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Autore: _thantophobia    05/04/2016    2 recensioni
[MikaYuu Week, Giorno 2: Alternative Universe][Maliconico, introspettivo, romantico][la Maki con i generi fa schifo, ignoratela]
«Non se ne intende di musica – anzi, è proprio ignorante per quanto riguarda questo campo – ma sa riconoscere i talenti degli altri e – Dio mio santissimo – il proprietario di quella voce meravigliosa è forse il ragazzo più bello che abbia mai visto in tutta la sua vita.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Mikaela Hyakuya, Yūichirō Hyakuya
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Che rumore fa la Felicità?'
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MikaYuu Week, Day2: Alternative Universe. Soulmates AU credo spero, Artist!Yuu & Singer!Mika [1967; 1979 - 1980]

Pink Floyd, «Shine on you Crazy Diamond»

Parole: 5780 porcaccia la malora non doveva essere così lunga

Avvertimenti: Aged up characters e presenza di OOC. La situazione mi è sfuggita di mano, perdono. L’IC è uno stile di vita, ma stavolta ho perso il controllo di tutto Quello di Cui Sotto *fugge*

 

 

 

Now there’s a look in your eyes, like black holes in the sky.

 

 

 

«Remember when you were young,

you shone like the sun.

Shine on, you Crazy Diamond!

[…]

You were caught in the crossfire

of childhood and stardom

blown on the steel breeze… »

 

 

 

[Marzo]

 

Come tutti i pomeriggi, Lucifer è chiuso nella sua stanza.

Dipinge, di solito, ma oggi c’è qualcosa di diverso: la tela – dopo un’ora e più passata in quella stanza – è ancora bianca e il ragazzo si innervosisce ogni secondo che passa.

Sbuffa e si alza, uscendo di casa e pensando che prendere una boccata d’aria lo possa aiutare.

Continua a sbuffare mentre cammina senza fretta per le strade di New York, il naso rivolto al cielo che si fa sempre più scuro man mano che il tempo passa.

Ed è proprio quando pensa che farebbe meglio a tornare a casa, che lo sente. È una voce bellissima e particolare – avvolgente e calda, a tratti graffiante, ma bellissima. È un mix sublime, una perfetta alchimia tra la voce di Jim e quella di Mick[1]; Lucifer non può fare a meno di rimanerne folgorato.

Non se ne intende di musica – anzi, è proprio ignorante per quanto riguarda questo campo – ma sa riconoscere i talenti degli altri e – Dio mio santissimo – il proprietario di quella voce meravigliosa è forse il ragazzo più bello che abbia mai visto in tutta la sua vita.

Un angelo, è questo il primo pensiero di Lucifer quando - entrato in un piccolo locale della via - riesce a scorgere il ragazzo. Rimane come abbagliato dalla luce di quella stella che si muove sul piccolo palco come se camminasse per strada – tranquillo, completamente a proprio agio, come se niente fosse – mentre le parole di Venus in fur [2] scivolano via dalle sue labbra e si librano nell’aria piena di fumo del bar – e colpiscono il cuore di Lucifer come mille spilli e, cazzo: quel ragazzo gli sta fottendo il cervello anche solo guardandolo, perché se non fosse così  non riuscirebbe a darsi un’altra spiegazione logica ai pensieri che sta facendo.

Il ragazzo continua a muoversi sul palco come se davanti non avesse una folla che lo acclama esultando e Lucifer prende il piccolo quaderno che tiene nella tracolla e inizia a scarabocchiare qualcosa con il carboncino – subendo ogni tre per due degli attentati alle coronarie, soprattutto quando alzando lo sguardo nota che il cantante ha tirato indietro i capelli biondi che gli ricadevano sul viso.

Però non può fare a meno di ringraziarlo.

 

 

 

Da quel momento, Lucifer continua a frequentare quel locale solo per osservarlo seduto in disparte - ma abbastanza vicino da riuscire a scorgere ogni minimo dettaglio.

Ha un bel fisico, slanciato e muscoloso ma non eccessivo – che sia anche un modello? – e un magnifico sorriso. Sorride a tutti: ai musicisti, alla ragazza al bancone, ai clienti…

E ogni giorno che passa, Lucifer ne è sempre più attratto come metallo a una calamita.

-Ciao.-

Lucifer sobbalza e lancia un gridolino per lo spavento, portandosi una mano al cuore: concentrato com’era sul suo disegno, si era isolato dal resto del mondo.

Alza la testa e incontra un paio di occhi blu – luminosi come il cielo d’inverno nelle giornate di sole, quando non tira vento e le nuvole decidono di prendersi una vacanza – e quel sorriso. Quel fottutissimo, magnifico, sorriso.

-Scusa,- ridacchia il ragazzo. –non volevo spaventarti… -

Lucifer solleva una mano in un gesto generico, come a dirgli che non importa. -Colpa mia. Devo smetterla di isolarmi quando disegno… - mormora, abbandonandosi sullo schienale del divanetto su cui è seduto. –Lucifer. Piacere.-

Il ragazzo sorride ancora – cazzo, smettila di sorridere, mi fotti il cervello.

-Mikael. Puoi chiamarmi Mika.-

È un nome particolare, Lucifer crede di non averlo mai sentito – come se il suo nome sia normale; si chiede spesso cosa fosse passato per la mente dei suoi genitori quando era nato - e questo lo attira ancora di più. Quel ragazzo lo incuriosisce.

-Sei un artista?- chiede il cantante, cercando di sbirciare nel bloc-notes che Lucifer teneva sul tavolino. –Posso vedere?-

-No!- Lucifer quasi si lancia sul quaderno. -Sì. Circa. Insomma, studio ancora… - balbetta, allontanando il bloc-notes dal tavolino e cercando di nasconderlo – chissà, potrebbe non prendere bene il fatto che lo abbia ritratto di nascosto.

Mikael continua a sorridere per niente impensierito da quel comportamento.

-Ah, capisco… - sussurra. Era davvero così interessato ai suoi disegni?

Lucifer sospira, socchiudendo gli occhi e dandosi mentalmente del cretino. Per un attimo, gli cade lo sguardo sull’orologio che porta al polso.

Un quarto alle otto.

Cazzo!

-Merda è tardissimo!- scatta in piedi e Mikael sgrana gli occhi. –Dio, questa è la volta buona che Shirley mi ammazza!- strilla, raccogliendo velocemente le poche cose che ha lasciato sul tavolo sotto lo sguardo – deluso? - di Mikael.

-Scusami, è colpa mia… - sussurra il cantante, il tono colpevole.

-Ma no, tranquillo.- esclama ancora Lucifer, buttando il quaderno da disegno nella tracolla. –Allora… Alla prossima?-

Mika sorride.

-Alla prossima.-

 

-Cosa devo fare con te, Lucifer?- sospira la ragazza chiudendo il libro che stava leggendo. Non è arrabbiata, ormai è abituata ai ritardi del ragazzo.

Ragazzo che sta per avere una crisi respiratoria per la maratona che ha appena corso.

-Ti sei di sicuro di nuovo perso a dipingere, vero?-

-E inve… invece no.- ansima Lucifer, le mani sulle ginocchia. –Ho… ho incontrato un amico… -

-Un amico? Tu?- trilla la ragazza, scoppiando a ridere. –No ci credo nemmeno se lo vedessi di persona!- quasi si ribalta dalla sedia su cui è seduta.

Ma Lucifer non la ascolta davvero, troppo perso a ricordare il sorriso di Mikael. Arrossisce: è davvero fottuto.

 

*

 

- Dio, sono esausto.- sussurra a un certo punto Mikael, alla fine delle prove. Si accascia scompostamente su una sedia. –Non è un po’ tardi?-

-Eh?- Lucifer alza la testa dal libro di Storia dell’Arte. –Tardi? Ah, non è un problema… -

-Ma i tuoi non si preoccupano?-

-Vivo da solo.- sussurra. –E i miei genitori non si preoccuperebbero in ogni caso… -

Mika lo fissa senza capire.

-…sono orfano.- mormora. –Un amico dei miei genitori mi ha adottato ed è il mio tutore, ma non vive con me… -

-Va bene. Non… importa, se non ne vuoi parlare… - si affretta Mikael, forse sentendosi in colpa, ma Lucifer lo zittisce con un gesto della mano.

-L’ho sempre saputo. Infondo, nemmeno mi volevano… - sospira. –Forse è per questo che mi chiamo Lucifer?-

-…Lucifer è un bel nome.- sussurra il cantante assorto nei suoi pensieri e per qualche ragione Lucifer si ritrova ad arrossire.

-Però forse hai ragione, si è fatto tardi… - balbetta, alzandosi e mettendo il libro di Storia dell’Arte nella tracolla.

-Ti accompagno per un po’?- domanda Mikael, alzandosi a sua volta. –Tanto, un pezzo di strada è lo stesso.-

-Non sono una ragazza indifesa, Mika. Ricordati il peso della Storia dell’Arte.-

Mika ride. –Saresti il primo a farmi entrare qualcosa di quella materia in testa, Lucifer.-

-Non devi dirmi certe cose.- esclama il moro uscendo dal locale. –Le prendo come sfide personali.-

-Oh cielo. Dio me ne scampi.- Mika si finge disperato per poi scoppiare di nuovo a ridere.

Il peso della Storia dell’Arte in testa non glielo toglie nessuno.

 

 

 

[Maggio]

 

Appena finite le lezioni, Lucifer viene letteralmente rapito da un tornado formato un metro e mezzo.

-…ho capito.- sbuffa. –Hai bisogno di aiuto per i compiti di Disegno Tecnico, vero?-

Shirley sorride raggiante e subdola, attaccandosi al suo braccio pregandolo con gli occhi mentre scendono i pochi scalini che separano il vecchio istituto dal marciapiede e assillandolo con le chiacchiere sul quanto siano difficili i compiti della sua professoressa di Tecnica o sull’utilità delle proiezioni ortogonali nella vita.

-Capisco che ascoltare lei sia più interessante,- ridacchia una voce alle sue spalle. –ma non pensavo di essere invisibile… -

Lucifer si volta e si paralizza, Shirley sempre arpionata al braccio che finalmente si zittisce.

-Mi… Mika?-

-Ciao!- Mikael gli sorride, agitando una mano in segno di saluto per poi allargare le braccia. –Ehm… Sorpresa!-

-Beh… Io devo andare.- esclama Shirley all’improvviso, spingendo leggermente Lucifer verso il biondo.

-Shir… - ma il ghigno della ragazza promette niente di buono e il ragazzo rimane in silenzio.

-Mi sono ricordata che dovevo andare a casa di un’amica… Ci vediamo, Lucifer!- e così, velocissima, la ragazza sparisce in mezzo alla folla lasciando i due ragazzi da soli.

-Carina.- commenta Mika, facendogli l’occhiolino. –Forse un po’ bassa ma davvero carina. Hai buon gusto, Lucifer.-

Il ragazzo arrossisce. –Non è la mia ragazza… Perché mi guardi così?-

-Perché non ti credo.- Mikael tiene le braccia dietro la testa e cammina qualche passo davanti a lui.

-E invece ti dico che è vero.- ribadisce l’altro, raggiungendolo. –È la sorella minore di un amico del mio tutore, ci conosciamo da bambini… - sospira. –Va bene: abbiamo provato a stare insieme, ma non ha funzionato.-

-Ah, ma allora è stata la tua ragazza… -

-Siamo stati insieme due settimane.- puntualizza, interrompendolo. –Nessuno dei due l’ha mai considerata davvero una storia… -

-Continuo a non crederti, ma accetto la tua spiegazione.- sentenzia Mikael alla fine, riprendendo a camminare davanti all’altro ragazzo che in risposta sbuffa spazientito.

-Comunque, perché eri lì?-

Mika alza le spalle in un atteggiamento disinteressato. –Eravamo in pausa dalle prove per stasera e mi stavo annoiando… -

-…grazie per considerarmi solo un’alternativa alla noia, stronzo.- borbotta Lucifer, bloccandosi di colpo quando Mika si ferma a un passo da lui.

-Non sapevo che avresti preferito sentirti dire che mi mancavi e che non vedevo l’ora di vederti. Bastava dirlo, sai?- sorride, il bastardo, e Lucifer vorrebbe solo tirargli la sua tracolla su quella faccia da schiaffi. Si limita a dargli una spallata mentre lo supera e Mika ridacchia.

-Dai, non te la prendere… -

-Non me la sono presa.-

-E invece sì.-

-Ti dico di no.-

-E io ti dico di sì.-

-Ti spedisco giù dal ponte se non la smetti, Mika!- sbotta Lucifer, paralizzandosi all’istante. –Che stai facendo?!- scatta all’indietro con un balzo quando si accorge che il biondo lo osserva da troppo vicino.

 

«Non ho possibilità, fidati.»

«Che ne sai? Magari ti sbagli.»

«Certo, Shirley. Lo sai come funziona, no? O è single ma etero

oppure è gay ma impegnato.»

«Ma dai, smettila di essere così negativo! La fortuna

è cieca. Magari questa volta ti appoggerà!»

«La fortuna sarà cieca, ma la sfiga ci vede benissimo

se mi ha fatto prendere una sbandata pazzesca per un tipo così!»

«…io con te ci rinuncio.»

 

-Hai della tempera nei capelli.- commenta, per niente turbato dalla sua reazione – e anzi avvicinandosi ancora di più e l’altro ragazzo è a un passo dall’arresto cardiaco.

-Ah… Davvero?- balbetta il moro e prima ancora di capire cosa sta succedendo, Mika lo sta strascinando per un braccio dopo aver urlato di essere in ritardo e che tra poco devono ricominciare a provare.

 

-Perché sei qui?- chiede Lucifer all’improvviso, masticando il suo tramezzino.

-In che senso?-

-Nel senso… Perché un cantante?-

Mikael appoggia il viso sul palmo di una mano, sorridendogli. –Potrei farti la stessa domanda. Perché proprio Arte?-

-Perché mi piace… E perché fin da bambino mi è sempre piaciuta… - spiega Lucifer, deglutendo il boccone prima di soffocarsi.

-Lo stesso vale per me.- mormora il biondo. –Mia madre era una cantante, avrò preso da lei… - alza le spalle con indifferenza. –Mio padre avrebbe voluto che continuassi a studiare. Lui era un medico. Ma Medicina non faceva per me.-

Lucifer ride. –Come ti capisco. Il mio tutore avrebbe voluto che studiassi Legge!-

Ridono entrambi, ma qualche istante dopo Mikael si zittisce e lo osserva.                      

-Perché non vieni alla Factory? Andy è sempre felice di trovare nuovi talenti.-

Lucifer lo fissa sorpreso, sbattendo ripetutamente le palpebre.

Factory? Andy?

-…quell’Andy?!- strilla dopo un paio di minuti, scattando in piedi.

A quanto pare, Mika non si aspettava una reazione simile - e quasi cade all’indietro per lo spavento – ma annuisce, gli occhi blu che brillano.

-Mika! Dobbiamo continuare a provare per stasera!- esclama il batterista, facendoli voltare entrambi.

-Ah, già.- sussurra. –Siamo anche in ritardo… - lentamente si alza dal divanetto e supera il tavolino.

Prima che possa anche solo elaborare quello che gli ha detto, Lucifer percepisce un tocco delicato e appena accennato sul fianco. Sobbalza e sgrana gli occhi quando sente il ciondolo che il ragazzo biondo porta al collo solleticargli piano la schiena, insieme al respiro calmo del cantante sul collo e il suo sussurro nell’orecchio.

-Se volevi ritrarmi, bastava chiedere.- veloce come si era avvicinato Mikael si allontana, lasciando Lucifer a fissarlo rosso in viso come mai pensava fosse possibile.

Sul tavolino, un foglio del suo quaderno un po’ stropicciato: Mika mentre canta, ritratto con la perfetta precisione di una Polaroid.

 

Ed eccola lì, in tutto il suo argenteo splendore. La Factory.

Lucifer ancora non ci crede. Sta davvero entrando alla Factory? Dio, l’ansia.

Ma non può tirarsi indietro: ha bisogno di spiegazioni e le pretende adesso. Prende un profondo respiro ed entra nella vecchia fabbrica dismessa sperando di avere fortuna e rimane folgorato dal bizzarro e alquanto originale arredamento del locale.

-Che ci fai qui?-

Lucifer si pietrifica sul posto, osservando con la coda dell’occhio Mika che gli si avvicina.

-Cercavo te.-

-Ah, cercavi me?-

È costretto ad alzare leggermente gli occhi per incontrare quelli blu del cantante e scopre che quest’ultimo è quasi… divertito da tutto questo.

-Cosa c’è di tanto divertente?- chiede, stizzito. –E non provare a non rispondermi!-

-Dovresti vederti.- mormora Mika, avvicinandoglisi. –Sei arrossito per non si sa bene cosa. Che carino.-

-Io non sono carino!- strilla, allontandolo da sé. –Dimmi come facevi ad avere quel… -

-Intendi il tuo disegno?- per niente turbato, Mikael gli si avvicina di nuovo. –L’hai perso quel giorno, quando sei scappato come se avessi avuto il Diavolo alle calcagna per andare dalla tua ragazza.-

-Mi stai dicendo che hai quel disegno da marzo?- Lucifer arretra senza davvero sapere dove sta andando – spera solo di non distruggere qualcosa di valore. –E comunque ti ho già detto Shirley non è la mia ragazza. È la mia migliore amica.-

Mika lo guarda strano, come per dirgli che non gli crede affatto – ma, dopotutto, è la verità.

-Qualche problema? Visto che il soggetto sono io… -

-Potevi anche restituirlo!-

Mika ride – una risata bassa e roca – e Lucifer fa ancora un passo indietro, andando a sbattere con il retro delle ginocchia contro qualcosa. Cade all’indietro trattenendo un urletto di paura, calmandosi solo quando si accorge di essere caduto su un divano di pelle rossa[3].

-E tu avresti anche potuto chiedere il permesso di ritrarmi.- replica Mikael, intrappolando Lucifer sotto di sé. –Sarebbe stato un pensiero carino rendermi consapevole che qualcuno mi aveva scelto come modello.-

-Smettila, pallone gonfiato!- il giovane artista si dimena, ma è costretto a immobilizzarsi quando sente le labbra di Mika sulle proprie.

Sgrana gli occhi, pietrificato e in balia dell’altro che non esita ad approfondire quel lieve contatto. Sa di fumo – fuma? Non ci aveva mai fatto caso - e di alcool e, miseria, bacia da dio.

ma cosa sto facendo?

Il rumore secco di uno schiaffo squarcia l’aria e rompe quel piccolo miracolo che Mikael sperava potesse durare, ributtandolo con la forza di un ciclone nella realtà. Realtà in cui un paio di occhi verdi lo fissano furiosi e in cui lo schiaffo è stato così forte da farlo cadere dal divano.

Si porta una mano al viso e sente la guancia colpita bollente. Abbassa la testa e cerca di nascondere gli occhi, anche perché probabilmente non avrebbe neanche il coraggio di guardarlo.

-…devo andare.- sussurra Lucifer, scattando in piedi e correndo verso la porta d’ingresso della Factory.

-Lucifer…!- esclama alzandosi a sua volta. –Aspet… -

-Senti.- Lucifer si volta all’improvviso e Mikael sobbalza. Ha gli occhi lucidi. –Quel disegno puoi tenertelo, non mi interessa.- deglutisce a vuoto, come se volesse inghiottire il nodo di lacrime che gli si è formato in gola. -La prossima volta che alzi troppo il gomito evita di fare quello che hai fatto. Altri potrebbero reagire molto peggio… -

-Cosa?- balbetta. –As… Aspetta un attimo… -

Ma Lucifer ha già preso a correre. E Mikael non ha la forza di seguirlo.

 

 

 

[Luglio]

 

Un temporale come quello non si era mai visto. E mai si era visto un Luglio così anomalo.

Non che a Lucifer interessi molto, anzi: aveva molto più tempo da passare a casa a dipingere…

-Ma chi voglio prendere in giro?!- esclama, lanciando il pennello a terra e sbuffando spazientito. Non riesce a concentrarsi, non dopo quello che è successo.

Quasi due mesi. Due mesi dall’ultima volta che ha visto Mika, dalla sua cacciata alla Factory, da quel bacio.

Sono passati due mesi ma non riesce a smettere di pensarci. Nemmeno passare giorni interi con Shirley aiuta ad allontanare quel chiodo fisso che è diventato Mikael.

«Tu sei completamente fuori di testa, Lucifer. – gli aveva detto Shirley quella sera di maggio, quando aveva corso fino dall’altro capo di New York per arrivare a casa della ragazza. –O forse sei solo così cieco da non vedere l’evidenza.»

Cosa dovrebbe vedere, scusa? Dovrebbe pensare che Mika l’abbia baciato perché voleva farlo? No, impossibile.

Non è mai stato molto fortunato, in amore. La sua prima cotta fu un’amica di Shirley – ragazza carina, forse un po’ irascibile ma davvero niente male – ma non è durata più che qualche mese perché era arrivata la sua prima cotta seria, l’occhialuto del corso di Lingue alto come un palo della luce. Inizialmente si odiavano a morte senza nessun motivo – forse per il diverbio vecchio di secoli tra Lingue e Arte per l’aula di Sociologia? Dai: ha una luce stupenda, quell’aula, non si può sprecare per fare versioni di greco e latino - ma è stata la sua relazione più lunga, durata quasi due anni, fino a quando quel genio non ha vinto una borsa di studio ed è andato a studiare a Londra.

Aveva provato a stare con Shirley e aveva avuto altre brevi relazioni, ma nessuna era durata più che un mese o due… E ora Shirley gli sta dicendo di provare a sperare che Mika possa davvero essere interessato a lui? Sicuro come i suoi due a Greco, ovvio.

-Cosa dovrei fare?- sussurra.

«Cosa davvero vorresti fare, piuttosto. Questa sarebbe una bella domanda.»

…perché la voce della propria coscienza sembra quella di Shirley? Che sia impazzito davvero?

«Invece di startene qui a piangerti addosso, prendi quella fottuta porta e fai qualcosa. QUALSIASI cosa. Anche la più pazza che ti viene in mente, tu falla.»

Stringe i pugni e sospira pesantemente: non ne ha il coraggio…

«Se adesso rimani fermo e non fai niente, lo rimpiangerai per il resto dei tuoi giorni.»

Lucifer scatta in piedi così velocemente che lo sgabello su cui è seduto si ribalta. Esce come una furia dal piccolo appartamento in cui vive, si lancia in strada e corre.

 

Con la testa gettata all’indietro sullo schienale del divano nell’appartamento in cui vive in affitto quasi a gratis, Mikael sbuffa più volte, la voglia di fare qualsiasi cosa – anche solo prepararsi un caffè o pensare a cosa mangiare a cena – andata a puttane dalla mattina.

-Maledetta meteoropatia… - sbuffa ancora, recuperando il pacchetto di sigarette e l’accendino dal tavolino di fronte al divano.

Ha già portato la sigaretta alle labbra e sta per accenderla, quando trasale e la sigaretta gli sfugge dalle dita: qualcuno ha cominciato a tirare pugni contro la porta del suo appartamento come se volesse buttarla giù.

Ma quando si avvicina, ha un tuffo al cuore. Davanti alla porta, fradicio da testa a piedi e ansimante, vi è Lucifer.

Non sperava mai più di rivederlo, dopo quello che era successo e dopo la fuga del ragazzo. È... felice? Sì, è felice di vederlo.

L’attimo esattamente successivo a quel pensiero ha già spalancato la porta e Lucifer fa un leggero balzo, ma nei suoi occhi vede strana luce che non riesce a spiegarsi.

-Lucifer? Che è succes… ?- non fa in tempo a finire di parlare che il ragazzo gli prende il viso tra le mani gelate e lo bacia – e il cervello di Mika smette di funzionare, decidendo che quello è un buon momento per andare a puttane insieme alla voglia di fare qualsiasi cosa.

Lucifer si allontana leggermente, i nasi che ancora si sfiorano, e ansima più di prima – e Mika non si è nemmeno accorto che ora il ragazzo gli circonda il collo con le braccia e gli praticamente addosso, incurante di bagnargli i vestiti.

-Lucifer,- ansima a sua volta. -aspetta un momen… - ma questi non lo lascia parlare e lo bacia di nuovo; questa volta solo per un attimo, giusto il tempo di zittirlo.

-Zitto.- mormora contro le sue labbra. –Zitto e baciami.-

E Mikael si immobilizza solo un istante, prima di baciarlo di nuovo e con urgenza e trascinarlo a forza dentro l’appartamento. Si sente quasi come se gli avessero appena sparato endovena un mix concentrato di adrenalina e nitroglicerina. Neanche dopo un intero pacchetto delle sue amate sigarette si è mai sentito così, pensa mentre morde piano il collo di Lucifer e gli solleva le gambe stringendosele intorno ai fianchi - e questi gli tira i capelli in un gesto istintivo che gli fa scappare un piccolo gemito di dolore.

Gli allontana le mani dalla testa e nota un cerotto mezzo staccato sulla mano sinistra. Glielo toglie con i denti e gli bacia il palmo e il taglio, chiedendogli con gli occhi cosa gli è successo.

-Non… non è grave… Incidente con uno scalpello.- ansima, Lucifer, fissandolo con gli occhi lucidi. –Ora non importa… Non ti fer-fermare.-

E Mikael non si ferma.

 

Piove ancora, quando Lucifer riapre gli occhi. Mugugna qualcosa di sconnesso, rotolando su un fianco… e quasi cade dal letto. Sospira di sollievo quando riesce a fermare l’inevitabile caduta con un colpo di reni, finendo a pancia sotto con le gambe aggrovigliate nelle lenzuola. Si gira di nuovo – questa volta sull’altro fianco, così da non cadere – e si accorge di essere da solo.

Arrossisce senza un vero motivo e sorride, allungando un braccio.

-Ah, sei sveglio.- la voce di Mika lo fa quasi scattare sull’attenti. –Buongiorno.-

Si siede lentamente e lo osserva avvicinarsi piano a lui e sedersi sul bordo del materasso. Gli sorride e passa una mano – quella libera, l’altra stringe una sigaretta tra l’indice e il medio - trai capelli corti della nuca e lo attira a sé, baciandolo piano – e Lucifer sente un brivido lungo la schiena e si spinge di più verso il biondo, stringendogli le braccia intorno al collo e tremando quando le mani di Mika scendono sulla sua schiena nuda fino ai fianchi. Ha scoperto che, infondo, il sapore del fumo non gli dispiace…

-Buongiorno.- uggiola Lucifer, schioccando la lingua sul palato. –Caffè… -

-Se ti alzi e mi lasci andare te lo preparo.- risponde il biondo sfiorando il collo dell’altro con la punta del naso.

-Mi alzerei anche, ma… Non ho idea di dove siano finiti i miei pantaloni.- Mika ridacchia contro il suo collo. –E vorrei ricordarti dove sono esattamente ora le tue mani… -

Mika ritira le mani e le alza in segno di resa e Lucifer non può fare che altro che scoppiare a ridere, portandosi una mano in fronte. Il taglio alla fine è stato medicato – nonostante Lucifer continuasse a dire che era solo un taglietto, Mikael non ha voluto sentire ragioni.

-Ah, giusto.- esclama Mika, all’improvviso. –Devo ridarti il tuo disegno… -

-Non importa, davvero.- lo interrompe l’altro, stringendogli di nuovo le braccia intorno al collo e trascinandolo giù. Mikael gli cade addosso trattenendo a stento un verso sorpreso, evitando di schiacciarlo facendo leva sulle braccia.

-…non sono molto a mio agio quando so che qualcuno mi ha fotografato o in questo caso mi ha ritratto. Non so perché, non mi piace… - Lucifer lo guarda dal basso, non capendo. –Però il tuo disegno è bello… -

Lucifer lo zittisce prendendogli il viso tra le mani e sorridendogli.

-Ho capito. Scusami.- sussurra. –Ora però voglio il mio caffè.-

E Mikael non può fare altro se non scoppiare a ridere per la buffissima faccia dell’altro, lasciargli un bacio leggero sulla fronte ed alzarsi per andare verso la cucina.

Rimasto da solo, Lucifer fissa per qualche secondo la porta socchiusa sorridendo e dando un breve tiro alla sigaretta che Mika gli ha lasciato.

-Però… almeno una volta dovresti posare per me, Mika.-

 

 

 

[Settembre]

 

-…perché continui a fissarmi? Ho qualcosa in faccia?- mormora Lucifer, sollevando la testa dal libro di Storia dell’Arte e osservando Shirley.

-Non in faccia.- ghigna la ragazza. –Sul collo sì, però.-

All’inizio, il ragazzo non capisce… poi sgrana gli occhi e si porta una mano al collo, arrossendo come un pomodoro.

-Si… Si vede così tanto?- sussurra fulminando con lo sguardo la ragazza che intanto è scoppiata a ridere.

-Porca troia se si vede!- esclama l’amica, porgendogli uno specchietto che ha preso dalla borsa. –Credo di non aver mai visto un succhiotto così grosso!- e Lucifer arrossisce ancora di più, nascondendo la testa tra le braccia incrociate sul tavolo.

-Dai, non te la prendere.- mormora Shirley, smettendo di ridere. –Sono felice per te. Lo sai questo, no? Non ti vedevo così sereno da quando stavi con… -

-Non nominarlo.- il ragazzo la zittisce, capendo cosa sta per dire. –Per favore.-

-Scusa… Si fa ancora vivo, vero?-

Lucifer annuisce.-Ogni tanto manda delle cartoline. L’ultima è di due mesi fa.- sbuffa. –Al momento è a Oxford. Wow. E sta con un ragazzo del suo corso che però ha un anno in meno di lui. Ancora più wow. Sto seriamente valutando di trasferirmi per non vedere più le sue maledette cartoline.-

Shirley lo lascia parlare senza intervenire o commentare. Sa quanto Lucifer tenesse al Quattrocchi – come lo ha sempre chiamato lei – e quanto ci sia rimasto male quando questi è partito di punto in bianco senza colpo ferire.

La ragazza ancora non si capacita di come abbia potuto fare questo a una persona come Lucifer: certo, ha tutti i suoi difetti e a volte sa essere parecchio paranoico, ma è un ragazzo d’oro che merita il meglio… non una serie di inutili cartoline che arrivano dall’altra parte di un oceano.

-Ah. E ha detto che potrebbe tornare a New York durante la pausa dal College e che vorrebbe presentarmi il ragazzo.- continua ancora Lucifer, ridacchiando. -Ma sì: presentiamo il mio attuale ragazzo al mio ex. Tanto lui mica ha sofferto come un cane per essere stato lasciato senza una spiegazione che non fosse un biglietto sul banco su cui era scritto “Ho vinto una borsa di studio e vado a Londra.”- ironizza. –E magari spera che io sia felice per lui. Lo sono, perché siamo stati insieme due anni e non riesco a volergli male e perché infondo sono troppo buono. Dovrei presentargli Mika, secondo te?-

-…a chi dovresti presentarmi?- entrambi scattano sull’attenti appena sentono la voce dell’altro ragazzo: non l’avevano sentito arrivare. –Oh, continuate pure come se non ci fossi.- sussurra ancora abbassandosi leggermente per lasciare un lieve bacio sul collo di Lucifer, proprio sopra il succhiotto. E Lucifer, rosso come non mai, gli tira un leggero pugno in testa dandogli del cretino.

Shirley li osserva e non può fare a meno di ridere.

È davvero contenta che ora ci sia Mikael.

 

*

 

Caldo, è il primo pensiero che passa per la testa appena sveglia di Lucifer. Mugugna e sbadiglia, cercando di stiracchiarsi e di girarsi sull’altro fianco.

Sorride: Mikael dorme ancora - e Lucifer non ha proprio il cuore di svegliarlo nemmeno adesso che ha controllato l’ora e ha visto che è mezzogiorno passato – e lo stringe inconsciamente tra le braccia, i capelli biondi sparsi sul cuscino e sul viso come un’aureola.

Passa lentamente una mano trai capelli dell’altro e gli lascia un leggero bacio sullo zigomo, scivolando via dal suo abbraccio – e ringraziando il sonno pesante di Mika quando sbatte un piede contro lo spigolo della porta della camera e lancia un urlo di dolore che probabilmente l’ha sentito addirittura Shirley. Mikael si limita a rigirarsi sul materasso e Lucifer può vedere bene la sua schiena e i segni rossi sulle spalle e le scapole lasciati dalle sue unghie. Ooops, dovrà scusarsi con lui quando si sveglierà, pensa mentre recupera i propri pantaloni e la maglia. Dovrebbe fare una doccia, ma avere il profumo di Mika addosso non gli dispiace così tanto

E ridacchiando senza motivo, si rannicchia sullo sgabello in un angolo della stanza con un blocco di fogli sulle ginocchia e una matita tra le labbra.

Ghigna, la matita stretta trai denti: Mika è davvero crudele a impedirgli di ritrarlo se non quando è piacevolmente addormentato.

 

 

[Giugno 1979]

 

-Mika, sei qui? Devo parlar… Mika! Scendi da lì, idiota!-

Ma Mikael non lo ascolta e fa una piccola giravolta su un piede solo, le braccia spalancate e il viso sferzato dalla fresca aria della tarda primavera.

-Mika, per piacere, rischi di cadere… Mikael!- Lucifer è convinto di aver perso almeno dieci anni di vita quando l’ha visto sbilanciarsi all’indietro per un attimo: si lancia verso di lui e lo tira giù dal cornicione, stringendolo forte contro di sé.

-Mi farai morire giovane, tu.- sussurra contro il suo petto mentre Mikael ride.

-Dai, smettila di fare il melodrammatico… -

Lucifer lo guarda negli occhi e lo scruta. –Sei ubriaco.-

-Nah, solo un po’ brillo.- puntualizza il biondo, alzando un dito come a rimarcare la cosa. -Sono più lucido di quanto stai pensando. Comunque, cosa volevi dirmi?-

Lucifer tentenna, abbassa lo sguardo e apre più volte la bocca prima di parlare.

Alla fine, prende un bel respiro. -…mi hanno proposto una cattedra come insegnante. Ad Harvard.-

-È fantastico!- esclama Mika, sollevandolo un poco da terra e stringendolo a sé. –Cristo: insegnante ad Harvard! È quello che ogni docente sognerebbe… !-

-L’ho rifiutata.-

Mika si blocca. –Cosa?-

-L’ho rifiutata.- ripete. –Non voglio lasciarti da solo, non ora che hai più bisogno di me.-

Mika sgrana gli occhi, sorridendo un attimo dopo. –Lucifer… Ma io sto bene… -

-Stai bene adesso.- sbotta l’altro, trattenendo a stento un nodo di lacrime. –Ma… ma non sappiamo per quanto… -

Su di loro cala il silenzio quando Mikael lo abbraccia – piano, come se gli costasse un’enorme fatica – e nasconde la testa contro la sua spalla.

-Vai, Lucifer.- sussurra. –Io starò bene, te lo prometto.-

 

Il giorno dopo, Lucifer è su un treno per Boston.

Seduto al suo posto e con una valigia tra le gambe non può fare a meno di pensare quanto Mikael fosse pallido, quella mattina.

 

 

 

 [Maggio 1980]

 

Sale le scale piano, a passi strascicati e stanchi, trascinando dietro di sé la propria valigia mezza vuota e la propria anima – che probabilmente pesa più di lui e che continua a ripetergli che non dovrebbe essere lì, che dovrebbe andarsene e dimenticarsi di tutto.

Sospira quando si ferma davanti alla porta di quell’appartamento ed esita un istante prima di inserire la chiave nella toppa e far scattare la serratura.

È tutto rimasto come se lo ricorda – come gli aveva detto la signora del piano di sotto, nessuno degli altri condomini ha avuto il coraggio di toccare niente. Ci sono ancora i vinili sul tavolino basso davanti al divano e un giornale datato 16 Ottobre 1979 è ancora appoggiato sul piano della cucina con la solita non curanza che lui aveva per le cose di poco valore come quelle.

Appoggia la valigia a terra, vicino alla porta chiusa, e respira a pieni polmoni. È ancora lì, quel profumo – il suo profumo, un mix amaro e vivace, presenza persistente che ancora può sentire sui propri vestiti e sotto la pelle – ed è ancora lì, sul piccolo mobile portaoggetti vicino all’ingresso, anche quell’ultima foto insieme.

Nella foto Mika gli sorride - splendido come una stella, nonostante gli occhi stanchi – stringendolo piano a sé, in quei suoi abbracci gentili ma comunque intrisi di una certa possessività. Aveva sempre avuto l’impressione che Mika fosse particolarmente geloso, ma non ne ha mai avuto la conferma.

Ridacchiando, Lucifer picchietta le unghie della mano destra sul vetro della foto e sorride.

È così che vuole ricordarlo - quando stava ancora bene, quando rideva senza freni, quando poteva ancora abbracciarlo forte o saltargli sulla schiena senza il terrore di fargli male e quando aveva ancora abbastanza forza per cantare – e vorrebbe poter dimenticare i mesi successivi, quel lento e inesorabile declino che l’ha portato a spegnersi come una candela consumata.

Sospira stanco, Lucifer, prendendo dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette – le stesse che fumava Mikael, infondo era colpa sua se anche lui aveva iniziato a fumare – e accendendone una. Fa il primo tiro e quasi lo vede lì, vivido e reale come se fosse lui in persona, fermo davanti alla finestra che dà verso ciò che resta della Factory: ha i capelli raccolti in quel piccolo codino sulla nuca che Lucifer per qualche strana ragione trovava lo rendesse particolarmente sexy e indossa solo quella camicia nera e i suoi pantaloni preferiti – quelli bianchi stretti, quelli che pensava fossero stati disegnati proprio per lui – e ha una sigaretta accesa tra l’indice e il medio della mano sinistra. Canticchia Shine on you Crazy Diamond dei Pink Floyd proprio come il giorno in cui gli aveva detto di essere malato.

«Malato di vita. Morirò per eccesso di vivere. Non male come fine, no?»

Gli aveva sorriso e in tutta risposta Lucifer l’aveva preso a pugni fino a fargli sanguinare il naso e a spaccargli un labbro, finendo poi per baciarlo con disperazione. E aveva pianto, stringendosi a lui dopo averlo buttato a terra continuando a ripetergli di non lasciarlo da solo.

Ma alla fine non ce l’ha fatta e Lucifer è davvero solo. Di Mikael gli è rimasto il vizio del fumo, il suo profumo sulle camicie e la sua voce - che non è altro che un’eco lontana ma perfettamente vivida nei suoi ricordi.

Finisce la sigaretta con un altro tiro e la spegne contro il vetro della finestra. Si appoggia, lo sguardo fisso davanti a sé a osservare il cielo plumbeo di una New York spettrale in quella sera di maggio in cui la sua stella avrebbe compiuto trentasette anni.

-Buon compleanno, Mika.-

 

«Mika! Girati di qua.»

«Non starai… Lucifer, metti via quella Polaroid.»

«Perché? Voglio solo farti una foto… Va bene, va bene. La metto via, smettila di guardarmi male. »

«Canti, Mika?»

«Cosa?»

«Qualsiasi cosa. Canta per me.»

«I’ll be your mirror, reflect what you are in case you don’t know... 4»

«Ti amo, Mika.»

«ma non volevi che cantassi?»

«Scusa se qualche volta cerco di fare il romantico!»

«Dai… Ti amo anche io, Lucifer. Più della mia stessa vita.»

 

 

 

 

 

-Yuu?-

-Sì?-

-Ti immagini… Ti immagini se le cose fossero andate

diversamente? Secondo te, ci saremmo mai incontrati?-

-Come mai questi pensieri così complicati?-

-Tu rispondimi e basta.-

-Non lo so, Mika… Forse sì, chi lo sa.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.       Jim Morrison e Mick Jagger, cantanti e leader rispettivamente dei Doors e dei Rolling Stones.

2.       Venus in Fur, contenuta nell’album dei Velvet Underground del 1966. Giuro su tutto ciò che ho di più caro che questa canzone è stata scelta puramente a caso. Mentre scrivevo quella frase il giradischi stava giusto riproducendola. Ammetto che immaginarmi Mika che la canta mi ha fatto saltare un paio di coronarie, si, ma questi sono dettagli insignificanti di una povera fangirl in piena crush.

3.       Non potevo non citare il divano rosso della Factory: era il centro dell’arredamento dell’uffico/casa di Warhol&Co. È il simbolo stesso della Factory!

4.       I’ll be your mirror, sempre dallo stesso album dei Velvet Underground ma cantata da Nico.

 

 

D.P.P.: Deliri Post Partum. [29 Febbraio, 22:03]

Okay. Nota seria poi passo al mio solito delirio: i nomi.

·         Mikael va beh, si capisce *Capitan Ovvio* [a dire la verità, non sono riuscita a trovare un altro nome, lol. Fantasia portami via]

·         Lucifer viene da una delle possibili traduzioni di Yuichiro, e sarebbe “Primo figlio”. Lucifero era il primo angelo del Paradiso [e poi, sinceramente, me lo vedo Yuu che porta un nome come questo – “Portatore di Luce”, woah]

·          Shirley è Shinoa [e sì: shippo anche YuuNoa. Sorry not sorry]

 

Allora. Okay. Hum.

What is this?

Faccio schifo anche nelle AU, forse? Ma wut.

Okay. Ehm.

Niente. Dovete sapere che io colleziono vinili [ma chi se ne fotte?] e tutto questo è nato da un rinnovato ascolto del vinile del 1966 The Velvet Undergound & Nico, quello con la banana di Andy Warhol in copertina.

 

[se non conoscete i Velvet Undeground o Andy Warhol, siete delle brutte persone e dovete farvi una cultura *with love*]

 

[e no, gente: il doppio senso l’avete immaginato]

 

Ma devo dire che parte della colpa di tutto questo è anche del cantante della piccola band del gruppo di musica di cui faccio parte: la settimana prima che scrivessi questa cosa è arrivato alle prove fumando Chesterfield e canticchiando Wish you were here [e quasi provocandomi un attacco d’asma, ma questo non interessa a nessuno]. E poi, si sa: da cosa nasce cosa, no?

E basta, in conclusione posso dire che questa Fic ha un qualcosa di soprannaturale...
Onirica. No Sense.
Sono soddisfatta del 89% di questa OneShot, per vari motivi *sbuffa*

Spero che non mi uccidiate.

 

A domani con il Day3, per cui ho sclerato quasi due settimane.

 

Maki

 

P.S.: Angolo sclerotico e note quasi lunghe quanto la storia, lol. Divagazioni che nemmeno Pindaro.

 

 

 

 

 

 

  
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