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Autore: ___Page    06/04/2016    2 recensioni
"-E tu?- chiese, stupito dalla sua stessa curiosità.
La rosa sbuffò una risata, passandosi una mano sul braccio nudo e distogliendo per un attimo lo sguardo.
-Non ci crederai mai- mormorò girandosi di nuovo, gli occhi viola che brillavano -Ma il cibo che tollero di meno è la charlotte pudding- ammise con un sorriso divertito e un po' colpevole."
Short-long in tre capitoli|OOC just in case
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Caesar Clown, Jewelry Bonney, Sanji
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Il tonfo riecheggiò nell’ampio locale, rimbalzando sulle pareti e vibrando tra le sbarre delle celle, come un pessimo suonatore intento a suonare con un vecchio strumento arrugginito.
Non si mosse dalla posizione in cui si trovava, la schiena contro il muro, una gamba tesa a terra e l’altra piegata a sostenere l’avambraccio, il capo chino e la cicca tra le labbra. Solo la sottile scia di fumo che saliva dalla snella figura, testimoniava che il ragazzo non era una statua.
Quella fortunata scia di fumo che poteva scappare via dall’oblò e disperdersi nell’aria salmastra e che il biondo cominciava a invidiare.
Non era la prigionia a creargli problemi, quella se l’era aspettata. Non appena aveva manifestato le proprie intenzioni e il proprio pensiero riguardo il matrimonio non si era stupito di essere stato gettato là sotto.
A renderlo inquieto e arrabbiato e invidioso di una stupida scia di fumoso tabacco, che lui stesso manteneva costantemente in vita, era la consapevolezza che più tempo passava più c’era il rischia che i suoi nakama si mettessero in pericolo per andare a recuperarlo.
Aveva sentito i loro carcerieri parlare della fine della guerra di Dressrosa e della fuga di Cappello di Paglia e dei suoi e questo significava che Rufy avrebbe potuto attaccare da un momento all’altro, reclamando il proprio cuoco e lamentando un certo appetito. A modo suo, chiaramente.
Il solo sollievo che si era concesso di provare era l’evidente interesse di Big Mom di farli arrivare alla cerimonia in forma e ben nutriti. Il cibo non mancava. E, per quanto tutto ciò che stava accadendo lo disgustasse, mai e poi mai Sanji avrebbe sprecato del cibo, anche se veniva da una mano nemica.
La ragazza nella cella di fronte alla sua, però, non sembrava pensarla allo stesso modo.
-Portatevelo via! Non mi interessa questo schifo!- ringhiò quasi, mentre un secondo tonfo risuonava e il secondo piatto di ceramica si rovesciava a terra insieme a ciò che conteneva.
Attraverso il ciuffo biondo, Sanji vide due rondelle di carote sporche di sugo rotolare verso il corridoio che separava le loro celle e uno spasmo lo colse alla bocca dello stomaco.
Quanto spreco! Tutto quello spreco per ottenere cosa poi?!
Nessuno dava segni di cedimento, nessuno sembrava prendere seriamente la minaccia della prigioniera di lasciarsi morire di fame o non essere comunque in grado di camminare sulle proprie gambe quando il grande giorno fosse giunto.
E, d’altra parte, a sentire i suoi strepiti era difficile credere che dietro quelle sbarre di agalmatolite ci fosse una donna indifesa e in cattive condizioni fisiche. Sembrava più una belva feroce pronta a colpire chiunque si fosse avvicinato troppo.
Un occhio inesperto non avrebbe mai potuto notare la crescente lentezza con cui il suo corpo si muoveva ogni giorno di più, la pelle che perdeva luminosità, come si agitava irrequieta nel sonno e come il suo respiro si faceva più affannato, quasi che il solo peso del suo stesso scheletro fosse difficile da sostenere.
Ma l’occhio di Sanji era tutt’altro che inesperto, lui aveva sperimentato quei lenti e logoranti cambiamenti su di sé, lui sapeva.
Strinse i pugni rabbioso perché se c’era qualcosa che faticava a tollerare più del cibo sprecato e di una donna maltrattata era una donna che si maltrattava da sola, rifiutandosi di mangiare quando oltretutto il cibo non mancava affatto.
Quando lei aveva iniziato quello sciopero, tre settimane prima, Sanji aveva provato solo fastidio. Fastidio per tutta la carne, il pesce e la zuppa che erano servite solo per macchiare le assi di legno del carcere. Era ben consapevole di chi fosse la sua compagna di prigionia, era ben consapevole che forse poteva provare più fame ma, grazie al suo metabolismo regolabile, sopravvivere più a lungo.
Eppure credeva che avrebbe ceduto prima. Credeva che la fame avrebbe avuto la meglio prima. E lo mandava in bestia vederla sprecare il cibo, lo mandava in bestia vedere l’indifferenza di Big Mom verso il male che sua figlia si stava procurando da sola.
A ben guardare, viste le sue personali esperienze, non si sarebbe dovuto stupire più di tanto. Ma suo padre, quello vero, per quanto burbero e poco affettuoso fosse si era pur sempre staccato una gamba a morsi per garantirgli più cibo, perché lui avesse una possibilità in più di sopravvivere.
Quindi no, non capiva. Convinto com’era che l’inclinazione naturale di un genitore fosse assicurarsi che il proprio figlio avesse tutto il necessario almeno per sopravvivere, neppure il pensiero che si trattava pur sempre di uno Yonkou riusciva a farlo ragionare.
Sfuggiva alla comprensione di Sanji, tutta quella silenziosa guerra a colpi di piatti porti e rovesciati. Sfuggiva alla sua comprensione e lo faceva sragionare.
Al punto da sopire quel suo lato seduttore e passionale, al punto da portarlo a tradire la sua stessa natura. Moine e cuoricini erano scomparsi appena la ragazza aveva cominciato a scaraventare i pasti a terra, non un solo “mellorine” era più uscito dalla sua bocca.
Il cuoco conosceva bene quella sensazione che lo attanagliava anche in quel momento e se ne vergognava. Ero lo stesso che sentiva quando litigava con Zoro, quando Rufy faceva qualcosa di avventato e li metteva tutti in pericolo, quando Usopp si comportava da codardo e sprecava le sue stesse qualità.
Irritato.
Sanji Gambanera era irritato.
Con una donna.
Il suo occhio bucò l’aria in mezzo a loro, sollevandosi appena e appena in tempo per vedere la mano candida della sua futura moglie sollevare la ciotola che conteneva il dolce.
E qualcosa, qualcosa di assolutamente estraneo e anzi opposto alla sua indole, esplose dentro di lui.
-La vuoi fare finita?!?!-
La ragazza girò il capo di scatto, indignata, fulminandolo con i suoi profondi occhi viola, nonostante la distanza che li separava.
-Cos’hai detto?!- sibilò, minacciosa.
-Ho detto piantala di sprecare il cibo. Tanto non serve a niente- ribatté Sanji, tornando al suo tono seraficamente minaccioso.
Un lampo attraversò lo sguardo della prigioniera.
-Non ti permettere sai?! Non azzardarti ad alzare la voce con me! Io sono…- cominciò e Sanji si passò una mano trai i capelli biondi, esasperato e stanco.
-Jewellry Bonnie, il capitano dei pirati di Bonnie, una temibile supernova e uno dei più grandi pirati donna che abbia mai solcato questi mari- la interruppe, sollevando finalmente il capo -Lo so! L’ho imparato a memoria! Ma come ti ho già fatto notare, essere una supernova, o la figlia di Big Mom, non mi sembra ti stia servendo a molto, così come non sta sortendo alcun effetto rifiutarti di mangiare perciò finiscila di sprecare il cibo, chiaro?!- tuonò il biondo.
Bonnie strinse le labbra pallide, prive di rossetto e di un qualsivoglia colorito che si potesse definire sano, la scodella ancora a mezz’aria ma senza più la stessa volontà di poco prima di girarla sottosopra. Una scossa di fastidio l’attraversò da capo a piedi.
-Shurorororo, Gambanera che alza la voce con una donna! Non credevo avrei vissuto abbastanza per vedere questo giorno!- riecheggiò una terza voce proveniente da una cella un po’ più defilata.
-Fai silenzio tu!- abbaiò Sanji, appoggiando di nuovo la schiena al muro.
Ci mancavano i commenti non richiesti di quel cretino di Caesar!
Il biondo chiuse gli occhi, cercando di calmarsi e di godersi per un attimo il silenzio, così raro visto il carattere dei suoi due compagni di prigionia.
-Io con il mio cibo faccio ciò che voglio-
Come volevasi dimostrare.
-Tecnicamente questo non è neanche il tuo cibo- commentò asciutto, riaprendo gli occhi -E comunque sì, puoi farci ciò che vuoi ma quando lo butti a terra ricordati che c’è gente che ucciderebbe anche solo per le briciole-
-Se Bonnie ha poco appetito posso aiutarla io-
-Caesar!!!-
Il braccio di Bonnie si riabbassò violento, rischiando di frantumare sul pavimento la scodella che teneva in mano.
-Non mi interessa della gente che non ha da mangiare, Gambanera, non mi interessa niente di nessuno, neppure di te o del tuo amico fatto di gas!-
-Lui non è mio amico- protestò inascoltato il cuoco.
-Mi frega solo di me, della mia libertà e del fatto che voglio andarmene da questo posto o morirci, qualsiasi cosa pur di non dover sottostare agli ordini di quella che ancora osa definirsi mia madre! E non importa cosa dovrò fare per ottenerlo, mettiti in testa che io non voglio sposarti!!!-
-Neppure io voglio sposarti ma non sto facendo tutte queste scene mi sembra!!!-
Si passò una mano sul volto, maledicendosi. Aveva alzato la voce di nuovo. Con una donna.
Cosa gli stava succedendo?!
Ma stranamente, a differenza di quanto si era aspettato, Bonnie non lo stava ammonendo di smetterla di gridare se non voleva ingoiare le proprie corde vocali una volta usciti da lì. Sorpreso e stranito, abbassò la mano con cui si stava schermando gli occhi e lanciò uno sguardo interrogativo in direzione della rosa.
La ragazza lo fissava scioccata, respirando a bocca schiusa, quasi Sanji avesse detto qualcosa di sconvolgente.
-Mh?- mormorò, arcuando un sopracciglio a ricciolo.
-Tu non vuoi sposarmi?!- chiese, incredula.
-Già, non voglio-
-Ma che problema hai, Gambanera?!-
Come si permetteva?! Come gli veniva in mente di rifiutare una come lei?!
Non lo vedeva quanto era fortunato, quell’idiota di un mugiwara?!
Credeva di poter trovare di meglio?! Meglio di lei?! Davvero?!?
-Non ho nessun problema, sono solo un pirata e…-
-Chiunque sarebbe molto più che felice di poter avere una donna come me!-
-Si da il caso che io non sia “chiunque”-
-No, sei un idiota!-
-Può darsi ma non sono io quello che si sta lasciando morire di fame-
-Perché non vuoi sposarmi?!- domandò piccata, incrociando le braccia sotto il seno.
Sanji la fissò incredula. Ma faceva sul serio?!
-Affari miei! E tu dovresti mangiare!-
-Non cambiare argomento!-
-Deperisci a vista d’occhio-
-Affari miei! Te l’ho detto no?! Sono pronta anche a morire!-
Un’amara risata si liberò dalle labbra del biondo, insieme a uno sbuffo di fumo.
-Certo- commentò, aspirando poi dalla cicca -Lo dici perché non hai neppure una pallida idea di quanto sia atroce, morire così-
-Fino a prova contraria non ce l’hai neppure tu, visto che sei qui a parlare con me- sibilò acida la rosa.
Sanji la fissò incredulo, ferito più di quanto gli sarebbe piaciuto ammettere da quelle parole e dal ricordo di quell’esperienza che tanto lo aveva segnato. Distolse lo sguardo e scosse la testa, per tornare in sé.
Litigare così con Bonnie non aveva senso. Non meritava la sua preoccupazione, proprio per niente. Non era nemmeno un uomo a cui poteva far capire il suo punto di vista a suon di calci quindi tanto valeva lasciar perdere.
Strinse i pugni tremanti, facendo scrocchiare le nocche.
No, non meritava che nemmeno sprecasse il fiato.
Eppure…
-Mangia qualcosa!-
-Perché non vuoi sposarmi?!-
-Neppure tu vuoi sposare me!- ribatté basito -Se continui così rischi di ammalarti sul serio!-
-Tu dimmi perché! Quello che voglio o non voglio io non sono affari tuoi!-
-Mangia quel maledetto dolce!-
-Io non prendo ordini da nessuno, men che meno dal terzo in ordine di importanza di una ridicola ciurma di pirati!-
Il silenzio calò dopo le parole di Bonnie e Sanji sobbalzò appena sul posto, senza darlo a vedere. Un senso di malinconia e mancanza gli perforò lo stomaco solo a sentire nominare i propri compagni.
-Shurorororo,  sei rimasto senza parole, Gamban…-
-Sto contando tutte le parole che stai dicendo tu, Caesar, e sappi che ho intenzione di restituirtele una per una quando usciremo da qui, tutte sotto forma di calci in quel tuo culo gassoso- ringhiò martoriando il filtro della sigaretta con i denti.
Un suono cristallino, melodioso, soave, risuonò per mezzo secondo nell’aria, lasciando Sanji senza parole.
Quella era… una risata?!
Si girò incredulo verso Bonnie che si stava passando con nonchalance una mano sulla bocca carnosa, come a voler nascondere qualcosa che però al cuoco non era affatto sfuggito. L’aveva sentita distintamente ridere, anche se era stato più uno sbuffo sfuggito a forza dalle labbra serrate. Ma, anche così, era stato uno dei suoni più celestiali che mai avesse avuto la fortuna di udire in vita sua.
Il cuore accelerò la propria corsa, qualcosa di umido colò lentamente dalla sua narice, qualcosa che fu prontamente raccolto dalla sua mano prima che la goccia di sangue cadesse sui suoi pantaloni, lerciandoli ulteriormente.
Era stato un assaggio di paradiso e Sanji realizzò che voleva sentire ancora quella meravigliosa musica. Comprese che non poteva lasciar morire di fame quella donna, che non se lo sarebbe mai perdonato.
Ma come convincere una testarda come lei?! Come, quando non aveva neppure la possibilità di nutrirla a forza?!
-Perché non vuoi sposarmi, Gambanera?- tornò alla carica la pirata.
Sanji aprì la bocca per ribattere ma la richiuse quasi subito, colpito da un pensiero improvviso.
Ci teneva proprio tanto a scoprire le sue ragioni, eh?!
-Se mangi il dolce, te lo dico- mormorò asciutto.
Bonnie sgranò gli occhi, le iridi sbiancate dall’incredulità.
-Come?!-
-Hai sentito bene-
-Mi tratti come una mocciosa adesso?!-
-Ti tratto come meriti-
-Io non ho intenzione di mangiare questo dolce, né nient’altro di quello che ci porteranno nei prossimi giorni, mettitelo in testa!-
-E allora non saprai mai perché non voglio sposarti- rispose Sanji, stringendosi nelle spalle e accendendosi una nuova sigaretta.
La vide irrigidire la mascella, dilatare le narici, furibonda, e non riuscì a trattenere un ghigno.
-Come se me ne importasse!- tuonò, tremando di rabbia e voltando il viso verso la parete per non doverlo più guardare in faccia.
Sanji si trattenne a stento dal ridere.
-Okay, come vuoi-
-E non rivolgermi più la parola, Gambanera!-
La fissò qualche istante, nella stanza scarsamente illuminata.
Poi, si alzò dalla posizione in cui ancora si trovava e si mosse verso il vassoio con il cibo che il carceriere aveva lasciato per lui, sedendosi a gambe incrociate e sollevando a due mani la ciotola della zuppa, quasi fosse stato un sacerdote impegnato in un sacro rituale.
L’avvicinò al naso e odorò curioso, cercando di selezionare tutte le spezie che davano sapore a quel brodo caldo e confortante. Fece per prenderne un sorso ma si fermò con la ciotola a pochi centimetri dalle labbra.
-Buon appetito, Caesar-
-Grazie Sanji, anche a te- 
  
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