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Autore: Mephi    03/04/2016    4 recensioni
«Oh, andiamo...» disse alzando gli occhi, decidendo di essere troppo stanco per parlare con quell'orso. Perchè sì, ci parlava. Non sapeva cosa fosse, esattamente, era certo fosse un illusione della sua mente che si divertiva a torturarlo, dando a quell'orso la voce... della sua coscienza? Era complicato. Sapeva solo che odiava quell'orsetto.
«È reciproco.» era disturbante. L'immagine di quel pupazzo che doveva essere innocente, bhe, di innocente aveva ben poco. Due sclere nere sostituivano il bianco che di solito si trovava lì, e al posto degli occhioni gialli, due puntini bianchi lo fissavano, e seguivano i suoi movimenti. La sua conscienza se la sarebbe aspettata meno inquietante. Avrebbe preferito un simpatico Girllo Parlante come quello di Pinocchio che... Quel peluche inquietante.
Genere: Comico, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jeremy Fitzgerald, Mike Schmidt, Purple Guy/Vincent, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il Ritorno Di Una Guardia Notturna

 

Casa (Dolce?) Casa

 

 

Fritz era sempre stato un tipo piuttosto mattutino e per questo, quella mattina, quando passando per la camera di Jeremy l'aveva trovato buttato sul letto ancora vestito dal giorno prima gli aveva fatto tenerezza - o pietà, dipende dai punti di vista - così aveva deciso di cucinare la colazione per entrambi. Ecco, almeno ci provava, perchè quello bravo in cucina era senz'altro Jeremy, però Fritz credeva fermamente nelle sue capacità ed era certo che esse, almeno fino a una colazione, ci potessero arrivare. Si mise all'opera e dopo circa un'ora di lavoro tra la preparazione di uova strapazzate, pancake e muffin, alla fine fu soddisfatto del risultato, certo però che quello fosse il massimo delle sue capacità culinarie. 

«Uh... Ho le visioni?» Fritz stava contemplando la tavola apparecchiata per la colazione con tutte le pietanze su di essa quando udì la voce da zombie di un assonnato Jeremy, che si strofinava un occhio, non credendo a quello che vedeva. Probabilmente si trovava ancora nel mondo dei sogni.

«Tutto reale e fatto dal sottoscritto! Ah, buongiorno.» gli disse mentre si slacciava il grembiule blu che aveva trovato chissà dove con scritto "The Best Chef" a caratteri cubitali sul davanti.

Sbuffando un sorriso per quella scena, Jeremy camminò fino al suo posto, sedendosi e contemplando - sia con gli occhi che con l'olfatto - la meraviglia che aveva davanti agli occhi. Bhe, quasi quasi da quel giorno in poi avrebbe lasciato il posto da cuoco-di-casa a Fritz, almeno per la colazione. Ricordava bene l'ultimo pranzo che aveva cucinato il coinquilino - difficilmente se lo ssrebbe scordato - dato che avrebbe dovuto urlare al miracolo se non ebbero - entrambi, perchè Fritz ebbe il coraggio di mangiare quello che cucinò, probabilmente per far coraggio all'amico più che altro - un intossicazione alimentare.

Fritz si sedette di fronte a lui, mentre Jeremy si liberava completamente del papillon già slacciato e infilandolo nel taschino della camicia.

«Quando hai intenzione di cambiarti?»

«Dopo la colazione. Cose come queste, insomma: tu che cucini bene, ecco, sono cose che accadono ogni mille anni se tutto va bene. Hanno la priorità.» rispose, subito dopo non perse tempo e addentò un muffin al cioccolato, notando che Fritz lo stava fissando speranzoso. Si aspettava un parere? Con tutta probabilità sì.

«Affatto male.» disse una volta mandato giù il boccone, e un largo sorriso si dipinse sul volto dell'arancione che solo allora prese a mangiare.

Durante la colazione parlarono tranquillamente: Jeremy raccontò di come fosse andata la sua giornata il giorno prima al ristorante, mentre Fritz gli spiegò il nuovo sito a cui stava lavorando, una cosa alquanto importante da quanto aveva, capito dato che riguardava un marchio importante della moda. E tra battute, apprezzamenti al cibo, racconti, aneddoti passati - questi ultimi solo da parte di Fritz - Jeremy si ricordò di ciò che era avvenuto il giorno prima: la sua scelta. Doveva avvisarlo. Fritz si accorse subito che qualcosa non andava dato che l'amico si era rabbuiato improvvisamente, ma non chiese nulla, attese che fosse lui a parlare.

«Ieri stavo pensando a una cosa...» disse Jeremy, provando a girare intorno a ciò che davvero voleva dirgli, Fritz continuò a stare in silenzio, prestandogli tutta la sua attenzione, sporgendosi appena verso di lui, appoggiandosi al tavolo.

«Sai da quanto anni sono qui?» chiese, e questa volta parve volere una risposta.

«Sei anni.» lo assecondò Fritz, comincianco ad intuire dove volesse arrivare.

«Esatto. Forse è tempo che io torni indietro.» la voce sicura con cui Jeremy disse quella frase non rispecchiava l'insicurezza, la paura, che in realtà lo tormentava. Fritz non ebbe reazioni particolari, si limitò ad accennare un sorriso, tornando composto sulla sedia.

«Questo potrebbe essere un problema. Dovrò trovarmi un'altro chef personale.» disse Smith, accennando una risatina. In realtà era preoccupato per Jeremy, per ciò a cui stava andando incontro. Era 3 anni più grande di lui, avevano vissuto insieme per 6 anni, passando momenti belli e momenti davvero, davvero difficili, aveva sviluppato una sorta di affetto fraterno verso di lui. E qualcosa gli diceva che se l'avesse lasciato solo lì in mezzo sarebbe crollato ancora.

«Che spiritos-»

«Verrò con te!»

«Cosa

«Ah, andiamo, tu, da solo, in una città che ti terrorizza? Non resisteresti nemmeno 5 minuti.» peccato solo Fritz non era esattamente il tipo di fratello maggiore che aveva ben compreso il significato della parola "tatto". Bhe, non che Jeremy fosse puro, innocente e delicato, l'unica differenza tra loro era che, quando Jeremy si dimostrava senza il minimo tatto era perchè voleva essere tale, voleva ferire, al contrario Fritz non se ne rendeva conto e parlava con una tale leggerezza che seppur diceva cose che avrebbero potuto ferire, dette con quasi quella comicità, prendeva un'altra sfumatura.

Quei due si somigliavano... Ma in maniera diversa.

«Allora, cosa dobbiamo preparare? Innanzitutto dobbiamo affittare una casa, e con i risparmi di entrambi non ci dovrebbero essere problemi. Poi: le valige, il cibo per il viaggio, i biglietti per il treno, e...» Fritz si era alzato, aveva preso una penna dal primo cassetto che aveva trovato e, non trovando fogli, aveva preso a scriversi il tutto sulla mano. A volte sembrava davvero un tipo strano.

«Quando partiamo?» chiese a bruciapelo il maggiore a Jeremy, che l'osservava confuso.

«Bhe...»

«Domani!»

«Domani!? Fritz è troppo poco tem-»

«Ah, senti! Io ti conosco fin troppo bene e se non partiamo il prima possibile tu continui a pensarci e ripensarci e sai cosa succede, poi? Che cambi idea! Per impedirlo questo è l'unico modo. Quindi: vatti a cambiare e esci per andare a comprare qualcosa per il viaggio al negozio qui sotto, qualche bibita, sandwitch, salatino, quello che vuoi! Io intanto prenoto i biglietti e mi metto a cercare casa da internet e speriamo ben- si può sapere cosa aspetti? Non abbiamo tempo: muoviti!» lo sgridò Fritz, mentre lasciava la penna e correva alla postazione PC, accendendolo e mettendosi a "lavoro" per il viaggio. Per non essere ripreso nuovamente Jeremy andò a cambiarsi, con un sorriso sulla faccia; quel pazzoide dai capelli arancioni sembrava quasi euforico all'idea di tornare a casa.

 

 

 

C'era voluta un'intera giornata per organizzare il viaggio dell'indomani, Jeremy non aveva avuto così tanta fretta di partire da... Bhe, da quando se ne andò di casa a 16 anni. Ancora ricordava lui scioccato in camera sua, con Freddy che velocemente metteva tutte le sue cose in valigia, e... Bhe, era meglio non ricordare.

Era sera ed erano stanchi, ma era tutto pronto: le valige già preparate giacevano vicino alla porta, quella blu e anonima di Jeremy accanto a quella di Fritz, che era il doppio della sua, più che una valigia sembrava un mini armadio con le ruote, color arancione e giallo, e più passava il tempo più si rendeva conto che il suo coinquilino era un vero e proprio stramboide.

Avevano i biglietti per il treno - il viaggio sarebbe durato 5 lunghe ore - e il pranzo a sacco era pronto nei loro zaini. Il punto più difficile era stata la casa, trovarne una a un buon prezzo, non troppo in centro e soprattutto che fosse utilizzabile già dall'indomani, con un preavviso praticamente inesistente... Era stata un'impresa, dove però Fritz era riuscito, e il giorno dopo si sarebbero fatti portare da un qualche taxi nella via dell'abitazione e avrebbero incontrato il proprietario - a detta di Fritz un tipo simpatico, almeno così gli era sembrato al telefono - e si sarebbero dovuti trattenere per firmare le solite cose burocratiche e consegnare i soldi per l'affitto.

«Hai avvertito il lavoro che ti licenziavi?» chiese Fritz, sfinito, steso sul divano, con tutta probabilità si sarebbe addormentato lì, dopo tutte le telefonate e le ricerche che aveva fatto, l'unica cosa che sarebbe ancora stato in grado di fare era dormire.

«Sì. E ora faremo meglio ad andare a dormire, dato che domattina abbiamo il treno alle sei.» constatò Jeremy, osservando l'orologio che indicava le 23, ma quando riportò gli occhi su Fritz, non avendo ricevuto risposta, lo trovò addormentato, con un braccio penzolante dal divano, e l'espressione rilassata. Con uno sbadiglio Fitzgerald decise che fosse giunta anche per lui l'ora di andare a dormire, così si diresse in camera sua, indossò il pigiama e lasciò che il sonno lo avvolgesse nel suo tiepido abbraccio.

 

 

 

Il treno si dirigeva, veloce, verso la sua meta, mentre Jeremy osservava il paesaggio con la testa appoggiata al finestrino, mentre accanto a lui Fritz riposava accasciato sul sedile. Ce l'avevano davvero fatta: erano le 10;30 e ormai erano vicini alla loro meta, mancava solo mezz'ora di viaggio e poi sarebbe sceso da quel treno ritrovandosi in quella stazione che aveva lasciato sei anni prima, con Freddy che gli diceva che quella era una paura. Bhe, Pausa finita.

«Ohy, Fritz! Sveglia, tra poco scendiamo.»

«Cinque minuti...» disse Fritz, voltandosi dall'altra parte e... Cosa? Quello non era il suo letto! Aprì gli occhi e si guardò attorno. Oh, giusto, erano partiti.

«Pardon, me n'ero dimenticato.» disse con la voce impastata dal sonno, ridacchiando guardando la faccia rassegnata di Jeremy, l'arancione si stiracchiò per poi alzarsi e prendendo le valige dal ripiano dei bagagli, Jeremy prese la sua valigia e attraversò il corridoio della carrozza, seguito da Fritz fino ad arrivare davanti alle porte, attendendo che il treno si fermasse.

«Nervoso?» 

«Meno di quanto mi aspettassi. E tu...? Ah, no, tu sei praticamente euforico.»

«Tu manchi da sei anni, io da nove! Ammetto che forse un po' ne sentivo la mancanza. Appena avrò tempo, poi, andrò dai miei genitori. Saranno felicissimi!» esclamò Smith, spostando il suo peso da un piede a un'altro, quasi non vedendo l'ora di riabbracciare i suoi amici e parenti.

Il treno prese a rallentare e poco dopo si fermò, spalancaneo le sue porte.

«Andiamo.» disse Fritz scendendo con la sua valigia, mentre Jeremy rimase lì dov'era, gli occhi che osservavano la stazione che, durante gli anni, aveva avuto giusto qualche modifica, dovuta alla modernizzazione, ma era ancora perfettamente riconoscibile. Gli fece uno strano effetto.

«Jeremy!» lo chiamò frettolosamente Fritz, facendolo risvegliare dai suoi pensieri, e subito Fitzgerald lo raggiunse, allontanandosi dal treno.

«Who... È cambiata, non me la ricordavo così! I seggiolini in metallo prima erano in plastica, e lo schermo degli arrivi e delle partenze non era mega, ma solo un televisore piccolo e brutto su cui a malapena riuscivi a leggere! È migliorata parecchio.» notò Fritz, facendo scattare i suoi occhi da una parte all'altra della stazione per non notare ogni cambiamento, mentre quel treno che gli aveva condotti lì, ripartiva. Jeremy guardò verso il binario opposto a dove si trovavano ora, si trovava da quella parte quando era partito, per un attimo gli sembrò di rivivere quel momento, una stazione praticamente isolata - non come in quel momento che c'era un continuo via vai - e lui e Freddy che parlavano, aspettando il treno. Solo allora si rese davvero conto che... Ne era passato di tempo. Forse anche troppo velocemente per rendersene davvero conto.

«Bhe, che aspettiamo? Andiamo, abbiamo una taxi da prendere.» disse, Fritz, e si diressero entrambi verso l'uscita della stazione, mentre la gioia di Fritz cresceva non contagiando in alcun modo il suo coinquilino, che pareva totalmente indifferente a quel ritorno.

Bhe, meglio l'indifferenza che il dolore dei ricordi. Presero il primo taxi disponibile, e partirono verso la loro casa, con Jeremy che guardava fuori dal finestrino, mentre Fritz chiamava il loro padrone di casa, scoprendo che l'uomo già li aspettava davanti essa e che non vedeva l'ora di conoscerli, e dopo essersi salutati la chiamata ebbe fine.

«Siete turisti?» chiese allora il tassista, guardando per un istante Jeremy attraverso lo specchietto retrovisore. 

«Sì, esatto.» gli rispose il castano, mentendo, smettendo di guardare fuori e prestando attenzione all'uomo.

«Allora dovete assolutamente andare al Feazbear una di queste sere, ragazzi! È il posto più frequentato da famiglie e bambini e-»

«Sì, abbiamo visto la pubblicità.» lo interruppe Jeremy, suonando forse più arrabbiato di quanto avresse voluto, mentre Fritz passava il suo sguardo preoccupato dall'uno all'altro, forse doveva intervenire.

«Ma ci andremo sicuramente, grazie del consiglio.» riprese, Jeremy, provando a riparare alla frase precendente.

«Lo perdoni, si è lasciato da poco con la fidanzata.» intervenne Fritz, dato che l'aria che cominciava a respirarsi pareva tanto disagio.

«Oh, ragazzo mio, ti capisco. Ma sei giovane e di bell'aspetto, ne troverai un'altra!» disse, nuovamente allegro, il tassista.

«Visto? Lo dice anche lui!» l'assecondò Fritz, mentre Jeremy scuoteva la testa, ormai abituato ai comportamenti del coinquilino, però dovette ammettere che gli aveva salvati da un viaggio in taxi pieno di tensione.

Poco dopo giunsero davanti casa, pagarono e scesero recuperando le loro valige, mentre il tassista incoraggiava Jeremy a restare fiducioso, che prima o poi tutto si sarebbe sistemato con la sua ragazza, Jeremy si era limitato a un grazie, poi la macchina era ripartita, lasciandoli soli.

«Potevi inventarti qualcosa di meglio!»

«Se tu imparassi a non essere indisponente con ogni essere che respira, non ci sarebbe nemmeno bisogno che io m'inventi qualcosa ogni volta per salvarci da situazioni imbarazzanti.» disse Fritz, offeso, gonfiando le guance come un bambino, e prima che Jeremy potesse rispondere, un uomo non molto alto e che pareva in sovrappeso gli si avvicinò.

«Voi dovete essere Smith e Fitzgerald, giusto?»

«Siamo noi, Signor Feazbear!» e a quel cognome Jeremy si soffocò con la sua stessa saliva, prendendo a tossire ripetutamente.  Feazbear? Aveva sentito bene? L'epressione dell'uomo parve farsi preoccupata, ma subito Fritz gli mise una mano sulla spalla, rasserenandolo.

«Sa, non gli avevo detto chi ci dava la casa e... È un grande fan della sua pizzeria, pensi che siamo qui praticamente per quella.» mentì nuovamente l'arancione mentre Jeremy si era ripreso e si avvicinava all'Imperatore delle Pizze.

«Scusate... Io-»

«Ah, ragazzo, non preoccuparti, posso capire la tua emozione nell'avere qui, davanti ai tuoi occhi l'Unico e il Solo Feazbear! Ma rilassati, va tutto bene.» lo rassicurò l'uomo con non poco orgoglio nella voce, facendo poi cenno ai due di seguirlo e li condusse alla casa poco lontana, facendogli entrare e visitare la casa, mentre nel petto di Jeremy si agitava pura ansia.

«Bhe questa è la cucina abitabile, come vedete ben attrezzata e molto grande, è come avere un salone con la cucina... Poi qui abbiamo il bagno, con doccia e vasca, e... Seguitemi, non siate timidi! Ecco qui abbiamo la camera da letto, con due letti singoli, comodini, lampade e armadio! Come vi sembra? Bhe, l'unica pecca di questa casa è sempre stata il non trovarsi in centro, i giovani vogliono sempre spostarsi facilme-»

«È perfetta, signor Feabear, la ringrazio per per averci concesso la casa nonostante il preavviso di solo un giorno.» ringraziò Fritz, facendo ridere l'uomo che battè una pacca sulla spalla del ragazzo.

«Ah, tranquilli, tranquilli, siete giovani, per me non è stato difficile mettermi nei vostri panni, ai miei tempi si chiamavano colpi di testa. E poi mi piacciono i tipi come voi, che prendono una decisione e la mettono subito in pratica! Io feci lo stesso con la mia pizzeria, quando ero l'unico a credere in quel progetto, e guardatela ora! Mai esitare ragazzi, mai!» spiegò brevemente l'uomo, conducendo poi tutti attorno al tavolo in cucina dove si diede il via alle questioni burocratiche, tra firme, contratti e soldi, un'ora volò via.

«Bene, ragazzi, abbiamo finito. Buona permanenza qui e se volete non esitate a fare una visitina alla mia pizzeria, io non ci sono quasi mai perchè ho sempre tanto da fare! Ma sarete i benvenuti in ogni caso! A presto, ragazzi.»

«A presto!» salutarono Fritz e Jeremy sulla soglia della porta, vedendo andar via l'uomo.

«Fermo. So che vuoi sgridarmi.» disse Fritz appena richiusa la porta, voltandosi verso Jeremy, portando le mani avanti in segno di difesa, notando i due occhi azzurri dell'amico ridotti a due piccole fessure rancorose.

«Quando stavi prendendo casa non hai pensato che  forse sarebbe stata un'idea orribile prendere la casa dal proprietario di quella pizzeria?» chiese, iroso, Jeremy.

«No!»

«No

«Ascolta: lui verrà qui una volta al mese, non ci vedremo mai, e poi non sa quello che hai fatto. O meglio, lo sa, ma non sa che eri tu sotto quella maschera»

«E se-»

«Come hai sentito passa pochissimo tempo al Feazbear, e non c'è nemmeno il pericolo che tuo padre lo venga a sapere tramite lui, primo: perchè il signor Feazbear è molto riservato e tiene ben diviso il lavoro dal personale, me l'ha detto lui stesso. Secondo: anche nel caso in cui pronunciasse il tuo nome a tuo padre - improbabile - tu saresti Jeremy Fitzgerald. Insomma, il cognome non è il tuo reale cognome e... Hai idea di quanti Jeremy ci siano al mondo? Quindi rilassati perchè questa tua reazione è dettata solo dalla paura.» gli spiegò, poggiandogli le mani sulle spalle e trovandole terribilmente rigide. Aver visto il signor Feazbear doveva averlo messo nel panico più totale, e probabilmente pure qualche ricordo spiacevole gli era tornato alla mente. Un leggero senso di colpa emerse allo Smith, sparendo quando vide l'amico rilassarsi.

«Va bene.» rispose il minore, sospirando sollevato dalle parole dell'amico. Effettivamente quel vecchietto non rappresentava alcuna minaccia, l'unica cosa che tale era sembrata a Jeremy era il suo nome. Freadbear.

«Ora: non perdiamo altro tempo, sistemiamo le nostre cose e poi prepariamoci per il pranzo che è quasi ora!» e forse era vero: senza quell'Uragano Arancione che gli girava attorno non sarebbe sopravvissuto un giorno in quella città.

   
 
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