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Autore: voiceOFsoul    31/03/2016    1 recensioni
Ram aveva ormai raggiunto un equilibrio ma adesso si ritrova senza lavoro, convive con Diego in una situazione imbarazzante e non vede Alex e Vale da troppo tempo. Da qui deve ricominciare da capo. Il suo percorso la porterà a incrociare nuove vite, tra cui quella di Tommaso che ha appena imparato a sue spese che la perfezione a cui tanto Ram aspirava non esiste.
Si può essere felici anche se si è imperfetti?
[Seguito di "Volevo fossi tu" e "Ancora Tu", viene integrata e proseguita l'opera incompleta "Open your wings and fly"].
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Mi ha chiesto se conosco il linguaggio dei fiori. Ovviamente no. Scavo nella memoria cercando il momento del nostro appuntamento in cui gli ho detto presso quale azienda lavoro, ma senza risultato. Sapeva che il posto di lavoro è in quella zona ma non abbiamo mai parlato della LambdaDev, né tanto meno gli ho spiegato qual era la mia scrivania, questo però avrebbe potuto facilmente scoprirlo chiedendo a chiunque fosse in ufficio al momento del suo arrivo. La foto, è vero, avrebbe potuta averla presa dalla rete, ma perché giusto questa? Ci sono molte foto più nitide e recenti che avrebbe potuto scegliere. C’è una risposta razionale a quasi tutte le domande che mi sono sorte. Allora perché non riesco a cacciare via il senso di inquietudine che sento? Non riesco a smettere di pensare neanche per un attimo al gesto di Daniele. Dovrei considerarlo romantico e dargli una seconda opportunità o allarmarmi e scappare?

Prendo la tazza di infuso fumante e aspiro a pieni polmoni il vapore profumato che sprigiona. Mi lascio sprofondare sul divano, bevendolo a piccoli sorsi, sperando che mi aiuti ad addolcire il sistema nervoso. In questo momento avrei proprio bisogno di un consiglio di Vale, lei sapeva essere cinica al punto giusto per darmi la scossa. Probabilmente avrebbe trovato le parole giuste per scuotermi e dirmi che, ehi, questo è un coglione scappa finché sei in tempo, e mi sarei offesa perché è sempre troppo dura e lei mi avrebbe ricordato che un’amica certe cose le deve dire e basta, senza pensare a come, specialmente quando c’è di mezzo un’amica vera.

Forse potrei chiamare Sara, ma so già quale sarebbe la sua sentenza: dagli un’altra possibilità. Lei è così ottimista nei rapporti con la gente, non crede mai che qualcuno possa essere cattivo neanche dopo che le ha già fatto del male. In questo assomiglia molto ad Alex. Lei mi avrebbe detto che alla fin fine ha fatto un gesto dolce e che non se ne trovano più ragazzi che regalano fiori e io le avrei detto che qualcosa mi diceva che non andava bene e lei mi avrebbe spinto a cercare qual era il loro significato e basarmi solo su quello, di fidarmi e uscirci ancora.

Se il mio passato fosse diverso probabilmente sarei anch’io così, ma oggi la fiducia nel prossimo non è una delle mie peculiarità.

Se potessi almeno parlarne con Diego! Lo sento rientrare in cucina, prendere il resto della sua cena e chiudersi nuovamente in camera. Mi sento troppo in colpa per entrare in camera sua a chiedergli di farmi sfogare, sarebbe egoista. Devo trovare il modo di mettere un freno a tutto questo prima di perdere anche lui.

Bevo l’ultimo sorso di tisana, chiudo gli occhi godendomi l’ultima corsa di quel liquido caldo dentro il mio petto fin nel mio stomaco. Poggio la tazza vicino al lavandino e afferro una mela prima di andare a rintanarmi in camera. Mi avvolgo nelle coperte per proteggermi dall’aria pungente della notte. Decido di leggere per evadere dall’ingarbugliata situazione, ma neanche la Terra di Mezzo riesce a portarmi via lo strano pizzicore ai nervi. Mi rigiro nel letto tenendo in mano il pesante libro, ma nessuna posizione sembra essere quella comoda oggi, né tanto meno riesco a immergermi nella lettura al punto che, nonostante sia la quarta volta che lo rileggo, quasi non comprendo chi sono i personaggi presenti nella scena. Decido un po’ a malincuore di fermarmi, poggiare il libro nuovamente sul comodino e cercare svago altrove. Mentre navigo tra i feed di Instagram, sento un rumore noto provenire dal salottino: la pesante porta d’ingresso che cigolando viene aperta e rumorosamente richiusa. Diego deve aver deciso di uscire per evitare di respirare sotto il mio stesso tetto. Non farebbe male neanche a me uscire a far due passi per schiarirmi le idee. Mi fiondo fuori da coperte e pigiama, in dieci minuti ho mandato un messaggio a Sara, ho avviato Charlie e mi immetto in strada.


Il Lightinig  è pieno, tutti i tavoli sono occupati, Bree è arrivata con il suo pancione a prendere posto dietro la cassa e Steve è tornato al bancone dove c’è un bel via vai di gente: un venerdì sera di tutto rispetto. Un gruppo di ragazzi sembra riconoscerci e ci chiede se stasera suoneremo.

«No, amico, stasera no.»

«Peccato, siete forti!» ci dice allontanadosi.

Una folle euforia, nata dall’accoppiamento selvaggio di orgoglio e birra, mi invade. Guardo i miei amici ridere e sento che posso farlo, per loro. Siamo forti e siamo innamorati della nostra musica. Abbiamo tutte le carte in regola, dobbiamo provarci e possiamo farlo. D’un tratto includere Emma nella band non è per niente una cattiva idea.

«Emma!» la chiamo a gran voce cercando di superare il vociare.

Più che sentirmi, mi vede gesticolare e senza troppa fretta arriva al tavolo. «Un altro giro?» chiede, impassibile.

«In verità vorrei avere il tuo numero di telefono.»

Inarca il sopracciglio destro, gli occhi ambrati sono resi ancora più luminosi dal trucco viola che li enfatizza. La vedo gonfiare il petto, fissandomi con aria di sfida. Le leggo in faccia che è pronta a tirarmi addosso il vassoio pieno di bicchieri vuoti se necessario e capisco che non ho scelto il modo migliore di esprimermi.

«Oh, oh, calmina. Non uccidermi, ti prego. Non intendevo quello che pensi tu. Mi devi scusare, ma il filtro-anti-stronzata mi si è disattivato un paio di birre fa. Si tratta di lavoro. Circa.»

«Di lavoro. Circa.» Non accenna a mollare. «Il fatto che tu sia amico del capo non significa che possa farmi le ordinazioni su WhatsApp.»

«Sei fuori strada, si tratta di tutta un’altra cosa.»

«Senti cocco bello.» avvicina pericolosamente il vassoio al mio viso. «Io sono già a lavoro, quindi non c’è niente che tu debba dirmi che renda necessario il mio numero di telefono sul tuo cellulare. Ci siamo capiti?»

«Forte e chiaro, sorella!» L’ho detto davvero? Ditemi di no, per favore.

Emma si volta senza aggiungere nient’altro e va via a passo fermo.

«Quella ragazza ha delle palle che ce le sognamo.» commenta Giorgio.

«Dobbiamo averla con noi.» aggiunge Giacomo.

«Aspettate di vederla suonare, cacchio!» si intromette Alfredo. «Non fate gli allupati. E poi non mi sembra che la ragazza sia un tipo semplice da convincere perciò è possibile che ci dica di no.»

«Non ci dirà di no. Anzi, non MI dirà di no.»

«Ah Giacomino, il tuo fascino non fa sempre colpo su tutte.»

«Non sfidarmi.»

«Io credo che dovresti essere tu a non sfidare Emma o ti ritroverai con un coltello puntato ai ciondolini di famiglia come tuo fratello!»

Tutti scoppiano a ridere. La storia di Emma che cerca di uccidermi dopo i primi cinque secondi sembra essere particolarmente piaciuta ai ragazzi. Me la rinfacceranno a vita, suppongo che dovrò abituarmici.

«E ora ragazzi.» annuncia Giacomo alzandosi dalla sedia. «Direi che è si è fatta l’ora di andare a caccia al bancone. Sono appena arrivati dei rifornimenti particolarmente interessanti.»

Lo seguo con lo sguardo mentre i ragazzi continuano a fargli battute di incoraggiamento. Appena la vedo giochicchiare col telefonino accanto al bancone, capisco che il rifornimento speciale a cui si riferisce è lei, la ragazza da sola al bar.


Sara ha risposto che era a casa di Marco per un film. Nel dialetto di Sara significa che i coinquilini di Marco sono tornati in paese e hanno casa libera per darci dentro in ogni stanza. Ho deciso di uscire ugualmente e di venire qui, l’ultima volta qui al Lightinig non è andata male anche se ero da sola. Stasera, però, il locale è nettamente più affollato e quasi mi pento della decisione che ho preso. Vedo la ragazza incinta alla cassa, ha il viso stanco ma è comunque luminosa. Mi avvicino a lei.

«Ehi, ciao!»

«Ciao. Vi serve un tavolo? Quanti siete?» mi chiede.

«In realtà sono di nuovo da sola.» le sorrido.

Sembra smarrita. «Quindi?»

Certo! Come può ricordarsi di una scema che è stata due volte nel suo locale?

«Oh, scusami. Pensavo solo… credevo… niente, fai finta di nulla..»

La ragazza mi guarda ancora inebetita mentre mi allontano. Vorrei sprofondare, sono imbarazzata da morire e sento le guance avvampare. Meglio andare via. Mentre mi dirigo verso la porta, sento qualcuno afferrarmi per il braccio trattenendomi delicatamente.

«Ehi, finalmente.»

Nonostante il rumore, so di chi si tratta ancor prima di girarmi. Oggi il suono di questa voce attiva il mio sistema di allarme come poco altro potrebbe. Faccio un respiro profondo cercando di non farlo notare, poi mi volto indossando il sorriso meno finto che riesco a trovare.

«Ciao Daniele.»

Mi abbraccia senza che io abbia il tempo di resistere.

«Una ragazza come te che ci fa in giro per locali da sola?»

«Non sono esattamente in giro per locali, no? Sono in un solo locale. E poi cosa ti fa pensare che io sia sola?»

«Forse il fatto che l’hai appena detto alla ragazza lì alla cassa.»

«Ah, già. Invece tu che ci fa qui?»

«Io sono in missione speciale.» sussurra avvicinandosi al mio orecchio.

«Quindi sei in servizio?»

Ride e mi da un piccolo buffetto. «Sei tu la mia missione speciale.»

«Cosa? Come… come facevi a sapere che...»

«Ho le mie armi segrete.»

Senza dir nient’altro mi trascina al bancone, sgomitando un po’ per arrivare alla meta, e ordina due Japan Ice Tea. Mentre il barista è al lavoro, mi posiziono dietro di lui e afferro il cellulare. Come ha fatto ad indovinare anche questa?

Qualcuno si ferma esattamente di fronte a me togliendomi quel po’ di luce che arrivava sullo schermo. Cerco di spostarmi per lasciare al proprietario dell’ombra lo spazio per mettersi in fila ma l’ombra mi segue. Alzo gli occhi infastidita. Ci sto un po’ a metterlo a fuoco, ma alla fine riconosco il chitarrista della band che suonava qui la prima volta che sono venuta con Sara e Diego. Spero che non abbia intenzione di riprendere a farmi il filo, non con Daniele alle mie spalle. Ho la sensazione che se lo facesse, le cose potrebbero sfuggirmi di mano.

   
 
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