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Autore: Defective Queen    03/04/2009    3 recensioni
Due ragazze, con diverse personalità e passato, si incontrano e diventano amiche, anche se sono entrambe due bugiarde e il loro rapporto non è mai quello che sembra.
Kate è straordinariamente bella, viziata, popolare con il sesso opposto e la reginetta (solo apparentemente) superficiale della scuola. Si dimostra gentile e amichevole con tutti, ma in realtà cova dentro di sè rancore verso gran parte delle persone e una glaciale freddezza nei rapporti umani. Roxanne ama disegnare ed essere eccentrica. Imbranata, testarda e sensibile, appena trasferitasi dalla Florida conquista al primo colpo tutti gli amici di Kate, e quest'ultima non può fare a meno di sentirsi minacciata dalla sua crescente popolarità.
Una volta che Roxanne entra nella sua vita, però, Kate cerca più di ogni altra cosa di continuare ad odiarla, ma i suoi sforzi ben presto si rivelano vani.
Questo, e molto altro, è "Beauty is the Beast".
Genere: Drammatico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Allora, lo so che il promo era diverso…ma semplicemente ho iniziato a scrivere una cosa e ho finito per scriverne un’altra…ho preferito suddividere tutto il materiale due capitoli, altrimenti il prossimo sarebbe stato troppo lungo, quindi penso di averv

Allora, lo so che il promo era diverso…ma semplicemente ho iniziato a scrivere una cosa e ho finito per scriverne un’altra…ho preferito suddividere tutto il materiale due capitoli, altrimenti il prossimo sarebbe stato troppo lungo, quindi penso di avervi facilitato in qualche modo la lettura.

Tutti i discorsi in questo capitolo sono molto importanti, perché vengono menzionati in seguito o ripresi spesse volte da Kate. Non è il capitolo d’azione che vi avevo promesso, ma sarà il prossimo e questo è SICURO, quindi il promo seguente è per il capitolo 17, non il 16.

Abbiate un po’ di pazienza…dovrei riuscire a finire il prossimo capitolo entro mercoledì prossimo, ovvero prima di andare in gita…se non dovessi farcela per fortuna ci sono le vacanze di Pasqua!

Magari potrò avervi annoiato con questi due capitoli più riflessivi e di transizione, ma vi prometto che nel prossimo troverete tanti intrighi e colpi di scena (sperando di saperli scrivere decentemente) in modo da rimediare a tutte le mie pecche precedenti!

Un grazie infinito va a ninfea306 e balakov, che sono sempre molto perspicaci nel recepire le dinamiche interne dei personaggi e mi regalano tanta soddisfazione con le loro recensioni.

 

Ed ecco finalmente il fantomatico PROMO del CAPITOLO 17 nella sua versione DEFINITIVA:

 

Sospiri soffocati sulla bocca di uno sconosciuto.
Mani nei capelli che scorrono morbidi tra le dita.
"Sei la mia forza, Kate".
Lei non lo avrebbe saputo mai.

 

Alla prossima!

EDIT: Sono in hiatus fino alla fine della scuola...mi dispiace per chi aspettava l'aggiornamento, ma sono molto impegnata.

 

***

 

 

Il vento le spingeva i capelli in bocca, ma le sue labbra non riuscivano a chiudersi.

Con il cuore che batteva all’impazzata, notò una chioma bionda, davanti a sé, sobbalzare allo stesso ritmo dei suoi passi affrettati.

Continuò a sorridere come un’idiota.

“Questa è la libertà”, pensò Roxanne.

E continuò a crederlo per molto altro tempo.

 

31 maggio

 

 

Eccomi qui per ricapitolare le giornate da mercoledì ad oggi, ovvero venerdì. C’è un bel po’ da dire, perciò non mi perderò in inutili sproloqui, ma passerò direttamente ai fatti.

Dopo la stupida vicenda delle Gallinelle, non è successo poi molto a scuola. Loro mi stanno attaccate come sempre, mugugnando di tanto in tanto qualche lamento a cui non faccio proprio caso.

Ma seriamente, come pensavano di poter riuscire ad accedere a Princeton, una delle maggiori università d’America e del mondo?

Quando pochi mesi fa avevano pronunciato quel discorso di lealtà nei miei confronti, promettendo di seguirmi persino in capo al mondo, pensavo sul serio che scherzassero.

Talvolta nemmeno io sono consapevole dell’estensione della loro idiozia. Magari sotto questo punto potrei anche sottovalutarle.

Eppure la fine della scuola si avvicina e il miraggio del college non sembra poi così lontano.

E’ proprio per questo che Justin deve aver avuto la strepitosa idea di organizzare una serata in discoteca per tutti gli studenti dell’ultimo anno che vogliono parteciparvi. Un modo per dare l’addio definitivo agli anni dell’high school, prima di intraprendere delle strade differenti nella propria vita.

C’è anche chi l’ha definito un anti-ballo di fine anno, visto che quello vero è già avvenuto prima delle feste natalizie, per godere del suggestivo scenario innevato.

Io ho accettato di buon grado l’idea, coinvolgendo più persone possibili. Non ci si può divertire se si è in pochi, d’altronde.

Le Gallinelle si sono dimostrate altrettanto entusiaste e si sono subito date da fare per la creazione degli inviti.

Mercoledì mattina, uscendo dal bagno, mi sono scontrata con Roxanne che si stava precipitando affannosamente fuori da un’aula.

«Dove stai andando?», le ho chiesto un tantino perplessa.

Correre per i corridoi non è affatto educato.

Lei non mi ha risposto, mimando con le mani il segno “dopo”, per poi rigirarsi e continuare la sua corsa.

L’ho guardata andar via un po’ corrucciata.

«Allora viene anche Anne, vero?», mi hanno chiesto in coro le Gallinelle a pranzo.

Patty Mason ed Eve Morrison, le amichette della Miller, consumavano il loro pranzo da sole ai margini della mensa con una patetica espressione in viso.

«Ma certo», ho risposto, senza nemmeno averlo chiesto alla diretta interessata, «preparate un invito anche per lei.»

«Ci pensate? Tra qualche settimana la scuola terminerà…», ha sospirato Nancy.

«…E noi non vedremo più Kate!», le si è accodata Sally, ricevendo delle esclamazioni accorate di assenso dalle altre due.

«Non parlate di me come se stessi per morire, per favore», ho commentato esasperata da quelle patetiche scenette, «E poi abbiamo ancora tutta l’estate davanti…non mi trasferirò poi così all’improvviso.»

A quelle parole ho visto Rita animarsi all’improvviso e battere vivacemente le mani come una foca ammaestrata. «Ho avuto un’idea!»

Tale esclamazione non indicava niente di buono in arrivo, ma le sue simili si sono accese di eccitazione, domandando con frenesia: «Cosa? Cosa

Rita ci ha guardate con occhi carichi di suspance, malgrado io indossassi un’espressione enormemente annoiata in viso.

«Che ne dite di partire per una bella vacanza all’estero quest’estate? Solo noi cinque…no, oppure potremmo invitare anche Anne! Così potremmo stare tutte un po’ assieme prima che Kate ed Anne inizino il college!»

Prevedibilmente, la proposta è stata accolta con estatici gridolini da parte delle altre tre. Io mi sono limitata a sbuffare.

«Kate! Tu verrai, vero?», mi hanno chiesto con frenesia.

«Sì, certo», ho borbottato senza farci nemmeno caso. Quella sarebbe stata solo una delle tante promesse che non avrei mantenuto.

«Evvai! RiRì sei un genio!», ha esclamato Ashley, rivolgendosi a Rita con uno dei loro patetici nomignoli.

Per completare il quadretto si sono abbracciate con tanta dolcezza da far venire il diabete.

Un minuscolo sorriso è spuntato inconsciamente agli angoli delle mie labbra.

Certo. Rita si riconfermava la più intelligente del gruppo, ma elevarla a rango di genio era alquanto esagerato.
Nonostante tutto, ho lasciato che si godesse il suo vano momento di gloria, per quanto ciò potesse contare.

Più tardi ho incontrato Roxanne solo alla lezione di francese, dove è arrivata appena un secondo prima che il professore iniziasse a spiegare.

Tenendo il capo basso e lasciando che i suoi lunghissimi capelli sciolti le coprissero il volto, è scivolata in uno degli ultimi banchi, cercando di mantenere l’anonimato.

Ho passato un po’ di tempo a chiedermi come mai fosse così sfuggente, ma ho ricevuto la mia risposta solo due ore dopo.

All’uscita da scuola ho salutato le Gallinelle e sono andata a prendere un taxi. Mentre attraversavo il cancello, però, ecco arrivare alle mie spalle un’ombra che mi ha causato un grande spavento.

Si trattava di Roxanne, che si è scusata per lo scherzo con un timido sorriso, grattandosi la nuca in un gesto infantile.

«Ho voglia di frappè», ha dichiarato un momento dopo senza nemmeno dire “Ciao”, «vuoi venire con me? Conosco un posticino non molto lontano da qui che ne fa di buonissimi.»

Non avendo altro da fare ho accettato l’invito.

«Cos’è successo stamattina?», le ho domandato allora, camminando accanto a lei.

Roxanne si è sistemata meglio la borsa a tracolla sul fianco, addrizzando al tempo stesso la gonna dell’uniforme.

«A dire il vero, stavo scappando da Gutierez…», ha detto.

«Da Gutierez? E perché?», ho domandato, curiosa.

«Dovevo consegnargli un documento…ma l’ho perso. E sai com’è Gutierez in questi casi: se l’avesse saputo mi avrebbe fatto una paternale infinita, perciò…appena si è distratto sono scappata», ha mormorato Roxanne, guardandosi sospettosamente intorno per assicurarsi che l’assillante professore non fosse nei paraggi.

Io ho riso di gusto.

«Sei davvero strana», ho commentato divertita, «ma questo te l’avevo già detto, vero?»

Roxanne mi ha lanciato un’occhiata di sbieco; un’occhiata piuttosto ambigua.

«No, non me l’avevi mai detto.»

Ho chiuso la bocca di scatto, come se mi fossi morsa la lingua.

All’improvviso non sapevo più cosa dire.

Dopo pochi minuti di ambiguo silenzio, siamo arrivate al “posticino” consigliato da Roxanne e ci siamo sistemate in uno dei tavolini posti all’esterno. All’interno, il locale era davvero un buco, ma tutto sommato ben curato.

«Cosa? Non ci sono frappè al mango?», ha domandato Roxanne poco dopo alla cameriera, mentre ordinavamo.

«No, mi dispiace. Però potresti provare quello al kiwi…»

«No, se non c’è il mango non mi piace», ha risposto Roxanne con un broncio di testardaggine, «prendo un caffè allora.»

«Bene, per te?», ha domandato la signorina poi rivolgendosi a me.

«Un tè alla pesca», ho risposto prontamente.

Roxanne, quando la cameriera si è allontanata, ha sbuffato, afflosciandosi sul tavolino. I lunghi capelli mogano le hanno sommerso completamente il viso.

«Uffa, volevo il mio frappè al mango…», il suo mormorio era abbastanza soffocato.

Osservandola di sottecchi, mi sono resa conto che non ricevevo più la stessa impressione di sempre guardandola. C’era qualcosa che non andava.

Oppure era solo la mia immaginazione?

La cameriera è arrivata con le ordinazioni e Roxanne si è subito ricomposta.

Ha aperto tre bustine di zucchero, svuotandole completamente nella sua tazzina.

Io ho annusato brevemente il mio tè, prima di prenderne un sorso.

«Sai, stavo pensando che…la vita è come il caffè», Roxanne ha interrotto quel pacifico silenzio.

Io le ho puntato gli occhi addosso, con un’espressione estremamente confusa.

Lei ha sorriso brevemente. Troppo brevemente.

«Sì, dai, non guardarmi così. Segui il mio ragionamento: il caffè è originariamente amaro, no? Proprio come la vita, finché non lavori sodo per aggiungerci dello zucchero. E più fatichi, più zucchero avrai per rendere più dolce la tua esistenza!»

Ho sbattuto le palpebre, se possibile ancora più perplessa di prima.

Roxanne non ci ha fatto caso. Il capo chino sul suo caffè, continuava a zuccherarlo, rigirando il liquido nella tazzina con un cucchiaino.

«Certo, però, che se il caffè è pessimo sin dall’inizio, malgrado tutti i nostri sforzi non avrà mai un buon sapore…»

Io ho mandato giù un altro po’ di tè, sperando che mi permettesse di seguire meglio quel delirio.

«E se a qualcuno il caffè piacesse amaro?», ho domandato, sforzandomi di comprenderla.

Roxanne ha sgranato gli occhi, come se non potesse concepire una cosa del genere: «Allora è semplicemente un masochista!»

Ho provato a trattenermi, ma non ce l’ho fatta. Sono scoppiata a ridere e le sue labbra si sono increspate in un sorrisetto complice.

«Devo ammettere che sentirti dire: “la vita è come il caffè”, mi ha davvero spaventata…ma potrebbe essere una teoria interessante», ho commentato, stranamente ilare.

«Visto?», ha detto Roxanne, con un ghigno. Poi ha mandato giù un sorso del suo caffè iper zuccherato.

«Però non credo che aggiungere dello zucchero dipenda solo da noi, comunque», ha continuato dopo poco, «Ci possono essere un sacco di imprevisti esterni che rendono la nostra vita amara e, per quanto ci si sforza, certe cose non le puoi cambiare. Questo caffè, per esempio, è ancora amaro. Ci vorrebbe un’altra bustina di zucchero.»

«Ne hai già aggiunte tre», le ho ricordato.

«Sinceramente non riesco a sentire la differenza», ha replicato. Il suo tono mi è sembrato stranamente cupo.

Mi sono ammutolita.

«E’ qualcosa di sottilissimo…come il confine che separa il fuggire dal correre. Secondo te qual è la differenza in questo caso?»

Un tranello? Una domanda a trabocchetto?

Non riuscivo a capire cosa stesse cercando di chiedermi attraverso tutti quei giri di parole.

Così le ho risposto il più sinceramente possibile: «In apparenza non c’è alcuna differenza. L’atto è lo stesso, ma la motivazione no. Si fugge sempre da qualcosa che ci tormenta, che vogliamo evitare, invece possiamo correre anche solo per passatempo.»

«E’ vero», ha commentato, «però vorrei che la differenza fosse più netta. Così da non pensare di star fuggendo anche in questo caso.»

Poteva trattarsi di una metafora che ricalcasse la sua realtà?

«Perché pensi di star fuggendo?», le ho domandato, senza riuscire a trattenermi.

Qualcosa mi diceva che in quel momento avrei potuto chiederle qualsiasi cosa e lei mi avrebbe risposto sinceramente, senza remore.

«Perché per me ormai è diventata un’abitudine: sono scappata di casa dopo quello che è successo con…Liam», era la prima volta che lo nominava in mia presenza dopo tutto quel tempo, «e sto scappando ancora…accettando l’ammissione a Princeton.»

«Ma trasferirsi in un altro stato per motivi di studio non equivale a scappare», le ho ricordato.

Poi improvvisamente ecco riemergere dalla mia mente quelle parole che avevo origliato durante una conversazione a cui non avrei mai dovuto assistere: «Io non tornerò più a Miami; ho già preso la mia decisione. Tra pochi giorni arriveranno le conferme di ammissione dalle Università a cui Madison ha fatto domanda per me. Sceglierò quella più lontana.»

Roxanne ha scosso la testa, lasciando che alcune ciocche mogano le scivolassero sugli occhi: «Sto scappando, lo so benissimo. Ma che altro posso fare?»

«Hai un obiettivo, vero? Vedi qualcosa di fronte a te a cui vuoi assolutamente arrivare, giusto?», ho domandato, allora, all’improvviso.

Roxanne ha spalancato gli occhi. Adesso era il suo turno di essere confusa.

«Sì, ma…»

«Allora non stai scappando. Stai solo correndo verso il tuo futuro. E’ questa la differenza», ho insistito con determinazione.

Roxanne mi ha guardato per un po’, pensierosa.

Dentro di me sapevo cosa mi aveva spinta a dire quelle cose.

Anche io voglio gettarmi alle spalle il mio passato e se questo equivale a fuggire come una codarda, non ammetterei mai di esserlo.

Ma oltre a qualcosa da cui voglio allontanarmi, ho qualcosa verso cui dirigermi.

E’ questo quello che conta, giusto?

«E sei sicura che questo ragionamento si possa applicare anche a me?», ha domandato poi lei.

Io l’ho guardata stordita, senza sapere cosa dire.

«Come fai a dirlo?», ha ripetuto, accentuando lo scetticismo nella sua voce.

«Perché ti conosco», ho risposto subito. Quella era l’unica cosa che mi fosse venuta in mente.

Roxanne non sembrava ancora soddisfatta.

Era come se si fosse intestardita persino sul fatto che stesse fuggendo dai suoi fantasmi e non accettasse un’altra risposta, malgrado la cercasse avidamente.

«E quale me conosci?», mi ha domandato allora.

Carte scoperte. Una bugiarda che ammette la sua natura. Un sorriso onnipresente che si frantuma.

Ma io potevo capirla. Perché anche io combatto questa battaglia: una battaglia tra la vera me stessa e quel fantoccio allegro che mostro agli occhi del mondo.

«Le conosco tutte», ho detto, lanciandole un’occhiata asciutta, «tra qualcuna di queste deve pur esserci quella vera, no?»

La Roxanne che piange per il suo amore impossibile. La Roxanne che fugge, ma trova al tempo stesso il modo di andare avanti. La Roxanne che disinfetta le mie ferite nel cuore della notte. La Roxanne bambina. La Roxanne che ha già sbagliato troppe volte. La Roxanne assurdamente testarda. La Roxanne che risolleva il mio umore. La Roxanne che agisce da intermediario tra me e le Gallinelle. La Roxanne che adora sua sorella. La Roxanne che quando beve alcolici diventa ubriaca d’affetto. La Roxanne che disegna solo quello che per lei ha un’anima. La Roxanne che va pazza per i dolci. La Roxanne adorata, la Roxanne invidiata. La Roxanne dai lunghi capelli mogano sciolti o legati in una treccia. La Roxanne con gli occhiali o senza. La Roxanne secchiona. La Roxanne a suo agio in metropolitana. La Roxanne a cui tremano le mani. La Roxanne alla guida di un’enorme jeep. La Roxanne che scrive di volermi bene. La Roxanne a cui piace divertire raccontando storie assurde. La Roxanne che pensa in modo differente. La Roxanne minuta che annega in una grossa felpa colorata. La Roxanne pigra che indossa una tuta sotto l’uniforme. La Roxanne che mente, ma non lo fa mai solo per se stessa.

Posso dire senza dubbio di conoscerle tutte.

Mi sono alzata in piedi, facendo strisciare la mia sedia all’indietro con un suono spiacevole.

La Miller, totalmente atterrita dalla mia ultima affermazione, continuava a fissarmi sorpresa.

Il suo caffè troppo poco zuccherato si era ormai completamente raffreddato.

«Andiamo?», ho detto, dirigendomi verso il bancone del bar per pagare.

Annuendo appena, lei mi ha seguita ubbidientemente senza dire una parola.

«Ah…e questo sabato andremo in discoteca, ci sarai, vero?», le ho chiesto all’istante.

Ero ben consapevole che fosse ancora un po’ scioccata dalla mia affermazione, ma volevo alleviare tutta quella tensione.

Quale modo migliore che cambiare argomento, quindi?

Per un momento Roxanne mi ha guardato con degli occhi allucinati.

Ah già, lei non sapeva nulla dei nostri programmi…

«Prima della cerimonia della consegna del diploma, abbiamo deciso di passare una serata in discoteca, come addio ai tempi della scuola», ho spiegato, ciarlando in modo naturale per far sì che smettesse di avere quell’espressione sbigottita.

«Oh…», ha mormorato lei, sempre con lo sguardo basso, raccogliendo con perizia degli spiccioli dal suo borsellino per saldare il conto.

«Ovviamente tu ci sarai», ho asserito categorica, «Ho fatto già preparare l’invito dalle Gal-ehm, dalle altre…perciò l’unica cosa che ci resta da fare è trovare un abbigliamento adatto per l’occasione!»

Roxanne ha riso lievemente, lasciando che le sue guance si tingessero appena di rosa e la sua fronte smettesse di essere contratta.

«Vuoi davvero farmi credere che, pur avendo un armadio grande quanto una stanza, hai davvero bisogno di comprare un altro vestito?», ha domandato ironicamente.

Sollevata dal vederla nuovamente sorridere, le ho risposto incurvando furbamente le labbra in un ghigno.

«Ma certo. Tutti i vestiti che ho, li ho indossati almeno una volta e ho bisogno di qualcosa di nuovo. E’ un evento epocale, dopotutto. E’ la festa d’addio alla nostra adolescenza.»

Roxanne ha alzato le sue iridi blu su di me, lanciandomi una strana occhiata.

L’ho vista aprire la bocca un paio di volte, come se cercasse di dire qualcosa, per poi condensare tutti i suoi sforzi precedenti in un unico solitario sospiro: «Già.»

«E ovviamente dovremmo trovare qualcosa anche per te», ho ripreso a dire, ignorando volutamente la sua aria tutto ad un tratto pensierosa, «però…forse ho un’idea.»

Roxanne mi ha fissata sinceramente incuriosita, «Che intendi?»

«Lo vedrai», ho replicato suadente.

«Va bene. Ma mi rifiuto di passare tutto il pomeriggio impegnata in una staffetta da negozio a negozio», ha dichiarato categorica.

Io le ho fatto un occhiolino complice, sfruttando tutta la mia avvenenza: «Oh certo, non temere.»

Roxanne, per ovvie ragioni, non è sembrata affatto convinta dalle mie parole.

Il giorno dopo, dunque, ho dovuto trovare una scusa per trascinarla con me in uno shopping sfrenato. Fortuna che, se presa adeguatamente per la gola, Roxanne sa essere davvero un’ingenua.

«Lo sai che ho trovato un bar che fa dei buonissimi frappè al mango?», ho buttato lì con noncuranza, durante il pranzo.

Roxanne ha lasciato cadere il muffin che era intenta a divorare per la sorpresa.

«Davvero?!», ha esclamato troppo velocemente, per poi iniziare a tossire. Probabilmente, per la troppa foga, un pezzo del suo dolce doveva esserle andato di traverso.

«E’ vero. Si trova vicino alla stazione e molte persone me l’hanno consigliato», ho risposto con affabilità.

«Frappè?», ha domandato Ashley.

«…al mango?», le si è accodata Nancy.

«Esatto».

Quante volte avrei dovuto ripetermi?.

«Lo voglio anche io!», ha esclamato Sally, seguita a ruota dalle altre.

«Sì, anche io!»

«Pure io!»

Ho pensato seriamente di cambiare il loro nome il Pecorelle, piuttosto che Gallinelle, perché hanno il dannato vizio di accettare qualsiasi proposta, senza nemmeno pensarci su. Come un gregge indisciplinato e confuso si accodano alla prima di loro che prenda l’iniziativa, seguendola ciecamente come se fosse il loro perduto pastore (okay, adesso magari mi sto lasciando andare troppo a similitudini bibliche, quindi farei meglio a smetterla).

«Allora andiamoci tutte insieme!» Roxanne ha colto al volo quella proposta, piuttosto contenta.

«Certo! Come faremo quest’estate!», è intervenuta Rita, pienamente sostenuta dalle sue compagne che annuivano con feroce convinzione alle sue parole.

«Quest’estate?», ha domandato Roxanne, dubbiosa.

Ah, giusto…le avevo detto della serata in discoteca, ma avevo tralasciato questo piccolo particolare. Infondo nemmeno io avevo intenzione di andarci, perché avrebbe dovuto farlo lei?

«Non te l’ha detto Kate?», ha domandato Sally, rivolgendo verso di me due orbite acquose, circondate da palpebre pesantemente truccate.

Io non ho risposto, portando con artificioso stupore una mano alla bocca, fingendo di essermene completamente dimenticata.

«Quest’estate abbiamo in programma di partire per un viaggio in Europa…tutte insieme…che ne dici?», le ha chiesto Rita, ovvero la persona che aveva avuto quella meravigliosa idea.

Roxanne sembrava esser stata presa in contropiede.

Odiavo quell’espressione confusa che rivolgeva a chiunque le chiedesse qualcosa.

Era come se avesse iniziato a vivere con la mente in un altro mondo e ogni tanto lo abbandonasse per dare una pigra occhiata a quello che succedeva sulla terra, dove il suo corpo si trovava.

Mi infastidiva enormemente.

«Roxanne verrà», ho dichiarato, allora, «Andremo tutte e ci divertiremo da pazze, giusto?»

Come previsto, alle mie parole le Gallinelle si sono infuocate di gioia. Bastava così poco a farle felici!

Roxanne, immobile, alle loro spalle, mi ha fissata con uno sguardo indecifrabile per qualche secondo.

Sapevo di averla intrappolata tra la sua voglia di indipendenza e lo spirito da crocerossina così profondamente insito in lei.

Di fronte a tanto entusiasmo, non si sarebbe mai tirata indietro. La sua natura glielo impediva categoricamente. Le impediva di deludere qualcun altro. Le impediva di crearsi nemici. Le impediva di liberarsi da questo circolo vizioso di disperata ricerca d’amore e comprensione altrui.

Anche io, d’altra parte, mi ero intrappolata con le mie stesse mani.

Avevo ormai aderito ufficialmente a uno stupido progetto, ideato da menti stupide, per perdere stupidamente il mio tempo.

Ma Roxanne sapeva e continuava a guardarmi, scavando all’interno della mia pelle.

«Va bene», ha risposto dopo un po’, esibendo un sorriso praticamente perfetto: una dose esatta di solarità, di luccichio di denti e di occhi dolcemente socchiusi e piegati all’insù.

«Non avevo comunque intenzione di tornare a casa per l’estate», ha dichiarato, «Anche perché il contratto di lavoro di Madison scadrà alla fine del prossimo mese e quindi ci saremmo trasferite nuovamente a Miami attorno a quel periodo.»

«No, Anne, non andare! Vieni con noi! Ci divertiremo!», ha cercato di convincerla Nancy, sfoggiando due occhioni da cucciolo.

«Sì, sì, dai!»

«Va bene, ragazze! Ho detto di sì!»

Il sorriso di Roxanne risuonava assieme alle risatine delle Gallinelle, in un ensemble di segreti e falsità mai svelate.

Disgustata da quella scena ho abbassato la testa, lasciando che i capelli coprissero il sorriso amaro che era spuntato sulle mie labbra.

Roxanne aveva deciso di continuare a scappare e io le avevo appena dato l’occasione per farlo ancora.

 

«Oddio! Oddio, aspetta! Oh! La prego, mi scusi…Ma insomma! Dobbiamo per forza continuare a camminare in questo modo?!», ho domandato infuriata.

Le Gallinelle, assieme a Roxanne, ridevano divertite, come se a loro la cosa non importasse.

Mi avevano presa a braccetto da ambo i lati e avevano insistito perché camminassimo tutte in fila lungo il marciapiede. Ovviamente, per i passanti non era facile evitare sei persone che bloccavano totalmente il passaggio, e molte persone mi erano venute addosso spinte dalla folla. Agli uomini non dispiaceva affatto quel contatto, anzi, ma le donne sempre più spesso ci gridavano contro di stare più attente.

Abbassando il capo imbarazzata e umiliata, continuavo a chiedere scusa a tutti coloro che urtavamo per sbaglio, visto il totale disinteresse delle altre.

Stavo decisamente per avere una crisi di nervi.

«Oh, Kate, rilassati! Dopotutto sei anche riuscita a trovare il vestito che cercavi, no?», ha cantilenato Roxanne, alla destra di Ashley.

I suoi cambi di umore erano diventati talmente repentini da farmi girare la testa.

«Ti stai vendicando, vero? Ti stai vendicando perché non siamo riuscite a trovare il tuo benedetto frappè al mango, giusto?», l’ho accusata, senza riuscire a reprimere la mia indignazione.

L’idea di andarcene in giro a braccetto, d’altronde, era stata sua.

«Mannò», mi ha canzonato lei, avanzando soddisfatta tra Ashley e Nancy, «non ce l’ho con te perchè mi hai trascinata per negozi per più di tre ore - come avevi promesso di non fare - e nemmeno per il frappè che mi avevi assicurato avremmo sicuramente mangiato…no, questo no!»

«Come puoi pensare una cosa del genere, Kate! Anne non sarebbe mai in grado di prendersela con nessuno!», l’ha subito difesa Sally, senza afferrare il paese tono ironico usato precedentemente dalla Miller, «Però anche io volevo assaggiare quel frappè!»

A lei si sono accodati altri sonori lamenti di disappunto delle Gallinelle.

Io ho scosso la testa per l’esasperazione, senza riuscire a camuffare il ghigno apparso sulle mie labbra.

Immagino che qualche volta anche a me tocchi subire delle pene per le mie malefatte…e se un centinaio figure di merda possono assolvere la mia anima, chissà che io non finisca persino in paradiso!

«Sei troppo rigida e pignola», ha ripreso a dire Roxanne con un tono fin troppo onesto, «Ti devi lasciare andare! Non pensare a tutte le persone con cui ti scontrerai, ma semplicemente concentrati sulle tue gambe! Lasciati trasportare da loro!»

«Le mie gambe si muovono automaticamente verso la soluzione meno problematica per me, ovvero prendere un taxi e allontanarmi semplicemente da tutta questa folla», le ho risposto puntigliosamente, abbastanza infastidita dalla sua affermazione.

Lei si è voltata verso di me e mi ha sorriso, piano, sollevando appena i bordi delle labbra.

Il suo sguardo brillava di una scintilla bonaria e indulgente, quasi affettuosa: «Lo so. E’ per questo che te l’ho detto. Perché ti conosco.»

Se accanto a me non ci fossero state Ashley e Nancy che mi trascinavano quasi di peso, mi sarei fermata di botto in mezzo alla strada. Ero completamente ed assurdamente scioccata.

E poi ho ricordato le mie parole.

“Le conosco tutte”

E le sue parole.

“Perché ti conosco”

Non era un’affermazione, ma semplicemente una risposta lasciata in sospeso.

Avevo perfettamente capito cosa voleva dirmi: non ero solo io a conoscere tutte le sfaccettature del suo carattere, anche lei aveva imparato a capirmi col tempo.

Eppure non me n’ero mai accorta.

Io avevo sempre tenuto d’occhio Roxanne; una stupida ragazzina che un bel giorno era piombata nella mia vita e l’aveva stravolta totalmente.

Dapprima avevo cercato di liberarmene, è vero, ma lei, in qualche modo, era riuscita a far sì che l’accettassi nella mia cerchia di amicizie e imparassi persino a tollerare la sua presenza.

Ero stata io ad analizzare ogni mossa di Roxanne, impegnata a scovare qualche informazione che potesse smascherarla di fronte agli occhi del mondo, verso il quale si presentava con un visetto da bambina innocente e così buona da far venire il diabete.

Io avevo passato quegli ultimi mesi con la costante ossessione che lei volesse privarmi della mia popolarità e del mio status e sempre io ero riuscita a scoprire i suoi più oscuri segreti. Come poteva lei sapere altrettanto di me?!

E soprattutto cosa sapeva di me?

L’improvviso clacson di un’auto mi ha fatto trasalire.

Ho alzato gli occhi solo per vedere un uomo inveirmi contro, senza capirne tuttavia il motivo.

«Kate!», hanno gridato le altre, sbracciandosi nella mia direzione. Si trovavano sul marciapiede opposto. Ero rimasta indietro e non me ne ero nemmeno accorta.

“Dio, ma dove ho la testa?”, mi sono detta, scusandomi nel frattempo con l’autista che alla vista del mio sorriso si è rabbonito notevolmente. L’ho visto sbuffare lievemente e rimettersi alla guida in modo più calmo.

Dopo aver attraversato lo spazio che mi separava da loro, Roxanne, abbandonando il braccio di Ashley e Nancy mi è venuta incontro porgendomi una mano con un sorrisetto canzonatorio: «Andiamo! Dammi la mano così non ti perderai!»

Mi stava prendendo in giro, trattandomi come una poppante, solo perché mi ero distratta per un attimo.

Le ho restituito uno sguardo glaciale. Avrei potuto fare l’offesa e stare al suo gioco…ma non l’ho fatto.

Volevo smettere di essere quella rigida e pignola per dimostrarle che non mi conosceva.

Volevo farle capire che le sue erano solo illusioni: io non sono mai stata compresa facilmente.

Tutti sono all’oscuro del mio carattere e, sebbene siano abituati a qualche mio capriccio, non hanno mai avuto idea di cosa mi passi per la testa. E non lo sa nemmeno lei.

Non può saperlo lei.

E dovevo farglielo capire.

Così, ho deciso di fare qualche cosa di nuovo ed inaspettato.

Ho afferrato quella piccola mano dalle dita mangiucchiate tesa a mezz’aria e l’ho stretta tra le mie.

Poi ho iniziato a correre.

«Ferma! Piano! Oh mamma!», ha esclamato Roxanne, arrancando in difficoltà dietro di me.

Ho alzato il mento, sentendo i capelli frusciare accompagnati dalla brezza prodotta dalla velocità.
Adoro il vento.
Mi fa sempre sentire in qualche modo...completa.

«E adesso chi è la rigida?!», ho gridato, voltandomi verso di lei.

Tutti per strada ci guardavano, additandoci come stupide ragazzine che si divertono a correre mano nella mano, ancora nelle loro uniformi, infastidendo i passanti.
Ma a me, stranamente, tutto quello non sembrava importare.
Volevo dimostrarle che sbagliava a considerarmi una persona prevedibile e l'avrei fatto. Questo genere di capricci rientra nella mia natura, d'altronde.

Dopo un primo momento di scombussolamento, ho sentito Roxanne iniziare a ridere sonoramente.

Era affannata, ma allo stesso tempo rincuorata.

«Pensavate di lasciarci così, eh?», ha detto qualcuno alle nostre spalle.

Voltandoci abbiamo visto Rita che, in testa alle Gallinelle, ci stava seguendo.

Roxanne si è voltata verso di me e con uno sprint, mi si è affiancata, agitata ma al tempo stesso tremendamente eccitata da quel gioco improvvisato.

«Corri!», ha ordinato e io, sospirando pesantemente, ma con un sorriso stampato in faccia, le ho obbedito.

Ed ecco la tua risposta, Roxanne.
E' questa la differenza.
Noi abbiamo deciso di correre.

Ma corriamo solo per fuggire.

 

 

   
 
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