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Autore: Mana Sputachu    01/04/2016    3 recensioni
Ero convinta della bontà delle nostre leggi, che sposare l’uomo che mi avrebbe battuta fosse la cosa migliore, senza accorgermi di come il nostro modo di vivere funzionasse finché limitato a quelle montagne.
Ero libera come un uccello in gabbia, ma per rendermene conto avevo, ironicamente, dovuto attendere il momento in cui mi avrebbero davvero dato quella libertà.
Non perché la meritassi, ma perché era la mia punizione.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cologne (Obaba), Mousse, Shan-pu
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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3.  Never be the same again

 

Mi avevi abbandonata

ed io mi son trovata

a un tratto già abbracciata a lui...


 

12 Marzo 1990

 

Non ho più avuto tempo di aggiornare il diario come mi ero ripromessa, il ristorante risucchia via tutte le mie energie, ma finalmente ho qualche ora libera solo per me.

Dunque, dov’ero rimasta?
...ah, già.

L’inizio della fine.

Non riesco a ripensarci senza darmi dell’idiota. Come ho potuto perdere il controllo di me stessa in questo modo? Come ho fatto a credere che ubriacarmi fosse la migliore delle idee?

Ancora oggi non riesco a darmi una risposta che non sia… karma.

Si dice che quello che facciamo prima o poi ci torni tutto indietro.

Quello che non ti dicono è con quanta forza ritorni.

 

***

 

Quando apre gli occhi la prima cosa che prova è una fitta fortissima alla testa.

«Hmm…» è l’unico verso che Shan-Pu riesce ad emettere, persino parlare le provoca dolore e un senso di nausea. Dopo qualche minuto riesce finalmente ad aprire lentamente gli occhi, cercando di ricordare quanto successo: ricorda chiaramente di essere andata al Furinkan a cercare Ranma e…

«Oh… Kami…»

Tutto le torna in mente in un istante e la colpisce in pieno con la stessa forza di un tir: Ranma che le urla di voler sposare Akane, la colluttazione, il calcio…

«Il sakè…» sussurra, trovando finalmente una spiegazione a quel mal di testa insopportabile.

«Hmmm.»

Un mugolio la distoglie dai suoi pensieri, gettandola invece nell’orrore.

«...Mu-Si?»
Il ragazzo, nudo, giace con lei sotto le coperte del futon.

«No. Nonononono…»

In preda al panico, cerca di mettere a fuoco i ricordi del giorno prima: avevano finito una bottiglia di sakè in due, ognuno preda dei propri problemi; ricorda improvvisamente come si fosse ritrovata a pensare quanto lui fosse, in fondo, affascinante; lo ricorda parlare a ruota libera ma non sa di cosa probabilmente borbottava qualcosa contro di lei, e che per farlo star zitto aveva pensato che baciarlo fosse una buona idea.

«Oh kami… oh per tutti i kami del cielo…»

 

***

 

Ci misi poco a capire che ero nei guai fino al collo.

Il mio primo pensiero fu: la bisnonna non deve trovarmi così.

Afferrai al volo una blusa, me la misi addosso e scesi di corsa al piano di sotto, per assicurarmi di avere ancora abbastanza tempo per poter risolvere la situazione e, magari, convincere Mu-Si a mentire e fingere che nulla fosse mai accaduto, soprattutto con la bisnonna.

A posteriori mi chiedo da dove derivasse la mia convinzione di essere più scaltra di tutti gli altri.

 

***

 

«Vestiti.»
Seduta a un tavolo della sala, Obaba non degna la nipote di uno sguardo, continuando a fissare un punto indefinito di fronte a sé.

Shan-Pu rimane sulla soglia delle scale, raggelata: il karma non si è fatto attendere, e con quello svanisce la speranza di salvare almeno le apparenze.

«Bi… bisnonna, io-»
«Ho detto vestiti. Non fiatare, non dire una parola» tuona Obaba, senza neanche voltarsi. «Devi solo sperare che questa tua bravata non abbia nessuna conseguenza… e che nessuno al villaggio venga a saperlo, in qualche modo.»

 

***

 

La cosa che più mi fece male fu la delusione che lessi negli occhi della bisnonna.

Ancor più della prospettiva che il Consiglio scoprisse dell’accaduto e prendesse provvedimenti, il pensiero che lei potesse ritenermi un fallimento era ciò che mi terrorizzava: ero cresciuta seguendo i suoi insegnamenti, nella speranza di diventare l’amazzone perfetta, quella guerriera ideale che ogni donna di Joketsuzoku aspira ad essere.

E avevo mandato tutto all’aria.

La bisnonna non mi rivolse mai lo sguardo durante il tragitto fino all’ambulatorio - un posto asettico e impersonale, così diverso da quello del Dottor Tofu, o dalla casa della dottoressa del villaggio - e le poche ore passate lì furono le più lunghe ed estenuanti della mia vita: mi sentivo gli sguardi degli altri pazienti addosso, mi sentivo giudicata nonostante nessuno, in realtà, si curasse davvero della mia presenza. Cominciai a chiedermi cosa ne sarebbe stato di me, nel caso in cui avessi contratto qualche malattia o… se fossi rimasta incinta.

 

***

 

“Cosa vuol dire che non potete fare il test di gravidanza a mia nipote?”
“Signora, la prego…”

“Che razza di ambulatorio siete?”

“Signora… devono passare almeno sette giorni prima che sia possibile avere un qualsiasi risultato. Di solito si fa al primo giorno di ritardo, e lei ha detto che sua nipote ha avuto un rapporto non protetto soltanto ieri…”
Shan-Pu distoglie lo sguardo, vergognandosi come una ladra.

Vedere la sua vita privata sbandierata così ai quattro venti è una cosa dannatamente mortificante, così come trova imbarazzante l’ignoranza sua e della bisnonna sui moderni metodi contraccettivi; non sono cose che alle amazzoni interessano, il mondo al di fuori dei loro monti è per loro inospitale e malvisto, scienza compresa.

“Deve esserci un modo per sapere se mia nipote rischia una gravidanza, adesso” ringhia Obaba, e Shan-Pu capisce che è meglio calmarla prima che se la prenda con un’infermiera innocente: “Andiamo via bisnonna, se test non si può fare è inutile insis… ahi. Ahia…”
“Shan-Pu, tutto bene?” chiede l’anziana donna, ed è la prima volta in tutta la giornata in cui le rivolge uno sguardo che non sia di delusione.

“S-sì, è tutto apposto” mente la ragazza, “ho solo un dolore allo stomaco…”

Aveva totalmente dimenticato l’ematoma, che per un po’ aveva smesso di farle male ricominciando però nel momento peggiore; l’infermiera sembra notare che qualcosa non va, così si intromette: “Senti, visto che sei qui facciamo un controllo veloce… magari non è nulla ma meglio esserne sicuri.”
Shan-Pu scambia un veloce sguardo con la bisnonna, che dopo qualche secondo di incertezza annuisce e acconsente la visita.

 

***

 

L’attesa fu snervante.

L’infermiera e il medico che la raggiunse poco dopo sembravano preoccupati per quell’ematoma a cui io non avevo dato peso, guardavano le lastre e poi borbottavano tra di loro.

Cosa c’era che non andava? Stavo male? Ero davvero incinta e la nonna si sbagliava? Volevo sapere, l’ansia mi stava divorando viva.

Quando finalmente ebbi la risposta, pensai che l’ignoranza certe volte è un bene.

 

***

 

“Allora dottore, qual è l’esito dell’esame?”
Il medico osserva in silenzio le due donne, forse cercando le parole più giuste per rispondere.

Shan-Pu fissa intensamente la punta delle scarpette, rifiutandosi di alzare lo sguardo e affrontare la diagnosi: vuole sapere, ma allo stesso tempo vorrebbe solo tornare indietro al giorno prima, al momento in cui ha deciso di andare al Furinkan a cercare Ranma e prendersi a ceffoni per impedirlo.

“Per favore...” insiste la bisnonna, e lui abbassa lo sguardo sulla scrivania: “Voi siete venute qui per un test di gravidanza, e come vi abbiamo già detto è impossibile farlo il giorno dopo l’avvenuto rapporto. Tuttavia…”
Attesa, ancora.

“Dottore, parli” ordina Obaba e l’uomo sembra tentennare, poi sospira: “Signora… sua nipote non può avere figli.”

Il medico mostra loro delle lastre e indica un punto specifico: “Vede questa macchia? Corrisponde all’ematoma che sua nipote ha sul ventre. Qualunque cosa lo abbia causato… è stato talmente forte da danneggiare l’utero e renderla sterile.”

Shan-Pu non sente più la voce del medico, perché l’unica cosa a cui riesce a pensare è l’ematoma sulla pancia, al calcio che Ranma le ha dato per tenerla lontana da Akane.

“E… e non c’è soluzione?”
La voce della bisnonna la distoglie dai suoi pensieri.

“Temo di no. Mi dispiace molto…”

La risposta del dottore colpisce Shan-Pu in pieno petto, e di nuovo dimentica come si respira.

 

***

 

Fino a quel momento non avevo mai pensato realmente all’idea di avere un bambino: era una cosa troppo lontana nel tempo, troppo strana a cui pensare a sedici anni. Sapevo che probabilmente sarebbe successo quando finalmente avessi sposato un uomo valoroso quando avessi sposato Ranma, ma non era la mia priorità; sapevo solo sarebbe stato il guerriero che mi avrebbe battuta, e tanto mi bastava.

In quel giorno di febbraio, invece, tutte le mie poche certezze erano state distrutte con una sola frase.

Ricordo ancora lo sguardo nella bisnonna… la ricordo voltarsi lentamente verso di me, guardarmi con occhi sgranati e sconvolti.

La ricordo mentre realizza con orrore le conseguenze di questa notizia.

Uscimmo dall’ambulatorio in silenzio, e solo fuori la bisnonna finalmente parlò.

 

***

 

«Vai a casa, Shan-Pu. Io devo sbrigare delle faccende.»

Senza neanche darle tempo di replicare Obaba si volatilizza, lasciando la nipote ancora sotto shock.

Le parole del dottore continuano a ronzarle in testa e lei cerca di assimilarle, eppure sembra non realizzare appieno il loro significato.

Istintivamente comincia a camminare, sempre più veloce finché non si ritrova a correre: non sa neanche dove sta andando, dovrebbe andare a casa come ha detto la bisnonna, ma i suoi piedi hanno deciso diversamente; continua a correre a perdifiato fino a che non si ferma davanti alla sua meta.

Casa Tendo.

Salta sul muro di cinta e si guarda attorno alla ricerca di Ranma, ma non vede nessuno.

“Buongiorno Shan-Pu! Stai cercando Ranma?”

Abbassa lo sguardo e incrocia quello di Kasumi Tendo, che dal giardino le sorride. Shan-Pu le fa un cenno veloce con la testa.

“Per adesso è a scuola, ma se vuoi aspettarlo...”

Non lascia nemmeno che la ragazza finisca la frase, salta giù e corre verso il Furinkan.

Facendosi largo tra la calca di studenti arriva nell’aula di Ranma, ma lui non è lì; i compagni di classe le dicono che lui e Akane erano andati a comprare qualcosa per il pranzo, quando…

“Shan-Pu! Cosa ci fai qui?”

La sua voce la riconoscerebbe tra mille.

Si volta e lo vede davanti la porta con una confezione di anpan in mano; alle sue spalle Akane la guarda preoccupata, non sa se per se stessa o per quanto successo il giorno prima.

“Senti, mi dispiace per ieri” continua il ragazzo, avvicinandosi a lei “spero di non averti fatto male, mi sento davvero in colpa… io non volevo, giuro…”

Quella frase è la goccia che fa traboccare il vaso, e in meno di un secondo Shan-Pu è addosso a lui e cerca di picchiarlo con tutta la forza che ha in corpo.

“TI ODIO! TI ODIO!”
“S-Shan-Pu! Ferma!”
Il ragazzo cerca invano di fermare la furia della cinesina e a poco serve l’intervento di Akane, Hiroshi e Daisuke, che provano a bloccare la ragazza senza successo.

“Ti odio! È colpa tua, è colpa tua!” urla Shan-Pu, mentre i suoi pugni solitamente precisi si trasformano nei colpi di una ragazzina disperata piena di rabbia e rancore; finalmente Ranma riesce ad afferrarle i polsi e bloccarla, abbastanza a lungo da chiederle: “Cosa è colpa mia, Shan-Pu? Cosa?!”

A quella domanda la ragazza si divincola fino a liberarsi e si alza in piedi, allontanandosi da Ranma; istintivamente porta le sue mani alla pancia.

“È colpa tua” ripete con la voce rotta dal pianto, “è colpa tua… io non può avere bambini…”

Lo sguardo del ragazzo sulle prime è spaesato e sembra non capire… finché non ricollega il tutto al giorno prima, e l’espressione dispiaciuta sul suo volto per un attimo fa tentennare Shan-Pu.

“Io… mi dispiace Shan-Pu, io… io non credevo che…”
“Io non può più avere bambini, e la colpa è TUA!”

Lo urla con tutto il fiato che ha nei polmoni, e quando lui cerca di avvicinarsi lei scappa via.

Corre fuori dall’aula, dalla scuola, corre per strada fino a rimanere senza fiato.

Corre per scappare da quella situazione, dal volto dispiaciuto di Ranma, da quella parte di lei che per un attimo aveva creduto di poterlo perdonare.

Corre per non dover pensare a niente, almeno per un po’.

 

***

 

Dopo quasi mezz’ora passata a correre, tornai al ristorante.

Come immaginavo la bisnonna era ancora via, forse alla ricerca di qualche suo contatto per scoprire se il Consiglio era già stato informato di quanto successo. Al momento non mi importava nulla delle notizie che sarebbero giunte dalla Cina: volevo solo buttarmi a letto e rimanerci in eterno, sperando che prima o poi sarei sparita nel nulla.

Mi sentivo disperata, distrutta, sola.

Eppure, in tutto quel casino, c’era ancora un sostegno di cui non avevo tenuto conto.

 

***

 

«Shan-Pu? Sei tornata?»

Quando entra al ristorante Mousse è seduto sulle scale ad aspettarla.

La ragazza non credeva di trovarlo lì, dopo quello che era successo: non era una delle sue solite “bravate” che Mousse finiva per perdonare o lasciar correre, è qualcosa di maledettamente serio… e invece è lì, e la sua espressione preoccupata basta a far cadere quell’ultima, fragile barriera che lei aveva eretto per non crollare definitivamente.

Senza pensarci Shan-Pu corre tra le braccia di Mousse e scoppia a piangere, un pianto disperato che non trova consolazione.

 

***

 

La presenza di Mu-Si era inaspettata, e a posteriori posso ammettere tranquillamente che… senza lui a sostenermi non ce l’avrei fatta. Niente inutili sentimentalismi o dichiarazioni mielose, solo la realtà dei fatti: se non ci fosse stato lui al mio fianco non avrei saputo come andare avanti, come rimettermi in sesto diamine, non sarei nemmeno riuscita a mandare avanti il ristorante!

È stato ed è ancora una presenza fondamentale per me, e nei giorni che seguirono ebbi modo di rendermi conto di quanto il suo sostegno mi sarebbe servito.



Soundtrack: Perdono - Caterina Caselli


***

In un commento al capitolo precedente mi era stato detto che la “scappatella” tra Shan-Pu e Mousse era una trovata un po’ banale… ed è verissimo, lo ammetto senza vergogna. XD
Ma se siete arrivati fin qui avrete capito che quella era solo una trovata per parlare delle conseguenze di quel gesto. Nobody’s wife, come dicevo nel primo capitolo, nasce da una mia riflessione sulle leggi amazzoni: sappiamo che le donne di Joketsuzoku sposano solo uomini forti in grado di batterle, e che di conseguenza non tengono conto di maschi deboli incapaci di dare una prole forte e sana. Ma se ad essere incapace di procreare è un’amazzone, cosa succede? Come si comporta il Consiglio?
Ecco, questa storia vuole tentare di dare una risposta a questo quesito (che la Takahashi non ha mai approfondito).
Ringrazio sentitamente The Edge of Darkness che ai tempi mi aveva dato un enorme aiuto con le nozioni mediche: tra i suoi suggerimenti e le ricerche in proposito sono *abbastanza* sicura di ciò che ho scritto, ma continuo a non essere un medico, quindi se notate qualcosa che non va vi prego di farmelo sapere!
(Edit del 02/04/2016: Miss Hinako mi ha giustamente fatto notare che i medici potevano proporre a Shan-Pu la pillola del giorno dopo, e avendole dato una risposta piuttosto esaustiva (almeno spero!) ho pensato di ricopiarla qui: ho preferito rimanere sul vago perché non ho trovato nessuna informazione riguardo la sua diffusione in Giappone. Se la storia fosse stata ambientata in un periodo più recente avrei dato per scontato che fosse già abbastanza diffusa (anche se ammetto di non averla mai vista menzionata in nessun manga degli ultimi anni), ma Ranma è ambientato alla fine degli anni '80 (Nobody's wife inizio '90) e da quello che ho trovato su Wiki ha cominciato ad essere molto diffusa verso il 1997 in soli nove paesi (tutti occidentali), mentre sul Giappone non diceva nulla. Quindi piuttosto che scrivere una cavolata ho preferito rimanere sul vago. ^^)
Anche per stavolta è tutto, e come sempre sapete dove trovarmi (profilo FB e nel mio gruppo).
Sempre augurandomi che la storia vi piaccia, ci aggiorniamo la prossima settimana!

Mana

   
 
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