, quello

comprese che erano lì per lui. E sbigottì per questo.

“E’ una specie di scherzo? E’ lei che vi manda?”

Nathaniel e Sam si guardarono tra loro, confusi, prima di aprire bocca.

“Lei chi?” fu Nathaniel a domandarlo.

“Amanda! Amanda Dimitri! So chi siete voi due…Siete amici di Anthony, vi ho già visti prima d’ora.”

“Non ci manda lei, - spiegò Sam - non la conosciamo nemmeno!”

“E allora che ci fate qui? – urlò, ma nei limiti – Eh? Volete ottenere una prova per incastrarmi?”

“Ma tu sei stato GIA’ incastrato! – ribattè Sam, lasciandolo irrigidito – Non siamo qui per ottenere una prova, credimi.”

“Di-di che cosa state parlando? – balbettò, intontito – Il mio avvocato ha detto che non devo dire una parola. Stanno verificando il mio alibi.”

“Hai un alibi?” constatò Nathaniel, sorpreso.

“Certo che ce l’ho, ma non è abbastanza solido.”

“Jasper, ascoltami attentamente. – Sam lo chiamò alla sua attenzione – Qualcuno ti ha incastrato, ma non è la Signora Dimitri, ok? Adesso devi dirci perché sei scappato e perché avevi con te tutti quei soldi e un’auto noleggiata. Come facevi a sapere del mandato d’arresto su di te?”

Quello deglutì, restio. Non riusciva a fidarsi.

“Jasper, puoi parlare con noi. Sappiamo tutto di Kevin Dimitri e della vostra relazione... – continuò Nathaniel – Inoltre…”

Si guardò con Sam, che continuò la staffetta.

“Sappiamo che sei innocente!”

Jasper sgranò gli occhi, spostando lo sguardo fra i due, fortemente provato in viso per ciò che stava passando.

“Certo che lo sono, io non avrei mai potuto uccidere Kevin e suo figlio.”

“Lo sappiamo! – esclamò Nathaniel – Perché è stato Anthony ad uccidere suo padre.”

Sam si voltò verso Nathaniel, il volto pietrificato; non si aspettava che avrebbe svelato un segreto così importante e pericoloso al tempo stesso. Non si erano organizzati per dire questo.

“I-io non capisco… - scosse la testa, Jasper, più confuso di prima – Anthony è morto! L’hanno trovato accanto a Kevin!”

“Quello non era Anthony,  – continuò Nathaniel – ma un ragazzo che Anthony ha ucciso e che ha fatto spacciare per lui, in modo da poter fuggire e non essere beccato dalla polizia.”

“Anthony è vivo?” sussultò.

Sam prese finalmente parola, meno teso, ora che, ormai, erano entrati nel vivo del discorso: “No, è stato assassinato anche lui.”

“Come fate a sapere tutte queste cose? – si agitò, Jasper - Perché le state dicendo a me e non alla polizia?”

“Perché la persona che ha ucciso Anthony  - rispose Nathaniel  - è la stessa che ti ha incastrato e che sta tormentando noi.”

“Per quale motivo?” domandò Jasper, sempre più sconvolto.

“Per vendetta!” replicò Sam.

“Per cosa?”

“Per il ragazzo che Anthony ha ucciso!” ribattè ancora.

“Si, ma cosa c’entrate voi? Cosa c’entro IO?”

“Eravamo con Anthony quella sera. – spiegò Sam – Questa persona ci accusa di essere suoi complici, anche se non abbiamo fatto nulla. Tuttavia, non vuole denunciarci, ma solo rendere le nostre vite un inferno…Il ragazzo che Anthony ha ucciso, veniva nella nostra stessa scuola e questa persona sembra che tenesse molto a lui. A tal punto da fare tutto questo.”

“Quindi ha mandato me in galera per fermare le indagini della polizia e farsi giustizia privata?”

Il loro silenzio fu un ammissione.

Jasper si rilassò un secondo sulla sedia, tirandosi indietro con la schiena, lo sguardo perso, mentre metabolizzava la cosa.

“Io ancora non capisco perché lo state dicendo a me e non alla polizia…Insomma, se siete innocenti, perché non vi rivolgete a loro? Capiranno la vostra posizione, siete solo degli adolescenti.”

“Perché ci minaccia, Jasper. Tu ancora non ti rendi conto di chi stiamo parlando. Questa persona proverebbe ad incastrare anche noi se solo ci provassimo, ci ha già avvertiti. – aggiunse Nathaniel – E non parlo di veri crimini, ma di cose inventate, che riesce a rendere vere. Per questo sei qui. Per questo devi aiutarci a capire chi sia.”

“Sapete che quello che mi avete appena detto, potrei dirlo al mio avvocato, vero? Per salvarmi, intendo.”

“Non ti salverai, Jasper. – ribattè Sam, secco – Vedi le mie labbra? E’ stato lui a farmi questo, dopo avermi drogato. – gli occhi divennero lucidi – Quando mi sono risvegliato, la mia bocca era completamente serrata da una striscia di colla a fissaggio rapido che ho dovuto staccare fino a sanguinare, inginocchiato sul pavimento del mio bagno…Lui, ormai, ha il totale controllo della mia vita e io devo fare tutto ciò che desidera finchè non trovo i mezzi per fermarlo. Tu sei solo un capro espiatorio, uno dei tanti pezzi del puzzle. Se tu fai parola con qualcuno, di quello che ti abbiamo appena detto, lui farà in modo che non ci siano prove e che nessuno ti creda. Poi si vendicherà di te nel peggiore dei modi; peggio di quello che già ti sta facendo! E quando avrà finito con te, passerà a noi.”

A può fare cose che vanno ben oltre il normale. – raccontò Nathaniel - Non puoi nemmeno immaginare.”

A?” Jasper si portò in avanti con la schiena.

“E’ così che si firma nei messaggi che ci manda.” spiegò Sam.

“Io-io…E’ stato qualcuno di nome A a darmi i soldi.”

“Di persona? – quasi urlò, Nathaniel, guardandosi con Sam, in attesa di una risposta rapida – Dove?”

“No no, non di persona. Li ho trovati nella cassetta della posta, assieme ad una pen drive. Conteneva la deposizione di Amanda, che parlava di me alla polizia e di come fosse sicura che ero stato io. Dentro alla busta c’era anche un biglietto firmato da questa A. Mi suggerito di scappare.”

“Ma non hai detto che avevi un alibi? Perché hai seguito il suo consiglio?”

“Perché, come ho già detto, il mio alibi non è abbastanza forte e le accuse contro di me erano praticamente schiaccianti in modo assurdo...Vivo da solo e non ho molti amici. La notte dell’omicidio, stavo andando in un locale, il Ginseng. Volevo solo distrarmi un pò… – aveva le lacrime agli occhi – Solo che…Amavo davvero Kevin, e per me è stato difficile dovermi staccare da lui. Non mi ha voluto più vedere, dopo aver scoperto che era positivo all’HIV. La paura e il pensiero di poter contagiare un altro uomo e distruggere un'altra vita, mi ha costretto a tornare a casa. Se solo fossi entrato in quel locale, qualcuno avrebbe potuto dire di avermi visto quella notte. – pianse, lo sguardo basso – Se solo fossi entrato…”

“Hai detto stanno verificando il tuo alibi… - ricordò Nathaniel – Se sei tornato a casa, cosa stanno verificando di preciso?”

“Un uomo, dalle parti di quel locale, mi ha chiesto se avevo da accendere, ma io non fumo, quindi gli ho risposto di no. Aveva un cappotto lungo e nero e una sciarpa rossa. Biondo e con gli occhiali. E’ l’unico che mi ha visto quella sera, ma aveva un marcato accento Francese… Dubito che lo troveranno.”

Sam era commosso, provò molta pena per lui: “Mi dispiace…”

“Jasper, ascolta. – lo chiamò Nathaniel – Stiamo cercando di fare il possibile per scoprire chi sia questa persona, ma tu devi prometterci che non farai cazzate. Che non farai parola con nessuno di quello che ti abbiamo detto oggi. Noi siamo la tua unica ancora di salvezza e se mandi tutto al diavolo, resterai qui a vita. A ha bisogno che tu resti qui in prigione per avere campo libero con noi e farà in modo che le cose restino così, perciò non tentare nulla e lascia che ce ne occupiamo noi.”

“Devi resistere, Jasper. – Sam allungò la mano sul tavolo, stringendo quella dell’uomo – Ti faremo uscire da qui, ma devi darci tempo. Noi sappiamo la verità, ok? Sappiamo che sei innocente e questo deve bastarti.”

“D-d’accordo…” annuì, esausto, quasi in procinto di piangere nuovamente.

“Hai qualcos’altro da dirci? – Nathaniel non voleva andarsene a mani vuote - Qualcosa che potrebbe aiutarci? Ogni dettaglio potrebbe essere utile.”

“No, niente. Mi dispiace... – una lacrima solcò il suo viso, la voce rotta – Non riesco credere che un figlio possa uccidere il proprio padre. Io lo amavo davvero…”

“E noi non possiamo credere di essere stati gli amici di un tale mostro…” commentò Nathaniel.

Dopo un breve sguardo tra i tre, Sam e Nathaniel si alzarono.

“Torneremo a trovarti. – aggiunse Sam – E ti aggiorneremo. Resisti!”

Entrambi si voltarono, allontanandosi.

“Ragazzi!” li fermò, Jasper.

“Si?” si girò Sam per primo.

“Siete solo degli adolescenti. Come pretendete di farcela?”

“Ce la faremo!” esclamò Nathaniel, un tono determinato.

Jasper non aggiunse altro, lo sguardo fiducioso. I due se ne andarono, mentre Jasper veniva riportato in cella.

 

*

 

Raggiunto il parcheggio del penitenziario, Sam era arrivato per primo alla macchina, fermandosi davanti alla portiera a testa bassa. Alle sue spalle arrivò Nathaniel.

“Ascolta, Sam, forse è meglio che… - vide il suo volto riflesso sul vetro della macchina: stava piangendo – Ehi, - lo voltò – tutto bene?”

“Jasper ha ragione! – urlò, tra le lacrime – Come pretendiamo di farcela contro A? Mi è bastato vedere quell’uomo, rinchiuso dentro quel posto, distrutto, per rendermi conto del potere che detetiene quel bastardo.”

“Sam, ascolta…” Nathaniel cercò di incoraggiarlo, ma quello non glielo permise.

“NO, Nat! Non abbiamo la minima idea di chi sia, mentre Rider ed Eric perdono tempo a correre dietro a persone che chiaramente non possono essere A.”

“Non puoi saperlo.”

“Sì, che lo so! Pensi davvero che Violet sia capace di fare tutto questo? Jasper ha ricevuto la deposizione di Amanda Dimitri in una pen drive, Nathaniel. Sai cosa significa questo? Che A ha hackerato il sistema della polizia per ottenere quella deposizione e una diciassettene non è in grado di fare questo.”

“Quindi pensi che si tratti di una persona più grande? – cercò di ipotizzare, poi – Con una laurea, magari?”

“E’ una persona più grande, che ha parecchia esperienza in queste cose. Forse più di una, non lo so.”

“E’ che legame avrebbe con Albert?”

“E’ quello che dobbiamo capire, prima che A si stanchi di giocare con noi e ci metta dietro le sbarre.”

I due si guardarono. A lungo.

“Nathaniel, io… - i suoi occhi divennero lucidi, di nuovo – C’è una cosa che non ti ho detto.”

“Per caso c’entra con il fatto che stamattina volevo venire a vedere come stavi e Rider si è inventato mille scuse per tenermi lontano?”

Sam restò a guardarlo a lungo, combattuto dai suoi sentimenti. Improvvisamente, vinto da questi, lo abbracciò, le braccia intorno al suo collo e il cuore in gola per la timidezza di quel gesto. Nathaniel sgranò gli occhi, colto di sopresa, le braccia giù, mentre quello parlava.

A ha giocato con uno dei miei segreti più importanti, un segreto che conosceva anche Anthony. Confessa che sei innamorato di lui o ti perseguiterò tutto il giorno, mi scriveva. – pianse, mentre l’altro lo ascoltava, silenzioso, gli occhi spalancati, in pena – Avevo così tanta paura a dirtelo, che mi sono rinchiuso in casa, sperando che smettesse di tormentarmi. Ma non è stato così.”

Nathaniel, inaspettatamente, alzò le braccia, ricambiando quell’abbraccio, meno rigido.

“Dovevi dirmelo, Sam. I segreti alimentano la crudeltà di A.”

“Non sapevo come avresti reagito e non riesco nemmeno a staccarmi da te perché ho paura di guardarti negli occhi, ora che te l’ho detto.”

“Sapere che provi qualcosa per me, mi ha tolto un forte dubbio che mi logorava.”

Sam si staccò, fissandolo, perplesso.

“Quale dubbio?”

“Alla casa sul lago, mi avevi detto di avere una cotta per Anthony. Da quel momento ho pensato che potessi essere tu il suo complice, in quell’altro crimine di cui parla A. Pensavo che magari avessi fatto qualcosa con lui per compiacerlo, perché ne eri innamorato.”

“Beh, ho mentito. L’unico di cui sono innamorato sei tu.”

Il silenzio si fece di nuovo vivo, mentre si guardavano, le pupille che si muovevano rapide. Nathaniel sorrise, ad un certo punto.

“Ma guarda…Avevi paura a guardarmi negli occhi e ora, inconsapevolmente, lo stai facendo.”

Imbarazzato, Sam lo guardò meno intensamente, buttando lo sguardo giù. Nathaniel gli sollevò la testa, prendendolo dal mento.

“Sam, so che non pretendi che io contraccambi i tuoi sentimenti, ma come qualunque innamorato, speri che io lo faccia e…”

Quello lo fermò subito: “Appunto, Nathaniel, non pretendo che tu… - Nathaniel gli prese il volto dalla guancia destra, accarezzandolo dolcemente, fissando la sua bocca, come se non lo stesse ascoltando, avvicinandosi lentamente, – C-che stai facendo?”

“Shh… - sussurrò - Provo una cosa…”

“Non sei costretto…”  replicò, mentre le loro bocche erano quasi vicine e ognuno poteva sentire il respiro dell’altro, il cuore a mille di Sam.

“Mi hai salvato la vita… Devo provare…” e lo baciò.

Accadde tutto in un ritmo molto lento, ad occhi chiusi. Sembrava quasi che stessero assaggiando qualcosa di nuovo, cercando di assaporarne il gusto. Qualche secondo dopo, Nathaniel si ritirò, mentre Sam apriva gli occhi, incredulo; la persona che amava, l’aveva baciato.

“Allora?” trovò le parole, quest’ultimo, per domandargli cosa avesse provato.

La risposta tardò, da parte di Nathaniel, che ci stava ancora riflettendo: “E’ un bacio… Non è tanto diverso da tutti quelli che ho già dato nella mia vita, però…”

“Però cosa? Che vuol dire?”

“Non lo so, ma mi sento strano. – era a disagio, guardava da altre parti, non reggendo più quelli sguardi - Cioè, non è colpa tua.”

Sam rimase deluso dalla sua reazione, ma cercò di non darlo a vedere: “Ascolta, tranquillo. E’ solo una cotta, me la farò passare. E come ti ho detto, non ho alcune pretese.”

“Mi dispiace, Sam.”

“Non dispiacerti. – finse un sorriso – Hai provato e hai capito che non fa per te.”

“Forse è meglio che ci avviamo…” prese le chiavi dell’auto, un altro sguardo fra i due.

“Sì, andiamo.” finse un altro sorriso, che scomparve, non appena Nathaniel smise di guardarlo per entrare in auto.

 

*

 

Riusciti ad entrare nell’appartamento, Eric e Rider erano seduti in cucina a mangiare cibo d’asporto. L’unica cosa che illuminava la stanza, era la lampada accesa nella sala di fianco e le luci della strada che entravano dalla finesta.

"Non pensavo che andassi così pazzo per il cibo d’asporto. Gli Stuart non mangiano caviale ogni giorno?”

Rider rise, mentre ingurgitava un nuovo boccone: “Scherzi? Questi ravioli al vapore mi fanno impazzire. E poi noi non mangiamo caviale tutti i giorni, figurati. Mia madre torna così tardi dallo studio, che i cibi surgelati si gettano da soli nel microonde.”

Mentre sorrideva della sua battuta, Eric controllò l’orologio: “Tra un’ora e mezza devo vedermi con Alexis…”

“Conti i minuti?” ribattè, girando la forchetta dentro alla scatola.

“Ehm, sì, dal momento che i nostri sospettati non hanno ancora intrapreso percorsi sospetti!”

Rider diede un’occhiata al tablet, trascinandolo davanti ai suoi occhi: “Pff, Violet è ancora in biblioteca! – roteò gli occhi, seccato – Cos’è, sta preparando il discorso da Presidente degli stati uniti?”

“Oppure è morta!” esclamò, sarcastico.

“Spero di no… – si lasciò sfuggire una piccola risata – Se A non è lei, allora non so chi sia!”

“Suo fratello!”

“E se non è nemmeno suo fratello?”

“Allora dovremmo seriamente iniziare a preoccuparci!”

I due si guardarono a lungo, improvvisamente angosciati. Rider preferì cambiare discorso, sperando di azzeccare l’identità di A al primo colpo.

“Tua madre?”

“E’ andata a trovare i miei nonni per un piccolo prestito!” spiegò con tono scialbo.

“Sono i suoi genitori, perché non chiedere aiuto. Mi sembra giusto in un momento di difficoltà.”

“Tra mia madre e i miei nonni non corre buon sangue. Non hanno mai voluto che mia madre sposasse mio padre. Lei, però, se n’è fregata della loro opinione e l’ha sposato ugualmente.”

“Accidenti! – sibilò a denti stretti – Per tua madre non sarà stato bello tornare da loro con la coda tra le gambe.”

“Già, considerando che è una tipa orgogliosa e a cui non piace ammettere la sconfitta.”

“Non è mai una sconfitta rivolgersi alla famiglia. Anche alla più peggiore.”  replicò, pulendosi la bocca con il tovagliolo.

“Sai, Rider… - sorrise, mentre l’amico era distratto – eccetto il fatto che ci ho messo due ore a sfilare il pezzo di chiave rotta dalla serratura, sono contento che siamo amici.”

“Beh, io ho sempre pensato che il nerd e il ragazzo fico, fossero l’accoppiata vincente!”

I due risero assieme, finchè un suono proveniente dal tablet non attirò la loro attenzione. Eric lo prese in mano, mentre Rider faceva il giro del tavolo, fermandosi alle sue spalle per vedere cosa stesse accadendo.

“Qualcuno si è spostato di molto…” dedussè Eric.

“Caspita, si muove velocemente.”

“Di chi è questo chip?”

Rider cliccò sul puntino rosso, che rivelò il nome: “L’abbiamo messo a Morgan Patterson, questo.”

“E ora che facciamo? Magari sta tornando a casa con la bicicletta e noi stiamo interpretando male la cosa.”

“Aspetta, si è fermato!”

Entrambi restarono con lo sguardo fisso sul puntino rosso per qualche minuto.

“Perché non si muove più? - chiese Eric nervosamente - Dici che è arrivato a casa sua?”

“Dubito che abiti al centro della strada!”

“Perché è fermo in mezzo alla strada?”

Rider fissò Eric: “Non ne ho idea, forse ha tolto la spilla dal borsone e l’ha buttata.”

“Non ha senso buttare via la spilla, non può sapere che ci abbiamo messo il chip.” pensò Eric.

“Sempre che non sia A e l’abbia scoperto!” esclamò, dirigendosi verso la sedia a prendere la sua giacca.

“Presto, non dobbiamo lasciarcelo scappare!” ribattè Eric, mentre uscivano dall’appartamento.

 

 

*

Tornati a Rosewood, Nathaniel fermò la sua auto davanti a casa di Rider per lasciare Sam. Tra i due c’era ancora imbarazzo, tant’è che buttavano i loro sguardi in direzioni opposte, fingendo che tra loro non fosse successo nulla.

“Forse non dovremo fare parola con Rider ed Eric di quello che è successo.”

Sam deglutì, mentre quello aggiungeva: “Della chiacchierata con Jasper, intendo.”

“Ouh, quello! – Sam pensava si riferisse al bacio - Cioè, sì, lo credo anch’io, ma…”

“Ma cosa?”

“E se avessimo commesso un errore? – si fece cogliere dal panico – Insomma, se riuscissimo davvero a scoprire chi sia A e a riprenderci i nostri video…come potremmo aiutare Jasper ad uscire di prigione senza rimanere incastrati anche noi? Gli abbiamo fatto una promessa e lui non sa quanto realmente siamo coinvolti. Non sa dei filmati che A ha contro di noi.”

Nathaniel cercò di tranquillizzarlo: “Una volta che avremo i nostri video, potremo pensare a cosa dire per aiutare Jasper. Inventeremo una storia, ok?”

“Continuo a pensare che sia stato un errore, - si disperò, comprendosi la faccia con le mani – perché gli abbiamo raccontato di A? Questa storia ci sfuggirà di mano, me lo sento. Perché l’hai fatto?”

Quello rimase un attimo perplesso, in merito all’accusa: “P-perché l’hai fatto?  L’ho fatto per te! – urlò – Come potevamo ottenere qualcosa da Jasper senza raccontarli che diavolo ci facevamo lì? Ho dovuto raccontargli di A e che è stato incastrato da lui. Solo così ci avrebbe creduto e detto qualcosa!”

“Sì, ma Jasper non ci ha detto nulla di illuminante, non l’ha mai incontrato di persona per prendere i soldi… - fece una pausa, prima di continuare ad esternare le sue paure - Nathaniel, non scopriremo chi è A da un momento all’altro e passeranno dei giorni. Giorni in cui Jasper si chiederà se vale la pena restare zitto o salvarsi con quello che li abbiamo detto.”

Rendendosi conto che Sam aveva ragione, Nathaniel chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie, nervoso: “Ok, ammetto di non aver pensato in quel momento, ma ero così stanco di dipendere da qualcuno che si nasconde dietro ad un messaggio e un cappuccio nero e che quasi ci porta a rischiare la vita. Pensavo che Jasper ci avrebbe dato qualcosa, - tirò un colpo al volante – accidenti!”

“E’ stata anche colpa mia, ok? – gli mise una mano sul braccio per calmarlo – Ho detto molte cose anch’io e non sono riuscito a fermarmi…E’ stato così liberatorio poterne finalmente parlare con qualcuno.”

I due presero un respiro profondo, cercando di calmarsi.

“Senti, possiamo tenere sottocontrollo questa cosa, - suggerì Nathaniel - ma non dobbiamo farne parola con Rider ed Eric, intesi?”

“Quindi abbiamo un segreto?”

“Sì, Sam. Abbiamo un segreto.”

“Siamo sempre rimasti uniti da quando è iniziata questa cosa di A. Mantenere nascosto un segreto a due di noi è come firmare la fine di questo gruppo.”

“E’ un rischio che dobbiamo correre. L’errore l’abbiamo commesso noi, loro non c’entrano nulla.”

Sam annuì, trovandosi d’accordo.  Sospirando ancora una volta, buttò lo sguardo davanti a sé, sulla strada, dov’erano parcheggiate le altre auto. Improvvisamente, sembrò aver notato qualcosa di sospetto, chinandosi in avanti con la schiena per aguzzare meglio la vista.

“Oh mio Dio…”

“Che c’è? – domandò Nathaniel, seguendo il suo sguardo – Che hai visto?”

“Quella non è l’auto di A? – la indicò, dall’altro lato del marciapiede - La stessa che abbiamo visto nelle foto che erano nel fascicolo di Albert e dalla quale è sceso, prima di essere investito da noi?”

“Non si vedeva la targa, - anche lui si fece avanti con la schiena - ma, sì, sembra quella della foto. Non può essere una coincidenza.”

“Scendiamo!” non ci pensò due volte, Sam, aprendo la portiera. Nathaniel lo seguì a ruota.

Spediti, raggiunsero la vettura. Sam ci guardò dentro, mettendo le mani sul vetro e avvicinando la faccia.

“Allora? – lo raggiunse l’altro, alle spalle – Cosa c’è dentro?”

“Una tracolla vintage marrone… - elencò – E una scatola; dentro ci sono molti, molti fogli. Sembrano test di verifica...”

“Test di verifica?”

“Sì, ma… - si distanziò dal vetro – non riesco a vedere bene, è troppo buio e non abbiamo neanche un telefono per fare luce.”

I due si guardarono intorno, sbuffando, finchè lo sguardo di Nathaniel non si focalizzò sul capanno nel cortile di Rider.

“Hai per caso lasciato la luce accesa nel capanno?”

Sam, fissandolo perplesso, si voltò a guardare: “No, vivo praticamente in clandestinità dentro quel capanno.”

“E allora chi c’è dentro?”

“Prova a indovinare! – esclamò con ovvietà – Forse sta cercando il mio telefono, ma l’ho nascosto da un’altra parte!”

“Vieni! – lo tirò per il braccio – Scopriamo chi è, poi lo seguiamo fino al suo covo!”

Sam annuì, mentre entravano nella proprietà degli Stuart, dal piccolo cancello.

A passi lenti, raggiunsero il capanno, nascondendosi sul retro.

“Ehi, c’è una finestrella là su! – indicò Nathaniel – Possiamo vederlo da lì!”

“Ci sono delle casse qui! – notò Sam – Aiutami a spostarle, così possiamo salirci sopra.”

I due cominciarono a spostarle, senza far rumore, mettendole una sopra l’altra, davanti alla parete. Subito dopo, Nathaniel aiutò Sam a salirci, poi anche lui. Davanti alla finestrella, in punta di piedi, riuscirono a guardare l’interno del capanno, in attesa di vedere il volto del loro stalker.

Improvvisamente, qualcuno entrò nella stanza: erano Lindsay e il Professor Brakner, molto intimi.

“Ma quello è l’insegnante di Matematica, - lo riconobbe Nathaniel, bisbigliando - il Professor Brakner!”

“Già! – ribattè isterico, l’altro – Suppongo che Rider avrebbe potuto avvertirmi che questa era la loro location d’amore. E se mi avessero beccato qui dentro? Sarebbe stato al quanto imbarazzante.”

“Oh mio Dio… - Nathaniel stava comprendendo qualcosa – Quelli nell’auto sono test di Matematica e la tracolla è di Brakner! – alzò gli occhi, scambiandosi uno sguardo con Sam – Brakner è A!”

“Ma che ci faceva Albert nell’auto di Brakner, quella notte?”

“Non ne ho idea, ma la cosa è inquietante!”

Quelli, poi, tornarono a guardare, mentre i due si abbracciavano e baciavano. Nel mentre, la ragazza fece una confessione all’uomo.

“Ho parlato con Chloe…Non dirà a nessuno che ci ha visti quella notte.”

“Chloe? – Sam potè udirlo, grazie alla finestrella semi-aperta – Che c’entra Chloe?”

“Shhh, ascoltiamo.”  lo zittì l’altro, cercando di sentire.

“Perfetto, hai fatto bene a seguirla e ad accertarti che tenesse la bocca chiusa. Dobbiamo stare lontani da questo casino.” ribattè Brakner.

“Ma di che stanno parlando? – si agitò Sam – Che sta succedendo?”

Nel contempo, Lindsay e l’uomo iniziarono a spogliarsi, mentre Nathaniel smetteva di guardare.

“Andiamo via, presto!” e invitò l’amico a scendere.

“Che facciamo adesso?” urlò l’altro, una volta rimessi i piedi a terra.

Nathaniel tirò fuori dalla tasca uno dei chip rubati al dipartimento: “Ne ho tenuto uno! Mettiamolo alla macchina di Brakner e seguiamolo con il tablet!”

L’altro annuì, anche se ancora confuso. I due corsero alla macchina, chinandosi accanto alla ruota posteriore, una volta arrivati.

“Ehm… - Sam ebbe un dubbio – Come lo attacchiamo?”

“Aspetta! – gli intimò l’altro, mettendosi una gomma da masticare in bocca – Ancora un secondo…”

Sam allungò la mano, guardando continuamente verso il cancello, per paura che arrivasse qualcuno: “Sputala, fa presto!”

Quello eseguì: “Non ti schifi?”

“Schifarmi? – lo trovò esagerato, mentre sprofondava il chip nella gomma – Ti ho baciato meno di due ore fa!”

“Ah, già!” ricordò, mentre Sam attaccava il chip sotto l’auto, in un punto nascosto.

“Fatto, andiamocene!” esclamò, rialzandosi.

I due corsero verso l’auto di Nathaniel a gran velocità.

 

*

 

Nel frattempo, Rider ed Eric seguivano le indicazioni del tablet, trovandosi a vagare in un vicolo in centro. Ad un certo punto, furono costretti a fermarsi.

“Dice che è qui!” esclamò Rider, guardandosi attorno.

“Beh, qui non c’è niente…Eccetto il gatto che dorme sul cassonetto.” replicò l’altro, perlesso.

“E’ assurdo, il nostro puntino è sopra l’altro puntino!”

Eric gli lanciò una lunga occhiata, confuso. L’altro si affrettò a spiegare.

“Anche noi abbiamo un chip, Eric. Altrimenti non riusciremmo a capire quanto siamo vicini.”

“Tu mi avverti sempre, eh? – si irritò - Poi la faccio io la figura dello stupido!”

L’altro sospirò, dopo un lungo silenzio, cercando di riflettere: “Allora, se il nostro puntino è sopra il puntino che stiamo cercando, dove devo… - entrambi abbassarono lentamente lo sguardo sui loro piedi – guardare?”

C’era un tombino, sotto di loro. Fecero un passo indietro.

Eric si lasciò scappare una risata, per poi tornare serio: “Oh, ti prego, non dirmi che…???”

“Sembra che il rinoceronte marino abbia deciso di farsi una nuotatina nelle fogne…”

“E’ assurdo che sia nelle fogne, forse abbiamo sbagliato di qualche isolato.”

“No, siamo nel posto giusto. E’ sotto di noi!”

“E cosa dovremmo pensare adesso? Che Morgan è A e il suo covo da supercattivo odora di fogna?”

“Rider, distratto dai suoi pensieri, continuò a fissare il tombino: “Ho un piede di porco nel bagagliaio…”

L’amico lo fulminò con lo sguardo, incredulo: “Stai scherzando, vero?”

“La smettete di chiedermi sempre se sto scherzando? – si irritò – E’ una fogna, non un buco nero. Scendiamo solo per due minuti, ok?”

“Ti ricordo che l’ultima volta che hai seguito il tuo istinto, un treno ha quasi spalmato te e Sam sui binari della stazione.”

“Nelle fogne non passano i treni, ok? – beffeggiò, minimizzando la cosa – E poi quella è stata una coincidenza, A non ha il controllo sui treni.”

“Ti faccio presente che tremavi quel giorno!”

“Io scenderò in quella fogna, d’accordo? – insistette, determinato – Ho anche delle torce nel bagagliaio!”

Eric iniziò a seguirlo, mentre tornavano alla macchina: “C’è qualcosa che non hai dentro al tuo dannatissimo bagagliaio?”

Piu tardi, dopo aver aperto il tombino, i due si calarono attraverso la scaletta. Rider toccò terra per primo, puntando la torcia a destra e sinistra. Eric fu il secondo, abbastanza seccato.

“Ripetimi perché ho deciso di seguirti…– fu colto immediatamente da uno sgradevole odore – Dio mio, che cos’è?”

“E’ cacca, credo… - rispose, tirando fuori il tablet dallo zaino – E Morgan sta… - fissò la posizione del puntino, perplesso – correndo?”

“Cosa? – si avvicinò alle sue spalle, mantenendo alta la sua torcia – Ma non era sotto di noi?”

“Beh, si è spostato. E a gran velocità!”

“Ma è matto?” pensò Eric.

“E’ quello che succede quando togli la ruota al criceto…”

Eric lo fissò a lungo: “Non l’ho capita!”

“Andiamo!” suggerì quello, tralasciando.

 

*

 

Scesi dall’auto, Nathaniel e Sam stavano attraversando la strada per raggiungere il Brew.

“Dici che stavolta abbiamo fatto centro?” lo sperava, Sam.

“Hai detto che per te A è una persona più grande, no? Rider, invece, è convinto che sia uno studente perché ha trovato un treno giocattolo nel suo armadietto…Quello che non abbiamo messo in conto è che anche un Professore può avere facile accesso ai nostri armadietti. Molto più di uno studente. Tutto combacia!”

“Perché Brakner dovrebbe farci questo?”

“Devi parlare con Chloe e scoprire cosa ha visto quella notte. Albert è uscito dalla macchina di Brakner prima di essere investito da noi e la domanda è: Perché? In che rapporti era con lui?”

Il discorso angosciò Sam, mentre varcavano l’ingresso del Brew. Non c’era nessuno al suo interno, eccetto Alexis che puliva il bancone. Quella alzò lo sguardo su di loro.

“Ehm, ragazzi, mi dispiace ma stiamo per chiudere.”

“Tu devi essere Alexis, vero?” Nathaniel si avvicinò al bancone.

La ragazza li fissò, stranita: “Ci conosciamo?”

“Siamo amici di Eric!” intervenì Sam.

“Oh, ma certo! – si colpì la fronte – Mi sembravate due volti conosciuti, vi ho visti nel video.”

“Senti, - continuò Nathaniel, serio - sai se è di sopra?”

“In verità è uscito con l’altro vostro amico, Rider. Non sono più rientrati da che gli ho visti uscire ore e ore fa e… - guardò l’orologio – Comunque io avrei un appuntamento con Eric, quindi dovrebbe arrivare a minuti.”

“Capito!” esclamò Sam, nervosamente, scambiandosi una rapida occhiata con Nathaniel.

Alexis non potè non notare quello scambio di sguardi: “E’ successo qualcosa per caso?”

“Ehm, no, dobbiamo solo parlare con lui.”

L’altra sorrise, perplessa: “Sì, ma vi ho detto che ha un appuntamento con me.”

“Ci vorranno solo due minuti!” replicò Sam.

“Due minuti?” ribattè Nathaniel, sottolineando che ci sarebbe voluto molto di più.

“Sentite, - Alexis spostò lo sguardo tra i due, trovando strano il loro atteggiamento – io vado a chiudere la porta sul retro…”

I due le sorrisero giusto un secondo per poi tornare nervosi e impazienti non appena quella se ne andò.

Sam, con l’unghia del pollice tra i denti, mentre Nathaniel batteva il piede sinistro sul pavimento a braccia conserte, perse la calma: “Ok, che ne dici di andare a recuperare il mio telefono? Così li contattiamo!”

“Ma non hanno più i loro telefono!”

“E se A avesse fatto loro del male?” pensò Sam, terrorizzato.

A è nel capanno di Rider, ricordi?”

“45 minuti fa!”

“Hai sentito quella Alexis, no? Ha un appuntamento con Eric. Vedrai che starà arrivando.”

“Chi ha un appuntamento, solitamente arriva con quattro ore d’anticipo. Per me sta succedendo qualcosa. Se non sono qui e nemmeno a casa di Rider, dove diavolo sono?...Andiamo almeno a controllare se A ci ha lasciato un messaggio.”

Combattuto, Nathaniel si arrese: “D’accordo, andiamo a prendere il tuo telefono. Però non dobbiamo lasciarci sfuggire nulla o Brakner capirà che l’abbiamo scoperto.”

“Va bene, facciamo presto!”

E i due corsero fuori dal Brew, ignari che Alexis era nascosta e aveva ascoltato tutto. La ragazza si affacciò, finalmente, uscendo dall’ombra, confusa da quanto ascoltato.

 

*

 

Intanto, sottoterra, Rider ed Eric continuavano a vagare nelle fogne.

“Ma quanto abbiamo camminato?” Eric puntò la sua torcia alle loro spalle.

“Siamo quasi fuori Rosewood! – esclamò l’altro, osservando il tablet – Morgan continua a correre verso questa direzione.”

“Accidenti! – borbottò, guardando l’ora sull’orologio – Alexis mi starà aspettando!”

“Dimenticati di Alexis, siamo nelle profondità dell’inferno.”

“Non mi rivolgerà più la parola.”

Rider, allora, si fermò, voltandosi verso l’amico, diretto: “Vuoi fermare A o andare ad un appuntamento? Pensaci bene, perché quando ci saremo liberati del nostro stalker potrai avere tutti gli appuntamento che vuoi con Alexis. Ma, soprattutto, appuntamento normali, senza alcuna interferenza.”

L’altro roteò gli occhi, sospirando, esasperato: “D’accordo, d’accordo!”

Tornato a guardare di fronte a sé, Rider fu costretto a fermarsi nuovamente.

“Dobbiamo scendere, c’è un'altra scaletta.”

“Sbaglio o stiamo andando sempre più giù?”

Rider si affaciò, un lungo percorso d’acqua sporca e maleodorante, alto un paio di centrimetri. Mettendosi  sulla scala di metallo, era pronto a scendere nell’altro tunnel.

“Attraversiamo questo tunnel, c’è un’altra scala dall’altro lato, la vedi?”

“Sì, - l’altro era ancora in piedi, che aspettava il suo turno – la vedo, ma dovrò dire addio alle mie uniche scarpe buone.”

“Forza, siamo vicini!” lo incoraggiò.

Attraversato il fiume d’acqua, i due risalirono per l’altra scala, entrando in un nuovo percorso.

“Siamo davvero vicini… - Rider riprese il tablet in mano – Il puntino si è fermato.”

Eric, colto dal panico, mise le sue mani nello zaino dell’amico: “Dammi il piede di porco!”

“Cosa? – si sentì tirare all’indietro – Ma che fai?”

“Stiamo per avere un faccia a faccia con Morgan, che a questo punto è parecchio inquietante come persona.”

Rider rabbrividì, fermandosi un secondo: “Ok, ora me lo sto immaginando. Torniamo indietro?”

“NO! – lo spinse in avanti – Non ho sacrificato le mie scarpe buone per tornare indietro. Siamo due contro uno e io ho un piede di porco in mano.”

“Bene! – si autoincontraggiò – Siamo più forti!”

E continuarono a camminare, nonostante la tensione si faceva più alta e il suono del bip si faceva più insistente.

Si sentì un rumore, ad un certo punto.

“Ehi, lo senti anche tu?” domandò Eric.

“Sembrano… - puntò l’orecchio verso l’origine del suono – Campanellini?”

I due si scambiarono uno sguardo perplesso, ma continuarono a camminare.

“Ok, ora dobbiamo girare l’angolo.” indicò, tenendo lo sguardo fisso sullo schermo digitale.

Eric alzò il piede di porco con la mano destra e con l’altra teneva in pugno la torcia. Finalmente svoltarono e il bip del tablet si bloccò in un suono continuo, che stava a significare una distanza nulla.

I due ragazzi puntarono meglio la luce verso quello che era un vicolo cieco e con grande sconcerto si resero conto che non si trattava di Morgan.

“Toby??” urlò Rider, vedendo il suo cane. Quello abbaiò; il rumore dei campanellini proveniva dal suo collare.

“Il tuo cane? – non ci potè credere, l’altro – Che cavolo vuol dire?”

Rider poggiò tutto a terra, chinandosi a terra, accarezzandolo e assicurandosi che stesse bene.

“Ehi, come ci sei arrivato qui? – continuò ad accarezzarlo – Eh?”

L’amico, intanto, puntava la luce alle loro spalle, ancora incredulo.

“La spilla con il chip è attaccata al collare di Toby…A ci ha trollati, oltre ad aver rapito il mio cane!”

“Che significa che ci ha trollato?”

“Ci ha presi per il culo, Eric. Ecco cosa significa! – si sentì un imbecille per esserci cascato nuovamente – A quanto pare A sapeva tutto fin dall’inizio. Distruggere i telefoni non è servito a nulla, non abbiamo ingannato nessuno.”

“Torniamo indietro, - si strofinò le braccia - inizio ad avere freddo.”

Rider, pronto a risollevarsi per seguire il suggerimento dell’amico, dovette restare nella medesima posizione, tentennando, dopo aver notato qualcosa nel collare del suo cane.

“Ehi, - ci mise le mani sopra – qui c’è qualcosa!”

Sfilò un biglietto, mentre Eric ci puntava la luce, avvicinandosi alle sue spalle.

 

“Chi sono i topi adesso?”

-A

 

”Ora capisco perché ci ha fatti venire qui. – si irritò Eric – Aveva bisogno di marcare la metafora!”

“Inizio ad averne abbastanza!” commentò l’altro, risollevandosi.

Improvvisamente, si sentirono altri rumori.

“E adesso che succede?” sussultò Eric, mentre Toby abbaiava.

“Sembra che qualcuno stia colpendo i tubi…”

I due si guardarono, mentre quel rumore smetteva. D’un tratto, poi, avvenne un esplosione, che fece tremare la terra sotto ai piedi dei ragazzi. Inevitabilmente, quelli persero l’equilibrio, cadendo a terra, mentre il cane si agitava sempre più.

“Ma cosa è stato?” urlò Eric, spaventato.

“Non lo so, - si rialzò - ma sento un rumore di acqua che scorre.” e iniziò a correre, preoccupato.

Eric gli corse dietro, stoppandosi alla fine del percorso assieme a lui; quasi cadevano.

Entrambi sgranarono gli occhi alla visione del tunnel dalla quale erano risaliti: completamente inondato, un fiume in piena e il livello dell’acqua che si sollevava sempre di più.

“Ok, come torniamo dall’altro lato? – urlò Eric – Da dove arriva quest’acqua?”

Rider prese subito il tablet, zoommando sulla piantina.

“Siamo nei pressi di una camera stagna, dev’esserci una fabbrica qui vicino. Qualcuno ha fatto esplodere la parete.”

“Con qualcuno intendi A? – urlò, stufo – No perché ne ho piene le tasche di sentirti chiamarlo qualcuno o persona e noi stiamo per morire affogati! – divenne logorroico per lo stress emotivo della situazione – Io non pensavo neanche che una fogna potesse allagarsi!”

“Rider lo prese per le spalle: “Sta calmo, ok? C’era una grata sopra le nostre teste, dove eravamo prima. Torniamo indietro e usiamola come via d’uscita.”

Eric tentennò, con lo sguardo fisso sull’acqua che scorreva potentissima.

“Forza!” gli gridò, tirandolo per la manica.

In una corsa sfrenata, tornarono al punto in cui avevano trovato Toby, puntando le torce in alto.

“Ouh, ok – Rider rimase leggermente deluso – Sembrava molto meno in alto, prima.”

Ricevette un’occhiataccia furiosa: “Sul serio, Rider?”

“Ok, restiamo calmi… - cercò di riflettere – Se faccessimo una scaletta…”

Fu immediatamente interrotto: “Sì, certo: io tu e il tuo cane! – esclamò, isterico – Ma se a quella grata non ci arriva nemmeno una piramide umana di giocatori di basket!”

L’altro si morse le labbra, rendendosi conto di quanto fosse stupido ciò che aveva detto e tornò a guardare la grata. Qualche secondo dopo, Eric spostò lo sguardo a terra, sollevando un piede dall’acqua.”

“Ehm, Rider… - si voltò, notando che anche il loro corridoio si stava allagando, entrando nel panico – L’acqua sta arrivado anche qui!”

Quello si voltò: “Sotto dev’essersi allagato completamente. – sorrise – Bene!”

“Bene? – sobbalzò, scioccato – Ok, se questa è la follia che sta prendendo il sopravvento su di te perché siamo bloccati qui sotto, allora inizio a non sentirmi per niente tranquillo.”

“Non sto perdendo la sanità mentale. Quello che sto dicendo è che man mano che questo corridoio si riempirà d’acqua, arriveremo sempre più vicini alla grata. Galleggiando!”

Eric non sembrò stare meglio, guardando sempre a terra e vedendo l’acqua già alle caviglie: “Ok, ricordi la notte al lago? Quando Sam si è tuffato al posto nostro per recuperare le medicine di Nat e io ti ho detto che ho esitato perché ho avuto una brutta esperienza con l’acqua quando ero piccolo? – Rider annuì – Beh, adesso siamo bloccati qui e l’idea che questa stanza sta per allagarsi, mi sta terrorizzando.”

“Io non so nuotare, ok? – cercò di confortarlo - Ma quella la sù e la nostra unica via d’uscita e non ho paura a raggiungerla.”

“E se la grata non si aprisse?”

“Ho un piano… - prese il tablet – Mando un messaggio ai ragazzi con le nostre coordinate.”

“Qui sotto c’è campo?” lo trovò assurdo.

“Sembra assurdo, ma ci sono due tacche.” ribattè l’altro, mentre scriveva.

“Ok, quindi lo stai mandando a Sam?”

“E’ l’unico di noi che ha ancora il telefono!”

“Se ha messo il silenzioso per guardare How to get away with murder, giuro che lo perseguiterò dall’aldi là!”

“Mandato! – si guardò con Eric – Speriamo bene!”

“Già… - abbassò lo sguardo, pensieroso - Speriamo!”

 

*

 

Ricevuto il messaggio, diverso tempo dopo, Nathaniel e Sam si erano mossi per aiutare i loro amici. Ormai nella periferia di Rosewood, seguivano il GPS.

“Non riesco ancora credere che A abbia intrappolato Rider ed Eric nelle fogne!”

Nathaniel, che stava guidando, indicò con gli occhi lo schermo acceso del telefono sulle gambe dell’amico.

“E’ di nuovo Rider, - lo prese l’altro, riassumendo il contenuto - si sta assicurando per la sesta volta se abbiamo preso tutti i cacciavite che abbiamo trovato. E ha aggiunto che sono con l’acqua alla gola.”

“Ho portato l’intera borsa degli attrezzi che avevo in garage, - ribadì, tenendo d’occhio la strada scoscesa – dobbiamo solo trovarli!”

“Ok, fermati. – gli intimò – Il GPS dice che ci siamo.”

“Scendi!” esclamò l’altro, spegnando il motore.

Presa la borsa dal bagagliaio, Sam iniziò a guardarsi attorno, urlando.

“Rideeeer??? Eric???”

“Eric, - si aggregò anche Nathaniel - fatevi sentire!”

Qualche secondo dopo, i due si fecero sentire. Risultando molto più vicini di quanto pensassero. Sam e Nathaniel seguirono le voci, trovandoli.

“Vi prego, - esordì Rider, mentre quelli lo guardavano dall’alto, attraverso la grata - ditemi che avete preso tutti i cacciavite che esistono nel mondo!”

“Oh mio Dio...” sbiancò Sam, guardandosi con Nathaniel.

Quelli erano a pochi centimetri dalla grata, che galleggiavano assieme al cane con l’acqua al collo. Ma non era per quello che Sam e Nathaniel si guardarono sconvolti.

“Dai, fate presto, - ordinò loro, Eric, in difficoltà - tra qualche centimetro l’acqua avrà riempito completamente questo posto e noi non potremo più respirare. Aprite la grata!”

“Ehm, non so come spiegarvelo, ma… - iniziò Sam, mentre quelli lo fissavano – non ci sono viti che bloccano la grata. E’ semplicemente fissata.”

“Cosa? – urlò Rider, incredulo – Ci state prendendo per il culo?”

“Ok, - si intromise Nathaniel – non perdete la calma. Nel bagagliaio ho una lunga catena con i gangi. Io e la mia famiglia l’abbiamo usata l’estate scorsa, in vacanza, quando l’auto di mio zio si fermò nel viaggio di ritorno. – iniziò a correre via, diretto alla macchina – torno subito!”

Sam, intanto, si inginocchiò al suolo, prendendo la grata per le sbarre, cercando di tirarla via, ma invano.”

“Per favore, fate presto. – urlò Eric, esausto – Lo spazio per respirare sta per finire.”

“Resistete!” ribattè Sam, in pena per loro.

Qualche minuto dopo, Nathaniel tornò con la macchina.

“Sam, attacca il gancio! – scese, lanciandoglielo – Bene, mi raccomando!” e si rimise in auto.

“Sì, d’accordo! – replicò l’altro, attaccando il gancio, mentre dei suoi amici si vedeva ormai solo la punta del naso – Oh mio Dio… - si incantò, per poi voltarsi verso la macchina – Tira, fa presto!”

“Spostati Saaaam!” gridò Nathanuel, dall’auto. Quello eseguì.

Passarono diversi secondi in cui la catena era ormai in tensione.

Distrutto dall’ansia, Sam spostava lo sguardo tra l’auto e la grata, chiedendosi perché ancora non si staccasse.

“Nathaniel accellera di più, non si stacca!”

Quello ingranò ancora di più, finchè finalmente la grata non si staccò, volando per aria.

Sam corse immediatamente davanti al buco lasciato dalla grata, mettendo le mani nell’acqua.

“Ragazzi, avanti! – gridò, non vedendo riemergere nessuno – Ragazziii!”

E all’improvviso riemerse il cane, che Sam afferrò immediatamente. Subito dopo arrivò Nathaniel, che aiutò ad uscire anche Rider ed Eric, riemersi subito dopo Toby.

I due, completamente bagnati e infreddoliti, stavano riprendendo fiato distesi al suolo, esausti. Tutti stavano rimprendendo fiato per quanto accaduto, mentre l’acqua, ormai, fuoriusciva.

Nathaniel fu il primo a ritrovare le parole, mentre Rider riabbracciava il suo cane: “Ma che cavolo è successo?”

I quattro si guardarono, allibiti. Nessuno riuscì ad aggiungere qualcosa.

*

 

Erano alla casa sul lago di Rider, ora. Molto più vicina rispetto alla città. Il camino era accesso e Rider ed Eric avevano una coperta attorno alle spalle, che stringevano a sé, tremando ancora, lo sguardo fisso sul fuoco che ardeva. Riuniti nel caldo salottino, Toby che gironzolava accanto ai loro piedi, il gruppo iniziò a discutere su quanto accaduto durante la loro giornata.

Fu Rider il primo a parlare: “Abbiamo messo il chip a quattro persone, oggi: Lisa, Violet, Morgan e Clarke.”

“Aspetta, - lo interruppe Nathaniel – Clarke? Perché?”

“Non gli abbiamo messo il chip perché pensiamo sia A. - intervenne Eric – Abbiamo pensato che dopo quella strana conversazione che ha avuto con te al ristorante, in cui sembrava che sapesse qualcosa su Rosewood-riservato, ci avrebbe portati a qualcosa. Oggi, al Brew, ha detto che sarebbe ripartito nel giro di un’ora, ma l’ultima volta che abbiamo controllato sul tablet era ancora in albergo.”

“In ogni caso, - riprese Rider – Dopo qualche ora, Morgan è stato l’unico a fare grossi spostamenti. E’ lui che abbiamo seguito nelle fogne, anche se il chip l’abbiamo trovato addosso al mio cane e di lui non c’era l’ombra.”

A sapeva dei chip già dal giorno in cui siamo stati al dipartimento da Denna Marx. – continuò Eric – Ho messo la spilla con il chip nel borsone di Morgan, nel suo armadietto. Se lui è A e sapeva che stavamo mettendo il chip a tutti, deve averlo tolto e messo al cane, mentre noi eravamo concentrati su Violet. Naturalmente, noi non abbiamo visto alcuno spostamento sul tablet, perciò deve aver lasciato il borsone a scuola ed essere andato a prendere Toby a casa di Rider per attirarci nelle fogne.”

Nathaniel, però, aveva nuove informazioni e, quindi, nuove teorie: “Oppure la vera A ha aperto l’armadietto di Morgan e ha preso la sua spilla per farci puntare il dito su di lui e sviare i sospetti da sé.”

“Ragazzi, c’è una cosa che dobbiamo dirvi, a proposito. – Sam si guardò con Nathaniel – Riguarda il Professor Brakner.”

“Il nostro insegnante di Matematica? – Rider si guardò con Eric, confuso – Quello che sta con mia sorella?”

“Sì, ed era proprio con tua sorella, nel capanno dove mi hai sistemato, che si baciavano e intrattenevano una conversazione al quanto strana.”

“Strana come?” domandò Eric, precedendo Rider.

“Lindsay parlava a lui di Chloe. – spiegò Sam - Pare che quella notte, li abbia visti insieme.”

Rider era al quanto intontito e voleva capire meglio: “U-un secondo, quale notte? QUELLA notte? La NOSTRA notte?”

“Rider, - intervenì Nathaniel, secco - Brakner ha la stessa macchina che abbiamo visto nelle foto che Sam ha scattato al fascicolo di Albert, ok? Albert è sceso dall’auto di Brakner, prima di essere investito da noi.”

Sia Rider che Eric rimasero a bocca aperta, sconvolti. Quest’ultimo non riusciva nemmeno a trovare le parole per fare chiarezza nella sua mente.

“Okey, quindi ci state dicendo che Brakner è A?”

“Non lo stiamo dicendo. E’ palese!” esclamò Sam.

“Perché un Professore dovrebbe farci una cosa del genere? – impazzì Eric nel cercare di trovare un senso – Che cosa c’entra Brakner con Albert?”

“Beh, - provò Nathaniel a rifletterci, mentre Rider sembrava completamente assente per lo shock – Brakner ha un segreto, tanto per cominciare… - fissò Rider, mentre lo diceva – Ha una relazione con una studentessa! E Anthony sapeva di questo segreto e di certo non era un suo fan.”

“Ora c’è da capire quanto c’entri Lindsay in tutta questa storia. – aggiunse Sam, serio, guadagnandosi un’occhiataccia da Rider, pronto a scattare – Insomma, sono entrambi A? Ci hanno filmato entrambi, quella notte?”

“Come, scusa? – si alzò in piedi, Rider, lasciandosi cadere la coperta di dosso – E Chloe che fine fa in questa conversazione? Non era a casa tua che ti aspettava per vedere il finale di metà stagione di come cavolo si chiama? Eh? – urlò – Che ci faceva in giro a quell’ora?”

Anche Sam si alzò in piedi e non con toni cordiali: “Ancora non so perché Chloe sia uscita dopo di me, quella sera, ok? Devo ancora parlare con lei…E poi, scusami, ma tua sorella non è in una bella situazione, date le ultime scioccanti scoperte.”

“Chloe odiava Anthony quanto chiunque altro. – continuò Rider con toni alti - Chi ci dice che non sia stata lei a raggiungerlo alla stazione di Rosewood e ad ucciderlo, per poi tormentare noi?”

Sam si lasciò scappare una risata, prima di sfumare in un’espressione seria e furiosa: “E’ assurdo quello che stai dicendo, la mia migliore amica non mi chiuderebbe mai la bocca con una striscia di colla, ok? E’ tua sorella quella sospetta e non Chloe. La mia teoria è fondata: E’ un adulto che ci sta facendo questo, ok? E tua sorella è coinvolta!”

A quel punto, anche Nathaniel si alzò, distanziando i due, l’uno dall’altro: “Ok, calmiamoci un attimo… - spostò lo sguardo su Rider, cercando di farlo ragionare – Rider, ammetterai che la cosa è strana. Noi siamo stati filmati dall’interno di un auto ed è quella di Brakner. Chloe, inoltre, ha visto Lindsay dentro quella macchina, quindi Lindsay era con Brakner…Ascolta, A ci ha mostrato quei video e non può averli rubati a loro, ok?”

“No, non può essere. – Rider scosse la testa, nervoso, la fronte sudata – Questo significherebbe che mia sorella ha ucciso Anthony assieme a Brakner.”

Sam, più calmo, mise una mano sulla sua spalla: “Senti, nel migliore dei casi, tua sorella è manovrata da lui.”

L’amico deglutì, guardandolo negli occhi, più calmo, ma spaventato. Il silenzio investì il gruppo, finchè non fu Eric a romperlo.

“Quindi lo possiamo dire ad alta voce? Stavolta abbiamo indovinato?”

“Sì, io credo di si. – lo confermò Nathaniel - Brakner è A, ma dobbiamo ancora capire molte cose.”

“A proposito, - ricordò Sam - abbiamo messo il chip sotto alla sua auto. Possiamo seguire i suoi spostamenti.”

Rider si avvicinò al camino, sulle mattonelle era poggiato il tablet. Lo accese.

“Bene, almeno ho testato la sua resistenza all’acqua… - perplesso, si rivolse a Nat e Sam – Comunque quando eravamo nelle fogne, non è comparso nessun nuovo puntino… - osservò la schermata – E non c’è nemmeno adesso.”

“Cosa? – sussultò Nathaniel, guardandosi con Sam, stranito – Ma noi l’abbiamo messo.”

Rider si voltò: “L’avete attivato, vero?”

“In che senso?” non capì Sam.

“Il chip ha una protuberanza nella parte inferiore. Andava premuta per attivare il chip.”

Nathaniel sospirò, coprendosi la parte superiore del viso con la mano, massaggiandosi la fronte: “Dio, non ci credo…”

“Merda, non lo sapevamo!” esclamò, invece, Sam.

Rider, smettendo di comunicare con loro, si concentrò nel fare qualcosa: “Un secondo…Questo è un tablet del dipartimento e i chip sono collegati a questo tablet, perciò… - alzò lo sguardò sui suoi compagni – Forse possiamo attivarlo da qui!”

“Bene, ragazzi… – cominciò Eric – Adesso che sappiamo chi è A, qual è la prossima mossa?”

E i quattro si guardarono tra loro, riflettendoci attentamente.

 

SCENA FINALE

 

A stava camminando lungo una strada, illuminata dai lampioni, nel cuore della notte, passando accanto a delle auto parcheggiate, sfiorandole con la punta delle dita, coperte dal solito guanto nero che portava. Si fermò davanti ad una di colore blu, fissandola per qualche secondo. Dopodichè, si chinò, cercando qualcosa, sotto l’auto, accanto alla ruota posteriore. Smise di muovere il braccio, ad un certo punto: trovò ciò che cercava e lo tirò fuori. Si risollevò in piedi, poi,  aprendo il palmo della mano: era un chip inglobato in una gomma da masticare. A lo gettò a terra, schiacciandolo con un piede; più e più volte. L’aveva distrutto.

 

 

CONTINUA NEL SETTIMO CAPITOLO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

  
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