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Autore: Blue Eich    04/04/2016    5 recensioni
Dopo essermi messa in gioco in modo tanto impudente non avrei potuto andarmene come se nulla fosse, sarebbe stato troppo umiliante, anche perché non era certo una cosa che facevo tutti i giorni, quella di spogliarmi davanti a uno strutturato, sperando che la cosa sembrasse sexy e non ridicola.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lexie Grey, Mark Sloan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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Teach me.
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Se l'amore non ti ha fatto commettere mai neanche la più piccola follia, vuol dire che non hai mai amato.” (William Shakespeare)

 

Era la cosa più folle e più sfrontata che mi fosse mai venuta in mente. Per questo esitavo, prima di aprire la porta bianca di quella camera dell'Archfield che mi separava da lui. Era più forte di me, avevo perso la testa, dovevo provarci. Se fosse andata male, almeno non avrei avuto rimpianti.

Presi un respiro profondo e suonai il campanello. “Sono bella, sono la reginetta del ballo, non può rifiutarmi” continuavo a ripetermi, ma erano solo parole di cui ero poco convinta, che servivano a farmi coraggio. Ormai era troppo tardi per tirarsi indietro: avevo dato fuoco alla miccia di una carica di esplosivi e dovevo aspettare il violento botto, non potevo più spegnerla.

Mark venne ad aprire. Fu piuttosto confuso di vedermi, ma come biasimarlo? Non si aspettava una mia visita in generale, figuriamoci a quell'ora; probabilmente credeva di star sognando.

«L'hai fatta parlare» dissi, semplicemente, mentre lui mi squadrava sconvolto da capo a piedi, per metabolizzare che fossi lì. «La signora Patterson ha detto “ciao”, ha parlato, tu l'hai fatta parlare.»

Continuava a guardarmi, e avevo come la sensazione che non stesse ascoltando una sola parola del mio discorso, da quanto era basito. Prima che potesse aprir bocca marciai con passo deciso all'interno della stanza e mi voltai verso di lui.

«I-Io ti rispetto, come uomo…» cominciai, gesticolando in automatico con la mano, mentre lui guardava aldilà della porta ancor più confuso. «Come chirurgo e come insegnante, ti rispetto.» Fu allora che si voltò. «Perciò… Insegnami» dichiarai, iniziando a togliermi il cappotto.

Lui rimase immobile per lo sconcerto e scosse leggermente il capo. «Che cosa fai?» sussurrò, mentre io mi chinavo per levarmi anche i tacchi. «Non farlo, fermati…»

«Insegnami» ripetei, con sicurezza, guardandolo negli occhi.

Lui chiuse la porta con uno scatto fulmineo e si avvicinò. «Smettila.» Suonava come un ordine, ma anche come una supplica, perché sapeva che non intendevo fermarmi. Per questo aveva chiuso la porta: sapeva che avrei continuato a spogliarmi finché fosse stato necessario e non voleva rischiare che qualcuno mi vedesse.

«Insegnami» ripetei ancora, sfacciatamente, finendo di togliermi le scarpe.

«Non possiamo farlo, tu sei la Piccola Grey e-e io ho promesso…» farfugliò di fretta, continuando a fissarmi, combattuto. «Sono il tuo insegnante.»

«Allora…» Mi sfilai la maglia a collo alto, senza smettere di guardarlo negli occhi. «Insegnami

«Ah, Lexie…» Sospirò, quasi come un lieve rimprovero, posandosi una mano tra i capelli brizzolati.

Io, che adesso indossavo solo un top lilla con i bordi di pizzo, continuavo a guardarlo intensamente. «Insegnami» insistetti un'altra volta, buttando a terra con noncuranza la maglia che ancora tenevo in mano. «Insegnami…» I capelli un po' spettinati mi ricadevano sulle spalle nude, quando incrociai le braccia per togliermi anche il top; rimasi in reggiseno e non avrei esitato a togliere anche quello, ma era la mia ultima arma e volevo aspettare a sfoderarla.

Vidi Mark sgranare gli occhi, perché era incredulo che l'avessi fatto davvero, che mi fossi servita davanti a lui su un piatto d'argento. Perché esitava così tanto? Emettei un breve sospiro frustrato: forse avevo avuto troppa fiducia in me stessa, forse non ero abbastanza per uno come lui. Magari si aspettava un seno più grande, delle gambe più belle o che so altro.

«Andiamo… Sono proprio male?» domandai, con un sorriso imbarazzato, abbassando fugacemente lo sguardo su di me, per poi ripuntarlo su di lui, dove rimase. Aspettavo che dicesse qualcosa, doveva dire qualcosa, qualunque cosa. Dopo essermi messa in gioco in modo tanto impudente non avrei potuto andarmene come se nulla fosse, sarebbe stato troppo umiliante, anche perché non era certo una cosa che facevo tutti i giorni, quella di spogliarmi davanti a uno strutturato, sperando che la cosa sembrasse sexy e non ridicola.

«No…» dichiarò Mark, senza esitazione. Attese qualche istante. «Sono io il male» concluse, avvicinandosi.

Lasciai che si chinasse su di me per baciarmi con passione; la sua mano andò a sfiorarmi la guancia e le ciocche di capelli che mi nascondevano il profilo dell'orecchio. Mi lasciai trascinare dalla foga del momento e anch'io gli poggiai una mano sul viso, ma entro poco la spostai, arpionandogli il collo. Era il bacio più dolce che avessi mai assaporato in vita mia, caldo, tempestoso, un bacio che stava mandando il mio cervello in tilt. La mia sicurezza era stata pericolosamente sull'orlo di vacillare per via della sua esitazione, ma ero riuscita a farlo cedere. Stavamo infrangendo la più grande delle regole e bastava questo per rendere il tutto più eccitante, più frenetico, come se potessimo essere scoperti da un momento all'altro. Gli alzai la t-shirt e staccammo le nostre bocche quel poco tempo sufficiente affinché riuscissi a levargliela e gettarla bruscamente via, assieme al resto dei miei indumenti stropicciati sparsi per il pavimento. Gli cinsi sensualmente il collo con le braccia, abbandonandomi del tutto a lui, così da sentire il contatto con il suo petto, muscoloso e bollente, dove avrei potuto crogiolarmi per ore. D'altronde c'era un motivo se il suo soprannome era Dottor Bollore.

Mark non smise di baciarmi, ma mi afferrò con delicatezza e impeto i polsi, per farmi indietreggiare insieme a lui. Mi diede una spinta leggera, ma decisa, in segno che ormai sapeva perfettamente ciò che stava facendo ed era convinto di volerlo fare. Tra la ragione e l'istinto, aveva vinto l'istinto.

Sentii le molle del letto cigolare sotto al mio peso e la mia schiena finì sul materasso, morbido e fresco, ancora intoccato. Lui era sopra di me, retto sui gomiti così da non schiacciarmi; le nostre bocche si continuavano a divorare di quei baci che cominciavano a togliermi il respiro e avvertivo sempre più caldo. Infatti fui davvero sollevata quando Mark, finalmente, si decise a slacciarmi piano i jeans e, altrettanto piano, li fece scivolare tra le mie gambe esili fino a levarli del tutto: un ostacolo in meno che ci separava. Adesso non poteva più dire di no, saremmo andati fino in fondo. Al diavolo la differenza di età, al diavolo il lavoro, al diavolo tutto. Le sue mani correvano su ogni centimetro della mia pelle, accarezzandola in un modo talmente lento e passionale che venivo scossa da piacevoli brividi. Entro poco, i nostri respiri e i nostri gemiti si confusero, diventando un mormorato sottofondo. Ci sbarazzammo in fretta degli ultimi vestiti. Non c'erano più insicurezze, eravamo noi stessi al cento percento e, beh, quella notte demmo il meglio.

 

Era stato fantastico. Non c'erano altre parole per descriverlo, se non fantastico. Avevo provato così tante emozioni intense da sentirmi svuotata, stanca. Partivo in vantaggio con la mia memoria fotografica, vero, ma ero certa che anche senza non sarei mai riuscita a dimenticare ogni minuscolo dettaglio di quella notte.

Dopo averlo fatto avevamo parlato per ore e la sveglia sul suo comodino, per quel che ne sapevamo, avrebbe potuto suonare anche da un momento all'altro.

Un'ennesima mia risata, breve e cristallina, riempì il silenzio; le mie armoniose labbra erano curve in un sorriso e la punta del mio naso sfiorava delicatamente quello di Mark, che mi stringeva tra le sue braccia erculee, che mi facevano sentire al sicuro da qualsiasi pericolo. Braccia dove avrei voluto rifugiarmi nei momenti difficili e cullarmi per dormire, sentendo il suo ritmico e leggero respiro, con la testa schiacciata sul suo torace atletico che si abbassava e alzava lievemente. Proprio come in quell'esatto momento.

«Buonanotte, Piccola Grey.»

«Buonanotte» risposi, in un sussurro appena udibile, chiudendo gli occhi. Se c'era lui, al mio fianco, potevo addormentarmi tranquilla. Era come se quello fosse il mio posto e forse poteva apparire sciocco, dato che lo conoscevo da così poco… Ma sentivo di amarlo. Non era solo sesso, anche se quello era fantastico, per carità, il sesso migliore che avessi mai fatto. Il punto era che con lui stavo bene. Così bene da desiderare che quella notte magica non avesse mai fine. Volevo che quelle braccia forti avvolgessero per sempre il mio corpo nudo e minuto, continuando a trasmettergli un rassicurante calore, su quel letto dalle lenzuola beige ormai spiegazzate che ci coprivano, in quell'anonima camera d'hotel avvolta dal buio.

 


 

Angolo Autrice
Eccomi tornata con un'altra idea Slexie che mi frullava in testa. Non è il massimo dell'originalità, ma mi sono divertita a trascrivere questo sfacciato momento clou e provare marginalmente a continuarlo.
Dovevano andare molto più a fondo di così, ma mi è sembrato giusto fermarmi qui :)
Spero che vi sia piaciuta.
Alla prossima!
-H.H.-
 
   
 
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