MikaYuu Week, Day2: Alternative Universe. Soulmates AU credo
spero, Artist!Yuu & Singer!Mika [1967; 1979 - 1980]
Pink Floyd, «Shine on you Crazy Diamond»
Parole:
5780 porcaccia la malora non doveva essere così lunga
Avvertimenti:
Aged up characters e
presenza di OOC. La situazione mi è sfuggita di mano, perdono. L’IC è uno stile
di vita, ma stavolta ho perso il controllo di tutto Quello di Cui Sotto *fugge*
Now there’s
a look in your eyes, like black holes
in the sky.
«Remember when
you were young,
you shone like the sun.
Shine on, you Crazy Diamond!
[…]
You were caught in the crossfire
of childhood
and stardom
blown on the steel breeze…
»
[Marzo]
Come tutti i pomeriggi, Lucifer
è chiuso nella sua stanza.
Dipinge, di solito, ma
oggi c’è qualcosa di diverso: la tela – dopo un’ora e più passata in quella
stanza – è ancora bianca e il ragazzo si innervosisce ogni secondo che passa.
Sbuffa e si alza, uscendo di
casa e pensando che prendere una boccata d’aria lo possa aiutare.
Continua a sbuffare mentre cammina senza fretta
per le strade di New York, il naso rivolto al cielo che si fa sempre più scuro
man mano che il tempo passa.
Ed è proprio quando pensa che farebbe meglio a
tornare a casa, che lo sente. È una voce bellissima e particolare – avvolgente
e calda, a tratti graffiante, ma bellissima. È un mix
sublime, una perfetta alchimia tra la voce di Jim e quella di Mick[1]; Lucifer
non può fare a meno di rimanerne folgorato.
Non se ne intende di musica – anzi, è proprio
ignorante per quanto riguarda questo campo – ma sa riconoscere i talenti degli
altri e – Dio mio santissimo – il
proprietario di quella voce meravigliosa è forse il ragazzo più bello che abbia
mai visto in tutta la sua vita.
Un
angelo, è questo il primo pensiero di Lucifer quando - entrato in un piccolo locale della via -
riesce a scorgere il ragazzo. Rimane come abbagliato dalla luce di quella
stella che si muove sul piccolo palco come se camminasse per strada –
tranquillo, completamente a proprio agio, come se niente fosse – mentre le
parole di Venus in fur [2] scivolano via dalle sue
labbra e si librano nell’aria piena di fumo del bar – e colpiscono il cuore di Lucifer come mille spilli e, cazzo: quel ragazzo gli sta fottendo il
cervello anche solo guardandolo, perché se non fosse così non riuscirebbe a darsi un’altra spiegazione
logica ai pensieri che sta facendo.
Il ragazzo continua a muoversi sul palco come
se davanti non avesse una folla che lo acclama esultando e Lucifer
prende il piccolo quaderno che tiene nella tracolla e inizia a scarabocchiare
qualcosa con il carboncino – subendo ogni tre per due degli attentati alle
coronarie, soprattutto quando alzando lo sguardo nota che il cantante ha tirato
indietro i capelli biondi che gli ricadevano sul viso.
Però non può fare a meno di ringraziarlo.
Da quel momento, Lucifer
continua a frequentare quel locale solo per osservarlo seduto in disparte - ma
abbastanza vicino da riuscire a scorgere ogni minimo dettaglio.
Ha un bel fisico, slanciato e muscoloso ma non
eccessivo – che sia anche un modello? – e un magnifico sorriso. Sorride a
tutti: ai musicisti, alla ragazza al bancone, ai clienti…
E ogni giorno che passa, Lucifer
ne è sempre più attratto come metallo a una calamita.
-Ciao.-
Lucifer sobbalza e lancia un gridolino per lo
spavento, portandosi una mano al cuore: concentrato com’era sul suo disegno, si
era isolato dal resto del mondo.
Alza la testa e incontra un paio di occhi blu –
luminosi come il cielo d’inverno nelle giornate di sole, quando non tira vento
e le nuvole decidono di prendersi una vacanza – e quel
sorriso. Quel fottutissimo, magnifico, sorriso.
-Scusa,- ridacchia il
ragazzo. –non volevo spaventarti…
-
Lucifer solleva una mano in un gesto generico, come a
dirgli che non importa. -Colpa mia. Devo smetterla di isolarmi quando disegno… - mormora, abbandonandosi sullo schienale del
divanetto su cui è seduto. –Lucifer. Piacere.-
Il ragazzo sorride ancora – cazzo, smettila di sorridere, mi fotti il cervello.
-Mikael. Puoi chiamarmi Mika.-
È un nome particolare, Lucifer
crede di non averlo mai sentito – come se il suo nome sia normale; si chiede
spesso cosa fosse passato per la mente dei suoi genitori quando era nato - e
questo lo attira ancora di più. Quel ragazzo lo incuriosisce.
-Sei un artista?- chiede il cantante, cercando
di sbirciare nel bloc-notes che Lucifer teneva sul
tavolino. –Posso vedere?-
-No!- Lucifer quasi
si lancia sul quaderno. -Sì. Circa. Insomma, studio ancora…
- balbetta, allontanando il bloc-notes dal tavolino e cercando di nasconderlo –
chissà, potrebbe non prendere bene il fatto che lo abbia ritratto di nascosto.
Mikael continua a sorridere per niente impensierito
da quel comportamento.
-Ah, capisco… -
sussurra. Era davvero così interessato ai suoi disegni?
Lucifer sospira, socchiudendo gli occhi e dandosi
mentalmente del cretino. Per un attimo, gli cade lo sguardo sull’orologio che
porta al polso.
Un quarto alle otto.
Cazzo!
-Merda è tardissimo!- scatta in piedi e Mikael sgrana gli occhi. –Dio, questa è la volta buona che
Shirley mi ammazza!- strilla, raccogliendo velocemente le poche cose che ha lasciato sul tavolo sotto lo sguardo – deluso? - di Mikael.
-Scusami, è colpa mia…
- sussurra il cantante, il tono colpevole.
-Ma no, tranquillo.- esclama ancora Lucifer, buttando il quaderno da disegno nella tracolla. –Allora… Alla prossima?-
Mika sorride.
-Alla prossima.-
-Cosa devo fare con
te, Lucifer?- sospira la ragazza chiudendo il libro
che stava leggendo. Non è arrabbiata, ormai è abituata ai ritardi del ragazzo.
Ragazzo che sta per avere una crisi
respiratoria per la maratona che ha appena corso.
-Ti sei di sicuro di nuovo perso a dipingere,
vero?-
-E inve… invece no.- ansima Lucifer,
le mani sulle ginocchia. –Ho… ho incontrato un amico… -
-Un amico? Tu?-
trilla la ragazza, scoppiando a ridere. –No ci credo nemmeno se lo vedessi di
persona!- quasi si ribalta dalla sedia su cui è seduta.
Ma Lucifer non la
ascolta davvero, troppo perso a ricordare il sorriso di Mikael.
Arrossisce: è davvero fottuto.
*
- Dio, sono esausto.- sussurra a un certo punto
Mikael, alla fine delle prove. Si accascia
scompostamente su una sedia. –Non è un po’ tardi?-
-Eh?- Lucifer alza la
testa dal libro di Storia dell’Arte. –Tardi? Ah, non è un problema…
-
-Ma i tuoi non si preoccupano?-
-Vivo da solo.- sussurra. –E i miei genitori
non si preoccuperebbero in ogni caso… -
Mika lo fissa senza capire.
-…sono orfano.- mormora. –Un amico dei miei genitori mi
ha adottato ed è il mio tutore, ma non vive con me… -
-Va bene. Non…
importa, se non ne vuoi parlare… - si affretta Mikael, forse sentendosi in colpa, ma
Lucifer lo zittisce con un gesto della mano.
-L’ho sempre saputo.
Infondo, nemmeno mi volevano… - sospira. –Forse è per
questo che mi chiamo Lucifer?-
-…Lucifer è un bel nome.-
sussurra il cantante assorto nei suoi pensieri e per qualche ragione Lucifer si ritrova ad arrossire.
-Però forse hai ragione, si è fatto tardi… - balbetta, alzandosi e mettendo il libro di Storia
dell’Arte nella tracolla.
-Ti accompagno per un po’?- domanda Mikael, alzandosi a sua volta. –Tanto, un pezzo di strada è
lo stesso.-
-Non sono una ragazza indifesa, Mika. Ricordati
il peso della Storia dell’Arte.-
Mika ride. –Saresti il primo a farmi entrare
qualcosa di quella materia in testa, Lucifer.-
-Non devi dirmi certe cose.- esclama il moro uscendo dal locale. –Le prendo come sfide personali.-
-Oh cielo. Dio me ne scampi.- Mika si finge
disperato per poi scoppiare di nuovo a ridere.
Il peso della Storia dell’Arte in testa non
glielo toglie nessuno.
[Maggio]
Appena finite le lezioni, Lucifer
viene letteralmente rapito da un tornado formato un
metro e mezzo.
-…ho capito.- sbuffa. –Hai bisogno di aiuto per i
compiti di Disegno Tecnico, vero?-
Shirley sorride raggiante e subdola,
attaccandosi al suo braccio pregandolo con gli occhi mentre scendono i pochi
scalini che separano il vecchio istituto dal marciapiede e assillandolo con le
chiacchiere sul quanto siano difficili i compiti della sua professoressa di
Tecnica o sull’utilità delle proiezioni ortogonali nella vita.
-Capisco che ascoltare lei sia più interessante,- ridacchia una voce alle sue spalle. –ma non pensavo di essere invisibile… -
Lucifer si volta e si paralizza, Shirley sempre
arpionata al braccio che finalmente si zittisce.
-Mi… Mika?-
-Ciao!- Mikael gli
sorride, agitando una mano in segno di saluto per poi allargare le braccia. –Ehm… Sorpresa!-
-Beh… Io devo andare.- esclama Shirley
all’improvviso, spingendo leggermente Lucifer verso
il biondo.
-Shir… - ma il ghigno della ragazza promette niente
di buono e il ragazzo rimane in silenzio.
-Mi sono ricordata che dovevo andare a casa di
un’amica… Ci vediamo, Lucifer!-
e così, velocissima, la ragazza sparisce in mezzo alla folla lasciando i due
ragazzi da soli.
-Carina.- commenta Mika, facendogli
l’occhiolino. –Forse un po’ bassa ma davvero carina. Hai buon gusto, Lucifer.-
Il ragazzo arrossisce. –Non è la mia ragazza… Perché mi guardi così?-
-Perché non ti credo.- Mikael
tiene le braccia dietro la testa e cammina qualche passo davanti a lui.
-E invece ti dico che è vero.- ribadisce l’altro, raggiungendolo. –È la sorella minore di
un amico del mio tutore, ci conosciamo da bambini… - sospira. –Va bene: abbiamo provato a stare
insieme, ma non ha funzionato.-
-Ah, ma allora è stata la tua ragazza… -
-Siamo stati insieme due settimane.- puntualizza, interrompendolo. –Nessuno dei due l’ha
mai considerata davvero una storia… -
-Continuo a non crederti, ma accetto la tua
spiegazione.- sentenzia Mikael alla fine, riprendendo
a camminare davanti all’altro ragazzo che in risposta
sbuffa spazientito.
-Comunque, perché eri lì?-
Mika alza le spalle in un atteggiamento
disinteressato. –Eravamo in pausa dalle prove per stasera e mi stavo annoiando… -
-…grazie per considerarmi solo un’alternativa
alla noia, stronzo.- borbotta Lucifer, bloccandosi di
colpo quando Mika si ferma a un passo da lui.
-Non sapevo che avresti preferito sentirti dire
che mi mancavi e che non vedevo l’ora di vederti. Bastava
dirlo, sai?- sorride, il bastardo, e Lucifer vorrebbe
solo tirargli la sua tracolla su quella faccia da schiaffi. Si limita a dargli
una spallata mentre lo supera e Mika ridacchia.
-Dai, non te la prendere…
-
-Non me la sono presa.-
-E invece sì.-
-Ti dico di no.-
-E io ti dico di sì.-
-Ti spedisco giù dal ponte se non la smetti,
Mika!- sbotta Lucifer, paralizzandosi all’istante.
–Che stai facendo?!- scatta all’indietro con un balzo
quando si accorge che il biondo lo osserva da troppo vicino.
«Non ho possibilità, fidati.»
«Che ne
sai? Magari ti sbagli.»
«Certo,
Shirley. Lo sai come funziona, no? O è single ma etero
oppure è gay ma impegnato.»
«Ma dai,
smettila di essere così negativo! La fortuna
è cieca. Magari questa volta ti appoggerà!»
«La fortuna sarà cieca, ma la sfiga
ci vede benissimo
se mi ha fatto prendere una sbandata pazzesca per
un tipo così!»
«…io con te ci
rinuncio.»
-Hai della tempera nei capelli.- commenta, per
niente turbato dalla sua reazione – e anzi avvicinandosi ancora di più e
l’altro ragazzo è a un passo dall’arresto cardiaco.
-Ah… Davvero?- balbetta il moro e prima ancora di
capire cosa sta succedendo, Mika lo sta strascinando
per un braccio dopo aver urlato di essere in ritardo e che tra poco devono
ricominciare a provare.
-Perché sei qui?- chiede Lucifer
all’improvviso, masticando il suo tramezzino.
-In che senso?-
-Nel senso… Perché un
cantante?-
Mikael appoggia il viso sul palmo di una mano,
sorridendogli. –Potrei farti la stessa domanda. Perché proprio Arte?-
-Perché mi piace… E
perché fin da bambino mi è sempre piaciuta… - spiega Lucifer, deglutendo il boccone prima di soffocarsi.
-Lo stesso vale per me.-
mormora il biondo. –Mia madre era una cantante, avrò preso da lei… - alza le spalle con indifferenza. –Mio padre avrebbe
voluto che continuassi a studiare. Lui era un medico. Ma… Medicina non faceva per me.-
Lucifer ride. –Come ti capisco.
Il mio tutore avrebbe voluto che studiassi Legge!-
Ridono entrambi, ma qualche istante dopo Mikael si zittisce e lo osserva.
-Perché non vieni alla Factory?
Andy è sempre felice di trovare nuovi talenti.-
Lucifer lo fissa sorpreso,
sbattendo ripetutamente le palpebre.
Factory? Andy?
-…quell’Andy?!- strilla dopo
un paio di minuti, scattando in piedi.
A quanto pare, Mika non si aspettava una
reazione simile - e quasi cade all’indietro per lo spavento – ma annuisce, gli
occhi blu che brillano.
-Mika! Dobbiamo continuare a provare per stasera!-
esclama il batterista, facendoli voltare entrambi.
-Ah, già.- sussurra. –Siamo anche in ritardo… - lentamente si alza dal divanetto e supera il
tavolino.
Prima che possa anche solo elaborare quello che
gli ha detto, Lucifer percepisce un tocco delicato e
appena accennato sul fianco. Sobbalza e sgrana gli occhi quando sente il
ciondolo che il ragazzo biondo porta al collo solleticargli piano la schiena,
insieme al respiro calmo del cantante sul collo e il suo sussurro
nell’orecchio.
-Se volevi ritrarmi, bastava chiedere.- veloce
come si era avvicinato Mikael
si allontana, lasciando Lucifer a fissarlo rosso in
viso come mai pensava fosse possibile.
Sul tavolino, un foglio del suo quaderno un po’
stropicciato: Mika mentre canta, ritratto con la
perfetta precisione di una Polaroid.
Ed eccola lì, in tutto il suo argenteo
splendore. La Factory.
Lucifer ancora non ci crede. Sta davvero entrando alla
Factory? Dio, l’ansia.
Ma non può tirarsi indietro: ha bisogno di
spiegazioni e le pretende adesso.
Prende un profondo respiro ed entra nella vecchia fabbrica dismessa sperando di
avere fortuna e rimane folgorato dal bizzarro e alquanto originale arredamento
del locale.
-Che ci fai qui?-
Lucifer si pietrifica sul posto, osservando con la
coda dell’occhio Mika che gli si avvicina.
-Cercavo te.-
-Ah, cercavi me?-
È costretto ad alzare leggermente gli occhi per
incontrare quelli blu del cantante e scopre che quest’ultimo è quasi… divertito
da tutto questo.
-Cosa c’è di tanto divertente?- chiede,
stizzito. –E non provare a non rispondermi!-
-Dovresti vederti.- mormora Mika, avvicinandoglisi. –Sei arrossito per non si sa bene cosa.
Che carino.-
-Io non sono carino!- strilla,
allontandolo da sé. –Dimmi come facevi ad avere quel… -
-Intendi il tuo disegno?- per niente turbato, Mikael gli si avvicina di nuovo. –L’hai perso quel giorno,
quando sei scappato come se avessi avuto il Diavolo alle calcagna per andare
dalla tua ragazza.-
-Mi stai dicendo che hai quel disegno da marzo?- Lucifer
arretra senza davvero sapere dove sta andando – spera solo di non distruggere
qualcosa di valore. –E comunque ti ho già detto Shirley
non è la mia ragazza. È la mia migliore amica.-
Mika lo guarda strano, come per dirgli che non gli crede affatto – ma, dopotutto, è la verità.
-Qualche problema? Visto che
il soggetto sono io… -
-Potevi anche restituirlo!-
Mika ride – una risata bassa e roca – e Lucifer fa ancora un passo indietro, andando a sbattere con
il retro delle ginocchia contro qualcosa. Cade all’indietro trattenendo un urletto di paura, calmandosi solo quando si accorge di
essere caduto su un divano di pelle rossa[3].
-E tu avresti anche potuto chiedere il permesso
di ritrarmi.- replica Mikael, intrappolando Lucifer sotto di sé. –Sarebbe stato un pensiero carino rendermi
consapevole che qualcuno mi aveva scelto come modello.-
-Smettila, pallone gonfiato!- il giovane
artista si dimena, ma è costretto a immobilizzarsi quando sente le labbra di
Mika sulle proprie.
Sgrana gli occhi, pietrificato e in balia
dell’altro che non esita ad approfondire quel lieve contatto. Sa di fumo – fuma?
Non ci aveva mai fatto caso - e di alcool e, miseria, bacia da dio.
…ma cosa sto
facendo?
Il rumore secco di uno schiaffo squarcia l’aria
e rompe quel piccolo miracolo che Mikael sperava
potesse durare, ributtandolo con la forza di un ciclone nella realtà. Realtà in
cui un paio di occhi verdi lo fissano furiosi e in cui
lo schiaffo è stato così forte da farlo cadere dal divano.
Si porta una mano al viso e sente la guancia
colpita bollente. Abbassa la testa e cerca di nascondere gli occhi, anche
perché probabilmente non avrebbe neanche il coraggio di guardarlo.
-…devo andare.- sussurra Lucifer,
scattando in piedi e correndo verso la porta d’ingresso della Factory.
-Lucifer…!- esclama alzandosi a sua volta. –Aspet… -
-Senti.- Lucifer si
volta all’improvviso e Mikael sobbalza. Ha gli occhi
lucidi. –Quel disegno puoi tenertelo, non mi
interessa.- deglutisce a vuoto, come se volesse inghiottire il nodo di lacrime
che gli si è formato in gola. -La prossima volta che
alzi troppo il gomito evita di fare quello che hai fatto. Altri potrebbero
reagire molto peggio… -
-Cosa?- balbetta. –As…
Aspetta un attimo… -
Ma Lucifer ha già preso
a correre. E Mikael non ha la forza di seguirlo.
[Luglio]
Un temporale come quello non si era mai visto. E
mai si era visto un Luglio così anomalo.
Non che a Lucifer
interessi molto, anzi: aveva molto più tempo da passare a casa a dipingere…
-Ma chi voglio prendere in giro?!- esclama, lanciando il pennello a terra e sbuffando
spazientito. Non riesce a concentrarsi, non dopo quello
che è successo.
Quasi due mesi. Due mesi dall’ultima volta che
ha visto Mika, dalla sua cacciata alla Factory, da
quel bacio.
Sono passati due mesi ma non riesce a smettere
di pensarci. Nemmeno passare giorni interi con Shirley aiuta ad allontanare
quel chiodo fisso che è diventato Mikael.
«Tu sei completamente fuori di testa, Lucifer. – gli aveva detto Shirley quella
sera di maggio, quando aveva corso fino dall’altro
capo di New York per arrivare a casa della ragazza. –O forse sei solo così cieco da non vedere l’evidenza.»
Cosa dovrebbe vedere, scusa? Dovrebbe pensare che Mika
l’abbia baciato perché voleva farlo? No, impossibile.
Non è mai stato molto fortunato, in amore. La
sua prima cotta fu un’amica di Shirley – ragazza carina, forse un po’
irascibile ma davvero niente male – ma non è durata più che qualche mese perché
era arrivata la sua prima cotta seria, l’occhialuto del corso di Lingue alto
come un palo della luce. Inizialmente si odiavano a morte senza nessun motivo –
forse per il diverbio vecchio di secoli
tra Lingue e Arte per l’aula di Sociologia? Dai: ha una luce stupenda,
quell’aula, non si può sprecare per fare versioni
di greco e latino - ma è stata la sua relazione più lunga, durata quasi due
anni, fino a quando quel genio non ha vinto una borsa di studio ed è andato a
studiare a Londra.
Aveva provato a stare con Shirley e aveva avuto
altre brevi relazioni, ma nessuna era durata più che un mese o due… E ora Shirley gli sta dicendo di provare a sperare che
Mika possa davvero essere interessato a lui? Sicuro come i suoi due a Greco,
ovvio.
-Cosa dovrei fare?-
sussurra.
«Cosa
davvero vorresti fare, piuttosto. Questa sarebbe una bella domanda.»
…perché la voce della propria coscienza sembra quella
di Shirley? Che sia impazzito davvero?
«Invece
di startene qui a piangerti addosso, prendi quella fottuta porta e fai
qualcosa. QUALSIASI cosa. Anche la più pazza che ti viene in mente, tu falla.»
Stringe i pugni e sospira pesantemente: non ne ha il coraggio…
«Se adesso rimani fermo e non fai
niente, lo rimpiangerai per il resto dei tuoi giorni.»
Lucifer scatta in piedi così
velocemente che lo sgabello su cui è seduto si ribalta. Esce come una furia dal
piccolo appartamento in cui vive, si lancia in strada e corre.
Con la testa gettata all’indietro sullo schienale del divano
nell’appartamento in cui vive in affitto quasi a gratis,
Mikael sbuffa più volte, la voglia di fare qualsiasi
cosa – anche solo prepararsi un caffè o pensare a cosa mangiare a cena – andata
a puttane dalla mattina.
-Maledetta meteoropatia… - sbuffa
ancora, recuperando il pacchetto di sigarette e l’accendino dal tavolino di
fronte al divano.
Ha già portato la sigaretta alle labbra e sta per accenderla,
quando trasale e la sigaretta gli sfugge dalle dita: qualcuno ha cominciato a
tirare pugni contro la porta del suo appartamento come se volesse buttarla giù.
Ma quando si avvicina, ha un tuffo al cuore.
Davanti alla porta, fradicio da testa a piedi e ansimante, vi è Lucifer.
Non sperava mai più di rivederlo, dopo quello
che era successo e dopo la fuga del ragazzo. È... felice? Sì, è felice di
vederlo.
L’attimo esattamente successivo a quel pensiero ha già
spalancato la porta e Lucifer fa un leggero balzo, ma
nei suoi occhi vede strana luce che non riesce a spiegarsi.
-Lucifer? Che è succes… ?- non fa in tempo a finire di parlare che il
ragazzo gli prende il viso tra le mani gelate e lo bacia – e il cervello di
Mika smette di funzionare, decidendo che quello è un buon momento per andare a
puttane insieme alla voglia di fare qualsiasi cosa.
Lucifer si allontana
leggermente, i nasi che ancora si sfiorano, e ansima più di prima – e Mika non
si è nemmeno accorto che ora il ragazzo gli circonda il collo con le braccia e gli praticamente addosso, incurante di bagnargli i vestiti.
-Lucifer,-
ansima a sua volta. -aspetta un momen… - ma questi
non lo lascia parlare e lo bacia di nuovo; questa
volta solo per un attimo, giusto il tempo di zittirlo.
-Zitto.- mormora contro le sue labbra. –Zitto e
baciami.-
E Mikael si immobilizza
solo un istante, prima di baciarlo di nuovo e con urgenza e trascinarlo a forza
dentro l’appartamento. Si sente quasi come se gli avessero appena sparato
endovena un mix concentrato di adrenalina e nitroglicerina. Neanche dopo un
intero pacchetto delle sue amate sigarette si è mai sentito così, pensa mentre
morde piano il collo di Lucifer e gli solleva le
gambe stringendosele intorno ai fianchi - e questi gli tira
i capelli in un gesto istintivo che gli fa scappare un piccolo gemito di dolore.
Gli allontana le mani dalla testa e nota un cerotto mezzo
staccato sulla mano sinistra. Glielo toglie con i denti e gli bacia il palmo e
il taglio, chiedendogli con gli occhi cosa gli è successo.
-Non… non è grave… Incidente
con uno scalpello.- ansima, Lucifer, fissandolo con
gli occhi lucidi. –Ora non importa… Non ti fer-fermare.-
E Mikael non si ferma.
Piove ancora, quando Lucifer riapre
gli occhi. Mugugna qualcosa di sconnesso, rotolando su un fianco…
e quasi cade dal letto. Sospira di sollievo quando riesce a fermare
l’inevitabile caduta con un colpo di reni, finendo a pancia sotto con le gambe
aggrovigliate nelle lenzuola. Si gira di nuovo – questa volta sull’altro
fianco, così da non cadere – e si accorge di essere da solo.
Arrossisce senza un vero motivo e sorride, allungando un
braccio.
-Ah, sei sveglio.- la voce di Mika
lo fa quasi scattare sull’attenti. –Buongiorno.-
Si siede lentamente e lo osserva avvicinarsi piano a lui e
sedersi sul bordo del materasso. Gli sorride e passa una mano – quella libera,
l’altra stringe una sigaretta tra l’indice e il medio - trai capelli corti
della nuca e lo attira a sé, baciandolo piano – e Lucifer
sente un brivido lungo la schiena e si spinge di più verso il biondo,
stringendogli le braccia intorno al collo e tremando quando le mani di Mika
scendono sulla sua schiena nuda fino ai fianchi. Ha scoperto che, infondo, il
sapore del fumo non gli dispiace…
-Buongiorno.-
uggiola Lucifer, schioccando la lingua sul palato. –Caffè… -
-Se ti alzi e mi lasci andare te lo preparo.- risponde il
biondo sfiorando il collo dell’altro con la punta del naso.
-Mi alzerei anche, ma… Non ho idea
di dove siano finiti i miei pantaloni.- Mika ridacchia contro il suo collo. –E vorrei ricordarti dove sono esattamente ora le tue mani… -
Mika ritira le mani e le alza in segno di resa e Lucifer non può fare che altro che scoppiare a ridere,
portandosi una mano in fronte. Il taglio alla fine è stato medicato –
nonostante Lucifer continuasse a dire che era solo un
taglietto, Mikael non ha voluto sentire ragioni.
-Ah, giusto.- esclama Mika, all’improvviso. –Devo ridarti il
tuo disegno… -
-Non importa, davvero.- lo interrompe l’altro, stringendogli
di nuovo le braccia intorno al collo e trascinandolo giù. Mikael
gli cade addosso trattenendo a stento un verso sorpreso, evitando di
schiacciarlo facendo leva sulle braccia.
-…non sono molto a mio agio quando so che qualcuno mi
ha fotografato o in questo caso mi ha ritratto. Non so perché, non mi piace… - Lucifer lo guarda dal
basso, non capendo. –Però il tuo disegno è bello… -
Lucifer lo zittisce
prendendogli il viso tra le mani e sorridendogli.
-Ho capito. Scusami.- sussurra. –Ora però voglio
il mio caffè.-
E Mikael non può fare altro se non
scoppiare a ridere per la buffissima faccia dell’altro, lasciargli un bacio
leggero sulla fronte ed alzarsi per andare verso la
cucina.
Rimasto da solo, Lucifer fissa per
qualche secondo la porta socchiusa sorridendo e dando un breve tiro alla
sigaretta che Mika gli ha lasciato.
-Però… almeno una volta
dovresti posare per me, Mika.-
[Settembre]
-…perché continui a fissarmi? Ho qualcosa in faccia?-
mormora Lucifer, sollevando la testa dal libro di Storia
dell’Arte e osservando Shirley.
-Non in faccia.- ghigna la ragazza. –Sul collo
sì, però.-
All’inizio, il ragazzo non capisce…
poi sgrana gli occhi e si porta una mano al collo, arrossendo come un pomodoro.
-Si… Si vede così tanto?-
sussurra fulminando con lo sguardo la ragazza che intanto è scoppiata a ridere.
-Porca troia se si vede!- esclama l’amica,
porgendogli uno specchietto che ha preso dalla borsa. –Credo di non aver mai
visto un succhiotto così grosso!- e Lucifer
arrossisce ancora di più, nascondendo la testa tra le braccia incrociate sul
tavolo.
-Dai, non te la prendere.- mormora Shirley,
smettendo di ridere. –Sono felice per te. Lo sai questo, no? Non ti vedevo così
sereno da quando stavi con… -
-Non nominarlo.- il ragazzo la zittisce, capendo
cosa sta per dire. –Per favore.-
-Scusa… Si fa ancora vivo, vero?-
Lucifer annuisce.-Ogni tanto manda delle cartoline.
L’ultima è di due mesi fa.-
sbuffa. –Al momento è a Oxford. Wow. E sta con un ragazzo del suo corso che
però ha un anno in meno di lui. Ancora più wow. Sto seriamente valutando di
trasferirmi per non vedere più le sue maledette cartoline.-
Shirley lo lascia parlare senza intervenire o
commentare. Sa quanto Lucifer tenesse al Quattrocchi
– come lo ha sempre chiamato lei – e quanto ci sia
rimasto male quando questi è partito di punto in bianco senza colpo ferire.
La ragazza ancora non si capacita di come abbia
potuto fare questo a una persona come Lucifer: certo,
ha tutti i suoi difetti e a volte sa essere parecchio paranoico, ma è un
ragazzo d’oro che merita il meglio… non una serie di inutili cartoline che arrivano dall’altra parte di un
oceano.
-Ah. E ha detto che potrebbe tornare a New York
durante la pausa dal College e che vorrebbe presentarmi il ragazzo.- continua
ancora Lucifer, ridacchiando. -Ma sì: presentiamo il
mio attuale ragazzo al mio ex. Tanto lui mica ha
sofferto come un cane per essere stato lasciato senza una spiegazione che non
fosse un biglietto sul banco su cui era scritto “Ho vinto una borsa di studio e vado a Londra.”- ironizza. –E
magari spera che io sia felice per lui. Lo sono, perché siamo stati insieme due
anni e non riesco a volergli male e perché infondo sono
troppo buono. Dovrei presentargli Mika, secondo te?-
-…a chi dovresti
presentarmi?- entrambi scattano sull’attenti appena sentono la voce dell’altro
ragazzo: non l’avevano sentito arrivare. –Oh, continuate pure come se non ci
fossi.- sussurra ancora abbassandosi leggermente per lasciare un lieve bacio
sul collo di Lucifer, proprio sopra il succhiotto. E Lucifer, rosso come non mai, gli tira un leggero pugno in
testa dandogli del cretino.
Shirley li osserva e non può fare a meno di
ridere.
È davvero contenta che ora ci sia Mikael.
*
Caldo, è il primo pensiero che passa per la testa
appena sveglia di Lucifer. Mugugna e sbadiglia,
cercando di stiracchiarsi e di girarsi sull’altro fianco.
Sorride: Mikael dorme
ancora - e Lucifer non ha proprio il cuore di
svegliarlo nemmeno adesso che ha controllato l’ora e ha visto che è mezzogiorno
passato – e lo stringe inconsciamente tra le braccia, i capelli biondi sparsi
sul cuscino e sul viso come un’aureola.
Passa lentamente una mano trai capelli
dell’altro e gli lascia un leggero bacio sullo zigomo, scivolando via dal suo
abbraccio – e ringraziando il sonno pesante di Mika quando sbatte un piede
contro lo spigolo della porta della camera e lancia un urlo di dolore che
probabilmente l’ha sentito addirittura Shirley. Mikael
si limita a rigirarsi sul materasso e Lucifer può
vedere bene la sua schiena e i segni rossi sulle spalle e le scapole lasciati
dalle sue unghie. Ooops,
dovrà scusarsi con lui quando si sveglierà, pensa mentre recupera i propri
pantaloni e la maglia. Dovrebbe fare una doccia, ma avere il profumo di Mika
addosso non gli dispiace così tanto…
E ridacchiando senza motivo, si rannicchia
sullo sgabello in un angolo della stanza con un blocco di fogli sulle ginocchia
e una matita tra le labbra.
Ghigna, la matita stretta trai
denti: Mika è davvero crudele a impedirgli di ritrarlo se non quando è
piacevolmente addormentato.
[Giugno 1979]
-Mika, sei qui? Devo parlar…
Mika! Scendi da lì, idiota!-
Ma Mikael non lo
ascolta e fa una piccola giravolta su un piede solo, le braccia spalancate e il
viso sferzato dalla fresca aria della tarda primavera.
-Mika, per piacere, rischi di cadere…
Mikael!- Lucifer è convinto di aver perso almeno dieci anni di vita
quando l’ha visto sbilanciarsi all’indietro per un attimo: si lancia verso di
lui e lo tira giù dal cornicione, stringendolo forte contro di sé.
-Mi farai morire giovane, tu.- sussurra contro il suo petto mentre Mikael ride.
-Dai, smettila di fare il melodrammatico…
-
Lucifer lo guarda negli occhi e lo scruta. –Sei
ubriaco.-
-Nah, solo un po’ brillo.- puntualizza il biondo,
alzando un dito come a rimarcare la cosa. -Sono più lucido di quanto stai
pensando. Comunque, cosa volevi dirmi?-
Lucifer tentenna, abbassa lo sguardo e apre più volte
la bocca prima di parlare.
Alla fine, prende un bel respiro. -…mi hanno proposto una cattedra come insegnante. Ad Harvard.-
-È fantastico!- esclama Mika, sollevandolo un
poco da terra e stringendolo a sé. –Cristo: insegnante ad
Harvard! È quello che ogni docente sognerebbe… !-
-L’ho rifiutata.-
Mika si blocca. –Cosa?-
-L’ho rifiutata.-
ripete. –Non voglio lasciarti da solo, non ora che hai
più bisogno di me.-
Mika sgrana gli occhi, sorridendo un attimo
dopo. –Lucifer… Ma io sto bene…
-
-Stai bene adesso.-
sbotta l’altro, trattenendo a stento un nodo di lacrime. –Ma…
ma non sappiamo per quanto… -
Su di loro cala il silenzio quando Mikael lo abbraccia – piano, come se gli costasse un’enorme
fatica – e nasconde la testa contro la sua spalla.
-Vai, Lucifer.-
sussurra. –Io starò bene, te lo prometto.-
Il giorno dopo, Lucifer
è su un treno per Boston.
Seduto al suo posto e con una valigia tra le gambe non può fare a meno di pensare quanto Mikael fosse pallido, quella mattina.
[Maggio 1980]
Sale le scale piano, a passi strascicati e
stanchi, trascinando dietro di sé la propria valigia mezza vuota e la propria
anima – che probabilmente pesa più di lui e che continua a ripetergli che non
dovrebbe essere lì, che dovrebbe andarsene e
dimenticarsi di tutto.
Sospira quando si ferma davanti alla porta di
quell’appartamento ed esita un istante prima di inserire la chiave nella toppa
e far scattare la serratura.
È tutto rimasto come se lo ricorda – come gli
aveva detto la signora del piano di sotto, nessuno degli altri condomini ha
avuto il coraggio di toccare niente. Ci sono ancora i vinili sul tavolino basso
davanti al divano e un giornale datato 16 Ottobre 1979
è ancora appoggiato sul piano della cucina con la solita non curanza che lui
aveva per le cose di poco valore come quelle.
Appoggia la valigia a terra, vicino alla porta
chiusa, e respira a pieni polmoni. È ancora lì, quel profumo – il suo profumo, un mix amaro e vivace, presenza persistente che
ancora può sentire sui propri vestiti e sotto la pelle – ed è ancora lì, sul
piccolo mobile portaoggetti vicino all’ingresso, anche quell’ultima foto
insieme.
Nella foto Mika gli sorride - splendido come
una stella, nonostante gli occhi stanchi – stringendolo piano a sé, in quei
suoi abbracci gentili ma comunque intrisi di una certa possessività. Aveva
sempre avuto l’impressione che Mika fosse particolarmente geloso, ma non ne ha
mai avuto la conferma.
Ridacchiando, Lucifer
picchietta le unghie della mano destra sul vetro della foto e sorride.
È così che vuole ricordarlo - quando stava
ancora bene, quando rideva senza freni, quando poteva ancora abbracciarlo forte
o saltargli sulla schiena senza il terrore di fargli male e quando aveva ancora
abbastanza forza per cantare – e vorrebbe poter
dimenticare i mesi successivi, quel lento e inesorabile declino che l’ha
portato a spegnersi come una candela consumata.
Sospira stanco, Lucifer,
prendendo dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette – le stesse che
fumava Mikael, infondo era
colpa sua se anche lui aveva iniziato a fumare – e accendendone una. Fa il primo tiro e quasi lo vede lì, vivido e reale come se fosse
lui in persona, fermo davanti alla finestra che dà verso ciò che resta della Factory: ha i capelli raccolti in quel piccolo codino sulla
nuca che Lucifer per qualche strana ragione trovava
lo rendesse particolarmente sexy e indossa solo quella camicia nera e i suoi
pantaloni preferiti – quelli bianchi stretti, quelli che pensava fossero stati disegnati
proprio per lui – e ha una sigaretta accesa tra l’indice e il medio della mano
sinistra. Canticchia Shine on you Crazy Diamond
dei Pink Floyd proprio come il giorno in cui gli aveva detto di essere malato.
«Malato
di vita. Morirò per eccesso di vivere. Non male come fine, no?»
Gli aveva sorriso e
in tutta risposta Lucifer l’aveva preso a pugni fino
a fargli sanguinare il naso e a spaccargli un labbro, finendo poi per baciarlo
con disperazione. E aveva pianto, stringendosi a lui dopo averlo buttato a
terra continuando a ripetergli di non lasciarlo da solo.
Ma alla fine non ce l’ha fatta e Lucifer è davvero
solo. Di Mikael gli è rimasto il vizio del fumo, il
suo profumo sulle camicie e la sua voce - che non è altro che un’eco lontana ma
perfettamente vivida nei suoi ricordi.
Finisce la
sigaretta con un altro tiro e la spegne contro il vetro della finestra. Si
appoggia, lo sguardo fisso davanti a sé a osservare il cielo plumbeo di una New York spettrale in quella sera di maggio in cui la sua stella avrebbe compiuto
trentasette anni.
-Buon compleanno, Mika.-
«Mika!
Girati di qua.»
«Non starai…
Lucifer, metti via quella Polaroid.»
«Perché?
Voglio solo farti una foto… Va bene, va bene. La metto via, smettila di guardarmi male. »
…
«Canti, Mika?»
«Cosa?»
«Qualsiasi
cosa. Canta per me.»
«I’ll be your mirror,
reflect what you are in case you don’t know... 4»
«Ti amo,
Mika.»
«…ma
non volevi che cantassi?»
«Scusa se qualche volta cerco di
fare il romantico!»
«Dai…
Ti amo anche io, Lucifer.
Più della mia stessa vita.»
-Yuu?-
-Sì?-
-Ti immagini…
Ti immagini se le cose fossero andate
diversamente?
Secondo te, ci saremmo mai incontrati?-
-Come mai questi pensieri così
complicati?-
-Tu rispondimi e basta.-
-Non lo so,
Mika… Forse sì, chi lo sa.-
1. Jim Morrison e Mick Jagger, cantanti e leader rispettivamente dei Doors e dei Rolling Stones.
2. Venus in Fur, contenuta nell’album dei Velvet Underground del 1966. Giuro su tutto ciò che ho di più caro che questa canzone è stata scelta puramente a caso. Mentre scrivevo quella frase il giradischi stava giusto riproducendola. Ammetto che immaginarmi Mika che la canta mi ha fatto saltare un paio di coronarie, si, ma questi sono dettagli insignificanti di una povera fangirl in piena crush.
3. Non potevo non citare il divano rosso della Factory: era il centro dell’arredamento dell’uffico/casa di Warhol&Co. È il simbolo stesso della Factory!
4. I’ll be your mirror, sempre dallo stesso album dei Velvet Underground ma cantata da Nico.
D.P.P.: Deliri
Post Partum. [29 Febbraio, 22:03]
Okay. Nota seria poi passo al mio solito delirio: i nomi.
· Mikael va beh, si capisce *Capitan Ovvio* [a dire la verità, non sono riuscita a trovare un altro nome, lol. Fantasia portami via]
· Lucifer viene da una delle possibili traduzioni di Yuichiro, e sarebbe “Primo figlio”. Lucifero era il primo angelo del Paradiso [e poi, sinceramente, me lo vedo Yuu che porta un nome come questo – “Portatore di Luce”, woah]
· Shirley è Shinoa [e sì: shippo anche YuuNoa. Sorry not sorry]
Allora. Okay. Hum.
What is this?
Faccio schifo anche nelle AU, forse? Ma wut.
Okay. Ehm.
Niente. Dovete sapere che io colleziono vinili [ma chi se ne fotte?] e tutto questo è nato da un rinnovato ascolto
del vinile del 1966 The Velvet Undergound & Nico,
quello con la banana di Andy Warhol in copertina.
[se non conoscete i Velvet Undeground o Andy Warhol, siete delle brutte persone e dovete farvi una cultura *with love*]
[e no, gente: il doppio senso l’avete immaginato]
Ma devo dire che parte della colpa di tutto questo è anche del cantante della piccola band del gruppo di musica di cui faccio parte: la settimana prima che scrivessi questa cosa è arrivato alle prove fumando Chesterfield e canticchiando Wish you were here [e quasi provocandomi un attacco d’asma, ma questo non interessa a nessuno]. E poi, si sa: da cosa nasce cosa, no?
E basta, in conclusione posso dire che
questa Fic ha un qualcosa di soprannaturale...
Onirica. No
Sense.
Sono soddisfatta del 89%
di questa OneShot, per vari motivi *sbuffa*
Spero che non mi uccidiate.
A domani con il Day3, per cui ho sclerato quasi due settimane.
Maki
P.S.: Angolo sclerotico e note quasi lunghe quanto la storia, lol. Divagazioni che nemmeno Pindaro.