CAPITOLO
SEI
“House
of CArds”
PREVIOUSLY
ON BLACK HOOD:
A inizia
a tormentare Sam, minacciando di
non lasciarlo in pace se non confessa il suo amore per Nathaniel; il
suo scopo
è quello di portarlo al limite e costringerlo a rivelare di
essere complice di
Anthony in un crimine ancora ignoto ai ragazzi. Un crimine di cui solo A è a conoscenza.
La
Signora Dimitri e suo figlio Clarke, intanto, entrano
nel ristorante del padre di Nathaniel e quest’ultimo ha una
strana
conversazione proprio con Clarke, che insinua di sapere molte cose su suo
fratello,
parlandone negativamente. Nathaniel inizia a pensare che sappia
qualcosa sul
misterioso file Rosewood-riservato.
Rider
ed Eric, nel frattempo, fanno un salto al
mercatino dei libri usati per cercare un libro ad Alexis, ma la loro
passeggiata di piacere prende una piega diversa quando incontrano
Violet e
Colton, i loro sospettati; Anthony, quando era vivo, prendeva
continuamente
Colton in giro per la sua pelle e lo chiamava Albume.
Subito
dopo, i due trovano un messaggio di A dentro
uno dei libri del mercatino.
In seguito ad una telefonata con Nathaniel, i
tre
parlano del file Rosewood-riservato e del fatto che Clarke potrebbe
saperne
qualcosa, ma ecco che un ennesimo messaggio di A
vieta loro di indagare su quel file finchè non
sarà lui stesso a
renderlo noto.
Dopo
che Sam ed Eric l’avevano ipotizzato, anche Rider
si convince che il gruppo sia spiato da microfoni e propone a tutti di
andare a
trovare una Professoressa di ingegneria informatica a Brokehaven per
scoprire
come rilevare la presenza di un microfono e disattivarlo.
Chloe,
intanto, viene fermata da Lindsay in centro.
Subito,quella, ringrazia Chloe per non aver detto a nessuno di averla
vista con
Albert, nell’ultima notte in cui era a Rosewood. Rivela di
aver rubato il video
di insulti girato da Anthony, assieme ad Albert, subito dopo che lui e
i suoi
amici avevano lasciato la classe e di aver pianificato di voler
ricattare il
ragazzo ed essere lasciati in pace, altrimenti avrebbero mostrato il
video a
tutti. L’incontro in macchina, di quella notte, spiega
Lindsay, sarebbe
avvenuto solo per accertarsi che Albert avesse portato a termine
ciò che
avevano pianificato per essere liberi da Anthony. Infine, rivela di non
aver
detto alla polizia di essere stata l’ultima persona ad aver
visto Albert per
non avere problemi e tutelare se stessa e la persona che guidava
l’auto. Infine
confida di pensare che Albert si nasconda a Rosewood e che abbia ucciso
lui
Anthony, per averlo visto instabile, quella notte.
I
ragazzi arrivano al dipartimenti (Sam messaggia loro
che non parteciperà alla piccola gita) e si dividono per
cercare la
Professoressa. Eric e Rider sono i primi a trovarla e Rider si finge un
podcaster con l’intento di divulgare informazioni sullo
stalking e come
proteggersi da questo fenome. La donna rivela di essersi licenziata e
di essere
in partenza, ma concede ugualmente ai due un’intervista.
Nathaniel,
intanto, si intrufola in un laboratorio del
dipartimento, attirato da una casa dei topi monitorata con dei chip
attaccati
ai piccoli roditori. Viene raggiunto da Rider ed Eric e in quello
stesso
laboratorio, grazie alla riproduzione di un metal detector, scoprono di
avere
dei microfoni installati nei loro telefoni. Nathaniel, subito dopo, ha
un
piano: monitorare i loro sospettati con i chip. Prima di lasciare il
dipartimento, rubano quelli dei topi.
Sam,
intanto, si accorge di non essere più solo in casa,
ma quando tenta di scappare, sviene, dopo aver bevuto un sorso
d’acqua. A lo porta in
camera sua e lo sistema
nel suo letto, mentre l’altro e semi-cosciente.
Quando
i ragazzi tornano a Rosewood, trovano Sam in casa
sua con la bocca sanguinante: A gliel’ha
chiusa con la colla. Rider suggerisce di portarlo a casa sua.
AND
NOW…
~
La mattina
seguente
all’aggressione a Sam, Rider stava preparando il
caffè nella sua cucina. Eric
entrò dalla porta sul retro, affannato e sudato in fronte.
“Scusa
il ritardo… - esordì
– Ma sfido chiunque a fare sette isolati in bicicletta con
due ore di sonno!”
“Tieni,
- gli passò un
bicchiere d’acqua – bevi e andiamo da
Sam!”
Poco prima di
bere, però,
ebbe delle perplessità da estirpare: “Sicuro che i
tuoi genitori non si siano
accorti che dorme nel vostro capanno?”
“Sicuro!
– confermò, mentre
riempiva un thermos di caffè – La camera dei miei
genitori è dalla parte
opposta al capanno e anche la camera di Lindsay. Solo la mia si
affaccia sul
cortile… - lo fissò, facendogli segno di alzarsi
dallo sgabello – Forza, sbrigati!”
“Ok, -
aggiunse, dopo aver
bevuto in fretta, anticipando un’espressione seria
– so che adesso dobbiamo
pensare a Sam, ma fermiamoci un secondo a pensare a quello che sta per
accadere…
– si mostrò nervoso – Lo sai che noi due
saremo i prossimi, vero? Insomma,
finito il turno di Sam, si passa al successivo e i-io –
balbettò, preso
dall’ansia - non posso permettermi un attacco da parte di A. Ho già fin troppi
problemi!”
“E
cosa vuoi che ti dica,
Eric? – lo fulminò con lo sguardo; quello di chi
non aveva una risposta al
problema - Di comprarti una museruola così che A non ti possa chiudere la bocca con una
striscia di colla a
fissaggio rapido? – fece una pausa, mentre l’altro
deglutiva – Ho paura
anch’io, ma non posso vivere con la paura addosso tutto il
tempo. Devo
occuparmi di quello che mi si presenta davanti e non di quello che
ancora non
si è presentato, ok?...E in questo momento, nel mio capanno,
c’è Sam, che ha
bisogno di me. Di NOI! Perciò andrò da Sam,
cercando di fingere che sopra di me
non ci sia l’ascia di un boia pronta a tagliarmi la
testa.”
Eric scosse la
testa, non
molto d’accordo su come stava affrontando la situazione:
“E’ proprio del boia
che dovresti preoccuparti e non di Sam. Se uccidi il boia, starai bene
tu, starà
bene Sam e staremo bene tutti quanti!”
“Abbiamo
un piano, ok? –
replicò, oppresso - Non stiamo brancolando nel buio,
Eric.”
In
quell’esatto istante, in
cucina, entrò Ellen, sua madre, con la solita ventiquattrore
in mano, pronta ad
uscire.
“Un
piano per cosa,
tesoro?”
Eric si
voltò, assiame allo
sguardo di Rider, che tacque immediatamente.
“Buongiorno,
Signora
Stuart!”
Quella
rallentò,
avvicinandosi al frigorifero, poggiando la ventiquattrore sul tavolo,
fissando
il ragazzo.
“Ehm,
salve a te… - cercò di
ricordare il suo nome – Ehm…”
“Eric!”
esclamò quello.
“Eric!
Esatto! – finse di
conoscerlo, mentre si versava del succo – Il club dei
sospesi, eh?”
“Già!
– Rider finse un
sorriso – Comunque parlavamo di un piano di studio, in modo
da recuperare i
giorni d’assenza. Ci vedremo tutti insieme per studiare.
Probabilmente useremo
il capanno ogni tanto.”
Eric
fissò Rider, stranito,
chiedendosi perché avesse citato il capanno, visto che ci
nascondeva dentro
Sam.
“Bene,
mi sembra una buona
idea. – sospirò - Ora, però, devo
andare… - si avvicinò alla porta, dopo aver
messo il bicchiere vuoto nel lavandino – Ah, dimenticavo, -
si fermò ancora,
rivolgendosi nuovamente al figlio – porta tu a spasso il cane
dopo cena. Toby
si sta riprendendo velocemente dalla slogatura e ogni volta che Lindsay
lo
porta fuori diventa praticamente lei il cane. Ieri ha tirato talmente
forte il
guinzaglio che tua sorella è finita a quattro zampe sul
marciapiedi. – sospirò
di nuovo, squotendo la testa – Mai mandare una donna a fare
il lavoro di un
uomo!”
“D’accordo,
scriverò “Portare a
spasso Toby” su un post-it e
lo attaccherò sulla fronte. Buonagiornata, Mamma!”
“Buonagiornata,
Signora
Stuart!” la salutò anche Eric, mentre quella
usciva.
Rider si
voltò verso
l’amico.
“Adesso
andiamo da Sam!”
alzando lo zaino dal pavimento, che teneva nascosto vicino ai piedi.
Dentro ci
mise il thermos di caffè.
“Che
c’è nello zaino?”
domandò Eric, curioso.
“Mi
prendi in giro? – gli
lanciò un’occhiataccia – E’ la
roba che abbiamo rubato a Rattoville!”
“Ah,
già…Oggi è il grande
giorno allora!”
Insieme uscirono
dalla
porta sul retro, diretti verso il capanno.
“Ehi,
perché hai detto a
tua madre che studieremo nel tuo capanno, dove, tecnicamente, nascondi
Sam?”
“Gli
ho creato un alibi, in
caso lo becchino lì dentro. Sai, mia madre ha finto di
ricordarsi di te perché
gli Stuart amano ignorare l’elefante in salotto. Ignorare
qualcuno che vive,
mangia e dorme nel tuo capanno, però, è ben
diverso. In quel caso chiamerebbero
la polizia per elefanti!”
Ad Eric girava
la testa:
“Ti prego, basta metafore!”
Finalmente
entrarono nel
capanno. Sam era seduto sulla poltrona del piccolo salottino allestito
lì
dentro, la copertina che lo copriva fino al busto, il tecomando in
mano, gli
occhi fissi sulla televisione.
“Ehi,
Sam, ciao!” esordì
Eric, la voce piccola.
Quello non si
voltò,
continuò a fissare la televisione, come assente.
“Ehm,
- rise Rider,
brevemente – che guardi di bello?”
Sam
pronunciò qualcosa,
dopo qualche secondo: “Hanno arrestato Jasper Laughlin.
– raccontò, serio,
senza guardare gli amici negli occhi – Lo hanno trovato al
confine con un auto
noleggiata e una busta di contanti. Molti contanti.
Eric e Rider si
guardarono,
spiazzati, sedendosi sui divanetti.
“Ma
tutto questo non ha
senso. - pensò Rider – L’auto, la fuga,
i soldi…E’ come ammettere di essere
l’assassino!”
“Ma
non lo è! – ribadì Eric
– Quindi come mai un uomo innocente si ritrova a dover
noleggiare un auto,
fuggire e portare con sé dei contanti?”
Fu Sam a
rispondere, privo
di vitalità, lo sguardo spento e basso, le labbra ancora
ferite: “E’ stato
incastrato. A l’ha
incastrato! E non
venitemi a dire che dietro a tutto questo c’è la
Signora Dimitri, solo perché
ha fatto una dichiarazione contro di lui. E’ solamente una
donna piena di
rancore e rabbia che ha preso la palla al balzo. – una
lacrima gli scese dal
volto – Jasper ha avuto la sfortuna di quadrare perfettamente
con tutte le
coincidenze che ci sono su questo omicidio.”
“Sam,
-intervenì Rider
- noi è
dalla casa sul lago che non
sospettiamo più che A siano
la
Signora Dimitri e Clarke, bensì Violet e suo fratello. Mi
sembra ormai evidente
che A abbia dato quei soldi a
Jasper, in modo che, una volta trovato dalla polizia, collegassero quei
soldi a
quelli rubati da casa di Anthony.”
“Dio
mio, - Eric scosse la
testa, incredulo – come ha fatto A a
progettare tutto nei minimi dettagli?”
Sam finalmente
si voltò
verso di loro, fortemente provato: “Fa paura, vero? Pensare a
quanto stia
diventando dannatamente reale la follia di questa persona. Quello che
dovete capire
è che più la cosa andrà avanti e
più diventerà violento, credetemi.”
“Okey,
Sam, ma… - Rider lo
fissò a lungo, profondamento turbato – che stai
cercando di dirci?”
“Vi
prego, - le lacrime
iniziarono a scorrere a fiumi, la sofferenza evidente nello sguardo
– andiamo
alla polizia e raccontiamo tutto. Raccontiamo che è stato
un’incidente, che
eravamo spaventati e che Anthony è uscito fuori di testa,
quella notte. I-io
non posso continuare così, non ho chiuso occhio per tutto il
tempo, da ieri
sera.”
Rider si
avvicinò a lui,
disperato, inginocchiandosi, prendendo le sue mani: “Ti
prego, Sam, non lo
fare. Forse tu non ti rendi conto di quello che ci faranno,
perché non ne
usciremo puliti da questa storia, te lo garantisco. Il primo reato di
cui ci
accuseranno è quello di complicità,
perché aver investito Albert e non aver
detto nulla è omissione di soccorso, ok? Abbiamo poi
trascinato il suo corpo a
casa di Anthony e gli abbiamo dato fuoco assieme al corpo del padre:
omicidio
plurimo di primo grado, d’accordo? – scosse la
testa, secco – E’ troppo tardi,
Sam. Per non parlare del fatto che A troverebbe
un modo per incastrarci ancora di più, non contento del
fatto che ci siamo
rivolti alla polizia.”
Sam si mise le
mani davanti
al viso, impotente, devastato, urlando: “Allora cosa
facciamo? Ce ne stiamo qui
a giocare alla ruota della tortura con A?
Dovrei smettere di dormire, bere e mangiare per paura di essere drogato
nuovamente, forse? Eh?”
Rider
tirò fuori una
lettera dalla giacca, mettendogliela tra le mani e tornando a sedere.
“Che
cos’è?” domandò
quello, fissando i compagni.
“E’
il nostro piano. –
spiegò Rider – Leggi il foglio e poi
brucialo.”
Sam lo lesse,
sollevando
nuovamente lo sguardo.
“E
avete scelto su chi…??”
“Sì,
ma… - replicò Rider –
Se vuoi aggiungere qualcun altro…”
“Non
ne ho la minima idea,
francamente. Scegliete voi, mi sembra che abbiate già le
idee chiare.”
Il silenzio
avvolse la
stanza, subito dopo. Nessuno aveva altro da aggiungere. Ognuno fissava
punti
diversi della stanza, Sam torturava il foglio che aveva appena letto,
accartocciandolo.
Dopo averlo
fissato a
lungo, attirato dal rumore della carta, Eric volle sapere
cos’era accaduto
esattamente, la notte prima: “Non sei riuscito proprio a
vederlo? – conquistò la
sua attenzione, un’espressione di marmo da parte di Sam - A, dico.”
“No,
Eric…Non ci sono
riuscito. Ero drogato e a malapena ricordo ciò che
è successo. – si voltò,
continuando, straziato dalle immagini che li tornavano alla mente
– Ricordo
soltato di essere stato tra le sue braccia, mentre mi portava al piano
di
sopra. Non credo fosse una ragazza. Era un lui e mi ha toccato con il
suo
corpo; riuscivo a sentirlo.”
“Ragazzi
è Colton, -
concluse Eric, risoluto - non c’è dubbio.
Probabilmente sua sorella era al
piano di sotto che si specchiava dentro la lama di un coltello, prima
di
lasciare quell’inquietantissima scritta in bagno con il
rossetto rosso: perché
quella scritta è stata fatta con un rossetto, no?”
Rider lo
fissò, statico,
per poi voltarsi verso Sam.
“A
proposito della scritta
in bagno…E’ per quella che ieri sera mi hai
sussurrato all’orecchio di non
chiamare Nathaniel, oggi?”
Quello
annuì, a disagio.
“Sam,
puoi parlare con noi,
ok? – lo rassicurò Eric - La sera che hai
recuperato il flacone di medicine,
c’era un biglietto di A,
dentro.
Alludeva ad una cotta che hai per lui, per Nathaniel.”
Sam non poteva
più
nasconderlo, a quel punto: “Sì, è la
verità. Provo qualcosa per lui, ma lui non
lo sa. A ha giocato su questo con
me
e per tutto il giorno non ha fatto che tormentarmi: o raccontavo a
Nathaniel
ciò che provavo o confessavo la mia complicità
nell’altro crimine che non
conosciamo… - assunse un espressione sbalordita
e terrorizzata allo stesso tempo – Riusciva a
mandare messaggi al posto
mio, aveva il pieno controllo del display, della tastiera. –
i ragazzi lo
ascoltavano, assorti - Controllava anche il mio computer, ha persino
acceso la
webcam di Nathaniel, mentre era in camera sua, che si stava spogliando
per fare
la doccia…”
Rider
intervenì, in merito
all’ultima parte, curioso: “E
l’hai…visto…???”
“NO!
– Sam esclamò
energicamente, imbarazzato – Insomma, ha chiuso prima che
potessi…Insomma, non
che io volessi… - si stava aggrovigliando - Senti, cambiamo
discorso, per
favore?”
Rider
sollevò le
sopracciglia, guardando altrove.
Mentre i due
erano ancora
imbarazzati per lo scambio di battute, chiaramente riferito al nudo
integrale
di Nathaniel, Eric riflettè su quanto detto, al quanto
stupito.
“Quindi
A può accedere alle
webcam dei nostri
computer, ascoltare le nostre conversazioni e comporre messaggi? Ma che
razza
di tecnologia è mai questa?”
“E
come può permettersela,
aggiungerei! – esclamò Rider – Credo che
A
abbia un bel po’ di soldi, ma… - era
confuso, ora – questo toglierebbe di
mezzo la teoria dello studente, perché fino a prova
contraria siamo minorenni e
i minorenni non hanno tutti questi soldi.”
“I
soldi che ha preso Anthony
dalla cassaforte? – suggerì Sam, pensandoci
– A ha ucciso Anthony,
no? E i soldi erano nel borsone di Anthony,
quindi i soldi se li è tenuti A!”
“Già!
– si trovò d’accordo
Eric, spostando lo sguardo tra i due – E questo ci riporta
nuovamente a
sospettare di Violet e Colton senza incongruenze.”
Rider,
però, non si
convinse così facilmente: “Sì, ma
quanti soldi potranno esserci stati in quella
cassaforte? Nessuno di noi sa quanti soldi c’erano dentro o
quanti ne abbia
presi Anthony per fuggire da Rosewood.”
“Conoscendolo,
- ribattè
Sam - avrà preso tutti quelli che
c’erano.”
“In
ogni caso, - Rider si
alzò in piedi – Violet e Colton hanno fatto un
pessimo investimento, perché i
telefoni gli abbiamo distrutti. – prese il telefono di Sam da
sopra il tavolino,
notandolo subito dopo quanto aveva detto – Ora tocca al
tuo!”
Sam
si alzò di scatto,
stappandoglielo dalla mano: “NO, tu non distruggi proprio
niente!”
“Sam,
- ribattè l’altro,
allibito dalla sua reazione - non so se ci sei ancora con la testa, ma
ti
ricordo che i nostri telefoni sono praticamente telecomandati per
telecomandare!”
“Possono
anche farsi
spuntare due ali e volare, ma non distruggo il mio telefono per giocare
il
doppio turno con A!”
Eric
intervenì, alzandosi
in piedi anche lui: “Ma Sam, è così che
lui ci ascolta e ci controlla!”
“Bene!
– urlò – State lontani
da me allora. Dubito che A caverà
un
ragno dal buco sul nostro piano, ascoltandomi guardare South park in
televisione!”
“Ascoltandomi
guardare?” si
soffermò Rider in una smorfia esagerata.
“Dai,
hai capito!”
A
quel punto, Eric tirò
Rider: “Forza, seguiamo il suggerimento di Sam.
Andiamo!”
Quello
indietreggiò, pronto
ad uscire con l’amico. Sam, improvvisamente teso, li
fermò.
“Ehi,
aspettate! – guardò
Rider – Sicuro che non verrà nessuno
qui?”
“Sicuro!
Mia madre è allo
studio fino a stasera, mio padre è in casa che discute con
il suo agente letterario
e Lindsay è a scuola; dopo di che, passerà
probabilmente l’intera giornata
assieme al nostro professore di Matematica. Per quanto riguarda A, questo capanno è peggio di
Alcatraz
e poi con mio padre a qualche metro da qui, non si azzarderà
a farti visita…Più
tranquillo?”
Sam
si sentì meglio:
“D’accordo…Fate del vostro meglio, mi
raccomando.”
“Ce
la faremo!” ribadì
Eric, mentre uscivano. Un sorriso di conforto, prima che la porta si
chiudesse.
L’altro
si risedette sul
divano, fissando il suo telefono, lo schermo spento, poggiato sul
tavolino.
Sospirò, cercando di non pensare ad
A.
*
In
una grande e sontuosa
villa, quella mattina, Nathaniel stava nuotando all’interno
di un’enorme
piscina privata al chiuso, circondata interamente da pareti in vetro,
attraverso il quale si poteva ammirare il giardino circostante e
Rosewood,
dall’alto della collina. Accanto al bordo piscina, una serie
di lettini, dove
sua zia Courtney era seduta di fianco ad un uomo, vestito tutto di
bianco,
sportivo, il capello rivolto al contrario, sulla trentina passata. Con
in mano
il timer, egli si alzò in piedi, fermando il tempo, mentre
Nathaniel
riemergeva.
“65
vasche in 14 minuti e
23 secondi. Chi diavolo sei, - urlò, sbalordito -
amico?”
Courtney,
battendo le mani
come una ragazzina, prese l’accappatoio e corse ad avvolgere
suo nipote, che
sorrideva all’uomo, lusingato.
“Potevo
fare meglio!”
“Oh,
taci! – lo incalzò
lei, trovandolo sciocco – Sei stato bravissimo!”
L’uomo
si avvicinò, davvero
impressionato.
“Davvero,
hai talento!”
“Merito
di questa favolosa
piscina!” ne fece una panoramica con lo sguardo, mentre si
strofinava con
l’accappatoio addosso.
“Devi
sapere che Pete è il
coach di una squadra dell’Oklahoma city!”
spiegò Courtney, il sorriso
spigliato, mentre glielo raccontava.
“Oh
mio Dio, - azzardò il ragazzo
– gli Oklahoma Dolphine?”
Pete
annuì.
“Abbiamo
gareggiato contro
di loro, due anni fa. Sono davvero bravi, ma non mi ricordo di lei come
loro
coach.”
“Sono
il loro coach da un
anno, gli ho davvero messi sotto!”
Courtney
rise e anche Pete
a sua volta, mentre Nathaniel si limitava a guardarli inebetito, dato
che la
loro era una risata molto rumorosa e infantile.
“Quindi…
- cercò di
infilarsi nuovamente nel discorso – Posso venire qui ogni
volta che voglio?”
“Ma
certo! – gli diede una
forte pacca sulla spalla, quasi lo faceva cadere –
L’importante è che porti
anche la sua simpatica zietta Courtney! – rise ancora,
assieme a lei – Le mie
porte sono sempre aperte!”
“Bene!
– Courtney sfumò la
sua risata – Adesso andiamo, ci vediamo Sabato Pete. - gli
fece un’occhiolino –
Ok?”
Quello
ricambiò
l’occhiolino. I due si guardarono a lungo, silenziosi,
sorridendo e mordendosi
le labbra in maniera seducente. Nathaniel spostava lo sguardo tra i
due,
leggermente disgustato.
“Ehm…
- tentò un colpo di
tosse per interromperli – Zia Courtney?”
“Sì!
– scattò – Eccomi! –
gridò – Ciao Pete!” lo salutò
con la manina, muovendosi come un robot per
l’imbarazzo.
E
si voltò, allontanandosi
con il nipote.
“A
Sabato!” gridò l’altro.
Usciti,
giunsero all’auto.
Nathaniel si era già cambiato.
Perplesso,
aprì la portiera,
entrando dentro: “Ma dove diavolo l’hai trovato
questo?”
“Intendi
Pete?”
“No,
intendo Kermit la
rana… - fu sarcastico – Sì,
Pete!”
L’altra
si stava mettendo
la cintura: “Beh, su un sito di
incontri…”
“Perché?
– non capì – Non è
nemmeno il tuo tipo. IO sono il tuo tipo!”
Courtney
lo fissò, una
smorfia disgustata: “Detta così è al
quanto inquietante!”
“Beh,
è la verità, Zia
Courtney.Tu esci con tipi che somigliano a me e non con i tipi come
Pete: con
la risata da pappone, la pancetta e la collana da rapper!”
“Ok,
hai ragione, non è il
mio tipo. Il mio tipo è alto, con un bel fisico,
moro… - lo indicò,
arrendendosi - Beh, uno come te, sì, ma con dieci anni in
più ovviamente…Ho
semplicemente scoperto che possiede questa gigantesca villa e una
piscina
privata e…allora ho pensato che magari potevo sfruttare la
cosa. Per te.”
“Cioè?”
“Non
puoi utilizzare la
piscina della scuola per due settimane per via della sospensione e ti
lamenti
sempre di quanto sia affollata la piscina pubblica. So quanto ci tieni
ad
allenarti e volevo solo dare una mano al mio nipote preferito. Tutto
qui.”
“Oh!
– esclamò, colpito –
Grazie, ma…non c’è bisogno che ti
sacrifichi.”
“Non
mi sto sacrificando,
Nathaniel. Non sono una prostituta!”
“Lo
spero! – sorrise,
scherzoso - Mamma non ne sarebbe tanto felice.”
“Sta
zitto! – gli diede un
colpo sulla spalla, lasciandosi scappare una risata– Tu pensa
a cavalcare
l’onda, non badare a me. E poi, Pete non è male.
Mi fa ridere.”
“Sul
serio? Stamattina ha
fatto quella battuta sul gatto senza coda della sua vicina
d’infanzia e ha riso
per dieci minuti perché non aveva una coda. Non mi ha fatto
ridere, pensavo che
la battuta non fosse completa e invece era quella: il gatto senza
coda!”
“Beh,
a me ha fatto ridere;
proprio perché non fa ridere. – sospirò
– Ascolta, Nat…le mie relazioni con i
tipi come te non sono andate molto bene. C’era chi faceva
battute migliori di
Pete, ma che era pessimo in altri campi. I tipi come te, molte volte
deludono.
Pete non sembra come loro,
perciò…perché non dargli una
chance?”
Nat
si intenerì, sorridendo:
“Allora d’accordo. Diamo a Pete e alla sua
magnifica piscina una chance!”
E
i due risero, per poi
partire.
*
Rider
aveva appena parcheggiato
davanti alla scuola. Eric scese per primo, notando del fermento vicino
all’entrata.
“C’è
qualcuno che distribuisce
spille e volantini, hai visto?”
“E’
la settimana delle
elezioni, credo.” commentò Rider, chiudendo la
macchina.
“Ok,
ma se ci vede Ackett?
Moltiplicherà i nostri giorni di sospensione per
duecento.”
“Rilassati,
- ribattè,
mentre si avvicinavano - Ackett
è sempre
nel suo ufficio. Probabilmente la sedia della sua scrivania
avrà fatto il calco
del suo sedere…”
“Allora…
- Eric iniziò a
riflettere sul da farsi – su chi mettiamo il chip per primo?
E come, per di
più?”
“Beh,
con Lisa Nelson sarà
facile. Una volta che le avrai rivolto la parola, puoi praticamente
ordinarle
di metterselo addosso!”
“Dai,
non scherzare. – gli
lanciò una lunga occhiata – Sul serio, come
facciamo ad avvicinarci a queste
persone?”
“Ci
inventeremo qualcosa. –
erano sulle gradinate – Non sarà poi
così difficile!”
La
ragazza che distribuiva
spille e volantini, intanto, si era avvicinata ad un altro gruppo di
studenti,
rivolgendosi a loro con gran voce.
“Votate
anche voi per
Violet Rhimes, candidata a presidente del comitato
scolastico… - allungò loro
le spille – Un voto per Violet, un voto per
l’unità!”
“Cosa?”
sobbalzò Rider,
scambiandosi una rapida occhiata con Eric, sconvolto. Si avvicinarono
immediatamente alla ragazza.
“Violet
Rhimes si è
candidata a presidente del comitato scolastico? –
domandò Eric – E contro chi
concorre?”
Quella
rise: “Mi stai
prendendo in giro? – indicò Rider, diretta -
Contro il tuo amico!”
“Eh?
– reagì Rider, confuso
– Ma di che diavolo stai parlando?”
“UAO,
- sbigottì, sgranando
gli occhi – siete davvero strani!” e si
allontanò, continuando la pubblicità
con gli altri studenti.
Eric
si voltò verso
l’amico, incredulo: “Ti sei candidato?”
“NO!
– esclamò
energicamente – Dev’essere uno scherzo,
oppure… - riflettè, per poi posare
nuovamente lo sguardo su quella ragazza e rincorrerla – Ehi,
TU! – quella si
voltò – Dammi un paio di quelle spille!”
La
ragazza stranì, con lo
sguardo: “Sei ubriaco, forse?”
“DAMMELE!”
urlò.
“Okeey,
- lo fissò
spiazzata, mentre ne prendeva alcune dalla scatola che aveva in mano
– Tieni,
ma calmati un pò!”
Rider
le prese con foga:
“Grazie! – si voltò verso
l’amico, continuando la salita dei gradini, a passo
rapido – Mi è venuta un’idea!”
“Bene.
Per fortuna. Pensavo
fossi impazzito!”
Si
fermarono nel corridoio
davanti l’ingresso, Rider guardò a destra e
sinistra, per poi tirare Eric per
un braccio, portandolo all’interno di un’aula.
Dopo
aver chiuso la porta,
Eric lo fissò, intontito. Rider aprì il suo zaino
sopra un banco, tirando fuori
i chip, il tablet e poggiando anche le spille.
“Rider,
- seguì i suoi
movimenti - quella ha detto che sei ubriaco e inizio a pensarlo
anch’io!”
L’altro
ignorò le sue
parole, allungando il braccio e aprendo il palmo della sua mano:
“Sputa la
gomma!”
“Eh?”
“Sputala,
ho detto!”
“Rider,
mi stai facendo
paura!”
“Dovrebbe
farti paura il
fatto che A mi abbia candidato a
questo scempio. Anzi, volevo dire “Violet”, che
è A e che sicuramente
mi ha inserito tra i candidati per umiliarmi
ancora di più e avere una vittoria assicurata, dal momento
che tutti ci odiano
– lo fissò, isterico – Sputa la gomma,
Eric!”
Quello
eseguì,
togliendosela dalla bocca e mettendola sulla sua mano. Rider si
voltò nuovamente
davanti al banco, intento a fare qualcosa.
“Ma
com’è possibile che
Violet sia riuscita a farti candidare? Insomma, non ci vuole il tuo
consenso o,
perlomeno, la tua presenza?”
“E’
A, Eric. Dopo essere quasi finito
sotto ad un treno, non mi chiedo
più come faccia a fare certe cose. Le fa è
basta!”
“E
tu che stai facendo?”
domandò, osservandolo.
“Attacco
i chip dietro le
spille e una la restituirò al mittente con una specie di
scenata!”
“Rider,
fa attenzione. Se
Violet è davvero A, lei
e suo
fratello sono molto pericolosi.”
Dopo
aver attaccato tutti i
chip, Rider mise le spille nelle mani dell’amico, dandogli
delle istruzioni.
“Trova
Lisa Nelson e fai in
modo che si tenga la spilla. Poi vai negli spogliatoi della squadra di
nuoto e
metti la spilla nel borsone di Morgan. La combinazione del suo
armadietto è
4354324, me l’ha detta Nathaniel. Io mi occuperò
di Violet, poi ce la filiamo.”
“E
Colton?”
“Basterà
la sorella, tanto
vanno sempre in giro insieme come quei vecchietti che vedi al parco
sopra i
tandem!”
“Ok,
ma dove sarà lei
adesso?”
Rider
prese il tablet,
collegandosi a Facebook.
“E’
in biblioteca. – lesse
uno stato sulla pagina della scuola, una foto di Violet e
un’altra ragazza – Si
sta facendo aiutare da Brianna Santoni. Ha messo l’hashtag #WorkInProgressWithBrianna. Probabilmente
si riferisce alla
preparazione del discorso!”
“E
tu ce l’hai un
discorso?”
L’altro
mise via il tablet,
rispondendo con una sonora negazione: “NO!...Se pensa che mi
presterò a questa
buffonata, sta sognando ad occhi aperti!”
“Ok,
sbrighiamoci. –
controllò l’orologio – Ci vediamo tra
venti minuti!”
E
i due lasciarono l’aula,
dividendosi.
*
Sam,
ancora all’interno del
capanno degli Stuart, era appena uscito dalla doccia, indossando
l’accappatoio.
Il
telefono squillò, nell’altra
stanza. Si apprestò ad andare a rispondere.
“Pronto?”
rispose.
“Ehi,
Sam, dove sei? – era
suo padre - Sono appena rientrato a casa e non ti ho trovato.”
“Ehm,
sono da un
amico.”
“Pensavi di evitare la ramanzina sulla sospensione?”
“No
no…assolutamente no. E
che… - mentì – non sei tornato ieri
sera e non mi andava di stare da
solo…Comunque come mai hai fatto così
tardi?”
“Jasper
Laughlin,
l’assassino del tuo amico, è stato arrestato
questa notte. Era al confine dello
stato e, dal momento che Laughlin è residente a Rosewood,
è sotto la nostra
giurisdizione.”
“Sei
andato a prenderlo
tu?”
“Io
e altri cinque agenti.
L’abbiamo riportato a Rosewood, gli abbiamo fatto diverse
domande e non ha
risposto. Ha preteso un avvocato, ma per il momento è stato
trasferito al
penitenziario Chester’s Mill a Philadelphia. Ci
sarà un processo.”
Sam
aveva lo sguardo perso
nel vuoto, turbato: “Mio Dio…”
“L’importante
è che quel
mostro non sia più in libertà. Possiamo tirare
tutti un sospiro di sollievo.”
“Ehm,
sì si, certo.
Ascolta, io sarò fuori tutto il giorno, probabilmente resto
a dormire dal mio
amico anche stasera.”
“Cosa?”
borbottò il padre.
“Devo
andare!”
“Sam,
no! Aspetta!”
Quello
chiuse la chiamata,
tremando, per aver fatto una cosa del genere. Riprese fiato e si
rivestì.
Uscito
dal capanno, Sam
provò a fare una telefonata, continuando a guardarsi alle
spalle, nel cortile, per
paura di essere scoperto dal padre di Rider. Arrivato al cancello, si
affacciò
alla strada, richiudendolo.
Improvvisamente,
mentre attendeva
una risposta, le macchine parcheggiate lungo il vialetto riempirono
l’aria con
il loro suono d’allarme. Tutte. Contemporaneamente. Sam
sobbalzò, colto di
sorpresa, terrorizzato; tant’è che fece cadere il
telefono a terra, osservando
le auto.
Il
minuto seguente, le auto
smisero di suonare e Sam, ancora impietrito, si chinò a
raccogliere il
telefono. Arrivò un messaggio.
“Visto,
Sam? Non serve un
telefono per farmi sentire. Riferisci ai tuoi amici.”
-A
E
dopo essersi guardato attorno a lungo, iniziò a correre via.
*
Rider
irruppè nella
biblioteca della scuola, guardandosi attorno, in cerca di Violet.
Quando la
trovò con lo sguardo, si diresse impacciato verso di lei,
seduta ad un tavolo
assieme a Brianna Santoni e numerosi fogli davanti.
“Ciao,
Violet!” esordì, un
sorrisino cinico.
La
ragazza, assieme a
Brianna, lo fissarono.
“Ehm,
- lo fece a lungo,
Violet - che cosa vuoi?”
Rider
volse lo sguardo su
Brianna: “Puoi lasciarci un attimo da soli, per
favore?”
Quella
si stava già
alzando: “Vado a… - si rivolse all’amica
– prendere qualcosa al distributore.”
L’altra
annuì, per poi
guardarla allontanarsi. Finalmente si girò verso di lui, con
aria di
sufficienza.
“Allora?
Che vuoi?”
“Puoi
smetterla con la messa
in scena, Violet. So chi sei e cosa stai cercando di fare!”
“Non
so a cosa tu ti
riferisca.”
“Ah
no? Quindi io mi sarei
candidato di mia spontanea volontà?”
“Senti,
- fece una smorfia,
perplessa, mentre tornava a fare le sue cose – non ho tempo
da perdere e dici cose
senza senso!”
Rider
si avvicinò con la
faccia, mettendo le mani sul tavolo, furioso: “So che sei
stata tu a candidarmi
a queste elezioni. Non so come hai fatto, ma sei stata tu. Vuoi
vincere, ma
vuoi farlo in grande stile. Umiliandoci, ad esempio.”
“Umiliandovi?
– rise – Vi
siete umiliati da soli, io non ho fatto proprio nulla.
L’unica cosa che sto
facendo è creare un ambiente scolastico più
sicuro e che sia in grado di
tutelare gli studenti e, soprattutto, i più
deboli.”
“Oh,
sono commosso. – finse
una tenera smorfia – Buffo come Violet Rhimes sia uscita
tutta in una volta,
ora che Anthony non c’è più. Prima eri
solo un fantasma!”
“Pff,
non sapevo nemmeno
che suono avesse la tua voce, quando Anthony era vivo. Ora,
però, sembri averla
tirata fuori.”
“Già,
Violet. – la fulminò
con lo sguardo – E stai pur certa che mi farò
sentire forte e chiaro. Sei solo
un castello di carte, mia cara. Basterà cercare la carta
meno rigida per farti
crollare.
“Il
castello di carte siete
voi, non io. – puntò il dito contro di lui,
minacciosa – Avete scelto di essere
amici di Anthony e ora avete la vostra reputazione. – si
lasciò scappare
l’ennesima risata – Non so davvero con che coraggio
hai deciso di candidarti,
ma quando l’hai fatto, ho deciso di farlo anch’io,
perché la scuola non finirà
nelle vostre mani di nuovo.”
Rider
scosse la testa,
basito: “Te lo ripeto per l’ultima volta: io non mi
sono candidato!”
“Devi
avere qualche rotella
fuori posto… - prese il suo telefono dalla borsa, agitandolo
davanti a lui – Se
non sei stato tu a candidarti, allora chi mi ha mandato questo
messaggio
vocale, appena dopo la vostra sospensione?”
E
fece partire la
registrazione.
“Ti
sei messa contro le persone sbagliate, Violet,
parlandoci in quel modo, davanti a tutti gli studenti. Ho appena fatto sapere ad Ackett che mi
candiderò per le
prossime elezioni del comitato studentesco. Hai sporcato la nostra
immagine, ma
noi recupereremo e tu sarai di nuovo un grido nel vento. Non riuscirai
a
mettere la scuola contro di noi. Tornerà tutto come
prima.”
La
voce della registrazione
era quella di Rider e lui stesso rimase impietrito
nell’ascoltarsi, perché non
era lui a parlare.
“Se
mi sono candidata è
perché non ho paura delle tue minacce. Non ho mai avuto
paura di voi quattro. E
non lascerò la scuola in mano a voi quattro. Ti consiglio di
preparare un buon
discorso, perché ho praticamente vinto.”
“Come
hai fatto?” le
domandò, riprendendosi dallo shock.
“Fatto
cosa?”
Ora
fu Rider a farsi
sfuggire una risata, tanto non avrebbe ammesso nulla:
“Niente, Violet. Sono
solo venuto a dirti che la vittoria è tua e che non
farò alcun discorso. Hai
ragione, hai vinto. – prese la spilla che aveva in tasca e la
attaccò alla
giacca di Violet – Ecco, ora sei perfetta. Spero vivamente di
vederti alla Casa
bianca, un giorno.”
Quella
era sempre più
confusa: “Tu non sei normale, lo sai?”
“La
normalità è
sopravvalutata, Violet. Goditi la vittoria!” e si
congedò con un finto sorriso.
Intanto,
Eric, era appena
uscito dagli spogliatoi della squadra di nuoto, dove aveva messo il
chip nel
borsone di Morgan Patterson.
Lungo
il corridoio, vide in
lontananza una ragazza che beveva dalla fontanella. Man mano che si
avvicinava,
gli sembrò di riconoscerla e la cosa lo scioccò a
tal punto da pronunciare il
suo nome, quando fu proprio a due passi da lei.
“Lisa?”
Quella
si voltò verso di
lui. Era proprio lei, era diversa: più bella, con abiti
nuovi,e, soprattutto, senza
le trecce.
“Oh,
ciao. – lo salutò, seria
– Strano che tu sia qui, non eri stato sospeso?”
“Ehm,
sì. – era ancora
disorientato dal suo aspetto – Sono solo tornato
perché-perché Rider ha bisogno
di una cosa, di un libro che ha lasciato qui. L’ho
accompagnato e…Dove sono le
tue trecce? – cambiò immediatamente discorso -
Insomma, sei-sei… - cercò di
trovare le parole – sei… ”
“Diversa?”
suggerì lei.
Eric
ne era incantato: “In
realtà stavo per dire…bellissima!”
L’altra
sorrise, mentre
poco lontani da loro, due ragazzi, vicino agli armadietti, stavano
avendo una
discussione.
Lisa
si voltò a guardarli per
un attimo ed Eric approfittò del suo momento di distrazione
per gettare la
spilla, con attaccato il chip, dentro la sua borsa, poggiata a terra,
accanto
alla fontanella.
“Ehm,
grazie del complimento
– si girò nuovamente, raccogliendo la borsa
– Ora, però, devo andare a lezione,
sta per suonare la campanella.”
“Oh,
certo… - annuì -
Allora ciao!”
“Ciao!”
ricambiò, voltandosi
rapidamente, i capelli che ondeggiavano, lucenti e perfetti.
Alle
sue spalle, arrivò
Rider, frettoloso.
“Non
ci crederai mai!”
“Ehi,
hai visto Lisa
Nelson? – Eric non gli diede retta, indicandogli la ragazza
– E’ praticamente
nuova di zecca!”
Rider
non ne era
meravigliato, mentre la scrutava distrattamente: “Beh,
sì, preparati, perché al
nostro ritorno a scuola ci saranno parecchi studenti 2.0! Violet non ha
praticamente rivali e anche se tentassi di competere, non saprei
nemmeno cosa
scrivere per il discorso, la gente mi odia.”
“Cos’altro
deve succedere
ancora? – non se ne capacitò – Il nostro
mondo si sta davvero capovolgendo!”
L’amico,
però, aveva ancora
una sorpresa per lui: “E questo è niente, reggiti
forte! – si guardò in giro,
parlando sotto voce – Quando ho chiesto a Violet se
c’entrasse qualcosa con la
mia candidatura, mi ha guardato come se fossi matto e mi ha fatto
ascoltare una
registrazione in cui la minaccio.”
“La
minacci? – sussultò - Perché
l’hai minacciata?”
“Non sono stato io, è stata la mia voce!”
Quello
scosse la testa,
intontito: “Ehm, ok, adesso non ti
seguo…”
“Ho
fatto sapere a Violet
che mi sono candidato e di conseguenza si è candidata anche
lei! – sospirò,
scocciato - La mia voce deve aver parlato anche con Ackett!”
“Rider,
- lo prese per le
spalle, sempre più confuso – di che cavolo stai
parlando?”
“Violet
ha copiato la mia
voce al computer e la sta usando per cose malvagie, ok? Ti è
più chiaro ora?”
“Era
proprio la tua voce?
Identica?”
“Sì
ed è stato inquietante;
come quando parli da solo allo specchio e la tua voce rimbomba in tutta
la
stanza.”
“Ma
come… - era sbigottito
– come fa a fare queste cose?”
“Dev’essere
un androide,
non c’è altra spiegazione!”
“Comunque
ho messo il chip
nella borsa di Lisa e l’altro nel borsone di
Patterson.”
“E
io ho messo il chip a
Violet!”
“Bene.
Ora non ci resta che
aspettare che uno di loro ci porti al covo, così potremo
recuperare i nostri
video e finire questa cosa una volta per tutte.”
Rider
si guardò ancora una
volta intorno, teso: “Meglio filare via da qui, prima che
qualcuno mi riconosca
ed inizi a gettarmi pomodori addosso.”
“Si,
andiamo.”
*
Sam
era seduto sulle
gradinate del portico della casa di Nathaniel, che lo aspettava da
quasi
un’ora. Improvvisamente, sentì un rumore di
portiere che si chiudevano e delle
voci, così si alzò, sperando fosse lui, le mani
nelle tasche del giaccione.
Erano
lui e sua zia, che
ridacchiavano e avanzavano con degli acquisti.
“E’
possibile che quella
commessa mi abbia detto che quel vestito mi stava male
perché se lo voleva
accaparrare lei con lo sconto dipendenti?”
“Probabile,
perché quando
lo ha rimesso a posto, l’ha tipo accarezzato.”
“E’
sempre bello fare
shopping con mio nipote. – gli sorrise per poi ripensare a
quella commessa con
cinismo nello sguado - La prossima volta assisterai al licenziamento di
quella
brutta Cài cân dùng cho vàng
và bąc!”
“EH?”
non capì.
“Significa
Troia in
Vietnamita!”
Quello
rise assieme a lei,
fermandosi dal camminare e sorridere non appena poggiò lo
sguardo sull’amico.
“Sam!”
“Ehi!”
ricambiò, mentre
Courtney spostava lo sguardo tra i due.
“Oh,
un amichetto di
Nathaniel un pò secco!”
“Zia
Courtney!” la
richiamò.
“Scusami,
- rise lei,
rivolgendosi a Sam, gesticolando con le buste che ciondolavano dai
polsi – e
che sono abituata ai ragazzi palestrati amici di Nathaniel! Credo di
avere una sorta
di memoria addominografica o qualcosa del genere.”
Quello
le lanciò un’occhiataccia,
mentre Sam sorrideva, imbarazzato.
“Oookay,
vado dentro a
provarmi le cose che ho comprato e che mi renderanno più
giovane di due anni. –
scappò via, passando di fianco a Sam – Piacere di
averti conosciuto!”
“Anche
a me!”
Poi
Nathaniel si avvicinò a
lui.
“Tutto
bene? Che ci fai
qui?”
“Amici
palestrati?” ignorò
la domanda.
“Si
riferisce ai miei amici
della squadra; magicamente scomparsi dopo l’uscita del nostro
video scandalo!”
“Beh,
- gli sorrise – hai
sempre me, Rider ed Eric, no?”
“Già…
- ricambiò il sorriso
– E comunque le tue labbra sembrano migliorate.”
“Ehm,
- se le toccò –
insomma, sono ancora ruvide e spaccate. Ci vorranno dei giorni
affinchè tornino
come prima, se mai torneranno come prima.”
“Comunque
non hai risposto
alla mia domanda: che ci fai qui?”
“Jasper
è stato arrestato
ieri sera. Aveva molti contanti con sé e anche un auto
noleggiata.”
“Mio
Dio…”
“Già,
sembra che A l’abbia
incastrato per bene e io sono
preoccupato per noi quattro. Che accadrà quando si
sarà stancato di giocare con
noi? Molto probabilmente proverà ad incastrarci come ha
fatto con Jasper.”
“Ascolta,
Sam, ci stiamo
già lavorando. Rider e ed Eric ti hanno messo al corrente
del piano, no?”
“Sì,
ma siamo sicuri che A non ne
sappia nulla? Insomma, pensavate
di essere andati a Brokehaven di nascosto e invece A
lo sapeva.”
Il
dubbio si insinuò in
Nathaniel: “Beh, non saprei, ci siamo liberati dei telefoni,
perciò…”
“Perciò
nulla, Nat. Non
puoi saperlo. Potrebbe esserci un microfono persino nella cassetta
della posta,
stiamo solo facendo arrabbiare A.”
“E
cosa dovremmo fare? –
alzò la voce - Arrenderci?...Ora più che mai
dobbiamo ricorrere a qualunque
mezzo per fermare questo mostro. Dopo quello che ti ha fatto, lo avrei
ucciso
con le mie stesse mani se fosse stato davanti a me. E’ un
codardo, chiunque
sia.”
Sam
deglutì, le sue parole
lo emozionarono, anche se cercò di non darlo a vedere:
“Ehm, sì, è senz’altro
un codardo…”
“Quindi
sei venuto qui solo
per dirmi di Jasper?”
“In
verità, no. Ho parlato
con mio padre questa mattina e mi ha detto che è stato
trasferito al
penitenziario di Chester’s mill, a Philadelphia. Ci
sarà un processo, ma
resterà rinchiuso lì…Dubito che
qualcuno pagherà la sua cauzione, non ha
nessuno che possa aiutarlo.”
“Ok,
ma… - sentì che c’era
qualcos’altro – Perché ti sei informato
su dove si trova?”
“Voglio
andare a parlare
con lui!”
“COSA?”
lo trovò assurdo.
“Pensaci:
Jasper non ha un
soldo ed è stato ritrovato a scappare con una mazzetta di
contanti e una
macchina. E se A fosse venuto a
contatto con lui? Insomma, come poteva, Jasper, da solo, sapere che
c’era un
mandato d’arresto per lui? E’ stato avvertito e
aiutato a fuggire con
l’inganno.”
“Quindi
credi che Jasper
conosca il viso di A?”
“Forse.
Vale la pena
seguire questa pista, perché francamente credo che con la
storia dei chip
faremo…”
Nathaniel
gli tappò la
bocca di getto, ritirando subito le mani, mortificato.
“Oh,
scusa, non volevo… -
temeva che fossero ascoltati - E’ che stai parlando del
nostro piano e…”
“No
no, rilassati. Ho
nascosto il mio telefono in un posto, prima di venire qui.”
“Ah,
ok… - tirò un sospiro
di sollievo – Dicevi?”
“Dicevo
che non ho molta
fiducia in questo piano. Da quando A mi
ha toccato…ho come la sensazione di riuscire a percepire
quando siamo sulla
strada sbagliata.”
“Pensi
che Violet e Colton
non siano A?”
“Francamente?
Non tanto.”
“Senti,
va bene. – lo
appoggiò – Probabilmente A
ci sta
precedendo come al solito, ma non può stare dietro a due
gruppi. Andiamo a
Philadelphia, mentre è impegnato a tenere d’occhio
Eric e Rider.”
Nathaniel
iniziò a
muoversi, diretto verso l’auto. Sam era ancora fermo.
“Ehi,
Nathaniel!”
“Che
fai? – si voltò – Non
vieni?”
“Grazie….
– gli sorrise –
Sei l’unico che riesce a capirmi davvero.”
“Muoviti,
- rise,
scherzandoci sopra – prima che sembri una cosa gay!”
Anche
Sam rise. Meno,
quando Nathaniel si voltò. Lo amava, ma lui non lo
sospettava minimamente.
Entrambi
salirono in auto,
diretti a Philadelphia.
*
Eric
e Rider, nel
frattempo, erano appena entrati al Brew. Alexis li salutò
come sempre.
“Ciao,
ragazzi!”
“Ehm,
- Eric prese le
chiavi del suo appartamente dalla tasca e le diede all’amico,
fissando Alexis –
inizia a dare un’occhiata a quella cosa, io ti raggiungo
subito.”
Rider
spostò lo sguardo fra
i due: “Ook!” e se ne andò.
Alexis
percepì qualcosa di
strano.
“Devi
dirmi qualcosa per
caso? – sorrise – Avevo piacere a scambiare due
chiacchiere anche con Rider,
dato che mi avevate promesso un libro.”
“In
verità, sì. – divenne
serio – Come mai non hai risposto ai miei messaggi?”
“Mi
hai mandato dei
messaggi? – se ne sorprese, ammiccando - E che mi hai scritto
di bello?”
“Davvero
non gli hai ricevuti?”
“Evidentemente
hai
stalkerato la ragazza sbagliata, perché non ho ricevuto
nulla… - riflettè, poi
– Aspetta, e poi come avresti trovato il mio
numero?”
“L’ho
trovato su facebook,
a dire il vero.”
L’altra
rise: “Fingerò che
questa cosa dell’avermi cercata su Facebook sia una cosa
normale e non da
Psyco. E comunque, quello è il mio vecchio numero.
L’ho cambiato.”
“Ah,
ok. – rise, sentendosi
stupido – Pensavo non volessi rispondermi e ci ero rimasto
male.”
“Ah,
sì? – si appoggiò al
bancone, curiosa – E cosa c’era scritto su questi
messaggi?”
“Vuoi
uscire con me?” fu
diretto.
“Oh!
– esclamò, sorpresa,
buttandosi indietro – Davvero?”
“Sì,
davvero. Perché non
dovrebbe essere per davvero?”
“Perché
alla gente piace
più scherzare che fare sul serio.”
“Beh,
io non sono la gente.
– sussurrò, poi - Io faccio sul serio!”
Quella
sorrise, felice:
“Bene! Alla grande! Finisco per le 21.30, ci sarai?”
“Hai
intenzione di uscire
con me con il grembiule addosso? – rise - Non torni a
cambiarti a casa come
fanno tutte le ragazze del mondo?”
“Beh,
io non sono tutte le
ragazze... – ribattè, un lungo sguardo –
Cenerentola non era sicura di sè
stessa ed è per questo che si è fatta bella per
andare al ballo. Quello che non
sapeva, però, era che il suo principe l’avrebbe
notata anche con degli stracci
addosso.”
“Farsi
belli non è insicurezza.
E’ svegliarsi la mattina e dire: Oggi
mi
faccio bello perché mi fa stare bene.”
Alexis
lo fissò a lungo
prima di replicare, secca: “Appunto, è insicurezza
quella! Io non ho paura di
uscire con un grembiule sotto al cappotto. So che il mio principe mi
riconoscerà ugualmente. Che riconoscerà la vera
me: Questo mi fa stare bene!”
Eric
sorrise ancora,
continuamente sorpreso dalla sua personalità:
“Beh, il tuo principe ti ha
notata!”
“Ah,
sì? – giocò, fingendo
di cercarlo - E dov’è?”
I
due risero, finchè non si
presentò qualcuno al bancone. Un ragazzo.
“Scusa,
puoi passarmi dei
tovaglioli, per favore? Ho rovesciato la tazza accanto al mio
portatile!”
Si
trattava di Clarke
Dimitri. Eric lo fissò, indietreggiando di un passo,
sorpreso di vederlo.
“Ehm…
- Alexis guardò
ovunque – Vado a prenderli dietro, pare che qui non ce ne
siano più. Torno
subito!” e corse via.
Rider,
intanto, era sceso,
fermandosi di colpo, appoggiandosi allo scorrimano delle scale, quando
notò
Clarke vicino ad Eric. Quello, aspettando i suoi tovaglioli, si
voltò
finalmente verso Eric, scrutandolo per qualche secondo prima di parlare.
“Nathaniel
Blake, giusto?”
“Come,
scusa?” tentennò,
Eric.
“Dico,
sei amico di
Nathaniel? L’ho conosciuto al ristorante di suo padre e ti ho
visto con lui ai
funerali di mio fratello, in chiesa. Eri amico di Anthony anche
tu?”
“Ehm,
- annuì – sì, lo
ero.”
Clarke
annuì, un sorriso
gentile. Eric, in quel momento di stacco, si girò verso le
scale, incontrando
lo sguardo di Rider. A quel punto, Eric costrinse l’amico a
voltarsi verso uno
dei tavoli, in fondo a Brew, dove erano poggiate le cose di Clarke.
Rider capì
cosa dovette fare.
Per
distrarlo dall’amico,
Eric riprendette il discorso.
“Ti
fermi ancora per molto
a Rosewood?”
“Ehm,
io no, ho un volo tra
un’ora, ma mia madre sì. Tornerò in
vista del processo a Laughlin, che è stato
arrestato ieri.”
“Sì, - annuì, cercando trattenerlo con
lo sguardo - ho sentito al notiziario.”
Rider,
intanto, si era
avvicinato al tavolo e buttando una rapida occhiata verso il bancone,
mise uno
dei chip dentro la borsa del ragazzo, poggiata sulla sedia. Subito,
poi, si
allontanò.
Alexis
tornò con i
tovaglioli, interrompendo la conversazione.
“Ecco,
tieni!” glieli
passò, gentile.
“Grazie!
– esclamò,
voltandosi verso Eric – E’ stato un piacere.
Ciao.”
“Anche
per me!” ribattè,
mentre quello tornava a sedere.
“Ma
conosci tutti quelli
che entrano qui dentro? – lo incalzò Alexis -
Prima quella Lisa, ora questo
ragazzo.”
“Rosewood
è più piccola di
quanto pensi! – rise, cercando di non attirare altre domande
– Ora è meglio che
vada da Rider. – si girò a guardarlo, sulle scale,
mentre quella seguiva il suo
sguardo – Come vedi, è tornato giù. Non
è molto paziente!”
“Ok!
– sorrise - Allora a
stasera!”
Lui
le fece un’occhiolino:
“A stasera!” e si allontanò dal bancone.
Raggiunte
le scale, salì
con Rider al piano di sopra.
“Fortuna
che sei sceso!”
“Ho
dovuto! – marcò con
gran voce – La chiave si è spezzata nella
serratura!”
“Cosa?
– si indignò –
Rider!”
“Che
c’è? – si sentì
attaccato ingiustamente - E’ una serratura strana! E poi
guarda il lato
positivo, non sarei mai sceso per mettere il chip anche a Clarke; che
dai
racconti di Nathaniel sembra sapere qualcosa su
Rosewood-riservato.”
L’altro
lo guardava ancora
male, raggiunto il pianerottolo. Si chinò davanti alla
serratura, scocciato.
“Rider,
l’hai spezzata
davvero!”
Quello,
nel frattempo, aveva
tirato fuori il tablet, che stava osservando.
“Pensavi
che scherzassi? –
replicò, disinteressato – Comunque Violet si
è spostata di soli due metri…”
Eric
lo fulminò con lo
sguardo, nuovamente.
“Che
c’è? – borbottò Rider
– Non è colpa mia se i nostri topi non si muovono
di molto!”
Arrabbiato,
Eric tornò sui
gradini: “Mia madre ha lasciato un doppione delle chiavi,
giù al Brew. Vado a
prenderle e poi cerco di togliere il pezzo incastrato nella
serratura.”
“Ok,
io guardo i topi!”
esclamò, mentre l’amico scendeva.
*
Qualche
ora dopo, a
Philadelphia, Nathaniel e Sam, vennero perquisiti, prima di accedere
alla
stanza più grande del penitenziario, quella delle visite ai
carcerati.
“Pensavano
di trovare un
tesoro nelle mie mutande? – si lamentò Nathaniel,
mentre camminavano - Mi hanno
palpato il pacco quattro volte!”
“E’
un carcere di massima
sicurezza, Nat. Ti aspettavi una stretta di mano, forse?”
“No,
ma… - lasciò perdere –
Chi se ne frega, troviamo Jasper!”
“C’è
parecchia gente… –
cercò di scrutare tra i tavoli sparsi –
E’ enorme questo posto, sembra di
essere al centro commerciale, ma senza negozi e scale mobili.”
“Oh
mio Dio! – esclamò
Nathaniel, con lo sguardo fissò in un punto, fermandosi
– Credo di averlo
visto.”
Sam
seguì il suo sguardo.
“Cavoli,
è lui. – sbiancò,
teso – Oh mio dio, che facciamo? Ho tanta voglia di tornare
indietro adesso.”
Nathaniel
prese
l’iniziativa e avanzò, sotto gli occhi sorpresi
dell’amico, rimasto fermo a
titubare.
“Ehi,
aspettami!” lo
rincorse.
Quando
furono più vicini al
tavolo, Jasper si accorse della loro presenza. Solo quando si
sedettero, quello
comprese
che erano lì per
lui. E sbigottì per questo.
“E’
una specie di scherzo?
E’ lei che vi manda?”
Nathaniel
e Sam si
guardarono tra loro, confusi, prima di aprire bocca.
“Lei
chi?” fu Nathaniel a
domandarlo.
“Amanda!
Amanda Dimitri! So
chi siete voi due…Siete amici di Anthony, vi ho
già visti prima d’ora.”
“Non
ci manda lei, - spiegò
Sam - non la conosciamo nemmeno!”
“E
allora che ci fate qui?
– urlò, ma nei limiti – Eh? Volete
ottenere una prova per incastrarmi?”
“Ma
tu sei stato GIA’
incastrato! – ribattè Sam, lasciandolo irrigidito
– Non siamo qui per ottenere
una prova, credimi.”
“Di-di
che cosa state
parlando? – balbettò, intontito – Il mio
avvocato ha detto che non devo dire
una parola. Stanno verificando il mio alibi.”
“Hai
un alibi?” constatò
Nathaniel, sorpreso.
“Certo
che ce l’ho, ma non
è abbastanza solido.”
“Jasper,
ascoltami
attentamente. – Sam lo chiamò alla sua attenzione
– Qualcuno ti ha incastrato,
ma non è la Signora Dimitri, ok? Adesso devi dirci
perché sei scappato e perché
avevi con te tutti quei soldi e un’auto noleggiata. Come
facevi a sapere del
mandato d’arresto su di te?”
Quello
deglutì, restio. Non
riusciva a fidarsi.
“Jasper,
puoi parlare con noi.
Sappiamo tutto di Kevin Dimitri e della vostra relazione... –
continuò
Nathaniel – Inoltre…”
Si
guardò con Sam, che
continuò la staffetta.
“Sappiamo
che sei
innocente!”
Jasper
sgranò gli occhi,
spostando lo sguardo fra i due, fortemente provato in viso per
ciò che stava
passando.
“Certo
che lo sono, io non
avrei mai potuto uccidere Kevin e suo figlio.”
“Lo
sappiamo! – esclamò
Nathaniel – Perché è stato Anthony ad
uccidere suo padre.”
Sam
si voltò verso
Nathaniel, il volto pietrificato; non si aspettava che avrebbe svelato
un
segreto così importante e pericoloso al tempo stesso. Non si
erano organizzati
per dire questo.
“I-io
non capisco… - scosse
la testa, Jasper, più confuso di prima – Anthony
è morto! L’hanno trovato
accanto a Kevin!”
“Quello
non era Anthony, –
continuò Nathaniel – ma un ragazzo che
Anthony ha ucciso e che ha fatto spacciare per lui, in modo da poter
fuggire e
non essere beccato dalla polizia.”
“Anthony
è vivo?” sussultò.
Sam
prese finalmente parola,
meno teso, ora che, ormai, erano entrati nel vivo del discorso:
“No, è stato
assassinato anche lui.”
“Come
fate a sapere tutte
queste cose? – si agitò, Jasper -
Perché le state dicendo a me e non alla
polizia?”
“Perché
la persona che ha
ucciso Anthony -
rispose Nathaniel -
è la stessa che ti ha incastrato e che sta
tormentando noi.”
“Per
quale motivo?” domandò
Jasper, sempre più sconvolto.
“Per
vendetta!” replicò
Sam.
“Per
cosa?”
“Per
il ragazzo che Anthony
ha ucciso!” ribattè ancora.
“Si,
ma cosa c’entrate voi?
Cosa c’entro IO?”
“Eravamo
con Anthony quella
sera. – spiegò Sam – Questa persona ci
accusa di essere suoi complici, anche se
non abbiamo fatto nulla. Tuttavia, non vuole denunciarci, ma solo
rendere le
nostre vite un inferno…Il ragazzo che Anthony ha ucciso,
veniva nella nostra
stessa scuola e questa persona sembra che tenesse molto a lui. A tal
punto da
fare tutto questo.”
“Quindi
ha mandato me in
galera per fermare le indagini della polizia e farsi giustizia
privata?”
Il
loro silenzio fu un
ammissione.
Jasper
si rilassò un
secondo sulla sedia, tirandosi indietro con la schiena, lo sguardo
perso,
mentre metabolizzava la cosa.
“Io
ancora non capisco
perché lo state dicendo a me e non alla
polizia…Insomma, se siete innocenti, perché
non vi rivolgete a loro? Capiranno la vostra posizione, siete solo
degli
adolescenti.”
“Perché
ci minaccia,
Jasper. Tu ancora non ti rendi conto di chi stiamo parlando. Questa
persona proverebbe
ad incastrare anche noi se solo ci provassimo, ci ha già
avvertiti. – aggiunse
Nathaniel – E non parlo di veri crimini, ma di cose
inventate, che riesce a
rendere vere. Per questo sei qui. Per questo devi aiutarci a capire chi
sia.”
“Sapete
che quello che mi
avete appena detto, potrei dirlo al mio avvocato, vero? Per salvarmi,
intendo.”
“Non
ti salverai, Jasper. –
ribattè Sam, secco – Vedi le mie labbra?
E’ stato lui a farmi questo, dopo
avermi drogato. – gli occhi divennero lucidi –
Quando mi sono risvegliato, la
mia bocca era completamente serrata da una striscia di colla a
fissaggio rapido
che ho dovuto staccare fino a sanguinare, inginocchiato sul pavimento
del mio
bagno…Lui, ormai, ha il totale controllo della mia vita e io
devo fare tutto
ciò che desidera finchè non trovo i mezzi per
fermarlo. Tu sei solo un capro
espiatorio, uno dei tanti pezzi del puzzle. Se tu fai parola con
qualcuno, di
quello che ti abbiamo appena detto, lui farà in modo che non
ci siano prove e
che nessuno ti creda. Poi si vendicherà di te nel peggiore
dei modi; peggio di
quello che già ti sta facendo! E quando avrà
finito con te, passerà a noi.”
“A può fare cose che vanno ben
oltre il normale. – raccontò
Nathaniel - Non puoi nemmeno immaginare.”
“A?” Jasper si portò
in avanti con la schiena.
“E’
così che si firma nei
messaggi che ci manda.” spiegò Sam.
“Io-io…E’
stato qualcuno di
nome A a darmi i soldi.”
“Di
persona? – quasi urlò,
Nathaniel, guardandosi con Sam, in attesa di una risposta rapida
– Dove?”
“No
no, non di persona. Li
ho trovati nella cassetta della posta, assieme ad una pen drive.
Conteneva la
deposizione di Amanda, che parlava di me alla polizia e di come fosse
sicura
che ero stato io. Dentro alla busta c’era anche un biglietto
firmato da questa A. Mi suggerito di
scappare.”
“Ma
non hai detto che avevi
un alibi? Perché hai seguito il suo consiglio?”
“Perché,
come ho già detto,
il mio alibi non è abbastanza forte e le accuse contro di me
erano praticamente
schiaccianti in modo assurdo...Vivo da solo e non ho molti amici. La
notte
dell’omicidio, stavo andando in un locale, il Ginseng.
Volevo solo distrarmi un pò… – aveva le
lacrime agli occhi
– Solo che…Amavo davvero Kevin, e per me
è stato difficile dovermi staccare da
lui. Non mi ha voluto più vedere, dopo aver scoperto che era
positivo all’HIV.
La paura e il pensiero di poter contagiare un altro uomo e distruggere
un'altra
vita, mi ha costretto a tornare a casa. Se solo fossi entrato in quel
locale,
qualcuno avrebbe potuto dire di avermi visto quella notte. –
pianse, lo sguardo
basso – Se solo fossi entrato…”
“Hai
detto stanno
verificando il tuo alibi… - ricordò Nathaniel
– Se sei tornato a casa, cosa
stanno verificando di preciso?”
“Un
uomo, dalle parti di
quel locale, mi ha chiesto se avevo da accendere, ma io non fumo,
quindi gli ho
risposto di no. Aveva un cappotto lungo e nero e una sciarpa rossa.
Biondo e
con gli occhiali. E’ l’unico che mi ha visto quella
sera, ma aveva un marcato
accento Francese… Dubito che lo troveranno.”
Sam
era commosso, provò
molta pena per lui: “Mi dispiace…”
“Jasper,
ascolta. – lo
chiamò Nathaniel – Stiamo cercando di fare il
possibile per scoprire chi sia
questa persona, ma tu devi prometterci che non farai cazzate. Che non
farai
parola con nessuno di quello che ti abbiamo detto oggi. Noi siamo la
tua unica
ancora di salvezza e se mandi tutto al diavolo, resterai qui a vita. A ha bisogno che tu resti qui in
prigione per avere campo libero con noi e farà in modo che
le cose restino
così, perciò non tentare nulla e lascia che ce ne
occupiamo noi.”
“Devi
resistere, Jasper. –
Sam allungò la mano sul tavolo, stringendo quella
dell’uomo – Ti faremo uscire
da qui, ma devi darci tempo. Noi sappiamo la verità, ok?
Sappiamo che sei
innocente e questo deve bastarti.”
“D-d’accordo…”
annuì,
esausto, quasi in procinto di piangere nuovamente.
“Hai
qualcos’altro da
dirci? – Nathaniel non voleva andarsene a mani vuote -
Qualcosa che potrebbe
aiutarci? Ogni dettaglio potrebbe essere utile.”
“No,
niente. Mi dispiace...
– una lacrima solcò il suo viso, la voce rotta
– Non riesco credere che un
figlio possa uccidere il proprio padre. Io lo amavo
davvero…”
“E
noi non possiamo credere
di essere stati gli amici di un tale mostro…”
commentò Nathaniel.
Dopo
un breve sguardo tra i
tre, Sam e Nathaniel si alzarono.
“Torneremo
a trovarti. –
aggiunse Sam – E ti aggiorneremo. Resisti!”
Entrambi
si voltarono,
allontanandosi.
“Ragazzi!”
li fermò,
Jasper.
“Si?”
si girò Sam per
primo.
“Siete
solo degli
adolescenti. Come pretendete di farcela?”
“Ce
la faremo!” esclamò
Nathaniel, un tono determinato.
Jasper
non aggiunse altro,
lo sguardo fiducioso. I due se ne andarono, mentre Jasper veniva
riportato in
cella.
*
Raggiunto
il parcheggio del
penitenziario, Sam era arrivato per primo alla macchina, fermandosi
davanti alla
portiera a testa bassa. Alle sue spalle arrivò Nathaniel.
“Ascolta,
Sam, forse è
meglio che… - vide il suo volto riflesso sul vetro della
macchina: stava
piangendo – Ehi, - lo voltò – tutto
bene?”
“Jasper
ha ragione! – urlò,
tra le lacrime – Come pretendiamo di farcela contro A? Mi è bastato vedere
quell’uomo, rinchiuso dentro quel posto,
distrutto, per rendermi conto del potere che detetiene quel
bastardo.”
“Sam,
ascolta…” Nathaniel
cercò di incoraggiarlo, ma quello non glielo permise.
“NO,
Nat! Non abbiamo la
minima idea di chi sia, mentre Rider ed Eric perdono tempo a correre
dietro a
persone che chiaramente non possono essere A.”
“Non
puoi saperlo.”
“Sì,
che lo so! Pensi
davvero che Violet sia capace di fare tutto questo? Jasper ha ricevuto
la
deposizione di Amanda Dimitri in una pen drive, Nathaniel. Sai cosa
significa
questo? Che A ha hackerato il
sistema della polizia per ottenere quella deposizione e una
diciassettene non è
in grado di fare questo.”
“Quindi
pensi che si tratti
di una persona più grande? – cercò di
ipotizzare, poi – Con una laurea,
magari?”
“E’
una persona più grande,
che ha parecchia esperienza in queste cose. Forse più di
una, non lo so.”
“E’
che legame avrebbe con
Albert?”
“E’
quello che dobbiamo
capire, prima che A si stanchi di
giocare con noi e ci metta dietro le sbarre.”
I
due si guardarono. A
lungo.
“Nathaniel,
io… - i suoi
occhi divennero lucidi, di nuovo – C’è
una cosa che non ti ho detto.”
“Per
caso c’entra con il
fatto che stamattina volevo venire a vedere come stavi e Rider si
è inventato
mille scuse per tenermi lontano?”
Sam
restò a guardarlo a
lungo, combattuto dai suoi sentimenti. Improvvisamente, vinto da
questi, lo
abbracciò, le braccia intorno al suo collo e il cuore in
gola per la timidezza
di quel gesto. Nathaniel sgranò gli occhi, colto di sopresa,
le braccia giù,
mentre quello parlava.
“A ha giocato con uno dei miei segreti
più importanti, un segreto
che conosceva anche Anthony. Confessa che
sei innamorato di lui o ti perseguiterò tutto il giorno,
mi scriveva. –
pianse, mentre l’altro lo ascoltava, silenzioso, gli occhi
spalancati, in pena –
Avevo così tanta paura a dirtelo, che mi sono rinchiuso in
casa, sperando che
smettesse di tormentarmi. Ma non è stato
così.”
Nathaniel,
inaspettatamente, alzò le braccia, ricambiando
quell’abbraccio, meno rigido.
“Dovevi
dirmelo, Sam. I
segreti alimentano la crudeltà di A.”
“Non
sapevo come avresti
reagito e non riesco nemmeno a staccarmi da te perché ho
paura di guardarti
negli occhi, ora che te l’ho detto.”
“Sapere
che provi qualcosa
per me, mi ha tolto un forte dubbio che mi logorava.”
Sam
si staccò, fissandolo,
perplesso.
“Quale
dubbio?”
“Alla
casa sul lago, mi
avevi detto di avere una cotta per Anthony. Da quel momento ho pensato
che
potessi essere tu il suo complice, in quell’altro crimine di
cui parla A. Pensavo che magari
avessi fatto
qualcosa con lui per compiacerlo, perché ne eri
innamorato.”
“Beh,
ho mentito. L’unico
di cui sono innamorato sei tu.”
Il
silenzio si fece di
nuovo vivo, mentre si guardavano, le pupille che si muovevano rapide.
Nathaniel
sorrise, ad un certo punto.
“Ma
guarda…Avevi paura a
guardarmi negli occhi e ora, inconsapevolmente, lo stai
facendo.”
Imbarazzato,
Sam lo guardò
meno intensamente, buttando lo sguardo giù. Nathaniel gli
sollevò la testa,
prendendolo dal mento.
“Sam,
so che non pretendi
che io contraccambi i tuoi sentimenti, ma come qualunque innamorato,
speri che
io lo faccia e…”
Quello
lo fermò subito:
“Appunto, Nathaniel, non pretendo che tu… -
Nathaniel gli prese il volto dalla
guancia destra, accarezzandolo dolcemente, fissando la sua bocca, come
se non
lo stesse ascoltando, avvicinandosi lentamente, – C-che stai
facendo?”
“Shh…
- sussurrò - Provo
una cosa…”
“Non
sei costretto…” replicò,
mentre le loro bocche erano quasi
vicine e ognuno poteva sentire il respiro dell’altro, il
cuore a mille di Sam.
“Mi
hai salvato la vita…
Devo provare…” e lo baciò.
Accadde
tutto in un ritmo
molto lento, ad occhi chiusi. Sembrava quasi che stessero assaggiando
qualcosa
di nuovo, cercando di assaporarne il gusto. Qualche secondo dopo,
Nathaniel si
ritirò, mentre Sam apriva gli occhi, incredulo; la persona
che amava, l’aveva
baciato.
“Allora?”
trovò le parole,
quest’ultimo, per domandargli cosa avesse provato.
La
risposta tardò, da parte
di Nathaniel, che ci stava ancora riflettendo: “E’
un bacio… Non è tanto
diverso da tutti quelli che ho già dato nella mia vita,
però…”
“Però
cosa? Che vuol dire?”
“Non
lo so, ma mi sento
strano. – era a disagio, guardava da altre parti, non
reggendo più quelli
sguardi - Cioè, non è colpa tua.”
Sam
rimase deluso dalla sua
reazione, ma cercò di non darlo a vedere:
“Ascolta, tranquillo. E’ solo una
cotta, me la farò passare. E come ti ho detto, non ho alcune
pretese.”
“Mi
dispiace, Sam.”
“Non
dispiacerti. – finse
un sorriso – Hai provato e hai capito che non fa per
te.”
“Forse
è meglio che ci
avviamo…” prese le chiavi dell’auto, un
altro sguardo fra i due.
“Sì,
andiamo.” finse un
altro sorriso, che scomparve, non appena Nathaniel smise di guardarlo
per
entrare in auto.
*
Riusciti
ad entrare
nell’appartamento, Eric e Rider erano seduti in cucina a
mangiare cibo
d’asporto. L’unica cosa che illuminava la stanza,
era la lampada accesa nella
sala di fianco e le luci della strada che entravano dalla finesta.
"Non
pensavo che
andassi così pazzo per il cibo d’asporto. Gli
Stuart non mangiano caviale ogni
giorno?”
Rider
rise, mentre
ingurgitava un nuovo boccone: “Scherzi? Questi ravioli al
vapore mi fanno
impazzire. E poi noi non mangiamo caviale tutti i giorni, figurati. Mia
madre
torna così tardi dallo studio, che i cibi surgelati si
gettano da soli nel microonde.”
Mentre
sorrideva della sua
battuta, Eric controllò l’orologio: “Tra
un’ora e mezza devo vedermi con
Alexis…”
“Conti
i minuti?” ribattè, girando
la forchetta dentro alla scatola.
“Ehm,
sì, dal momento che i
nostri sospettati non hanno ancora intrapreso percorsi
sospetti!”
Rider
diede un’occhiata al
tablet, trascinandolo davanti ai suoi occhi: “Pff, Violet
è ancora in
biblioteca! – roteò gli occhi, seccato –
Cos’è, sta preparando il discorso da
Presidente degli stati uniti?”
“Oppure
è morta!” esclamò,
sarcastico.
“Spero
di no… – si lasciò
sfuggire una piccola risata – Se A non
è lei, allora non so chi sia!”
“Suo
fratello!”
“E
se non è nemmeno suo
fratello?”
“Allora
dovremmo seriamente
iniziare a preoccuparci!”
I
due si guardarono a
lungo, improvvisamente angosciati. Rider preferì cambiare
discorso, sperando di
azzeccare l’identità di A
al primo
colpo.
“Tua
madre?”
“E’
andata a trovare i miei
nonni per un piccolo prestito!” spiegò con tono
scialbo.
“Sono
i suoi genitori,
perché non chiedere aiuto. Mi sembra giusto in un momento di
difficoltà.”
“Tra
mia madre e i miei
nonni non corre buon sangue. Non hanno mai voluto che mia madre
sposasse mio
padre. Lei, però, se n’è fregata della
loro opinione e l’ha sposato
ugualmente.”
“Accidenti!
– sibilò a
denti stretti – Per tua madre non sarà stato bello
tornare da loro con la coda
tra le gambe.”
“Già,
considerando che è
una tipa orgogliosa e a cui non piace ammettere la sconfitta.”
“Non
è mai una sconfitta
rivolgersi alla famiglia. Anche alla più
peggiore.” replicò,
pulendosi la bocca con il tovagliolo.
“Sai,
Rider… - sorrise,
mentre l’amico era distratto – eccetto il fatto che
ci ho messo due ore a
sfilare il pezzo di chiave rotta dalla serratura, sono contento che
siamo
amici.”
“Beh,
io ho sempre pensato
che il nerd e il ragazzo fico, fossero l’accoppiata
vincente!”
I
due risero assieme,
finchè un suono proveniente dal tablet non attirò
la loro attenzione. Eric lo
prese in mano, mentre Rider faceva il giro del tavolo, fermandosi alle
sue
spalle per vedere cosa stesse accadendo.
“Qualcuno
si è spostato di
molto…” dedussè Eric.
“Caspita,
si muove
velocemente.”
“Di
chi è questo chip?”
Rider
cliccò sul puntino
rosso, che rivelò il nome: “L’abbiamo
messo a Morgan Patterson, questo.”
“E
ora che facciamo? Magari
sta tornando a casa con la bicicletta e noi stiamo interpretando male
la cosa.”
“Aspetta,
si è fermato!”
Entrambi
restarono con lo
sguardo fisso sul puntino rosso per qualche minuto.
“Perché
non si muove più? -
chiese Eric nervosamente - Dici che è arrivato a casa
sua?”
“Dubito
che abiti al centro
della strada!”
“Perché
è fermo in mezzo
alla strada?”
Rider
fissò Eric: “Non ne
ho idea, forse ha tolto la spilla dal borsone e l’ha
buttata.”
“Non
ha senso buttare via
la spilla, non può sapere che ci abbiamo messo il
chip.” pensò Eric.
“Sempre
che non sia A e l’abbia
scoperto!” esclamò,
dirigendosi verso la sedia a prendere la sua giacca.
“Presto,
non dobbiamo
lasciarcelo scappare!” ribattè Eric, mentre
uscivano dall’appartamento.
*
Tornati
a Rosewood,
Nathaniel fermò la sua auto davanti a casa di Rider per
lasciare Sam. Tra i due
c’era ancora imbarazzo, tant’è che
buttavano i loro sguardi in direzioni
opposte, fingendo che tra loro non fosse successo nulla.
“Forse
non dovremo fare
parola con Rider ed Eric di quello che è successo.”
Sam
deglutì, mentre quello
aggiungeva: “Della chiacchierata con Jasper,
intendo.”
“Ouh,
quello! – Sam pensava
si riferisse al bacio - Cioè, sì, lo credo
anch’io, ma…”
“Ma
cosa?”
“E
se avessimo commesso un
errore? – si fece cogliere dal panico – Insomma, se
riuscissimo davvero a
scoprire chi sia A e a riprenderci
i
nostri video…come potremmo aiutare Jasper ad uscire di
prigione senza rimanere
incastrati anche noi? Gli abbiamo fatto una promessa e lui non sa
quanto
realmente siamo coinvolti. Non sa dei filmati che A
ha contro di noi.”
Nathaniel
cercò di
tranquillizzarlo: “Una volta che avremo i nostri video,
potremo pensare a cosa
dire per aiutare Jasper. Inventeremo una storia, ok?”
“Continuo
a pensare che sia
stato un errore, - si disperò, comprendosi la faccia con le
mani – perché gli
abbiamo raccontato di A? Questa
storia ci sfuggirà di mano, me lo sento. Perché
l’hai fatto?”
Quello
rimase un attimo
perplesso, in merito all’accusa: “P-perché
l’hai fatto? L’ho
fatto per te! –
urlò – Come potevamo ottenere qualcosa da Jasper
senza raccontarli che diavolo
ci facevamo lì? Ho dovuto raccontargli di A
e che è stato incastrato da lui. Solo
così ci avrebbe creduto e detto qualcosa!”
“Sì,
ma Jasper non ci ha
detto nulla di illuminante, non l’ha mai incontrato di
persona per prendere i
soldi… - fece una pausa, prima di continuare ad esternare le
sue paure -
Nathaniel, non scopriremo chi è A
da
un momento all’altro e passeranno dei giorni. Giorni in cui
Jasper si chiederà
se vale la pena restare zitto o salvarsi con quello che li abbiamo
detto.”
Rendendosi
conto che Sam
aveva ragione, Nathaniel chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie,
nervoso:
“Ok, ammetto di non aver pensato in quel momento, ma ero
così stanco di
dipendere da qualcuno che si nasconde dietro ad un messaggio e un
cappuccio
nero e che quasi ci porta a rischiare la vita. Pensavo che Jasper ci
avrebbe dato
qualcosa, - tirò un colpo al volante –
accidenti!”
“E’
stata anche colpa mia,
ok? – gli mise una mano sul braccio per calmarlo –
Ho detto molte cose anch’io
e non sono riuscito a fermarmi…E’ stato
così liberatorio poterne finalmente
parlare con qualcuno.”
I
due presero un respiro
profondo, cercando di calmarsi.
“Senti,
possiamo tenere
sottocontrollo questa cosa, - suggerì Nathaniel - ma non
dobbiamo farne parola
con Rider ed Eric, intesi?”
“Quindi
abbiamo un
segreto?”
“Sì,
Sam. Abbiamo un
segreto.”
“Siamo
sempre rimasti uniti
da quando è iniziata questa cosa di A.
Mantenere nascosto un segreto a due di noi è come firmare la
fine di questo
gruppo.”
“E’
un rischio che dobbiamo
correre. L’errore l’abbiamo commesso noi, loro non
c’entrano nulla.”
Sam
annuì, trovandosi
d’accordo. Sospirando
ancora una volta,
buttò lo sguardo davanti a sé, sulla strada,
dov’erano parcheggiate le altre
auto. Improvvisamente, sembrò aver notato qualcosa di
sospetto, chinandosi in
avanti con la schiena per aguzzare meglio la vista.
“Oh
mio Dio…”
“Che
c’è? – domandò
Nathaniel, seguendo il suo sguardo – Che hai visto?”
“Quella
non è l’auto di A?
– la indicò, dall’altro lato del
marciapiede - La stessa che abbiamo visto nelle foto che erano nel
fascicolo di
Albert e dalla quale è sceso, prima di essere investito da
noi?”
“Non
si vedeva la targa, -
anche lui si fece avanti con la schiena - ma, sì, sembra
quella della foto. Non
può essere una coincidenza.”
“Scendiamo!”
non ci pensò
due volte, Sam, aprendo la portiera. Nathaniel lo seguì a
ruota.
Spediti,
raggiunsero la
vettura. Sam ci guardò dentro, mettendo le mani sul vetro e
avvicinando la
faccia.
“Allora?
– lo raggiunse
l’altro, alle spalle – Cosa
c’è dentro?”
“Una
tracolla vintage marrone…
- elencò – E una scatola; dentro ci sono molti,
molti fogli. Sembrano test di
verifica...”
“Test
di verifica?”
“Sì,
ma… - si distanziò dal
vetro – non riesco a vedere bene, è troppo buio e
non abbiamo neanche un
telefono per fare luce.”
I
due si guardarono
intorno, sbuffando, finchè lo sguardo di Nathaniel non si
focalizzò sul capanno
nel cortile di Rider.
“Hai
per caso lasciato la
luce accesa nel capanno?”
Sam,
fissandolo perplesso,
si voltò a guardare: “No, vivo praticamente in
clandestinità dentro quel
capanno.”
“E
allora chi c’è dentro?”
“Prova
a indovinare! –
esclamò con ovvietà – Forse sta
cercando il mio telefono, ma l’ho nascosto da
un’altra parte!”
“Vieni!
– lo tirò per il
braccio – Scopriamo chi è, poi lo seguiamo fino al
suo covo!”
Sam
annuì, mentre entravano
nella proprietà degli Stuart, dal piccolo cancello.
A
passi lenti, raggiunsero
il capanno, nascondendosi sul retro.
“Ehi,
c’è una finestrella
là su! – indicò Nathaniel –
Possiamo vederlo da lì!”
“Ci
sono delle casse qui! –
notò Sam – Aiutami a spostarle, così
possiamo salirci sopra.”
I
due cominciarono a
spostarle, senza far rumore, mettendole una sopra l’altra,
davanti alla parete.
Subito dopo, Nathaniel aiutò Sam a salirci, poi anche lui.
Davanti alla
finestrella, in punta di piedi, riuscirono a guardare
l’interno del capanno, in
attesa di vedere il volto del loro stalker.
Improvvisamente,
qualcuno
entrò nella stanza: erano Lindsay e il Professor Brakner,
molto intimi.
“Ma
quello è l’insegnante
di Matematica, - lo riconobbe Nathaniel, bisbigliando - il Professor
Brakner!”
“Già!
– ribattè isterico,
l’altro – Suppongo che Rider avrebbe potuto
avvertirmi che questa era la loro
location d’amore. E se mi avessero beccato qui dentro?
Sarebbe stato al quanto
imbarazzante.”
“Oh
mio Dio… - Nathaniel
stava comprendendo qualcosa – Quelli nell’auto sono
test di Matematica e la
tracolla è di Brakner! – alzò gli
occhi, scambiandosi uno sguardo con Sam – Brakner
è A!”
“Ma
che ci faceva Albert
nell’auto di Brakner, quella notte?”
“Non
ne ho idea, ma la cosa
è inquietante!”
Quelli,
poi, tornarono a
guardare, mentre i due si abbracciavano e baciavano. Nel mentre, la
ragazza
fece una confessione all’uomo.
“Ho
parlato con Chloe…Non dirà a nessuno che ci ha
visti
quella notte.”
“Chloe?
– Sam potè udirlo,
grazie alla finestrella semi-aperta – Che c’entra
Chloe?”
“Shhh,
ascoltiamo.” lo
zittì l’altro, cercando di sentire.
“Perfetto,
hai fatto bene a seguirla e ad accertarti che
tenesse la bocca chiusa. Dobbiamo stare lontani da questo
casino.” ribattè
Brakner.
“Ma
di che stanno parlando?
– si agitò Sam – Che sta
succedendo?”
Nel
contempo, Lindsay e
l’uomo iniziarono a spogliarsi, mentre Nathaniel smetteva di
guardare.
“Andiamo
via,
presto!” e invitò l’amico a scendere.
“Che
facciamo
adesso?” urlò l’altro, una volta rimessi
i piedi a terra.
Nathaniel
tirò
fuori dalla tasca uno dei chip rubati al dipartimento: “Ne ho
tenuto uno!
Mettiamolo alla macchina di Brakner e seguiamolo con il
tablet!”
L’altro
annuì,
anche se ancora confuso. I due corsero alla macchina, chinandosi
accanto alla
ruota posteriore, una volta arrivati.
“Ehm…
- Sam ebbe
un dubbio – Come lo attacchiamo?”
“Aspetta!
– gli
intimò l’altro, mettendosi una gomma da masticare
in bocca – Ancora un
secondo…”
Sam
allungò la
mano, guardando continuamente verso il cancello, per paura che
arrivasse qualcuno:
“Sputala, fa presto!”
Quello
eseguì:
“Non ti schifi?”
“Schifarmi?
– lo
trovò esagerato, mentre sprofondava il chip nella gomma
– Ti ho baciato meno di
due ore fa!”
“Ah,
già!”
ricordò, mentre Sam attaccava il chip sotto
l’auto, in un punto nascosto.
“Fatto,
andiamocene!” esclamò, rialzandosi.
I
due corsero
verso l’auto di Nathaniel a gran velocità.
*
Nel
frattempo,
Rider ed Eric seguivano le indicazioni del tablet, trovandosi a vagare
in un
vicolo in centro. Ad un certo punto, furono costretti a fermarsi.
“Dice
che è qui!”
esclamò Rider, guardandosi attorno.
“Beh,
qui non c’è
niente…Eccetto il gatto che dorme sul cassonetto.”
replicò l’altro, perlesso.
“E’
assurdo, il
nostro puntino è sopra l’altro puntino!”
Eric
gli lanciò
una lunga occhiata, confuso. L’altro si affrettò a
spiegare.
“Anche
noi abbiamo
un chip, Eric. Altrimenti non riusciremmo a capire quanto siamo
vicini.”
“Tu
mi avverti
sempre, eh? – si irritò - Poi la faccio io la
figura dello stupido!”
L’altro
sospirò,
dopo un lungo silenzio, cercando di riflettere: “Allora, se
il nostro puntino è
sopra il puntino che stiamo cercando, dove devo… - entrambi
abbassarono
lentamente lo sguardo sui loro piedi – guardare?”
C’era
un tombino,
sotto di loro. Fecero un passo indietro.
Eric
si lasciò scappare
una risata, per poi tornare serio: “Oh, ti prego, non dirmi
che…???”
“Sembra
che il
rinoceronte marino abbia deciso di farsi una nuotatina nelle
fogne…”
“E’
assurdo che
sia nelle fogne, forse abbiamo sbagliato di qualche isolato.”
“No,
siamo nel posto
giusto. E’ sotto di noi!”
“E
cosa dovremmo
pensare adesso? Che Morgan è A e
il
suo covo da supercattivo odora di fogna?”
“Rider,
distratto
dai suoi pensieri, continuò a fissare il tombino:
“Ho un piede di porco nel
bagagliaio…”
L’amico
lo fulminò
con lo sguardo, incredulo: “Stai scherzando, vero?”
“La
smettete di chiedermi
sempre se sto scherzando? – si irritò –
E’ una fogna, non un buco nero.
Scendiamo solo per due minuti, ok?”
“Ti
ricordo che
l’ultima volta che hai seguito il tuo istinto, un treno ha
quasi spalmato te e
Sam sui binari della stazione.”
“Nelle
fogne non
passano i treni, ok? – beffeggiò, minimizzando la
cosa – E poi quella è stata
una coincidenza, A non ha il
controllo sui treni.”
“Ti
faccio
presente che tremavi quel giorno!”
“Io
scenderò in
quella fogna, d’accordo? – insistette, determinato
– Ho anche delle torce nel
bagagliaio!”
Eric
iniziò a
seguirlo, mentre tornavano alla macchina:
“C’è qualcosa che non hai dentro al
tuo dannatissimo bagagliaio?”
Piu
tardi, dopo
aver aperto il tombino, i due si calarono attraverso la scaletta. Rider
toccò
terra per primo, puntando la torcia a destra e sinistra. Eric fu il
secondo,
abbastanza seccato.
“Ripetimi
perché
ho deciso di seguirti…– fu colto immediatamente da
uno sgradevole odore – Dio mio,
che cos’è?”
“E’
cacca, credo…
- rispose, tirando fuori il tablet dallo zaino – E Morgan
sta… - fissò la
posizione del puntino, perplesso – correndo?”
“Cosa?
– si
avvicinò alle sue spalle, mantenendo alta la sua torcia
– Ma non era sotto di
noi?”
“Beh,
si è
spostato. E a gran velocità!”
“Ma
è matto?”
pensò Eric.
“E’
quello che
succede quando togli la ruota al criceto…”
Eric
lo fissò a
lungo: “Non l’ho capita!”
“Andiamo!”
suggerì
quello, tralasciando.
*
Scesi
dall’auto,
Nathaniel e Sam stavano attraversando la strada per raggiungere il Brew.
“Dici
che stavolta
abbiamo fatto centro?” lo sperava, Sam.
“Hai
detto che per
te A è una persona
più grande, no?
Rider, invece, è convinto che sia uno studente
perché ha trovato un treno
giocattolo nel suo armadietto…Quello che non abbiamo messo
in conto è che anche
un Professore può avere facile accesso ai nostri armadietti.
Molto più di uno
studente. Tutto combacia!”
“Perché
Brakner
dovrebbe farci questo?”
“Devi
parlare con
Chloe e scoprire cosa ha visto quella notte. Albert è uscito
dalla macchina di
Brakner prima di essere investito da noi e la domanda è:
Perché? In che
rapporti era con lui?”
Il
discorso
angosciò Sam, mentre varcavano l’ingresso del
Brew. Non c’era nessuno al suo
interno, eccetto Alexis che puliva il bancone. Quella alzò
lo sguardo su di
loro.
“Ehm,
ragazzi, mi
dispiace ma stiamo per chiudere.”
“Tu
devi essere
Alexis, vero?” Nathaniel si avvicinò al bancone.
La
ragazza li
fissò, stranita: “Ci conosciamo?”
“Siamo
amici di
Eric!” intervenì Sam.
“Oh,
ma certo! –
si colpì la fronte – Mi sembravate due volti
conosciuti, vi ho visti nel
video.”
“Senti,
- continuò
Nathaniel, serio - sai se è di sopra?”
“In
verità è
uscito con l’altro vostro amico, Rider. Non sono
più rientrati da che gli ho
visti uscire ore e ore fa e… - guardò
l’orologio – Comunque io avrei un
appuntamento con Eric, quindi dovrebbe arrivare a minuti.”
“Capito!”
esclamò
Sam, nervosamente, scambiandosi una rapida occhiata con Nathaniel.
Alexis
non potè
non notare quello scambio di sguardi: “E’ successo
qualcosa per caso?”
“Ehm,
no, dobbiamo
solo parlare con lui.”
L’altra
sorrise,
perplessa: “Sì, ma vi ho detto che ha un
appuntamento con me.”
“Ci
vorranno solo
due minuti!” replicò Sam.
“Due
minuti?”
ribattè Nathaniel, sottolineando che ci sarebbe voluto molto
di più.
“Sentite,
- Alexis
spostò lo sguardo tra i due, trovando strano il loro
atteggiamento – io vado a
chiudere la porta sul retro…”
I
due le sorrisero
giusto un secondo per poi tornare nervosi e impazienti non appena
quella se ne
andò.
Sam,
con l’unghia
del pollice tra i denti, mentre Nathaniel batteva il piede sinistro sul
pavimento a braccia conserte, perse la calma: “Ok, che ne
dici di andare a
recuperare il mio telefono? Così li contattiamo!”
“Ma
non hanno più
i loro telefono!”
“E
se A avesse fatto loro del
male?” pensò
Sam, terrorizzato.
“A è nel capanno di Rider,
ricordi?”
“45
minuti fa!”
“Hai
sentito
quella Alexis, no? Ha un appuntamento con Eric. Vedrai che
starà arrivando.”
“Chi
ha un
appuntamento, solitamente arriva con quattro ore d’anticipo.
Per me sta
succedendo qualcosa. Se non sono qui e nemmeno a casa di Rider, dove
diavolo
sono?...Andiamo almeno a controllare se A
ci ha lasciato un messaggio.”
Combattuto,
Nathaniel si arrese: “D’accordo, andiamo a prendere
il tuo telefono. Però non
dobbiamo lasciarci sfuggire nulla o Brakner capirà che
l’abbiamo scoperto.”
“Va
bene, facciamo
presto!”
E
i due corsero
fuori dal Brew, ignari che Alexis era nascosta e aveva ascoltato tutto.
La
ragazza si affacciò, finalmente, uscendo
dall’ombra, confusa da quanto
ascoltato.
*
Intanto,
sottoterra, Rider ed Eric continuavano a vagare nelle fogne.
“Ma
quanto abbiamo
camminato?” Eric puntò la sua torcia alle loro
spalle.
“Siamo
quasi fuori
Rosewood! – esclamò l’altro, osservando
il tablet – Morgan continua a correre
verso questa direzione.”
“Accidenti!
–
borbottò, guardando l’ora sull’orologio
– Alexis mi starà aspettando!”
“Dimenticati
di
Alexis, siamo nelle profondità
dell’inferno.”
“Non
mi rivolgerà
più la parola.”
Rider,
allora, si
fermò, voltandosi verso l’amico, diretto:
“Vuoi fermare A o andare
ad un appuntamento? Pensaci bene, perché quando ci
saremo liberati del nostro stalker potrai avere tutti gli appuntamento
che vuoi
con Alexis. Ma, soprattutto, appuntamento normali, senza alcuna
interferenza.”
L’altro
roteò gli
occhi, sospirando, esasperato: “D’accordo,
d’accordo!”
Tornato
a guardare
di fronte a sé, Rider fu costretto a fermarsi nuovamente.
“Dobbiamo
scendere, c’è un'altra scaletta.”
“Sbaglio
o stiamo
andando sempre più giù?”
Rider
si affaciò,
un lungo percorso d’acqua sporca e maleodorante, alto un paio
di centrimetri.
Mettendosi sulla
scala di metallo, era
pronto a scendere nell’altro tunnel.
“Attraversiamo
questo tunnel, c’è un’altra scala
dall’altro lato, la vedi?”
“Sì,
- l’altro era
ancora in piedi, che aspettava il suo turno – la vedo, ma
dovrò dire addio alle
mie uniche scarpe buone.”
“Forza,
siamo
vicini!” lo incoraggiò.
Attraversato
il
fiume d’acqua, i due risalirono per l’altra scala,
entrando in un nuovo
percorso.
“Siamo
davvero vicini…
- Rider riprese il tablet in mano – Il puntino si
è fermato.”
Eric,
colto dal
panico, mise le sue mani nello zaino dell’amico:
“Dammi il piede di porco!”
“Cosa?
– si sentì
tirare all’indietro – Ma che fai?”
“Stiamo
per avere
un faccia a faccia con Morgan, che a questo punto è
parecchio inquietante come
persona.”
Rider
rabbrividì,
fermandosi un secondo: “Ok, ora me lo sto immaginando.
Torniamo indietro?”
“NO!
– lo spinse
in avanti – Non ho sacrificato le mie scarpe buone per
tornare indietro. Siamo
due contro uno e io ho un piede di porco in mano.”
“Bene!
– si
autoincontraggiò – Siamo più
forti!”
E
continuarono a
camminare, nonostante la tensione si faceva più alta e il
suono del bip si
faceva più insistente.
Si
sentì un
rumore, ad un certo punto.
“Ehi,
lo senti
anche tu?” domandò Eric.
“Sembrano…
- puntò
l’orecchio verso l’origine del suono –
Campanellini?”
I
due si
scambiarono uno sguardo perplesso, ma continuarono a camminare.
“Ok,
ora dobbiamo
girare l’angolo.” indicò, tenendo lo
sguardo fisso sullo schermo digitale.
Eric
alzò il piede
di porco con la mano destra e con l’altra teneva in pugno la
torcia. Finalmente
svoltarono e il bip del tablet si bloccò in un suono
continuo, che stava a
significare una distanza nulla.
I
due ragazzi puntarono
meglio la luce verso quello che era un vicolo cieco e con grande
sconcerto si
resero conto che non si trattava di Morgan.
“Toby??”
urlò
Rider, vedendo il suo cane. Quello abbaiò; il rumore dei
campanellini proveniva
dal suo collare.
“Il
tuo cane? –
non ci potè credere, l’altro – Che
cavolo vuol dire?”
Rider
poggiò tutto
a terra, chinandosi a terra, accarezzandolo e assicurandosi che stesse
bene.
“Ehi,
come ci sei
arrivato qui? – continuò ad accarezzarlo
– Eh?”
L’amico,
intanto,
puntava la luce alle loro spalle, ancora incredulo.
“La
spilla con il
chip è attaccata al collare di Toby…A
ci
ha trollati, oltre ad aver rapito il mio cane!”
“Che
significa che
ci ha trollato?”
“Ci
ha presi per
il culo, Eric. Ecco cosa significa! – si sentì un
imbecille per esserci cascato
nuovamente – A quanto pare A sapeva
tutto fin dall’inizio. Distruggere i telefoni non
è servito a nulla, non
abbiamo ingannato nessuno.”
“Torniamo
indietro, - si strofinò le braccia - inizio ad avere
freddo.”
Rider,
pronto a
risollevarsi per seguire il suggerimento dell’amico, dovette
restare nella
medesima posizione, tentennando, dopo aver notato qualcosa nel collare
del suo
cane.
“Ehi,
- ci mise le
mani sopra – qui c’è qualcosa!”
Sfilò
un
biglietto, mentre Eric ci puntava la luce, avvicinandosi alle sue
spalle.
“Chi
sono i topi
adesso?”
-A
”Ora
capisco
perché ci ha fatti venire qui. – si
irritò Eric – Aveva bisogno di marcare la
metafora!”
“Inizio
ad averne
abbastanza!” commentò l’altro,
risollevandosi.
Improvvisamente,
si sentirono altri rumori.
“E
adesso che
succede?” sussultò Eric, mentre Toby abbaiava.
“Sembra
che
qualcuno stia colpendo i tubi…”
I
due si
guardarono, mentre quel rumore smetteva. D’un tratto, poi,
avvenne un
esplosione, che fece tremare la terra sotto ai piedi dei ragazzi.
Inevitabilmente, quelli persero l’equilibrio, cadendo a
terra, mentre il cane
si agitava sempre più.
“Ma
cosa è stato?”
urlò Eric, spaventato.
“Non
lo so, - si
rialzò - ma sento un rumore di acqua che scorre.”
e iniziò a correre,
preoccupato.
Eric
gli corse
dietro, stoppandosi alla fine del percorso assieme a lui; quasi
cadevano.
Entrambi
sgranarono gli occhi alla visione del tunnel dalla quale erano
risaliti:
completamente inondato, un fiume in piena e il livello
dell’acqua che si
sollevava sempre di più.
“Ok,
come torniamo
dall’altro lato? – urlò Eric –
Da dove arriva quest’acqua?”
Rider
prese subito
il tablet, zoommando sulla piantina.
“Siamo
nei pressi
di una camera stagna, dev’esserci una fabbrica qui vicino.
Qualcuno ha fatto
esplodere la parete.”
“Con
qualcuno
intendi A? –
urlò, stufo – No perché
ne ho piene le tasche di sentirti chiamarlo qualcuno
o persona e noi stiamo per morire
affogati! – divenne logorroico per lo stress emotivo della
situazione – Io non
pensavo neanche che una fogna potesse allagarsi!”
“Rider
lo prese
per le spalle: “Sta calmo, ok? C’era una grata
sopra le nostre teste, dove
eravamo prima. Torniamo indietro e usiamola come via
d’uscita.”
Eric
tentennò, con
lo sguardo fisso sull’acqua che scorreva potentissima.
“Forza!”
gli
gridò, tirandolo per la manica.
In
una corsa
sfrenata, tornarono al punto in cui avevano trovato Toby, puntando le
torce in
alto.
“Ouh,
ok – Rider
rimase leggermente deluso – Sembrava molto meno in alto,
prima.”
Ricevette
un’occhiataccia furiosa: “Sul serio,
Rider?”
“Ok,
restiamo
calmi… - cercò di riflettere – Se
faccessimo una scaletta…”
Fu
immediatamente
interrotto: “Sì, certo: io tu e il tuo cane!
– esclamò, isterico – Ma se a
quella grata non ci arriva nemmeno una piramide umana di giocatori di
basket!”
L’altro
si morse
le labbra, rendendosi conto di quanto fosse stupido ciò che
aveva detto e tornò
a guardare la grata. Qualche secondo dopo, Eric spostò lo
sguardo a terra,
sollevando un piede dall’acqua.”
“Ehm,
Rider… - si
voltò, notando che anche il loro corridoio si stava
allagando, entrando nel
panico – L’acqua sta arrivado anche qui!”
Quello
si voltò:
“Sotto dev’essersi allagato completamente.
– sorrise – Bene!”
“Bene?
– sobbalzò,
scioccato – Ok, se questa è la follia che sta
prendendo il sopravvento su di te
perché siamo bloccati qui sotto, allora inizio a non
sentirmi per niente
tranquillo.”
“Non
sto perdendo
la sanità mentale. Quello che sto dicendo è che
man mano che questo corridoio
si riempirà d’acqua, arriveremo sempre
più vicini alla grata. Galleggiando!”
Eric
non sembrò
stare meglio, guardando sempre a terra e vedendo l’acqua
già alle caviglie:
“Ok, ricordi la notte al lago? Quando Sam si è
tuffato al posto nostro per
recuperare le medicine di Nat e io ti ho detto che ho esitato
perché ho avuto
una brutta esperienza con l’acqua quando ero piccolo?
– Rider annuì – Beh,
adesso siamo bloccati qui e l’idea che questa stanza sta per
allagarsi, mi sta
terrorizzando.”
“Io
non so
nuotare, ok? – cercò di confortarlo - Ma quella la
sù e la nostra unica via
d’uscita e non ho paura a raggiungerla.”
“E
se la grata non
si aprisse?”
“Ho
un piano… -
prese il tablet – Mando un messaggio ai ragazzi con le nostre
coordinate.”
“Qui
sotto c’è
campo?” lo trovò assurdo.
“Sembra
assurdo,
ma ci sono due tacche.” ribattè l’altro,
mentre scriveva.
“Ok,
quindi lo
stai mandando a Sam?”
“E’
l’unico di noi
che ha ancora il telefono!”
“Se
ha messo il
silenzioso per guardare How to get away with murder, giuro che lo
perseguiterò
dall’aldi là!”
“Mandato!
– si
guardò con Eric – Speriamo bene!”
“Già…
- abbassò lo
sguardo, pensieroso - Speriamo!”
*
Ricevuto
il
messaggio, diverso tempo dopo, Nathaniel e Sam si erano mossi per
aiutare i
loro amici. Ormai nella periferia di Rosewood, seguivano il GPS.
“Non
riesco ancora
credere che A abbia intrappolato
Rider ed Eric nelle fogne!”
Nathaniel,
che
stava guidando, indicò con gli occhi lo schermo acceso del
telefono sulle gambe
dell’amico.
“E’
di nuovo
Rider, - lo prese l’altro, riassumendo il contenuto - si sta
assicurando per la
sesta volta se abbiamo preso tutti i cacciavite che abbiamo trovato. E
ha
aggiunto che sono con l’acqua alla gola.”
“Ho
portato
l’intera borsa degli attrezzi che avevo in garage, -
ribadì, tenendo d’occhio
la strada scoscesa – dobbiamo solo trovarli!”
“Ok,
fermati. –
gli intimò – Il GPS dice che ci siamo.”
“Scendi!”
esclamò
l’altro, spegnando il motore.
Presa
la borsa dal
bagagliaio, Sam iniziò a guardarsi attorno, urlando.
“Rideeeer???
Eric???”
“Eric,
- si
aggregò anche Nathaniel - fatevi sentire!”
Qualche
secondo dopo,
i due si fecero sentire. Risultando molto più vicini di
quanto pensassero. Sam
e Nathaniel seguirono le voci, trovandoli.
“Vi
prego, -
esordì Rider, mentre quelli lo guardavano
dall’alto, attraverso la grata - ditemi
che avete preso tutti i cacciavite che esistono nel mondo!”
“Oh
mio Dio...”
sbiancò Sam, guardandosi con Nathaniel.
Quelli
erano a
pochi centimetri dalla grata, che galleggiavano assieme al cane con
l’acqua al
collo. Ma non era per quello che Sam e Nathaniel si guardarono
sconvolti.
“Dai,
fate presto,
- ordinò loro, Eric, in difficoltà - tra qualche
centimetro l’acqua avrà
riempito completamente questo posto e noi non potremo più
respirare. Aprite la
grata!”
“Ehm,
non so come
spiegarvelo, ma… - iniziò Sam, mentre quelli lo
fissavano – non ci sono viti
che bloccano la grata. E’ semplicemente fissata.”
“Cosa?
– urlò
Rider, incredulo – Ci state prendendo per il culo?”
“Ok,
- si
intromise Nathaniel – non perdete la calma. Nel bagagliaio ho
una lunga catena
con i gangi. Io e la mia famiglia l’abbiamo usata
l’estate scorsa, in vacanza,
quando l’auto di mio zio si fermò nel viaggio di
ritorno. – iniziò a correre
via, diretto alla macchina – torno subito!”
Sam,
intanto, si
inginocchiò al suolo, prendendo la grata per le sbarre,
cercando di tirarla
via, ma invano.”
“Per
favore, fate
presto. – urlò Eric, esausto – Lo spazio
per respirare sta per finire.”
“Resistete!”
ribattè Sam, in pena per loro.
Qualche
minuto
dopo, Nathaniel tornò con la macchina.
“Sam,
attacca il
gancio! – scese, lanciandoglielo – Bene, mi
raccomando!” e si rimise in auto.
“Sì,
d’accordo! –
replicò l’altro, attaccando il gancio, mentre dei
suoi amici si vedeva ormai
solo la punta del naso – Oh mio Dio… - si
incantò, per poi voltarsi verso la
macchina – Tira, fa presto!”
“Spostati
Saaaam!”
gridò Nathanuel, dall’auto. Quello
eseguì.
Passarono
diversi
secondi in cui la catena era ormai in tensione.
Distrutto
dall’ansia, Sam spostava lo sguardo tra l’auto e la
grata, chiedendosi perché
ancora non si staccasse.
“Nathaniel
accellera di più, non si stacca!”
Quello
ingranò
ancora di più, finchè finalmente la grata non si
staccò, volando per aria.
Sam
corse
immediatamente davanti al buco lasciato dalla grata, mettendo le mani
nell’acqua.
“Ragazzi,
avanti!
– gridò, non vedendo riemergere nessuno
– Ragazziii!”
E
all’improvviso
riemerse il cane, che Sam afferrò immediatamente. Subito
dopo arrivò Nathaniel,
che aiutò ad uscire anche Rider ed Eric, riemersi subito
dopo Toby.
I
due,
completamente bagnati e infreddoliti, stavano riprendendo fiato distesi
al
suolo, esausti. Tutti stavano rimprendendo fiato per quanto accaduto,
mentre
l’acqua, ormai, fuoriusciva.
Nathaniel
fu il
primo a ritrovare le parole, mentre Rider riabbracciava il suo cane:
“Ma che
cavolo è successo?”
I
quattro si
guardarono, allibiti. Nessuno riuscì ad aggiungere qualcosa.
*
Erano
alla casa
sul lago di Rider, ora. Molto più vicina rispetto alla
città. Il camino era
accesso e Rider ed Eric avevano una coperta attorno alle spalle, che
stringevano a sé, tremando ancora, lo sguardo fisso sul
fuoco che ardeva.
Riuniti nel caldo salottino, Toby che gironzolava accanto ai loro
piedi, il
gruppo iniziò a discutere su quanto accaduto durante la loro
giornata.
Fu
Rider il primo
a parlare: “Abbiamo messo il chip a quattro persone, oggi:
Lisa, Violet, Morgan
e Clarke.”
“Aspetta,
- lo
interruppe Nathaniel – Clarke? Perché?”
“Non
gli abbiamo messo
il chip perché pensiamo sia A.
-
intervenne Eric – Abbiamo pensato che dopo quella strana
conversazione che ha
avuto con te al ristorante, in cui sembrava che sapesse qualcosa su
Rosewood-riservato, ci avrebbe portati a qualcosa. Oggi, al Brew, ha
detto che sarebbe
ripartito nel giro di un’ora, ma l’ultima volta che
abbiamo controllato sul
tablet era ancora in albergo.”
“In
ogni caso, -
riprese Rider – Dopo qualche ora, Morgan è stato
l’unico a fare grossi
spostamenti. E’ lui che abbiamo seguito nelle fogne, anche se
il chip l’abbiamo
trovato addosso al mio cane e di lui non c’era
l’ombra.”
“A sapeva dei chip già dal
giorno in cui
siamo stati al dipartimento da Denna Marx. –
continuò Eric – Ho messo la spilla
con il chip nel borsone di Morgan, nel suo armadietto. Se lui
è A e sapeva che
stavamo mettendo il chip
a tutti, deve averlo tolto e messo al cane, mentre noi eravamo
concentrati su
Violet. Naturalmente, noi non abbiamo visto alcuno spostamento sul
tablet,
perciò deve aver lasciato il borsone a scuola ed essere
andato a prendere Toby
a casa di Rider per attirarci nelle fogne.”
Nathaniel,
però,
aveva nuove informazioni e, quindi, nuove teorie: “Oppure la
vera A ha aperto
l’armadietto di Morgan e ha
preso la sua spilla per farci puntare il dito su di lui e sviare i
sospetti da
sé.”
“Ragazzi,
c’è una
cosa che dobbiamo dirvi, a proposito. – Sam si
guardò con Nathaniel – Riguarda
il Professor Brakner.”
“Il
nostro
insegnante di Matematica? – Rider si guardò con
Eric, confuso – Quello che sta
con mia sorella?”
“Sì,
ed era
proprio con tua sorella, nel capanno dove mi hai sistemato, che si
baciavano e
intrattenevano una conversazione al quanto strana.”
“Strana
come?”
domandò Eric, precedendo Rider.
“Lindsay
parlava a
lui di Chloe. – spiegò Sam - Pare che quella
notte, li abbia visti insieme.”
Rider
era al
quanto intontito e voleva capire meglio: “U-un secondo, quale
notte? QUELLA
notte? La NOSTRA notte?”
“Rider,
-
intervenì Nathaniel, secco - Brakner ha la stessa macchina
che abbiamo visto
nelle foto che Sam ha scattato al fascicolo di Albert, ok? Albert
è sceso
dall’auto di Brakner, prima di essere investito da
noi.”
Sia
Rider che Eric
rimasero a bocca aperta, sconvolti. Quest’ultimo non riusciva
nemmeno a trovare
le parole per fare chiarezza nella sua mente.
“Okey,
quindi ci
state dicendo che Brakner è A?”
“Non
lo stiamo
dicendo. E’ palese!” esclamò Sam.
“Perché
un
Professore dovrebbe farci una cosa del genere? –
impazzì Eric nel cercare di
trovare un senso – Che cosa c’entra Brakner con
Albert?”
“Beh,
- provò Nathaniel
a rifletterci, mentre Rider sembrava completamente assente per lo shock
–
Brakner ha un segreto, tanto per cominciare… -
fissò Rider, mentre lo diceva –
Ha una relazione con una studentessa! E Anthony sapeva di questo
segreto e di
certo non era un suo fan.”
“Ora
c’è da capire
quanto c’entri Lindsay in tutta questa storia. –
aggiunse Sam, serio,
guadagnandosi un’occhiataccia da Rider, pronto a scattare
– Insomma, sono
entrambi A? Ci hanno filmato
entrambi, quella notte?”
“Come,
scusa? – si
alzò in piedi, Rider, lasciandosi cadere la coperta di dosso
– E Chloe che fine
fa in questa conversazione? Non era a casa tua che ti aspettava per
vedere il
finale di metà stagione di come cavolo si chiama? Eh?
– urlò – Che ci faceva in
giro a quell’ora?”
Anche
Sam si alzò
in piedi e non con toni cordiali: “Ancora non so
perché Chloe sia uscita dopo
di me, quella sera, ok? Devo ancora parlare con lei…E poi,
scusami, ma tua
sorella non è in una bella situazione, date le ultime
scioccanti scoperte.”
“Chloe
odiava Anthony
quanto chiunque altro. – continuò Rider con toni
alti - Chi ci dice che non sia
stata lei a raggiungerlo alla stazione di Rosewood e ad ucciderlo, per
poi
tormentare noi?”
Sam
si lasciò
scappare una risata, prima di sfumare in un’espressione seria
e furiosa: “E’
assurdo quello che stai dicendo, la mia migliore amica non mi
chiuderebbe mai
la bocca con una striscia di colla, ok? E’ tua sorella quella
sospetta e non
Chloe. La mia teoria è fondata: E’ un adulto che
ci sta facendo questo, ok? E
tua sorella è coinvolta!”
A
quel punto, anche
Nathaniel si alzò, distanziando i due, l’uno
dall’altro: “Ok, calmiamoci un
attimo… - spostò lo sguardo su Rider, cercando di
farlo ragionare – Rider,
ammetterai che la cosa è strana. Noi siamo stati filmati
dall’interno di un
auto ed è quella di Brakner. Chloe, inoltre, ha visto
Lindsay dentro quella
macchina, quindi Lindsay era con Brakner…Ascolta, A ci ha mostrato quei video e non
può averli rubati a loro, ok?”
“No,
non può
essere. – Rider scosse la testa, nervoso, la fronte sudata
– Questo
significherebbe che mia sorella ha ucciso Anthony assieme a
Brakner.”
Sam,
più calmo,
mise una mano sulla sua spalla: “Senti, nel migliore dei
casi, tua sorella è
manovrata da lui.”
L’amico
deglutì,
guardandolo negli occhi, più calmo, ma spaventato. Il
silenzio investì il
gruppo, finchè non fu Eric a romperlo.
“Quindi
lo
possiamo dire ad alta voce? Stavolta abbiamo indovinato?”
“Sì,
io credo di
si. – lo confermò Nathaniel - Brakner è
A,
ma dobbiamo ancora capire molte cose.”
“A
proposito, -
ricordò Sam - abbiamo messo il chip sotto alla sua auto.
Possiamo seguire i
suoi spostamenti.”
Rider
si avvicinò
al camino, sulle mattonelle era poggiato il tablet. Lo accese.
“Bene,
almeno ho
testato la sua resistenza all’acqua… - perplesso,
si rivolse a Nat e Sam –
Comunque quando eravamo nelle fogne, non è comparso nessun
nuovo puntino… -
osservò la schermata – E non
c’è nemmeno adesso.”
“Cosa?
– sussultò
Nathaniel, guardandosi con Sam, stranito – Ma noi
l’abbiamo messo.”
Rider
si voltò:
“L’avete attivato, vero?”
“In
che senso?”
non capì Sam.
“Il
chip ha una protuberanza
nella parte inferiore. Andava premuta per attivare il chip.”
Nathaniel
sospirò,
coprendosi la parte superiore del viso con la mano, massaggiandosi la
fronte:
“Dio, non ci credo…”
“Merda,
non lo
sapevamo!” esclamò, invece, Sam.
Rider,
smettendo
di comunicare con loro, si concentrò nel fare qualcosa:
“Un secondo…Questo è un
tablet del dipartimento e i chip sono collegati a questo tablet,
perciò… - alzò
lo sguardò sui suoi compagni – Forse possiamo
attivarlo da qui!”
“Bene,
ragazzi… –
cominciò Eric – Adesso che sappiamo chi
è A,
qual è la prossima mossa?”
E
i quattro si
guardarono tra loro, riflettendoci attentamente.
SCENA
FINALE
A
stava
camminando lungo una strada,
illuminata dai lampioni, nel cuore della notte, passando accanto a
delle auto
parcheggiate, sfiorandole con la punta delle dita, coperte dal solito
guanto
nero che portava. Si fermò davanti ad una di colore blu,
fissandola per qualche
secondo. Dopodichè, si chinò, cercando qualcosa,
sotto l’auto, accanto alla
ruota posteriore. Smise di muovere il braccio, ad un certo punto:
trovò ciò che
cercava e lo tirò fuori. Si risollevò in piedi,
poi, aprendo il
palmo della mano: era un chip
inglobato in una gomma da masticare. A lo
gettò a terra, schiacciandolo con un piede; più e
più volte. L’aveva distrutto.
CONTINUA
NEL SETTIMO CAPITOLO